Il delitto al centro della questione configura un reato commissivo e permanente, la cui consumazione inizia con il procacciamento del materiale e si protrae per tutto il tempo in cui permane all’agente la disponibilità del materiale stesso.
I confini del reato . Una brutta vicenda di pedopornografia online permette alla Corte di Cassazione di definire, con la sentenza numero 36024 depositata il 20 settembre 2012, gli esatti confini del delitto di detenzione consapevole di materiale pedopornografico di cui all’articolo 600 quater del codice penale. Infatti, ribadiscono gli Ermellini nella sentenza richiamata, la giurisprudenza della Cassazione ha precisato da tempo che il delitto de qua configura un reato commissivo e permanente la cui consumazione inizia con il procacciamento del materiale e si protrae per tutto il tempo in cui permane all’agente la disponibilità del materiale stesso. Inoltre, l’elemento soggettivo, costituito dal dolo diretto, consiste nella volontà di procurarsi o detenere materiale pedopornografico. La mancanza di consapevolezza. Nel caso di specie, il ricorrente era stato condannato alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione e di € 2000 di multa, per il delitto di cui all’articolo 600 quater, commi 1 e 2 comma p. per avere detenuto in supporti informatici un’ingente quantità di materiale pedopornografico – film e fotografie - e per aver diffuso il citato materiale ponendolo in condivisione con altri – articolo 600 quater comma 3 cod. penumero -. La difesa dell’imputato in sede di Cassazione è diretta a contestare la decisione della Corte di Appello di Perugia, di conferma della sentenza emessa in sede di giudizio abbreviato dal GUP pressi il Tribunale del capoluogo umbro. In particolare, ciò che viene contestato è la mancanza di consapevolezza della detenzione del materiale pedopornografico da parte del ricorrente ai fini della sua condivisione con altri. Infatti, l’imputato non si sarebbe reso conto che scaricare foto o immagini pedopornografiche dal proprio computer avrebbe potuto integrare il reato contestato. Inoltre, la catalogazione del materiale era stata fatta automaticamente dal computer stesso, per cui l’uomo non era consapevole di detenere tale materiale per la condivisione dello stesso con altri, viste anche le sue limitate competenze informatiche. Da qui il ricorso che, tuttavia, i giudici di Piazza Cavour respingono con decisione. Non necessario il collegamento diretto con la cosa. Risulta del tutto pacifico in giurisprudenza – evidenzia il Palazzaccio – che la condotta consistente nel procurasi materiale pedopornografico scaricandolo tramite collegamento ad internet integra la fattispecie in discussione. Quanto alla detenzione non risulta necessario il collegamento diretto alla cosa, dovendosi valutare piuttosto la disponibilità della cosa detenuta rispetto all’utilizzo materiale della stessa. È ciò che avviene, ad esempio, con le sostanze stupefacenti e le armi, ma anche con lo stesso materiale pedopornografico, prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori, dove l’elemento decisivo è costituito dalla possibilità di libera utilizzazione di detto materiale, senza che ne sia necessario l’effettivo uso. Abilità informatiche. Inoltre, la consapevolezza richiesta dal legislatore è diretta a evitare che, riguardo alle nuove tecnologie, possa ricorrere nella sanzione chi utilizzi il computer in rete ed in conseguenza di errori di digitazione o per l’invasione di virus si trovi a scaricare files di contenuto illecito senza rendersene conto, soprattutto in ipotesi di assenza di abilita tecnico-informatiche adeguate. Ciò che non è stato possibile riscontrare nel caso di specie, dove è stato riconosciuto che l’imputato deteneva migliaia di video pornografici, foto e centinaia di files, puntigliosamente catalogati e archiviati, messi in condivisione in rete attraverso l’utilizzo di programmi “peer to peer”. Foto rubate. Ultimo tassello della consapevolezza dell’imputato – chiosano i giudici della Cassazione – è che lo stesso non poteva dirsi inesperto delle metodologie informatiche, anche in virtù dei suoi precedenti penali relativi ad analoghi reati. Nel giudizio di merito era risultata anche la prova che l’imputato era dedito a collezionare fotografie pedopornografiche, anche scattate furtivamente dallo stesso in luoghi o zone frequentate da bambini, rubandone i momenti di privacy. Da qui l’inammissibilità del ricorso e la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 giugno – 20 settembre 2012, numero 36024 Presidente Franco – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Perugia con sentenza emessa il 28 giugno 2011, ha confermato la sentenza del 19 ottobre 2010, emessa all'esito di giudizio abbreviato dal Gup presso il Tribunale di Perugia, che aveva dichiarato M.G. colpevole del delitto di cui all'articolo 600 quater comma 1 e 2 c.p., per avere detenuto in supporti informatici, un'ingente quantità di materiale pedopornografico fotografie e film realizzato con bambini di ambo i sessi ripresi in scene di sesso esplicito, fatto accertato in omissis e dell'articolo 600 ter comma 3 c.p., per avere diffuso il citato materiale ponendolo in condivisione con altri, fatto accertato in omissis , condannandolo alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed Euro 2.000 di multa. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, tramite il proprio difensore, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi 1 Violazione dell'articolo 606 lett. b ed e c.p.p. in relazione alla mancata od errata applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorietà od illogicità della motivazione, quanto all'articolo 600 ter comma 3 c.p., perché la divulgazione e diffusione nella rete di internet di materiale pedopornografico presuppone la consapevole detenzione dello stesso, mentre l'imputato non si era reso conto che scaricare foto od immagini pedopornografiche dal proprio computer avrebbe potuto integrare il reato contestatogli, e quanto alla catalogazione del materiale rinvenuto, la stessa è stata fatta in via automatica dal computer stesso, per cui non era consapevole di detenere tale materiale per una condivisione dello stesso con altri, attese le limitate competenze informatiche di un uomo di 50 anni, che è affetto solo da una deformazione del desiderio sessuale per abusi subiti durante la sua infanzia in orfanotrofio 2 Violazione di legge e motivazione mancante o comunque contraddittoria, in riferimento all'articolo 62 bis c.p., atteso che la non concessione delle circostanze attenuanti generiche è stata ancorata a piccoli precedenti, senza tenere conto del suo triste passato e della piena confessione sin dal primo momento delle indagini 3 Violazione di legge e motivazione mancante e comunque contraddittoria, in relazione alla mancata riduzione della pena, in quanto il giudice avrebbe dovuto applicare la pena adeguandola al caso concreto, tenuto conto delle modalità del fatto e del comportamento processuale del ricorrente per la ragioni prima dette. Considerato in diritto 1. Va premesso che questa Corte ha affermato il principio di diritto in base al quale, quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo Così, tra le altre, Sez. 2, numero 5606 dell'8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181 Sez 1, numero 8868 dell’8/8/2000, Sangiorgi, Rv. 216906 Sez. 2, numero 11220 del 5/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145 . Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorché i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado, in risposta ai quali è consentita anche la motivazione per relationem cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, numero 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116 , sempre che tale rinvio non comporti una sottrazione alle puntuali censure prospettate in sede di impugnazione. Inoltre in sede di legittimità è preclusa una rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione o l'adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione dei fatti Sez. 6, numero 22256 del 2006, Bosco, Rv.234148 quando il giudice di merito abbia esposto le motivazioni della propria decisione in coerenza con i dati risultanti dal processo non è ammessa una diversa ricostruzione in fatto della vicenda oggetto del giudizio da parte dei giudici di legittimità. 2. Per quanto attiene al primo motivo di ricorso, ritiene questo Collegio che lo stesso sia manifestamente infondato. È infatti da precisare che il delitto di detenzione consapevole di materiale pedopornografico è un reato commissivo e permanente, la cui consumazione inizia con il procacciamento di materiale e si protrae per tutto il tempo in cui permane all'agente la disponibilità del materiale così Sez. 3, numero 22043 del 21/4/2010, R. Rv.247635 e l'elemento soggettivo, costituito dal dolo diretto, consiste nella volontà di procurarsi o detenere materiale pedopornografico in tal senso Sez. 3, numero 41067 del 20/9/2007, P.M. in procomma Silvestrini, Rv. 238079, nella fattispecie, la volontà di detenzione era stata ritenuta integrata nel rinvenimento di files pornografici scaricati e salvati nel computer dell'imputato benché successivamente lo stesso avesse cancellato parte di essi . Risulta poi principio pacifico che integra la fattispecie la condotta consistente nel procurarsi materiale pedopornografico scaricandolo tramite collegamento in internet cosiddetta operazione di download come espressamente indicato da Sez.3, numero 41570 del 20/9/2007, Martelli, Rv. 237999 . Sotto il profilo oggettivo, l'orientamento della giurisprudenza è abbastanza ampio nel ritenere riferibile la detenzione al soggetto agente anche in assenza di un collegamento diretto con la res, dovendosi avere a riguardo alla disponibilità della cosa detenuta, più che all'utilizzo materiale della stessa. Questo vale per le detenzione di oggetti materiali del reato quali, ad esempio, le sostanze stupefacenti e le armi ad esempio, vedi Sez. 4, numero 47472 del 13/11/2008, P.G. in procomma Mara, Rv. 242389, che ha affermato che la detenzione non implica necessariamente un contatto fisico immediato con la droga, ma va intesa come disponibilità di fatto di essa ed anche in riferimento alla fattispecie de qua, avendo la giurisprudenza chiarito che la disponibilità del materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale del minori deve essere intesa come possibilità di libera utilizzazione di detto materiale, senza che ne sia necessario l'effettivo uso Cfr. Sez. 5, numero 36094 del 27/9/2006, Fantone, Rv. 235488, che ritenne immune da censure la decisione con cui il giudice di merito aveva ritenuto sussistente il reato in questione nella detenzione di materiale pedopornografico, conservato in un vecchio quaderno, custodito in un armadio di cui era, comunque, garantito l'accesso in ogni tempo . Per quanto attiene al profilo soggettivo, l'inclusione nella fattispecie dell'avverbio consapevolmente , mira proprio ad evitare che, avuto a riguardo all'utilizzo delle nuove tecnologie, venga ad incorrere nella sanzione penale la mera utilizzazione di un computer che, collegandosi in rete, in conseguenza di errori di digitazioni o per l'invasione di virus Trojans od altri virus analoghi, si trovi ad aver scaricato files di contenuto illecito senza consapevolezza, non avendo magari neppure le abilità tecnico-informatiche per avvedersene. 3. Orbene, la sentenza impugnata risulta fornita di una motivazione di perfetta tenuta logica circa la sussistenza dell'elemento psicologico in capo al ricorrente, laddove ha enucleato gli elementi probatori posti a base della ritenuta consapevolezza e volontà della detenzione del materiale illecito, ricordando il rinvenimento nei computer e nei supporti informatici, nella detenzione del ricorrente, di 6645 video pedopornografici, 85.932 foto e 898 files in formato compresso, materiale puntigliosamente catalogato ed archiviato ed il fatto che le verifiche poste in essere nel computer avevano acclarato la condivisione in rete di tale materiale attraverso la traccia informatica dell'utilizzo di programmi peer to peer , per cui il M. era stato ritenuto dai giudici di merito non solo perfettamente consapevole di detenere tale materiale, ma anche dotato della volontà di condividerlo con altri, atteso che lo stesso non poteva certo dirsi inesperto delle metodologie informatiche, anche in virtù dei suoi precedenti penali, relativi ad analoghi reati. 4. Risultano manifestamente infondati anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con i quali si propone, nella sostanza, a questa Corte una nuova valutazione circa la gravità dei reati, per ottenere una più favorevole dosimetria sanzionatoria. I giudici di merito hanno espresso con motivazione ampia, congrua e priva di smagliature logiche le ragioni per le quali hanno ritenuto di dover negare le circostanze attenuanti generiche e di dover confermare il quantum di pena già inflitta dal giudice di primo grado, sia per l'ingente quantitativo dei files pedopornografici, dei precedenti penali specifici, sia per il comportamento complessivo del ricorrente, essendo risultata la prova che lo stesso era dedito a collezionare fotografie pedopornografiche, alcune scattate furtivamente dallo stesso M. in luoghi o zone frequentate da bambini, rubandone i momenti di privacy. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente deve essere condannato, ai sensi del disposto di cui all'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.