Assunti 2 dipendenti della società concorrente per valorizzare le offerte commerciali, ma manca la prova del comportamento sleale

I 2 dipendenti sono stati assunti per valorizzare la propria offerta commerciale, vantando tali assunzioni con l’Università di Padova, ma non è stata sufficientemente provata la concorrenza sleale niente risarcimento.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n.14990/13, depositata lo scorso 14 giugno. Il caso. Una s.r.l. assume 2 dipendenti di una società che installa impianti telefonici, pubblicizza con i clienti le nuove assunzioni e inizia ad operare nella zona della società concorrente, sfruttando le conoscenze tecniche e di mercato dei neo assunti, sviando la clientela ed eseguendo lavori già assegnati all’altra società. E, per queste condotte, viene convenuta in giudizio, dove, insieme ai 2 nuovi assunti, gli viene chiesto di risarcire i danni. Il Tribunale, accogliendo parzialmente le richieste della società attrice, riconosce la concorrenza sleale solo in merito ad una operazione commerciale, quella instaurata dalla convenuta con l’Università di Padova. Collaboratori che passano alla concorrenza. A pensarla diversamente è la Corte d’appello, la quale sostiene che la concorrenza illecita non può configurarsi con la «mera constatazione di un passaggio di collaboratori da un’impresa ad un’altra concorrente», e poi, precisano i giudici di secondo grado, nella specie, non sussistono elementi tali da cui dedurre che le assunzioni siano state attuate con il precipuo fine di acquisire la clientela della società attrice. E l’offerta commerciale viene valorizzata. È quest’ultima a presentare ricorso per cassazione, rilevando che i 2 dipendenti sono stati assunti con il fine di sviarne la clientela, anche perché la società resistente ha vantato tali assunzioni con l’Università di Padova per valorizzare la propria offerta commerciale. Mancano le prove. Ma questo, affermano gli Ermellini, non è stato accertato e, tale accertamento, non è possibile in sede di legittimità. Pertanto, il ricorso viene rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 febbraio – 14 giugno 2013, numero 14990 Presidente Salvago – Relatore De Chiara Svolgimento del processo La I.T.E.S. Impianti s.r.l. adì il Tribunale di Padova deducendo che la Offimark s.r.l., operante nel suo stesso settore commerciale installazione di impianti telefonici ma nella provincia di Vicenza, dopo aver assunto due suoi dipendenti e pubblicizzato con i clienti tali nuove assunzioni, aveva iniziato ad operare anche nella sua zona il padovano sfruttando le conoscenze tecniche e di mercato dei nuovi assunti, sviando la clientela ed eseguendo lavori già assegnati ad essa attrice. Chiese pertanto la condanna della Offimark s.r.l. e dei due dipendenti al risarcimento del danno subito per concorrenza sleale. Il Tribunale respinse la domanda nei confronti dei due dipendenti e la accolse, invece, nei confronti della Offimark s.r.l. relativamente a un solo rapporto commerciale, quello instaurato dalla convenuta con l'Università di Padova. La Corte d'appello di Venezia, adita dalla soccombente, ha riformato la sentenza di primo grado ritenendo, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità, che la concorrenza illecita non possa dedursi dalla mera constatazione di un passaggio di collaboratori da un'impresa ad un'altra concorrente, e che non sussistano, nella specie, elementi dai quali inferire che la contestata assunzione, di per sé legittima, fosse stata attuata con il precipuo fine di acquisire la clientela della Ites Impianti s.r.l. o comunque di nuocere a quest'ultima. La I.T.E.S. Impianti s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione per due motivi, cui la Offimark s.r.l. ha resistito con controricorso. In camera di consiglio il Collegio ha deliberato che la motivazione della presente sentenza sia redatta in forma semplificata, non ponendosi questioni rilevanti sotto il profilo della funzione nomofilattica della Corte. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione, si censura l'esclusione che la Offimark avesse assunto i due dipendenti della società ricorrente con il fine di sviarne la clientela o comunque di nuocere alla stessa e si osserva, in particolare, che là resistente aveva appunto vantato con l'Università di Padova l'assunzione dei predetti dipendenti per valorizzare la propria offerta commerciale. 2. - Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'articolo 2598 numero 3 c.c., si afferma che la spendita di tale assunzione presso la cliente costituiva appunto ipotesi di concorrenza sleale ai sensi della norma invocata. 3. - Le due censure, da esaminare congiuntamente attesa la loro connessione, non colgono nel segno, essendo entrambe basate sul presupposto di fatto che la Offimark avesse valorizzato, presso l'Università di Padova, l'assunzione dei due dipendenti della I.T.E.S. Impianti al fine di soppiantare la concorrente nell'aggiudicazione dell'appalto il che non è stato affatto accertato dai giudici di appello, né può esserlo in sede di legittimità. 4. - Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna della ricorrente alle spese processuali, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00, di cui 2.000,00 per compensi di avvocato, oltre accessori di legge.