Deve essere ammesso il gravame in presenza di una domanda determinata nell’ammontare, inferiore al limite previsto per la giurisdizione di equità, accompagnata da una richiesta di somma maggiore conforme a giustizia. Essendo indeterminata la cifra globale, si presume pari al limite massimo della competenza del giudice adito in ragione della natura della domanda e, quindi, in misura superiore alla soglia della giurisdizione equitativa.
Lo spiega la Terza sezione della Cassazione Civile nella sentenza depositata l’ 11 giugno. Valore modico, niente appello. Il Tribunale di Napoli dichiarava inammissibile l’appello proposto da un uomo avverso la sentenza del Giudice di pace in ordine al risarcimento del danno da sinistro stradale. La preclusione veniva fondata sul valore della controversia minore ai 1.100€ , con conseguente emissione della sentenza secondo equità. Il ricorrente si rivolge perciò alla Cassazione. Situazione ribaltata. La Corte Suprema accoglie i motivi prospettati il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere il giudizio non secondo equità, bensì nei limiti della competenza per valore del giudice adito, con relativa esperibilità del gravame senza limiti. Un noto orientamento giurisprudenziale Cass. numero 899/05 ricorda come siano da ritenersi inappellabili ergo immediatamente ricorribili per il massimo grado tutte le sentenza pronunciate dal Giudice di pace non eccedenti valore della controversia previsto. Ne deriva che quando l’oggetto della controversia riguardi somme di denaro non precisate ma indicate come quelle «maggiori o minori conformi a giustizia», essendo indeterminata la domanda, si deve escludere che essa possa considerarsi resa in base a equità. Sentenze pronunciate secondo equità o diritto? Non rileva. Ai fini dell’ammissibilità dell’appello a «rime obbligate» previsto per le pronunce del Giudice di pace ex articolo 339, terzo comma, c.p.c., ha dunque importanza il valore della controversia, da determinarsi applicando per analogia le norme degli articolo 10 e segg. del codice di procedura civile. Di conseguenza, in presenza di una domanda determinata nell’ammontare – inferiore al limite quantitativo previsto per la giurisdizione di equità – che si accompagni a una richiesta generica di somma più alta «conforme a giustizia» salvo che quest’ultima sia una mera clausola di stile , essendo indeterminato l’ammontare, la domanda si presume diretta al giudice adito. Da qui l’appellabilità secondo le regole generali e non nei paletti delineati dal’articolo 339 c.p.c.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 aprile – 11 giugno 2012, numero 9432 Presidente Petti – Relatore Carluccio Svolgimento del processo 1. Il Tribunale di Napoli dichiarava inammissibile l'appello proposto da P.M. avverso la sentenza del Giudice di pace sentenza numero 35799 del 2007 , che aveva respinto la sua domanda notificata il 20 febbraio 2006 di risarcimento del danno in esito a un sinistro stradale sentenza del 2 settembre 2009 . L'inammissibilità dell'appello veniva fondata sul valore della controversia entro Euro 1.100,00 , con conseguente emissione della sentenza secondo equità, e, quindi, sulla mancata denuncia della violazione di principi informatori della materia. 2. Avverso la suddetta sentenza, P. propone ricorso per cassazione con tre motivi di ricorso. G.S. e la Zuritel Assicurazioni Spa, ritualmente intimati, non svolgono difese. Motivi della decisione 1. Il giudice del merito ha ritenuto la sentenza secondo equità ai sensi dell'articolo 113, secondo comma, cod. proc. civ. sulla base delle seguenti argomentazioni a nell'atto introduttivo di primo grado, i danni richiesti relativamente all'automobile sono quantificati in Euro 900,00, oltre interessi e rivalutazione b ai fini del pagamento del contributo unificato, il valore è indicato in Euro 1.032,91 c per quanto tale dichiarazione sia rivolta al cancelliere e non incida sulla determinazione del valore della causa, ai sensi dell'articolo 10 cod. proc. civ., nella specie è confortata dalle conclusioni dinanzi al giudice di pace, nelle quali i danni furono quantificati in Euro 900,00. Quindi, ha ritenuto inammissibile l'appello - previsto, per le sentenze pronunciate secondo equità, nei limiti di cui all'articolo 339, terzo comma, cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40, applicabile ratione temporis, per essere il giudizio pendente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto atto di citazione del febbraio 2006 e la sentenza del giudice di pace pubblicata dopo, nel 2007 - non essendo dedotta la violazione dei principi regolatori della materia, ma, sostanzialmente, solo la censura della valutazione delle prove effettuata dal giudice di primo grado. 2. Con il primo motivo di ricorso - deducendo la violazione degli articolo 10, 14, 16, 17 e 113, in relazione al 339, terzo comma, cod. proc. – si lamenta la non corretta riconduzione della domanda in quella che il giudice di pace decide secondo equità, dovendosi, invece, ritenere la domanda di risarcimento proposta senza precisazione di quantum e, quindi nei limiti della competenza per valore del giudice adito Euro 15.493,71, ex articolo 7, secondo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , ai sensi dell'articolo 14 cod. proc. civ A tal fine, in particolare, si sottolinea quanto segue. a Quanto al danno all'autovettura, mentre nella parte iniziale dell'atto introduttivo veniva quantificato in Euro 900,00, nelle conclusioni dello stesso atto, venivano chiesti tutti i danni sotteso quello di fermo tecnico , oltre interessi e svalutazione, comunque nella misura provate e quantificata secondo “giustizia” e non secondo “equità”. In sede i precisazione delle conclusioni, si quantificava in Euro 150,00, il fermo tecnico e si insisteva per gli interessi e rivalutazione. b Comunque, la mancata espressa dichiarazione di voler contenere il danno nei limiti dell'equità vale come intenzione di contenere la domanda entro i limiti massimi di competenza del giudice adito. c La dichiarazione di valore rispetto al contributo unificato, avente finalità esclusivamente fiscale, non incide sulla determinazione del valore della causa, da effettuarsi ai sensi degli articolo 10 e ss. cod. proc. civ. né il convenuto ha mai contestato, nella prima difesa, il valore della causa. 2.1. Il motivo va accolto. Il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere il giudizio, non secondo equità, ma nei limiti della competenza per valore del giudice adito, con conseguente esperibilità dell'appello senza limiti. 2.2. Preliminarmente, deve escludersi che la dichiarazione per il contributo unificato abbia incidenza nella determinazione del valore della causa, ai fini della competenza. La Corte, infatti, ha affermato il seguente principio la circostanza che il comma 2 dell'articolo 14 del d.P.R. numero 115 del 2002 esclude la rilevanza degli interessi per la individuazione del valore ai fini del contributo unificato, mentre essi sono considerati dall'articolo 10, secondo comma, cod. proc. civ. rilevanti ai fini dell'individuazione del valore della domanda ed il fatto che la dichiarazione della parte in funzione della determinazione del contributo unificato è indirizzata al funzionario di cancelleria, cui compete il relativo controllo, escludono decisamente ogni possibile partecipazione di tale dichiarazione di valore alle conclusioni della citazione, cui allude il numero 4 dell'articolo 163 e, quindi, la possibilità di considerare la dichiarazione come parte della domanda , nel senso cui vi allude il primo comma dell'articolo 10 citato, quando dice che “il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti” e fra queste dell'articolo 14 cod. proc. civ. Cass. 13 luglio 2007, numero 15714 . 2.3. Rilevanti, per la decisione della controversia, sono i principi, consolidati, elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, in tema d'impugnazione delle sentenze del giudice di pace, non appellabili, ma ricorribili per Cassazione, in base al combinato disposto dagli articolo 339, terzo comma, e 113, secondo comma, cod. proc. civ., prima della modifica operata con il d.lgs. numero 40 del 2006. In generale, la Corte ha affermato, che “sono da ritenersi inappellabili e perciò immediatamente ricorribili per Cassazione tutte le sentenze pronunciate dal giudice di pace in controversie non eccedenti il valore previsto dall'articolo 113 cod. proc. civ. , a prescindere dal fatto che esse siano pronunciate secondo diritto o secondo equità, a tal fine dovendo considerarsi non il contenuto della decisione ma, solamente, il valore della controversia, da determinarsi applicando analogicamente le norme di cui agli articolo 10 e segg. cod. proc. civ. in tema di competenza” es. Cass. 18 gennaio 2005, numero 899 . Ne consegue che, quando la controversia abbia ad oggetto somma di denaro non determinata ma orientativamente indicata in quella maggiore o minore conforme a giustizia , essendo indeterminata la domanda si presume, ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 14 cod. proc. civ., pari al limite massimo della competenza per valore del giudice adito, rimanendo escluso che essa possa considerarsi resa in base ad equità es. Cass. numero 899 del 2005 . In tale contesto, in riferimento a domanda determinata nell'ammontare, che si accompagna a richiesta generica di maggior somma, si è precisato “in caso di domanda di risarcimento del danno da circolazione stradale proposta davanti al giudice di pace, il valore della causa, per stabilire se la stessa debba essere decisa secondo equità perché non superiore al valore previsto dall'articolo 113 cod. proc. civ. va individuato applicando le norme relative alla competenza per valore, con la conseguenza che, se la parte, oltre ad indicare una somma specifica non superiore all'importo suddetto , abbia anche richiesto, in via alternativa o subordinata, una somma maggiore, da determinarsi in corso di causa, il valore della causa, in forza del principio stabilito dall'articolo 14 cod. proc. civ., si deve presumere, in difetto di tempestiva contestazione, nei limiti della competenza del giudice adito, ai sensi dell'articolo 7 cod. proc. civ. ” Cass. 20 settembre 2002, numero 13795 e, cioè, in ragione della natura della domanda, in misura al di sopra del limite della giurisdizione equitativa. 2.4. Nella specie, nell'atto introduttivo il danno all'autovettura veniva quantificato in Euro 900,00 e nelle conclusioni dello stesso atto venivano chiesti tutti i danni compreso quello di fermo tecnico, quantificato in Euro 150 in sede di precisazione delle conclusioni , oltre interessi e svalutazione, comunque nella misura quantificata secondo giustizia. Che la clausola “secondo giustizia” non sia di stile Cass. 26 luglio 2011, numero 16318 si desume dalle risultanze di causa basti considerare la richiesta di interessi e rivalutazione sull'importo quantificato nella domanda. Pertanto, il primo motivo di ricorso va accolto sulla base del seguente principio di diritto “Ai fini della ammissibilità dell'appello a rime obbligate, previsto, per le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità articolo 113, secondo comma cod. proc. civ. , nei limiti di cui all'articolo 339, terzo comma, cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40, applicabile ratione temporis , non rileva se le suddette sentenze siano pronunciate secondo diritto o secondo equità, ma il valore della controversia, da determinarsi - indipendentemente dal valore dichiarato per il contributo unificato - applicando analogicamente le norme di cui agli articolo 10 e segg. cod. proc. civ. in tema di competenza. Di conseguenza, in presenza di una domanda determinata nell'ammontare, inferiore al limite quantitativo previsto per la giurisdizione di equità, che si accompagni ad una richiesta generica di maggior somma conforme a giustizia salvo che quest'ultima possa considerarsi mera clausola di stile sulla base delle risultanze di causa , essendo indeterminata la somma richiesta, la domanda, in difetto di tempestiva contestazione, si presume, ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 14 cod. proc. civ., pari al limite massimo della competenza per valore del giudice adito in ragione della natura della domanda articolo 7 cod. proc. civ. e, quindi, nella misura al di sopra del limite della giurisdizione equitativa. Consegue l'appellabilità secondo le regole generali e non nei limiti di cui all'articolo 339 cit.”. 3. Con il secondo motivo, si deduce la violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ., per l'omessa pronuncia da parte del Tribunale sui motivi di appello. Con il terzo motivo si censura la sentenza nella parte in cui ha condannato la parte soccombente alle spese processuali del grado, senza ricorrere alla compensazione per giusti motivi. Entrambi restano assorbiti dall'accoglimento del primo motivo, logicamente preliminare. 4. In conclusione, la sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto e il giudice di rinvio, cui è rimessa la causa anche per le spese del presente processo, esaminerà l'appello nel merito senza le limitazioni di cui all'articolo 339 cit P.Q.M. La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione.