Occupa l’immobile? Il comodatario non può pretendere il rimborso delle spese sostenute

Il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare le spese di manutenzione seppure straordinarie può liberamente scegliere se provvedervi o meno ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può pretendere il rimborso dal comodante, anche se comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabilità da parte del comodatario stesso, che non è ne possessore né terzo, dei principi di cui agli articolo 1150 c.c. e 936 c.c.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 17941 del 24 luglio 2013. Il caso. Due coniugi proprietari di un immobile sito in Palermo agivano in giudizio chiedendo la condanna nei confronti della propria nuora al rilascio ed al pagamento dell’indennità di occupazione per la detenzione sine titulo dell’appartamento stesso. La donna, nel costituirsi in giudizio, proponeva domanda riconvenzionale rivolta ad accertare il proprio diritto di ritenzione sull’immobile in qualità di possessore dello stesso e condannare per l’effetto, gli attori al pagamento del valore delle opere realizzate sull’appartamento. Il giudice di prime cure accoglieva la domanda dei coniugi sulla base della circostanza che l’immobile era stato concesso in comodato alla convenuta al solo fine di destinarlo ad abitazione familiare famiglia composta dal figlio e dal nipote di parte attrice, nonché marito della convenuta essendo venuta meno detta destinazione a causa della crisi familiare, il comodato si sarebbe dovuto ritenere cessato e l’occupazione dell’immobile si sarebbe dovuta considerare ormai senza alcun titolo. Anche in appello le ragioni della donna non venivano accolte, in quanto i giudici territoriali hanno ritenuto che la mancata restituzione dell’immobile costituisce fatto potenzialmente idoneo a cagionare un danno al patrimonio dell’avente diritto e legittima, pertanto, la condanna alla corresponsione dell’indennità dovuta. Non resta per la detentrice dell’immobile che proporre ricorso per cassazione. Domanda del giudizio per individuarla occorre tener conto delle vicende rappresentate. Uno dei motivi sui quali si incentrano le difese di parte ricorrente concerne l’inesatta qualificazione del rapporto operata a suo dire dai proprietari dell’immobile nell’atto introduttivo del giudizio. In altri termini, la donna sostiene che nel ricorso proposto dai suoceri in primo grado - i quali avevano scelto di incardinare il rito locatizio - mai si adduceva l’esistenza di un contratto di comodato. La Suprema Corte, dunque ritiene che correttamente i giudici di merito hanno osservato il principio secondo il quale la domanda va individuata non limitandosi al tenore letterale della medesima, ma tenendo conto della natura della vicenda rappresentata in giudizio e delle precisazioni delle parti che possono specificare giuridicamente il fatto costitutivo del diritto. Spese sostenute dal comodatario? Non sono invocabili gli articolo 1150 e 936 c.c La ricorrente inoltre, invoca il proprio diritto a ritenere l’immobile sulla base dell’assunto che sullo stesso ha effettuato delle opere edili al fine di rendere l’immobile abitabile, sostenendo conseguentemente degli ingenti costi e spese. A dire della donna tale circostanza va a smentire l’esistenza di un contratto di comodato. Anche questa argomentazione viene disattesa dalla Corte di Cassazione, la quale si è attenuta al principio di diritto secondo il quale il comodatario che al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione seppure straordinarie può liberamente scegliere se provvedervi o meno ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può pretendere il rimborso dal comodante, anche se comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabilità da parte del comodatario stesso, che non è ne possessore né terzo, dei principi di cui agli articolo 1150 e 936 c.c Detenzione delle chiavi equivale a occupazione dell’immobile. Nell’ambito del medesimo giudizio si discute inoltre di un’altra questione ovvero se la circostanza che la detentrice abbia continuato per un determinato periodo a possedere le chiavi dell’immobile senza abitarci, sia di per sé circostanza sufficiente ad obbligarla a pagare l’indennità di occupazione. La Suprema Corte risponde positivamente a questo quesito statuendo che soltanto con la consegna dell’avente diritto dell’immobile, cessano gli obblighi dell’occupante. Anche sotto tale ultimo profilo dunque, la ricorrente soccombe. In via conclusiva la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le relative spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 dicembre 2012 - 24 luglio 2013, numero 17941 Presidente Uccella – Relatore Chiarini Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 2 dicembre 2003 al Tribunale di Palermo B P. e G C. , premesso di esser proprietari di un immobile sito a Palermo e detenuto sine titulo da A R. , hanno chiesto la condanna al rilascio e al pagamento di un'indennità di occupazione. La R. ha proposto domanda riconvenzionale per accertare il diritto di ritenzione in qualità di possessore dell'immobile e condannare gli attori al pagamento del valore delle opere realizzate su di esso. Nella prima udienza gli istanti hanno specificato che il i ricorso era stato proposto ai sensi degli articolo 414 e 447 bis c.p.c. perché il rapporto sottostante era di comodato. Il giudice di primo grado, con sentenza non definitiva del 27 dicembre 2005, esclusa la nullità dell'edictio actionis contenuta in ricorso poiché dalle deduzioni delle parti alla e prima udienza era desumibile che il godimento dell'immobile era stato concesso per destinarlo ad abitazione familiare della R. e di suo marito, figlio degli attori, ragion per cui aveva respinto l’istanza di trasformazione del rito da locatizio ad ordinario, accolse la domanda principale essendo venuta meno detta destinazione e perciò il comodato, dichiarò inammissibile la riconvenzionale e rimise la causa sul ruolo per quantificare l’indennità. Quindi, con sentenza definitiva del 27 novembre 2008, il medesimo Tribunale condannò la R. a pagare Euro 14.296,58 per il periodo ottobre 2003 data della richiesta restituzione - gennaio 2006. Interposto appello avverso la sentenza non definitiva, la Corte di appello di Palermo con sentenza del 28 ottobre 2008 lo ha respinto sulle seguenti considerazioni 1 il Tribunale non aveva violato l'articolo 112 c.p.c. avendo correttamente interpretato l'azione dei P. - C. fondata su un rapporto obbligatorio anche alla luce delle difese della R. , e lo ha qualificato di comodato senza determinazione di durata attesa la sua destinazione non negata dalla stessa R. , che aveva soltanto eccepito di esser rimasta estranea a tale contratto 2 non vi erano elementi per trasformare la detenzione della R. in possesso, non essendo a tal fine sufficienti i lavori di ristrutturazione e completamento eseguiti sull'immobile e non dedotti come corrispettivo della concessione di godimento 3 atteso il rito locatizio, scelto dagli attori e oggettivamente applicabile avuto riguardo anche alla posizione difensiva assunta dalla convenuta, la sua riconvenzionale, non proposta nei termini di cui all'articolo 416 e 418 c.p.c., era stata correttamente ritenuta inammissibile, implicitamente revocando l'ordinanza di remissione in termini del giudice istruttore 4 nessuna mutatio libelli era ravvisabile da parte degli attori, ma soltanto qualificazione giuridica del fatto costitutivo costituente premessa logico - giuridica del petitum, e perciò correttamente il Tribunale aveva risolto il comodato per il venir meno della destinazione di esso ad abitazione familiare dopo la crisi coniugale e riconosciuto un danno per la mancata restituzione dell'immobile dopo la richiesta 5 l'esecuzione di rilevanti opere di restauro dell'immobile non era attività idonea a mutare la detenzione in possesso, né gli esborsi erano stati attribuiti a corrispettivo del godimento del bene, mentre, anche se il comodato si è concluso tra i genitori e il figlio, la destinazione a casa coniugale senza corrispondere alcunché ha reso la R. partecipe di esso, né d'altro canto la stessa ha mai affermato di aver esercitato un possesso uti dominus sull'immobile, contro la volontà dei proprietari 6 la mancata restituzione dell'immobile è fatto potenzialmente idoneo a cagionare un danno al patrimonio dell'avente diritto e legittima la condanna generica. Quindi la stessa Corte, in data 13 ottobre 2010, ha respinto l'appello avverso la predetta sentenza definitiva sulle seguenti considerazioni 1 le questioni sull'esistenza del comodato erano precluse dal giudicato 2 la mancata restituzione del bene concesso in comodato causa un danno risarcibile, determinabile in base al valore locativo 3 pur se da luglio 2004 i suoceri della R. le avevano interdetto la strada di accesso all'appartamento, tuttavia era rimasto nella sua disponibilità non avendo restituito le chiavi e conseguentemente i titolari del bene non avevano potuto trame nessuna utilità 4 con la ricezione della diffida alla restituzione la R. era divenuta occupante sine titulo e quindi era sorto il corrispondente obbligo alla restituzione e perciò da detta data doveva esser calcolata l'indennità e non già dal termine dilatorio di quindici giorni concesso per la riconsegna 5 dal 2003 la abusiva occupazione dell'immobile si era realizzata e quindi da detta data decorreva l'indennità, calcolata dal C.T.U. in considerazione dello stato dell'immobile al momento della consegna, non in base al mercato, pur essendo vigente la legge 431 del 1998 allorché è iniziata l'occupazione sine titulo, ma in base alla legge 392 del 1978 i balconi erano di pertinenza dell'appartamento e non risultavano esser rimasti nella disponibilità dei suoceri la categoria A/7 era corretta perché l'immobile constava di primo e secondo piano e circostante terreno ed il coefficiente di vetustà doveva esser calcolato dal 1995, anno di completamento, all'ottobre 2003. Ricorre per cassazione A R. avverso la prima e seconda sentenza di appello, con separati ricorsi, cui resistono P.B. e G C. . Motivi della decisione 1.- Per ragioni di economia processuale si riuniscono i ricorsi nnumero 659 del 2010 e 358 del 2012 pur se le cause sull'an e sul quantum si sono svolte separatamente nei giudizi di merito essendo applicabile l'articolo 274 cod. proc. civ. anche in cassazione. 1.1- Con il primo motivo avverso la sentenza non definitiva numero 1227 del 2008, la ricorrente deduce Violazione e falsa applicazione degli articolo 112, 156, 159, 414, 418, 420, 426, 427 e 447 bis c.p.c. e dell'articolo 24 Costit. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c. e conclude con i seguenti quesiti di diritto a Dica la Corte se un ricorso introduttivo di un giudizio come quello trascritto a pag. 1 che introduce una domanda di restituzione di immobile detenuto senza titolo, fondata solo sulla proprietà ed in assenza di altre indicazioni, può avanzare un'azione contrattuale ex articolo 447 bis fondato su un comodato a cui il ricorso neppure accenna b Dica la Corte, ove ritenga sussistenti gli indicati vizi del ricorso, se l'assenza di qualsiasi riferimento perfino implicito ad un negozio eventualmente sussistente tra le parti determini la nullità dell'atto introduttivo del giudizio che il procuratore della parte affermi soltanto in udienza fondato su un negozio e se il convenuto possa interpretare l'atto in modo corrispondente al suo contenuto, eccepirne la irritualità con richiesta di adeguarlo al rito ordinario da applicare alla domanda, o se tale facoltà è preclusa dalla nullità c Dica la Corte se il rito da applicare all'azione dipende dal contenuto della domanda o da altri criteri e se si possa instaurare un rito diverso da quello applicabile al contenuto dell'atto introduttivo del giudizio per effetto di una mutazione nell'allegazione dei fatti della domanda attrice formulata in udienza, e se ciò sia possibile anche se il convenuto nella prima difesa dichiara di non accettare il contraddittorio sulla nuova domanda d Dica la Corte se l'attore possa iniziare un giudizio di riconsegna, fondato esclusivamente sulla proprietà dell'immobile, e possa successivamente dopo aver preso visione delle difese del convenuto ed in particolare della domanda riconvenzionale di rimborso, al possessore in buona fede, dei lavori eseguiti sull'immobile mutare la domanda ponendovi a fondamento un comodato proposto per la prima volta in udienza e Dica la Corte quali siano le conseguenze processuali dell'assenza di allegazioni dei gravi motivi per procedere alla modifica della domanda di cui all'articolo 420 c.p.c. f Dica la Corte se l’instaurazione del rito locatizio ad una domanda incompatibile con esso abbia portato lesione dei diritti della difesa e spiegando in qual modo sanare tale lesione, ove ritenuta sussistente g Dica la Corte con quale rito andrà celebrato il giudizio di rinvio, nel caso in cui venga disposto . Il motivo è infondato. Dalla sentenza di appello emerge con chiarezza i fatti ritenuti rilevanti dal giudice di primo grado per qualificare la domanda 1 sulla base della domanda degli attori di rilascio dell'immobile per occupazione senza titolo e della difesa della convenuta che aveva dichiarato che la disponibilità di esso era stata concessa a suo marito per destinare la casa ad abitazione coniugale, correttamente il rapporto era stato qualificato di comodato e assoggettato al rito locatizio, avviato dagli attori con il ricorso b conseguentemente la domanda riconvenzionale era inammissibile perché non proposta nei termini di cui all'articolo 418 c.p.c. Pertanto i giudici di merito hanno osservato il principio secondo il quale colui che non chiede l'accertamento del suo diritto di proprietà e non agisce affermando che il convenuto è possessore del suo bene, ma che lo detiene senza titolo, esercita un'azione personale di restituzione per mancanza originaria o sopravvenuta del titolo e se la domanda è introdotta con ricorso, fermo l'onere dell'attore di dimostrare che ricorrono gli elementi di fatto della fattispecie legale del rito prescelto, il convenuto, ancorché ne adduca l'erroneità, ha l'onere di osservare le norme che ^ quel rito impone, e cioè nella specie gli articolo 416 e 418 cod. proc. civ. onde evitare di incorrere in decadenze e preclusioni. Quanto poi alla qualificazione del rapporto, i giudici di merito hanno osservato il principio secondo il quale la domanda va individuata non limitandosi al tenore letterale della medesima, ma tenendo conto della natura della vicenda rappresentata in giudizio e delle precisazioni delle parti che possono specificare giuridicamente il fatto costitutivo del diritto. Infine, circa la violazione del diritto alla difesa, nessuna prospettazione è contenuta nel quesito, mentre d'altro canto le domande su cui il giudice abbia dichiarato di non pronunciare sussistendo una preclusione di carattere processuale, possono essere azionate in separato giudizio non essendo configurabile una preclusione da giudicato. 2.- Con il secondo motivo deduce Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Violazione degli articolo 115 c.p.c. 1803 e 1809 e 2697 c.c. articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c. e conclude con i seguenti quesiti di diritto a Dica la Corte se l'esistenza di un contratto di comodato negato ex adverso, può esser desunta soltanto dalla destinazione a casa familiare e dall'assenza di canone, nonostante il presunto comodatario abbia dato prova di avere sostenuto spese ingenti che hanno trasformato un immobile inabitabile in una casa definita in ogni sua parte o se l'assenza del canone possa essere conseguenza di tali spese b Dica la Corte se alla luce di detta prova il presunto comodante avrebbe avuto l'onere di provare l'esistenza del contratto, anche deducendo prove in tal senso, o meno c Dica la Corte se è configurabile o meno l'esistenza di un comodato a fronte di prova di ingenti spese sostenute dal presunto comodatario per rendere l'immobile abitabile, o se spese ingenti per un contratto a causa naturalmente gratuita non determini la necessità di configurare altra tipologia contrattuale e Dica la Corte se è compatibile con il comodato la riconsegna di un immobile interamente definito a fronte dell'asserita iniziale consegna di un rustico inabitabile . Il motivo è infondato. I giudici di merito, dopo aver evidenziato che la R. non aveva dedotto nessuna corrispettività tra il godimento dell'immobile e le opere eseguite, si sono infatti attenuti al principio secondo il quale il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione nella specie, straordinaria può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante, anche se comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabilità da parte del comodatario stesso, che non è ne1 possessore né terzo, dei principi di cui agli articolo 1150 e 936 cod. civ 3.- Con il terzo lamenta Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Violazione degli articolo 936, 1140, 1141, 1142, 1147, 1150, 1151 e 1152 c.c., dell'articolo 429 c.p.c. articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c. e conclude con i seguenti quesiti di diritto a Dica la Corte se la prova della consegna della cosa posseduta da un terzo sia a carico di chi ne pretende il rilascio o meno b Dica la Corte se in assenza di tale prova il possessore può presumersi di buona fede o meno c Dica la Corte se avendo tale qualità il possessore può vantare il diritto di ritenzione, o meno . Il motivo è inammissibile perché imperniato sulla richiesta di una nuova valutazione dei fatti senza contrapporre nessuna argomentazione giuridica alla sussunzione della fattispecie nella estensione del comodato, non soggetto a particolare forma, alla R. per effetto dell'articolo 1332 cod. civ. avendo costei accettato, anche successivamente rispetto all'accordo tra i suoceri e suo marito tacitamente, di adibire l'immobile a destinazione di entrambi, senza il pagamento di corrispettivo, divenendo in tal modo parte in senso sostanziale di detto accordo. 4. - Con il quarto motivo deduce Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Violazione degli articolo 418 e 184 bis c.p.c. articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c. e conclude con i seguenti quesiti di diritto a Dica La Corte se un giudice, subentrato al precedente che abbia disposto la rimessione in termini di una parte, possa ignorare detto provvedimento e, senza revocarlo, possa non tenerlo in nessuna considerazione senza motivare in alcun modo in sentenza, e se la Corte di Appello possa ignorare l'eccezione avanzata nei motivi di gravame, senza motivare sul punto b Dica la Corte se la sentenza, laddove interpreta l'ordinanza come illustrato nel motivo, confonde o meno l'inammissibilità con una decadenza superata dall'ordinanza . Il motivo è infondato. La Corte di merito, dopo aver evidenziato le suddette ragioni giuridiche, ha conseguentemente escluso l'incolpevolezza dell'errore della convenuta chiamata in giudizio con ricorso, nel non aver proposto la domanda riconvenzionale nei termini di cui all'articolo 418 cod. proc. civ. ed ha pertanto confermato l'esattezza della inammissibilità di detta domanda, non emendabile mediante la remissione in termini ai sensi dell'articolo 184 bis cod. proc. civ. ratione temporis applicabile, ed ha perciò ritenuto implicitamente revocato il relativo provvedimento. Quindi il ricorso avverso la sentenza non definitiva numero 1227 del 2008 della Corte di Appello di Palermo va respinto. 5.- Con il primo motivo del ricorso avverso la sentenza definitiva della medesima Corte di Appello, numero 1320 del 2010 la R. deduce Violazione degli articolo 112, 115 e 324 c.p.c. e 2909 c.c. Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. . Erroneamente la Corte di merito ha ritenuto preclusa la questione concernente l'inesistenza del comodato essendo invece stata impugnata per cassazione la sentenza non definitiva della Corte di appello nel 2008 - per i motivi 1 e 2, che trascrive - ed infatti nessuna delle parti aveva eccepito il giudicato. Il motivo è fondato, ma inidoneo a modificare la statuizione al riguardo, pur se con diversa motivazione. Infatti il giudice dinanzi al quale prosegue il giudizio per la determinazione del quantum resta vincolato dalla decisione non definitiva - anche se non passata in giudicato – agli effetti della prosecuzione del giudizio davanti a sé in ordine sia alle questione definite sia a quelle da queste dipendenti che debbono essere esaminate e decise sulla base dell'intervenuta pronuncia. 6.- Con il secondo motivo deduce Omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Violazione degli articolo 1223, 2697, 2733 c.c. articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. . 6.1- Con il terzo motivo lamenta Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio difetto di legittimazione attiva e violazione dell'articolo 100 c.p.c. articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c . I motivi, congiunti perché attinenti all'omessa pronuncia dei giudici di appello sulla questione del difetto di legittimazione attiva dei proprietari dell'immobile a chiedere il danno e sulla conseguente inesistenza di esso in quanto il comodato è proseguito con il figlio degli attori - che invece secondo i fatti accertati in primo grado se ne era andato dall'immobile, tant'è che la R. si è difesa chiedendo il riconoscimento della sua qualità di possessore dello stesso - con la conseguenza da un lato che egli sarebbe l'unico legittimato a chiedere i danni, dall'altro che il bene per i proprietari è perciò infruttifero, sono inammissibili perché le censure, attinenti alla titolarità del rapporto, introdotte per la prima volta con l'impugnazione avverso la sentenza definitiva di primo grado che ha determinato il danno, a cui il giudice era vincolato dalla sentenza non definitiva, non erano esaminabili dalla Corte di appello. 7.- Con il quarto motivo deduce Omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Violazione dell'articolo 112 c.p.c articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. e lamenta che la Corte di merito non ha considerato che da ottobre 2003 a luglio 2004 la R. è stata spogliata dal possesso dell'immobile, in cui è stata reintegrata nel novembre 2005, come riconosciuto con sentenza della Corte di appello numero 5427 del 2008 resa in altro giudizio tra le stesse parti e quindi la circostanza che abbia continuato a possedere le chiavi dell'immobile non è sufficiente per obbligarla a pagare l'indennità di occupazione. La censura è infondata. Ed infatti soltanto con la consegna all'avente diritto dell'immobile cessano gli obblighi dell'occupante, mentre è estranea a questo giudizio la questione del risarcimento del danno per l'illegittimità dello spoglio. Concludendo va respinto anche il ricorso avverso la sentenza definitiva numero 1320 del 2010 della Corte di appello di Palermo. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte pronunciando sui ricorsi nnumero 659 del 2010 e 358 del 2012 li rigetta. Condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione, pari ad Euro 3.500 di cui Euro 200 per spese, oltre accessori di legge.