Tra i presupposti di ammissibilità della richiesta di abilitazione vi è il decorso di un termine stabilito dalla legge. Il termine iniziale di quest’ultimo è il giorno in cui è stata espiata la condanna o il giorno in cui la stessa si è comunque estinta.
Lo ha ribadito il Collegio di legittimità con sentenza numero 39572/17 depositata il 30 agosto. Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza di Perugia rigettava l’opposizione proposta dall’imputato avverso il provvedimento emesso dal medesimo Tribunale con il quale veniva dichiarata inammissibile la sua richiesta di riabilitazione, sul presupposto del mancato rispetto del termine di 3 anni dall’avvenuta espiazione della pena inflitta. L’imputato ricorre in Cassazione lamentando il fatto che la richiesta di riabilitazione da lui avanzata era volutamente prematura, in virtù del fatto che il procedimento relativo al pagamento che egli doveva effettuare aveva avuto una durata notevole a causa «dell’inerzia dell’apparato amministrativo». Istanza di riabilitazione. La Cassazione, nell’affermare l’infondatezza del ricorso sulla base del fatto che il ricorrente non abbia neppure contestato la mancanza del presupposto stabilito dall’articolo 179 c.p. in ordine al decorso di almeno un triennio dalla data di esecuzione o estinzione della pena, nel caso di specie quella pecuniaria, coglie l’occasione di ripercorrere quelli che sono i presupposti di ammissibilità della richiesta di abilitazione. In particolare, tra questi vi è il «decorso di un termine stabilito dalla legge e il termine inziale di tale decorso è appunto il giorno in cui è stata espiata la condanna o il giorno in cui la stessa si è comunque estinta». Nel caso in questione, trattandosi di pena pecuniaria, quale l’ammenda, l’estinzione della stessa coincideva con il momento del pagamento della somma dovuta. Per tutti questi motivi, i Giudici di legittimità rigettano il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 giugno – 30 agosto 2017, numero 39572 Presidente Di Tomassi – Relatore Minchella Rilevato in fatto Con ordinanza in data 28.04.2016 il Tribunale di Sorveglianza di Perugia rigettava l’opposizione proposta da N.T.A. avverso il provvedimento emesso ex art 667, comma 4, cod.proc.penumero dal medesimo Tribunale di Sorveglianza in data 18.02.2016. Rilevava il giudice che il provvedimento del 18.02.2016 aveva dichiarato inammissibile una richiesta di riabilitazione del predetto sul presupposto del mancato rispetto del termine di tre anni dalla avvenuta espiazione della pena inflitta, poiché il condannato aveva provveduto a versare la somma di Euro 10.000,00 di ammenda soltanto in data 18.06.2015 nel suo reclamo aveva dedotto di non aver potuto pagare prima la somma a causa della tardiva iscrizione a ruolo della procedura di riscossione da parte dell’amministrazione finanziaria ma questo dato non influiva sulla condizione-presupposto, poiché il termine ex art 179 cod.penumero non prevedeva eccezioni e faceva decorrere il periodo dalla data della causa estintiva della pena, a nulla rilevando una eventuale inerzia amministrativa che andava, al più, segnalata in altra sede. Avverso detta ordinanza propone ricorso l’interessato a mezzo del difensore, deducendo, con il primo motivo, ex articolo 606, comma 1 lett. b , cod.proc.penumero , erronea applicazione di legge si sostiene che si era attesa per anni la cartella di riscossione nonostante i solleciti e le diffide ad una amministrazione che nemmeno aveva reso informazioni sui ritardi e che quindi il ritardato pagamento era dovuto soltanto ad una inefficienza del sistema, che non poteva riverberarsi negativamente sul condannato a causa di una lettura restrittiva del dato normativo, insensibile alla finalità rieducativa dell’istituto e suscettibile di differenziare ingiustamente le posizioni di diversi condannati a detrimento del principio di ragionevole durata del procedimento generato da un vuoto normativo circa la tempistica. Con il secondo motivo si deduce, ex articolo 606, comma 1 lett. e , cod.proc.penumero , la contraddittorietà della motivazione si sostiene che il giudice, ammettendo che poteva esservi un piano giuridico sul quale chiedere un risarcimento per il danno patito, aveva ammesso che la menzionata inattività aveva causato un danno, al quale non aveva voluto prestare tutela ovviando ad un ingiustificato ostacolo al reinserimento sociale del condannato derivante da impossibilità oggettiva. Il P.G. chiede il rigetto del ricorso. Con memoria di replica il ricorrente ha ribadito di essere stato sempre consapevole del problema del termine triennale, ma che aveva chiesto di superare la questione con una valutazione sostanziale, che considerasse la sussistenza di tutti i requisiti e la lentezza del sistema di riscossione, non addebitale al ricorrente e da considerare come impossibilità oggettiva, che rendeva incerto il tempo di durata del procedimento. Considerato in diritto Il ricorso deve essere rigettato perché appare infondato. Il ricorrente lamenta di avere consapevolmente avanzato l’istanza di riabilitazione pur senza attendere il termine triennale dall’avvenuto pagamento della pena pecuniaria ma sostiene che il procedimento relativo a detto pagamento aveva avuto una durata notevole, causata dalla inerzia dell’apparato amministrativo a ciò preposto, e che quindi una simile contingenza non doveva refluire negativamente sul condannato. Ma si tratta di argomentazioni non accoglibili. Questa Corte ha già affermato che è palesemente infondato il motivo di gravame col quale l’interessato, pur deducendo una violazione di legge, non contesta neppure la mancanza del presupposto stabilito dall’articolo 179 cod.penumero in ordine al decorso di almeno un triennio a far data dalla esecuzione o estinzione della pena anche nella specie, quella pecuniaria , anche se assumeva l’addebitabilità di detta circostanza a motivi estranei alla sua volontà Sez. 1, n 2481 del 09.01.2009, non massimata . In effetti, tra i presupposti di ammissibilità della richiesta di riabilitazione vi è il decorso di un termine stabilito dalla legge e il momento iniziale di tale decorso è appunto il giorno in cui è stata espiata la condanna o il giorno in cui la stessa si è comunque estinta. Nella fattispecie, trattandosi di pena pecuniaria, l’estinzione della stessa coincideva con il pagamento delle somma dovuta nella ordinanza impugnata correttamente il giudice evidenzia che il pagamento della pena pecuniaria era avvenuto pochi mesi prima della presentazione dell’istanza di riabilitazione e non anche almeno tre anni prima. Il ricorrente deduce una impossibilità di versare prima la somma dovuta a titolo di ammenda a causa dei ritardi della pubblica amministrazione nella iscrizione a ruolo della procedura di riscossione ma questo è un argomento che non ha pregio, poiché, per principio generale, in questa materia l’impossibilità di adempiere le obbligazioni derivanti dal reato deve essere totale e permanente Sez. 1, n 33527 del 07.07.2010, Rv 248126 al contrario, il ricorrente non adduce detta impossibilità assoluta, ma lamenta i ritardi con i quali è stato chiesto l’adempimento. Tuttavia, così argomentando, il ricorrente non considera che, in tema di riabilitazione, l’iniziativa essere assunta dall’interessato alla pronunzia riabilitativa, mediante - eventualmente - diffide più tempestive, offerte di pagamento ed attivazione concreta per l’adempimento. In altri termini, la fattispecie non presentava un’impossibilità di adempimento, bensì ostacoli poi rimossi ma questa circostanza non può mutare il dato normativo, il quale prevede espressamente che il termine triennale per la proposizione dell’istanza di riabilitazione decorra dalla data di estinzione della pena pecuniaria, a nulla rilevando che detta estinzione operi per intervenuto pagamento o per un provvedimento di clemenza, ad esempio infatti, il termine triennale per la concessione della riabilitazione decorre, in caso di condanna a pena condonata, dalla data di irrevocabilità della sentenza che ha applicato l’indulto e non da quella del provvedimento legislativo che l’ha concesso, Rv 257437 ne consegue che alla eventuale inerzia della pubblica amministrazione non può essere attribuita la rilevanza sostenuta dal ricorrente, il quale contrappone alla corretta lettura della norma ragioni di opportunità o prospetta lesioni di interessi economici che non possono però valere in questa peculiare valutazione. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.