No allo stato di necessità se il malessere della donna in stato di gravidanza non è confermato da elementi obiettivi e documentati

Ai fini dell’integrazione dell’esimente dello stato di necessità, è necessario che il pericolo di un danno grave alla persona sia attuale ed imminente o, comunque, idoneo a fare sorgere nell’autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto stato, non essendo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto, né potendo la scriminante in parola operare sulla base di fatti sforniti di riscontri oggettivi e accertati in via presuntiva.

Un’auto, un fidanzato ed una fidanzata in stato di gravidanza. Una donna in stato di gravidanza, un fidanzato in ansia, la guida dell’auto senza patente di guida ecco gli ingredienti di fatto della sentenza numero 49586 depositata il 27 novembre 2014 con cui la sez. V Penale della Corte di Cassazione ribadisce che giustificarsi è lecito, purché sia frutto di verità di fatto e non di semplici scuse. D’altra parte l’imputato era stato condannato dal gip del Tribunale territoriale, con sentenza confermata in appello, salvo che in punto di pena, diminuita, per aver guidato un’autovettura nonostante la revoca della patente di guida a causa della sottoposizione alla misura della sorveglianza speciale di P.S. Quali le giustificazioni? In sede di cassazione il ricorrente contesta che il giudice di merito non ha valutato la testimonianza della fidanzata, poi diventata sua moglie, all’epoca in stato di gravidanza, la quale aveva dichiarato che l’imputato si era posto alla guida per accompagnarla al pronto soccorso in quanto aveva avvertito un malessere. In particolare, lo stato di necessità non era stato ritenuto provato in assenza di produzione di certificato medico e in mancanza del trasferimento della donna, nell’immediatezza del fatto, in ospedale. La testimonianza della persona offesa. Per la difesa, in buona sostanza, la mancata valutazione della testimonianza risulta ingiustificata, in quanto vigente il principio, affermato in relazione alla testimonianza della persona offesa dal reato, secondo il quale tali dichiarazioni possono fondare anche da sole il convincimento del giudice. Inoltre, secondo le contestazioni presentate, viene lamentata un’errata applicazione dell’articolo 54, comma 1, c.p., in relazione alla sussistenza , anche putativa, del pericolo attuale di un danno grave alla persona, essendosi escluso dal campo di applicazione della norma che l’imputato aveva agito anticipatamente, restando quindi irrilevante il mancato trasferimento immediato in ospedale della fidanzata, rispetto all’imminenza del verificarsi del grave pregiudizio alla donna in considerazione del suo stato di gravidanza. In realtà, gli Ermellini evidenziano immediatamente l’inammissibilità del ricorso, essendo manifestamente infondate le doglianze del ricorrente. Infatti, con riguardo al richiamo della giurisprudenza sulla valutazione delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa, il ricorrente non ha tenuto conto della possibilità che l’assunzione di esse anche da sole come prova, presuppone ed implica la necessità della loro sottoposizione a controllo di credibilità, al quale non si sottrae alcuna testimonianza. Ciò che è stato effettuato dai giudici di merito nel caso concreto, dove si è riscontrata l’assenza di elementi di conferma di natura oggettiva o documentale, che pertanto non consentivano di ritenere provato lo stato di malessere riferito dalla donna in stato di gravidanza. Elementi idonei ad orientare la decisione. Al riguardo – come si legge nella sentenza in commento -, i giudici del Palazzaccio citano la giurisprudenza richiamata dal giudice di merito secondo la quale la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile ad una causa di giustificazione non accompagnata dall’allegazione di precisi elementi idonei ad orientare l’accertamento del giudice, non può legittimare una pronuncia assolutoria. Ciò che non risulta convincente per i giudici è che nonostante l’invocazione dello stato di necessità, la coppia, dopo l’accertamento del fatto, era stata condotta in commissariato per gli incombenti del caso, il che contrastava con la ricorrenza di un pericolo per la salute della donna, tale da smentire la tesi dello stato di necessità. Inoltre, quanto alla presunta tutela di uno stato di necessità preventivo o putativo, i giudici di Piazza Cavour ribadiscono che, ai fini dell’integrazione dell’esimente dello stato di necessità, è necessario che il pericolo di un danno grave alla persona sia attuale ed imminente o, comunque, idoneo a fare sorgere nell’autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto stato, non essendo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto, né potendo la scriminante in parola operare sulla base di fatti sforniti di riscontri oggettivi e accertati in via presuntiva. Per dirla con altre parole, lo stato di gravidanza non giustifica comunque la salvaguardia anticipata del bene salute della gestante, occorrendo anche in tale caso l’indicazione, nel caso di specie totalmente assente, di elementi anche sintomatici relativa alla natura del malessere, nonché al decorso precedente e successivo della gravidanza e alla fase di essa al momento del fatto. Da qui la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 ottobre – 27 novembre 2014, numero 49586 Presidente Bevere – Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. F.M. ricorre, tramite il difensore avv. A. Gaziano, avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo 19-3-2014, che ha confermato salvo che in punto pena, diminuita quella del Gip dei Tribunale di Agrigento in data 25-9-2013, di condanna del M. per i reati di cui agli articolo 73 e 75 d.lgs. 159/2011 per aver guidato un'autovettura nonostante la revoca della patente di guida causa la sottoposizione alla misura della sorveglianza speciale di P.S 2. II ricorrente deduce, con il primo motivo, vizio di motivazione per mancata valutazione della testimonianza di D.P., all'epoca in stato di gravidanza, fidanzata poi divenuta moglie dell'imputato, la quale aveva dichiarato che M. si era posto alla guida per accompagnarla al pronto soccorso in quanto aveva avvertito un malessere. Lo stato di necessità era stato ritenuto non provato in assenza della produzione di certificato medico e in mancanza del trasferimento della donna, nell'immediatezza del fatto, in ospedale, così ingiustificatamente trascurando una testimonianza cui è applicabile, secondo il ricorrente, il principio, affermato in relazione alla testimonianza della persona offesa dal reato, secondo il quale tali dichiarazioni possono fondare, anche da sole, il convincimento del giudice. 3. Con il secondo motivo si lamenta errata applicazione dell'articolo 54, comma primo, cod. penumero in relazione alla sussistenza, anche putativa, del pericolo attuale di un danno grave alla persona, essendosi ingiustificatamente escluse dal campo di applicazione della predetta norma forme di tutela anticipata di beni giuridici stato di necessità preventivo riconosciuto in giurisprudenza , nella specie il bene salute ritenuto prevalente sul pericolo di danno per la sicurezza sociale, non essendosi considerato che l'imputato aveva agito anticipatamente -restando quindi irrilevante il mancato trasferimento immediato in ospedale della Prestia-, rispetto all'imminenza del verificarsi dei grave pregiudizio, peraltro altamente probabile in considerazione dello stato di gravidanza della donna. Considerato in diritto 1. II ricorso è inammissibile essendo il primo motivo manifestamente infondato, il secondo meramente ripetitivo di una questione, quella del mancato riconoscimento dello stato di necessità, che, già prospettata con l'atto di appello, è stata puntualmente esaminata e motivatamente disattesa nella sentenza impugnata. 2. Sotto il primo profilo si osserva che il richiamo alla giurisprudenza relativa alla valutazione delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa, non tiene conto che la possibilità di assumerle anche da sole come prova peraltro della responsabilità dell'imputato , presuppone ed implica la necessità della loro sottoposizione a controllo di credibilità, controllo al quale non si sottrae alcuna testimonianza. Il risultato di tale vaglio, correttamente effettuato in sentenza, è stato che, nella specie, l'assenza di elementi di conferma di natura obiettiva o documentale, quali la mancata produzione di un certificato medico e il mancato trasferimento immediato della Prestia, dopo il fatto, in ospedale, non consentivano di ritenere provato lo stato di malessere riferito dalla stessa e quindi la ricorrenza della causa di giustificazione invocata. 3. Sotto il secondo profilo si rileva che la corte territoriale, dopo aver richiamato l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile ad una causa di giustificazione, non accompagnata dall'allegazione di precisi elementi idonei ad orientare l'accertamento del giudice, non può legittimare una pronuncia assolutoria, ha ineccepibilmente osservato che l'addotto grave stato di malessere della compagna dell'imputato, che avrebbe giustificato la guida dell'autovettura da parte di questi nonostante la revoca della patente, era stato oggetto di mera affermazione della Prestia, non accompagnata da alcun elemento di conferma, in quanto, come sopra osservato, non solo non era stata prodotta alcuna certificazione medica al riguardo benché la donna avesse dichiarato di essersi recata in un secondo tempo al pronto soccorso , ma la coppia, dopo l'accertamento del fatto, era stata condotta in commissariato per gli incombenti del caso, il che contrastava con la ricorrenza di un pericolo per la salute della donna, e quindi smentiva la tesi dello stato di necessità. 4. Invano poi il ricorrente invoca la tutela di uno stato di necessità preventivo, o comunque putativo, tenuto conto che, secondo l'orientamento più recente di questa corte Cass. 26159/2010 , ai fini dell'integrazione dell'esimente dello stato di necessità, è necessario che il pericolo di un danno grave alla persona sia attuale ed imminente o, comunque, idoneo a fare sorgere nell'autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto stato, non essendo all'uopo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto, né potendo la scriminante operare sulla base di fatti sforniti di riscontri oggettivi e accertati in via presuntiva. 5. E' dunque manifestamente infondato l'assunto dei ricorrente fondato sul rilievo che lo stato di gravidanza giustificherebbe comunque la salvaguardia anticipata del bene salute della gestante, occorrendo anche in tal caso l'indicazione, nella specie totalmente mancata, di elementi, anche sintomatici, relativi alla natura del malessere, nonché al decorso precedente e successivo della gravidanza e alla fase di essa al momento del fatto, idonei ad avvalorare la tesi del malessere della Prestia. 6. Seguono le statuizioni di cui all'articolo 616 cod. proc. penumero , determinandosi in € 1000, in ragione della natura delle doglianze, la somma di spettanza della cassa ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000 in favore della Cassa delle Ammende.