Protesi dentaria senza consenso informato: incarico professionale legittimo

Confermata la legittimità del decreto ingiuntivo ‘firmato’ dal professionista nei confronti della paziente, condannata a pagare oltre 1.300 euro. Fondamentale è l’incarico, a prescindere della forma scritta. Irrilevante, almeno su questo fronte, la mancanza di consenso informato.

Tenere alla propria igiene dentaria può costare un occhio della testa Lo dicono i numeri, ovvero i ‘tariffari’ dei dentisti. Lo conferma la storia di una donna, condannata a pagare quasi 3 milioni di lire per «prestazioni odontoiatriche». Fondamentale la concretezza dell’«incarico professionale» - anche senza forma scritta –, irrilevante, invece, la «mancanza del consenso informato» Cassazione, sentenza numero 8527, Seconda sezione Civile, depositata oggi . Missione. Proprio l’efficacia dell’impegno professionista-paziente è il vero nodo gordiano. Perché, secondo la donna, «nessun incarico professionale era stato affidato» ella «si era recata presso lo studio odontoiatrico per una visita di controllo, a causa di un’algia delle arcate dentarie inferiore» e in quella sede il professionista «si era limitato a limare alcuni denti ed a rilevare il calco dell’arcata dentaria, prospettando la necessità di più interventi operatori per un costo preventivato in 4550 euro». Nulla di più che un pour parler, secondo la donna. Ma questa tesi, accolta dal Giudice di pace, viene ritenuta non fondata in Tribunale, laddove è sancita la legittimità del decreto ingiuntivo azionato dal professionista per recuperare «la somma di 1347 euro» decisiva, in questo caso, è la «prova del rapporto professionale». Consenso escluso. E questa ottica viene condivisa anche dai giudici della Cassazione. Per la semplice ragione che, a prescindere dall’utilizzo della forma scritta – a cui si appiglia la donna –, ciò che è emerso è «la prova della commissione al dentista della protesi dentaria». Ma passaggio centrale è quello relativo alla «mancanza di consenso informato», che, ad avviso della donna, avrebbe dovuto comportare «la nullità del contratto professionale». Ebbene, su questo fronte, i giudici della Cassazione chiariscono che «il consenso informato non attiene alla validità del contratto d’opera professionale, e, in particolare, alla diagnosi della situazione del paziente ed alla scelta della terapia», bensì «al trattamento sanitario». Per essere ancora più chiari, il difetto di consenso informato «avrebbe potuto eventualmente giustificare una domanda risarcitoria per l’avvenuta irreversibile limatura dei denti, della cui necessità per l’applicazione della protesi» la cliente «non era stata informata», ma non certo una richiesta di azzeramento ab origine dell’incarico.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 febbraio - 8 aprile 2013, numero 8527 Presidente Oddo – Relatore Bursese Svolgimento del processo C.S., con atto notificato il 22.2.2011, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza numero 178/10 depos. 30.10.2010, con la quale, il Tribunale di Ragusa, sede distaccata di Vittoria, pronunciando sull’appello proposto da G.B. avverso la sentenza emessa dal G.d.P. di Vittoria, accoglieva in parte l’impugnazione, rigettando l’opposizione proposta dalla stessa C. avverso il decreto ing. numero 52/2005 emesso dallo stesso G.d.P su ricorso del nominato dott. B. per la somma di € 1374,37 che si assumeva dovuta per prestazioni odontoiatriche rese in favore della ricorrente. Quest’ultima aveva giustificata la propria opposizione al provvedimento monitorio in esame, sostenendo che nessun incarico professionale era stato affidato al medesimo, atteso che essa C. si era recata presso il suo studio odontoiatrico, per una visita di controllo a causa di un’algia alle arcate dentarie inferiori ed in quella sede il dott. B. si era limitato a limare alcuni denti ed a rilevare il calco dell’arcata dentaria, prospettandole la necessità di più interventi operatori per un costo preventivato in € 4550,00. Il giudice di primo grado, sulla base delle dichiarazioni dei due testi escussi, aveva ritenuta fondata l’opposizione al provvedimento monitorio nel senso che mancava la prova del rapporto professionale in questione, mentre il giudice d’appello, diversamente valutando le stesse emergenze istruttorie, giungeva all’opposta conclusione che era stata allegata la prova del credito azionato, sia nell’an che in punto quantum, richiamandosi a tal fine all’articolo 2233 c.c. Il ricorso per cassazione, notificato in data 22.3.2011, si fonda su 2 mezzi l’intimato non ha svolto difese. Motivi della decisione 1 - Con il primo motivo del ricorso, l’esponente eccepisce la violazione dell’articolo 2229 e l’articolo 1418 c.c., deducendo che, la mancanza di consenso informato da parte dell’odontoiatra, aveva comportato la nullità del contratto d’opera professionale. Il motivo è inammissibile per la novità della questione, in quanto nel giudizio di cui trattasi le parti contrastavano unicamente sul conferimento al dentista dell’ulteriore incarico di realizzare una protesi dentaria, essendo pacifico che la paziente era ricorsa al medico “perché doveva mettere un dente” o perché aveva un’algia ad un’arcata dentaria. Ma a prescindere da ciò, va comunque osservato che il consenso informato non attiene alla validità del contratto d’opera professionale e, in particolare alla diagnosi della situazione del paziente ed alla scelta della terapia, ma al trattamento sanitario necessario per l’attuazione della stessa l’inosservanza del menzionato obbligo di attenere il consenso informato, trova la sua sola sanzione in una responsabilità contrattuale del sanitario anche nel caso in cui, a prescindere da una sua colpa professionale, il trattamento da lui praticato abbia comportato un aggravamento delle condizioni di salute, il cui rischio il paziente non era stata messo in condizione di valutare il difetto di consenso informato avrebbe potuto eventualmente giustificare una domanda risarcitoria per l’avvenuta irreversibile limatura dei denti della cui necessità per l’applicazione dell’ipotesi non era stata informata. Con il 2° motivo violazione articolo 2697 e 2712 c.c. 116 e 116 c.p.c., la ricorrente deduce inattendibilità della prova testimoniale circa il conferimento dell’incarico professionale e la necessità della prova scritta dell’incarico conferito al dentista di applicare la protesi dentaria, ai sensi dell’articolo 2721 c.c. Il motivo è inammissibile nella seconda parte, in quanto costituisce questione nuova nel giudizio, quella riguardante la necessità della prova scritta del contratto e, in ogni caso, la ricorrente non deduce di avere sollevata tempestivamente l’eccezione in sede di assunzione a nella prima difesa successiva. Il motivo è infondata nella prima parte in quanto la sentenza ha affermata che dalla deposizione testimoniale emergeva la prova della commissione al dentista della protesi dentaria e non risultano violati i principi della disponibilità articolo 115 c.p.c. e valutazione articolo 116 c.p.c. delle prove secondo il prudente apprezzamento del giudice, salvo che la legge non disponga altrimenti la sostanziale censura della valutazione dei mezzi di prova attinge un apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità perché adeguatamente e logicamente motivata. Il ricorso dev’essere dunque rigettato. Nulla per le spese. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso.