Le preclusioni probatorie non scattano se l’ufficio finanziario non ha avvertito il contribuente circa le conseguenze della sua condotta non collaborativa.
Il caso. L’Amministrazione finanziaria inviava ad un contribuente un questionario, invitandolo ad esibire la documentazione giustificativa della provenienza di ingenti somme impiegate in operazioni di compravendita immobiliare. A quanto è dato comprendere, il contribuente chiedeva una proroga del termine a sua disposizione, in ragione dell’imminenza delle festività natalizie. Tale istanza non trovava accoglimento. Il contribuente produceva la documentazione richiesta a distanza di più di 6 mesi dalla data di invio del questionario, ben oltre quindi lo spirare dell’ulteriore termine domandato pari a 30 giorni . Valorizzando l’incongruenza tra gli incrementi patrimoniali riscontrati e il reddito dichiarato, l’ufficio procedente emetteva un avviso di accertamento, rettificando l’Irpef dovuta per il periodo di imposta 1995 mediante il metodo sintetico ex articolo 38, comma 5, d.p.r. 29 settembre 1973, numero 600. Il contribuente impugnava l’atto impositivo, che veniva annullato parzialmente dalla Commissione Tributaria Provinciale e integralmente dalla Commissione Tributaria Regionale. La tesi del Fisco la preclusione probatoria scatta se il contribuente non rispetta il termine per la consegna dei documenti richiesti. Nel ricorso per cassazione, l’Amministrazione finanziaria lamentava la violazione dell’articolo 32, commi 4 e 5, d.p.r. numero 600/1973. In base alla disciplina invocata, «Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta» articolo 32, comma 4, d.p.r. numero 600 del 1973 e «Le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile» articolo 32, comma 5, d.p.r. numero 600/1973 . Secondo tale prospettazione, la documentazione fornita dal contribuente oltre il termine assegnatogli non poteva essere utilizzata in sede processuale, poiché l’operatività della preclusione probatoria non era impedita dalla richiesta di proroga, oltretutto non motivata con l’allegazione di impedimenti non imputabili. La contromossa del contribuente la preclusione è bloccata dalla condotta non collaborativa dell’ufficio procedente. Nel controricorso, il contribuente rilevava che l’inutilizzabilità era esclusa nel caso concreto, posto che l’ufficio procedente non lo aveva informato circa il suo verificarsi. La Cassazione fissa un principio di diritto. Nella sentenza numero 453/2013, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e afferma il seguente principio di diritto «La preclusione [] non opera a carico del contribuente che non abbia ottemperato alle richieste rivoltegli nel termine assegnatogli, qualora l’amministrazione non l’abbia previamente avvertito delle conseguenze collegate a tale inottemperanza». Accertamento e invio del questionario. In via preliminare, la Suprema Corte ricorda che la disciplina del procedimento di accertamento d.p.r. numero 600 del 1973 non prevede, «quale suo presupposto o momento necessario ed indefettibile», l’invio del questionario. Da tale rilievo il Collegio desume l’irrilevanza del mancato invio ai fini della validità della rettifica. L’invio del questionario innesta un subprocedimento. Nell’ambito del procedimento di rettifica, l’invio del questionario avvia un subprocedimento, articolato come segue - invio del questionario, con fissazione del termine per l’adempimento degli inviti o delle richieste rivolte al contribuente - avvertimento delle conseguenze derivanti dall’inottemperanza a inviti o richieste - risposta o inottemperanza da parte del contribuente. Tale articolazione interna all’istruttoria amministrativa ha lo scopo di «favorire il dialogo tra le parti, in vista del chiarimento delle reciproche posizioni, capace di escludere l’instaurazione del contenzioso [] in base a quei canoni di lealtà, correttezza e collaborazione, che sono necessariamente implicati “ quando siano in gioco obblighi di solidarietà come quello in materia tributaria”». La posizione del contribuente. La preclusione probatoria de qua colpisce l’inadempimento del contribuente che, con la sua condotta, impedisca all’ufficio procedente di eseguire la rettifica. Secondo la giurisprudenza di legittimità Cass. numero 20461 del 2011 , questa sorta di ritorsione non scatta quando il termine concesso sia minimo ad esempio, soltanto 15 giorni e il ritardo del contribuente non sia grave, mentre le precedenti richieste siano state regolarmente evase. Il contribuente non ha la facoltà di richiedere una proroga, spettante soltanto ad aziende e istituti di credito destinatari delle richieste ex articolo 32, comma 1, numero 7, d.p.r. numero 600/1973. La posizione dell’ufficio procedente. Simmetricamente, l’ufficio deve assumere un atteggiamento collaborativo, rispettando l’obbligo di avvertimento in ordine alle conseguenze dell’inottemperanza. Soltanto in tal modo risulta osservato il canone di lealtà cui devono ispirarsi i rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente, come è confermato dalle disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente, in particolare - l’articolo 10, comma 1, l. 27 luglio 2000, numero 212, in base al quale «i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede» - l’articolo 6, comma 2, l. numero 212 del 212, in forza del quale l’Amministrazione finanziaria ha l’obbligo «di informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione». Nessun avvertimento, nessuna preclusione. Nel caso di specie, l’ufficio ha omesso di formulare l’avvertimento prescritto tale omissione, interrompendo la sequenza del subprocedimento sopra enunciata, impedisce l’operatività della preclusione probatoria.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 31 ottobre 2012 - 10 gennaio 2013, numero 453 Presidente Greco – Relatore Perrino Fatto L’Agenzia delle entrate notificò a per l’anno d’imposta 1995 un avviso di accertamento sintetico del reddito a norma del 5° comma dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29.9.1973, numero 600. La notifica dell’avviso era stata preceduta dall’invio al contribuente di un questionario, notificato a norma dell’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica dianzi citato, con cui era stato invitato ad esibire la documentazione giustificativa della provenienza di somme impiegate per alcune operazioni di compravendita. E ciò in quanto le compravendite in questione evidenziavano, nel periodo 1995-2000, spese per incrementi patrimoniali di lire 1.310.000.000, a fronte di un reddito dichiarato per l’anno 1995 pari a lire 32.470.000. Il contribuente impugnò l’avviso di accertamento, lamentando sia che esso non rispondeva ai requisiti previsti dall’articolo 7 della legge 27.7.2000, numero 212, sia che non ricorrevano i presupposti di legge per procedere all’accertamento sintetico e chiedendo, in via subordinata, di rideterminare la spesa per incrementi patrimoniali nel periodo in questione in lire 910.000.000. La Commissione tributaria di accolse parzialmente il ricorso, fissando l’ammontare complessivo degli investimenti nel periodo in esame in lire 910.000.000 anziché in lire 1.310.000,000 e riconoscendo in lire 156.667.000 gli incrementi patrimoniali annui, a tal fine qualificando come disponibilità effettive le liberalità ed i fondi di fine rapporto accreditati al ricorrente. Il ricorrente propose appello e la Commissione tributaria regionale, con la sentenza impugnata, lo ha accolto, valorizzando la prova contraria offerta dal ricorrente ed in conseguenza annullando integralmente l’avviso di accertamento. Ricorre l’Agenzia delle entrate per ottenere la cassazione della sentenza impugnata, affidando il ricorso a due mezzi. Resiste con controricorso il contribuente, che spiega ricorso incidentale condizionato. Diritto 1. Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi, ex articolo 335 c.p.c 2. Col primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, numero 3, c.p.c., l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29.9.1973, numero 600, formulando il seguente quesito di diritto “dica codesta Corte se incorra in violazione dell’articolo 32 d.p.r. 600/73 commi 2, 3 e 4, applicabile, ratione temporis, il giudice tributario che affermi che il contribuente non è incorso nella sanzione dell’inutilizzabilità in sede processuale, comminata per dati, notizie e documenti mai forniti nella fase precontenziosa all’Amministrazione finanziaria, per il solo fatto di avere presentato una richiesta di proroga, oltretutto non motivata con l’allegazione di cause non imputabili per la mancata risposta”. A sostegno del motivo, l’Agenzia delle entrate deduce che, secondo la Commissione tributaria, la mera richiesta avanzata dal contribuente di proroga per la presentazione della documentazione di giustificazione delle somme impiegate per le compravendite oggetto delle contestazioni, non corredata dell’allegazione di impedimenti, sarebbe sufficiente ad evitare la maturazione della preclusione contemplata dal 3° comma dell’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973 nel testo applicabile ratione temporis , là dove, invece, sarebbe occorsa almeno l’allegazione degli impedimenti. 2.1 Al riguardo, il contribuente deduce che il punto è coperto da giudicato, in quanto la questione dell’operatività della preclusione era stata posta in primo grado e conseguentemente esaminata dalla Commissione tributaria provinciale che ne aveva escluso la fondatezza, là dove l’Agenzia delle entrate non ha gravato da appello la statuizione. Va osservato, di contro, che la sentenza impugnata ha esaminato la questione della preclusione anche con riguardo all’anno 1995 e, quindi, anche con riguardo alla sentenza numero 1251/9/02 della Commissione tributaria provinciale, che aveva escluso l’operatività della preclusione vedi pagina 12 della sentenza, primo capoverso «la diversa soluzione prospettata nelle due sentenze impugnate relativa all’eccepita violazione da parte del contribuente dell’ultimo comma dell’articolo 32 del d.p.r. 600/73 deve essere risolta a favore dello stesso contribuente» . Manca, nel controricorso proposto dal contribuente, la riproposizione della questione sub specie della violazione del procedimento incombente anche sulla parte totalmente vittoriosa nel merito vedi, ex multis, Cass. 9.9.2008 numero 23113 il ricorso incidentale condizionato si limita a prospettare un quesito di diritto, peraltro manifestamente generico, volto a verificare se sia «vero che la assoluta mancata esposizione delle difese e la mancata indicazione di qualsivoglia prova la parte dell’Ufficio comportano violazione dell’articolo 23, comma 3, DLgs. 31.12.1992 numero 546». 3. Il primo motivo proposto dalla ricorrente censura l’unica ratio decidendi posta dalla sentenza impugnata a fondamento dell’utilizzabilità dei documenti esibiti. La lettura della sentenza evidenzia difatti che, contrariamente a quanto sostenuto dal sostituto procuratore generale nel corso della discussione orale, l’argomentazione concernente la facoltà di produrre in appello nuovi documenti è mero obiter dictum, in quanto, a dire della Commissione tributaria regionale, «la produzione da parte del contribuente, nel giudizio d’appello, della consulenza tecnico contabile a firma del dott. deve ritenersi ammissibile in quanto i documenti utilizzati per la realizzazione dell’elaborato erano già agli atti del giudizio di primo grado e pertanto la memoria di parte appellante è stata predisposta su documentazione giù depositata». 4. Ciò posto, nel merito la doglianza è infondata, sebbene occorra la correzione della motivazione della sentenza impugnata. Va rimarcato che sia il primo motivo del ricorso principale, sia il controricorso vertono sulla configurabilità nel caso del ricorso principale ovvero sull’esclusione nel caso del controricorso della configurabilità della preclusione processuale contemplata dall’articolo 32, 3° comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29.9.1973, numero 600 secondo il ricorso principale, la preclusione si è maturata in ragione dell’inottemperanza del contribuente, non giustificata dall’allegazione di impedimenti inimputabili, alla richiesta d’informazioni rivoltagli con la notifica del questionario. Secondo il controricorso, in ogni caso l’insorgenza della preclusione sarebbe esclusa dalla mancanza d’informazione da parte dell’amministrazione del verificarsi dell’inutilizzabilità in sede amministrativa e contenziosa delle notizie e dei documenti non prodotti nel termine assegnato informazione che l’ultimo nucleo normativo del 3° comma dell’articolo 32 del DPR numero 600 del 1973 espressamente prescrive «di ciò – ossia del fatto che non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa, notizie e dati non addotti e documenti non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio – l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta», stabilisce la norma in questione . In definitiva, il controricorso per quest’aspetto sollecita una correzione della motivazione, riproponendo le difese già svolte nei gradi precedenti vedi, in tema, Cass. 24.3.2010 numero 7057 . 5. Ai fini dell’esatto inquadramento della fattispecie, occorre premettere che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il paradigma normativo del procedimento di accertamento della veridicità delle dichiarazioni dei contribuenti, disciplinato dal DPR 29.9.1973 numero 600, non prevede, quale suo presupposto o momento necessario ed indefettibile della serie procedimentale finalizzata alla rettifica, l’invio del questionario di cui all’articolo 32 numero 4, sicchè il mancato invio non inficia la perfezione e la validità del procedimento di rettifica, che restano subordinati alla sola carenza dei presupposti di cui all’articolo 38 del suddetto decreto principio consolidato vedi Cass. 20.6.2007 numero 14367 Cass. 23.6.2006 numero 14675 . 5.1 L’invio del questionario innesta, in seno al procedimento di accertamento della veridicità delle dichiarazioni dei contribuenti, un sub procedimento, che si dipana in più passaggi, consistenti - nell’invio del questionario con la fissazione di un termine minimo a carico del contribuente per l’adempimento degli inviti o delle richieste rivoltegli - nell’avvertimento da parte dell’ufficio delle conseguenze derivanti al contribuente dall’inottemperanza a tali inviti o richieste - nella risposta del contribuente che fornisca dati e documenti richiesti, ovvero - nell’ottemperanza del contribuente alle richieste rivoltegli. Questa Corte ha già avuto occasione di sottolineare che tale sub procedimento è dettato, come la norma che prevede la comparizione personale del contribuente articolo 32, 1° comma numero 2 , allo scopo di favorire il dialogo tra le parti, in vista di un chiarimento delle reciproca posizioni, capace di escludere l’instaurazione del contenzioso Cass. 30.12.2009 numero 28049 , in base a quei canoni di lealtà, correttezza e collaborazione, che sono necessariamente implicati « quando siano in gioco obblighi di solidarietà come quello in materia tributaria» Corte cost., 25.7.2000 numero 351 . 5.2 In questo contesto, il legislatore ha sanzionato con la preclusione dell’inutilizzabilità la condotta del contribuente che si sottrae al dialogo con l’amministrazione, ponendo il divieto di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa divieto che, ha precisato la Consulta, ha rilievo esclusivamente processuale, in quanto tale inidoneo a menomare il principio di capacità contributiva Corte costituzionale, ordinanza 7.6.2007 numero 181 . Tale preclusione è determinata dal fatto che l’inadempimento del contribuente finisce con l’impedire all’amministrazione di eseguire un accertamento analitico Cass. 6.10.2011 numero 20461, la quale, peraltro, ha ritenuto che un solo ritardo non grave da parte del contribuente nel riscontro ad una richiesta di documenti, accompagnata dalla concessione del termine minimo di quindici giorni, specie se già preceduta da altre richieste regolarmente evase, non legittima il ricorso al metodo di accertamento induttivo . La norma, ha ulteriormente precisato la Corte, va intesa rigorosamente, senza che possano acquistare rilievo le motivazioni e, dunque, l’atteggiamento psicologico del contribuente Cass. 30.12.2009 numero 28049, resa in una fattispecie simile a quella in oggetto, in cui si è ritenuto inidonea ad impedire la predetta preclusione la dichiarazione del contribuente «di aver ricevuto la notifica del questionario nei giorni immediatamente precedenti il periodo fiscale» . Di qui l’irrilevanza, nel nostro caso, della richiesta di proroga, motivata dall’imminenza delle festività natalizie, soprattutto ove si consideri che il 2° comma dell’articolo 32, nel testo vigente ratione temporis, riconosce la facoltà di richiedere una proroga del termine soltanto alle aziende e agli istituti di credito, diretti destinatari di richieste dell’ufficio a norma del numero 7 del 1° comma del medesimo articolo 32 e l’irrilevanza della richiesta di proroga determina l’irrilevanza della produzione documentale valorizzata nel controricorso, avvenuta a distanza di più di sei mesi dalla data dell’invio del questionario, ben oltre, dunque, anche il termine di trenta giorni richiesto con l’istanza di proroga. 5.3 Il sub procedimento in questione, tuttavia, proprio perché è capace di provocare il verificarsi dell’inutilizzabilità in sede amministrativa dei dati e dei documenti soltanto tardivamente esibiti, che si riverbera sulla preclusione processuale pure stabilita dal 3° comma dell’articolo 32, postula che non sia soltanto il contribuente a collaborare, ma che anche l’ufficio ispiri la propria condotta al canone di lealtà richiamato dalla Consulta, codificato, nel nostro caso, dall’obbligo di avvertimento in ordine alle conseguenze dell’inottemperanza, fissato, come si è visto, dall’ultimo nucleo normativo del 3° comma dell’articolo 32. Il canone di lealtà, d’altronde, rinviene espressione nello statuto del contribuente, il cui articolo 10 prescrive che «i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede», del quale è specifica manifestazione, tra l’altro, l’obbligo dell’amministrazione « di informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione » articolo 6, 2° comma, della legge 27.7.2000 numero 212 . Nel nostro caso, emerge dalla stessa normativa della sentenza impugnata che l’avvertimento non vi è stato per conseguenza, non si è realizzata la sequenza del sub procedimento innescato dall’invio del questionario. E non essendo integrata la fattispecie prevista dalla norma, non trova applicazione la “sanzione” al ricorrere di tale ipotesi correlata, ossia l’inutilizzabilità in sede amministrativa e la conseguente preclusione processuale dianzi illustrate. In definitiva, nessuna preclusione è venuta ad operare, per l’incompletezza della fattispecie capace di generarla. 5.4 Va dunque affermato il seguente principio di diritto a norma dell’articolo 384 c.p.c. “la preclusione fissata dal 3° al 4° comma dell’articolo 32 DPR 600 del 1973 non opera a carico del contribuente che non abbia ottemperato alle richieste rivoltegli nel termine assegnatogli, qualora l’amministrazione non l’abbia previamente avvertito delle conseguenze collegate a tale inottemperanza”. 6. Il rigetto del primo motivo comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato proposto dal contribuente. 7. Col secondo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, numero 5, c.p.c., l’Agenzia delle entrate lamenta l’omessa valutazione su fatti controversi e decisivi, deducendo l’inidoneità dei rilievi contenuti nella sentenza ad esplicitare le ragioni della decisione. Il motivo è inammissibile, in quanto non corredato del c.d. quesito di fatto anche quando si censuri l’omessa o l’insufficienza della motivazione, occorre pervenire ad un momento di sintesi, che si esprime con la formulazione di un quesito di fatto, che contenga in sé i termini della questione vedi, sulla necessità della formulazione del c.d. quesito di fatto, ex multis, Cass. 18.11.2011 numero 24255 . 8. Il ricorso va in conseguenza respinto. Le spese, liquidate in dispositivo, vanno compensate, in considerazione della relativa novità delle questioni affrontate. P.Q.M. La Corte - riunisce i ricorsi - rigetta il ricorso principale, con assorbimento di quello incidentale condizionato - compensa le spese di lite.