Dottore commercialista in processo: consulente o professionista?

L’attività svolta dal consulente di parte, anche se è di carattere tecnico, ha natura squisitamente difensiva. Il suo espletamento è riconducibile al contratto d’opera professionale il relativo compenso si calcola con le tariffe professionali.

Così ha specificato la Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 730, depositata il 14 gennaio 2013. Una CTP. Un commercialista fa il consulente di parte per un Fallimento, in una causa di revoca di pagamenti. Il giudice liquida in suo favore un compenso di 8mila euro, seguendo i criteri del D.M. numero 182/2002, sulla liquidazione degli onorari dei consulenti tecnici d’ufficio. Il commercialista ritiene però che si sarebbe dovuto applicare il tariffario della sua categoria, ex d.P.R. numero 645/1994 ora sostituito dal D.M. numero 169/2010 . Consulenza ripetitiva? Tariffa da CTU. Propone quindi reclamo avverso il decreto, come consentito dall’articolo 26 della legge fallimentare. Il Tribunale respinge l’attività in qualità di consulente è stata ripetitiva di quella già svolta dallo stesso commercialista «quale coadiutore della procedura». Il commercialista non è d’accordo circa la ripetizione dell’attività e sulla conseguente tariffa applicata. Il caso arriva in Cassazione, che ritiene fondato il ricorso. CTP come contratto d’opera professionale. L’attività di consulenza tecnica di parte, anche se è specializzata, mira a sottoporre al giudice «rilievi a sostegno della tesi difensiva della parte assistita». E’ da considerarsi quindi come riconducibile ad un contratto d’opera professionale. Il compenso deve essere deciso sulla base delle relative tariffe professionali. Nulla centrano le tariffe del consulente tecnico d’ufficio tale attività «non si ricollega ad un rapporto contrattuale». Ripetitività rilevante solo per la determinazione specifica della tariffa. La ripetitività rispetto ad altre attività già svolte dallo stesso soggetto è irrilevante. Tale considerazione può essere rilevante solo al fine di decidere il «concreto ammontare del compenso nell’ambito dei limiti minimi e massimi eventualmente previsti dalla tariffa». La S.C. cassa l’ordinanza e rinvia al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 21 novembre 2012 – 14 gennaio 2013, numero 730 Presidente Salmè – Relatore De Chiara Premesso in fatto che nella relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. si legge quanto segue “1. — Il Dott. M B. , consulente tecnico di parte nominato dal fallimento Transinteriors s.r.l. nell'ambito di una causa civile promossa per la revoca di pagamenti, propose reclamo ex articolo 26 legge fallim. avverso il decreto con cui il giudice delegato aveva liquidato in suo favore un compenso di Euro 8.000,00 facendo applicazione dei criteri di cui al D.M. 30 maggio 2002, numero 182, sulla liquidazione degli onorari dei consulenti tecnici di ufficio, e non già della tariffa dei dottori commercialisti approvata con D.P.R. 10 ottobre 1994, numero 645. Il Tribunale di Latina ha respinto il reclamo osservando che correttamente era stato applicato l'uno e non l'altro D.M. tenuto anche conto che l'attività del C.T.P. è stata sostanzialmente ripetitiva di quella già svolta dal Dott. B. quale coadiutore della procedura in particolare elaborazione delle movimentazioni di conto corrente, già ricostruite in sede di verificazione dei crediti . 2. - Il soccombente ha proposto ricorso per cassazione con cui, denunciando violazione di norme di diritto e vizio di motivazione, insiste per l'applicazione della tariffa dei dottori commercialisti e contesta la ripetitività dell'attività svolta. 3. - Il ricorso è fondato sotto il profilo della violazione di norme di diritto, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, poiché l'attività svolta dal consulente di parte nell'ambito del processo ha natura squisitamente difensiva, ancorché di carattere tecnico, mirando a sottoporre al giudicante rilievi a sostegno della tesi difensiva della parte assistita, il suo espletamento è riconducibile al contratto d'opera professionale, con la conseguenza che il relativo compenso deve essere determinato sulla base delle relative tariffe professionali, mentre non è possibile ricorrere ai criteri seguiti per la determinazione delle spettanze del consulente tecnico d'ufficio, la cui attività non si ricollega ad un rapporto contrattuale Cass. 19399/2011, 2572/1996, 4135/1977 . Ai fini della individuazione della tariffa applicabile è poi irrilevante la considerazione del Tribunale — e con essa la corrispondente censura di vizio di motivazione del ricorrente — che l'attività di cui trattasi abbia caratteri di ripetitività rispetto ad altra già svolta in diversa veste dal medesimo autore tale considerazione può incidere, di per sé, solo sulla determinazione - logicamente successiva t — del concreto ammontare del compenso nell'ambito dei limiti minimi ' e massimi eventualmente previsti dalla tariffa” Considerato in diritto che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata al difensore del ricorrente che non sono state presentate conclusioni o memorie che il Collegio condivide quanto osservato nella relazione sopra trascritta che pertanto il ricorso va accolto e l'ordinanza impugnata va cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto indicato al p. numero 3 della relazione di cui sopra e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Latina in diversa composizione.