In caso di condanna per atti persecutori attraverso minacce, queste ultime non possono essere oggetto di un’imputazione autonoma.
Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 41182, depositata il 3 ottobre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Brescia condannava un imputato per i reati di atti persecutori, minaccia aggravata continuata ed ingiuria continuata. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando la mancanza di prove circa l’esistenza di uno degli stati psicologici o circa il mutamento delle abitudini di vita delle vittime, circostanze necessarie per integrare la fattispecie penale prevista dall’articolo 612-bis c.p. in materia di stalking. Inoltre, deduceva l’assorbimento dei reati di minaccia ed ingiuria in quello di atti persecutori. Indagini del giudice. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricorda che lo stalking è un reato che prevede eventi alternativi, ciascuno dei quali, se realizzato, integra il reato non è, quindi, necessario provare la realizzazione di tutte le possibilità previste dall’articolo 612-bis c.p Inoltre, nel caso in cui l’evento del reato sia costituito dall’esistenza degli stati psichici descritti dalla norma codicistica, non serve necessariamente l’espletamento di indagini tecniche affidati ad esperti di discipline psicologiche o psichiatriche per ritenere raggiunta la prova. Al contrario, il giudice può affidarsi a tutti gli strumenti a sua disposizione, incluso l’esame della persona offesa. Nel caso di specie, tutti gli elementi portavano ad affermare la responsabilità del ricorrente il tipo di minacce anche mostrando una pistola e la frequenza quotidiana di queste, la minore età di una delle vittime e la personalità dello stesso imputato, incapace di pudore o equilibrio. L’uomo aveva provato a difendersi, deducendo che le vittime già soffrivano in precedenza di attacchi di panico, ma a tale affermazione i giudici di legittimità ribattono che anche il semplice aggravamento di una patologia integra il reato. Già compreso. Tuttavia, i giudici di legittimità riconoscono che il reato di atti persecutori è integrato da «minacce» o «molestie», ai sensi dell’articolo 612-bis c.p Di conseguenza, le minacce rientrano tra gli elementi qualificanti della fattispecie e non possono essere addebitate per due volte all’autore. Ma per le ingiurie non vale. Ciò non vale, invece, per le ingiurie, estranee all’elemento materiale dell’articolo 612-bis c.p. incidendo su un bene della vita diverso, possono, perciò, concorrere con il reato di atti persecutori. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla la sentenza limitatamente al reato di minaccia, confermando nel resto la condanna nei confronti dell’imputato.
Corte di Cassazione sez. V Penale, sentenza 10 luglio – 3 ottobre 2014, numero 41182 Presidente Dubolino – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Mantova, con sentenza confermata dalla Corte di appello di Brescia in data 21 gennaio 2013, ha condannato a pena di giustizia S.P. per atti persecutori nei confronti di M.M. e M.G., minorenne capo a , per minaccia aggravata continuata nei confronti M.M., M.G., M.D. e R.M. capo c , nonché per ingiuria continuata nei confronti di M.M. e M.G. capo d , oltre al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite M.M. e M.G 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto personalmente ricorso per Cassazione l'imputato, con due motivi. Col primo lamenta la violazione dell'articolo 612/bis cod. penumero , per essere stato ritenuto sussistente l'evento dei reato in assenza di prova rigorosa circa la verificazione di uno degli stati psicologici descritti dalla norma e in assenza di prova circa il mutamento delle abitudini di vita delle vittime. Col secondo lamenta che non sia stata fornita risposta alla doglianza, formulata in appello, circa l'assorbimento dei reati di minaccia e ingiuria in quello di atti persecutori . Considerato in diritto Il ricorso merita accoglimento nei limiti e per i motivi di seguito esposti. 1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Occorre premettere che il delitto di atti persecutori cosiddetto stalking articolo 612 bis cod. penumero è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale provare che la condotta dell'imputato abbia dato origine a tutte le situazioni descritte dalla norma, ma è sufficiente la prova di uno solo degli eventi da essa contemplati in questo senso Cass. numero 29872 del 19/5/2011, la quale ha sottolineato che non occorre la prova dei mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità . Inoltre, che la prova dell'evento del reato - allorché sia rappresentato da stati psichici rilevanti ai sensi dell'articolo 612/bis cod. penumero - non esige necessariamente l'espletamento di indagini tecniche affidate a esperti delle discipline psicologiche o psichiatriche, ma può essere desunta dal giudice con tutti gli strumenti di indagine a sua disposizione, compreso l'esame della persona offesa ed è ovvio che in tale indagine assume rilievo determinante la natura e la durata delle minacce e delle molestie, che in tanto potranno essere ritenute all'origine degli stati morbosi considerati dalla norma in quanto siano realmente idonee, secondo gli ordinari criteri di causalità, a ingenerare l'ansia, la paura, il timore da essa contemplati. Alla luce di tanto non merita alcuna censura la sentenza impugnata, che, argomentando dal tipo di minacce profferite in un caso persino mostrando una pistola in altri usando una fionda spesso seguendo la minore o minacciando di ucciderla e dalla reiterazione, anche quotidiana, delle stesse per un lungo arco di tempo dalla personalità di uno degli offesi una ragazza minorenne dalla personalità dell'imputato, che ha rivelato totale mancanza di pudore, continenza ed equilibrio, ha tratto la prova della causazione degli stati morbosi denunciati, trattandosi di fatti ed atti che, effettivamente, secondo il criterio di valutazione sopra enunciato, sono idonei a creare gravi e perduranti stati di ansia e di paura in persone di normale condizione psichica. Né vale appellarsi, per escludere il rapporto di causalità tra condotta ed evento, alla patologia attacchi di panico da cui madre e figlia erano già in precedenza affetti, giacché, giusta il rilievo della Corte di merito, anche l'aggravamento della patologia rientra nel fuoco della norma incriminatrice. 2. E' fondato, invece, il secondo motivo di ricorso. Il reato di atti persecutori è integrato da minacce o molestie reiterate che determinino le conseguenze descritte dall'articolo 612/bis cod. penumero . Le minacce rientrano, quindi, a pieno titolo, tra gli elementi qualificanti della fattispecie, sub specie di elemento materiale del reato, sicché non possono essere addebitate due volte al loro autore. Il reato di cui al capo C resta assorbito, quindi, in quello di cui al capo A , per cui la sentenza va annullata nella parte ad esso relativa. Non possono ritenersi comprese nel reato di atti persecutori, invece, le ingiurie, che sono estranee all'elemento materiale della fattispecie delineata dall'articolo 612/bis cod. penumero e, per la loro incidenza su un bene della vita diverso da quello contemplato da quest'ultima norma vale a dire, l'onore , ben possono concorrere col reato di atti persecutori. Di conseguenza, la pena irrogata dal giudice di merito di anni uno e mesi quattro di reclusione va ridotta ad anni uno e mesi tre di reclusione, per effetto della eliminazione della pena di un mese di reclusione che è stata disposta in aumento, a titolo di continuazione, per le minacce. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di minaccia di cui al capo C per essere il medesimo assorbito in quello di atti persecutori di cui al capo A con eliminazione della relativa pena di mesi uno di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.