Firma falsa su un assegno? La banca deve risarcire

Se non dimostra di aver verificato la firma sull’assegno, la banca è responsabile nei confronti del cliente ed è tenuto al risarcimento delle somme addebitate.

Nell'ipotesi in cui un correntista di una banca denunci di non aver sottoscritto un assegno pagato dalla banca ad un terzo, spetta alla banca dimostrare di aver agito con diligenza e di aver verificato, con rigore, la corrispondenza tra la firma sull'assegno e lo specimen depositato. In caso contrario, la banca è tenuta al rimborso integrale delle somme addebitate al proprio cliente per il pagamento dei suddetti assegni. Questo è il principio espresso dal Tribunale di Prato con la sentenza del 11 novembre, con la quale si descrive con chiarezza il profilo della responsabilità della banca per il pagamento di assegni presentati all'incasso anche se con firma falsa, nonché la azioni riconosciute alla banca stessa, nei confronti degli altri istituti di credito o di terzi che hanno beneficiato dell'assegno emesso con firma risultata, successivamente, apocrifa. La questione oggetto di causa chi è responsabile per il pagamento di un assegno con firma falsa? All'origine della vicenda per cui è causa vi è la richiesta di risarcimento del danno, da parte del cliente nei confronti della banca presso la quale era correntista, a seguito del pagamento di due assegni effettuato, a suo dire, senza il preventivo accertamento della corrispondenza tra le firme di traenza - apposte sugli assegni - e lo specimen depositato presso la banca stessa. Il Tribunale di Prato ha riconosciuto la responsabilità della banca trattaria per non aver verificato la corrispondenza tra la firma sugli assegni pagati e lo specimen depositato, in violazione del principio di diligenza del c.d. buon banchiere al quale la banca dovrebbe attenersi. Contestualmente, è stata riconosciuta la responsabilità dell'altra banca, chiamata in giudizio, presso la quale un assegno era stato portato all'incasso mentre è stata esclusa qualsiasi responsabilità del terzo chiamato in giudizio e che aveva negoziato uno dei due assegni tratto con firma falsa, avendo verificato, in applicazione della disciplina di circolazione dei titoli di credito, la sua buona fede. La responsabilità nei confronti della banca trattaria come e perché. Secondo il Tribunale di Prato, la responsabilità fatta valere dal correntista nei confronti della banca è di tipo contrattuale, basandosi - e la ricostruzione appare condivisibile - sulla c.d. convenzione di assegno, ossia sul contratto che consente al cliente, in presenza di fondi, di emettere assegni, al pagamento dei quali la banca si obbliga. Tale ricostruzione ha effetti notevoli in punto di onere della prova secondo quanto statuito, infatti, dalla Cassazione con la sentenza numero 13533/2001, ripresa anche dalla pronuncia in commento, spetta al debitore, in termini generali, provare l'esatto adempimento della propria obbligazione, che costituirebbe il fatto estintivo dell'altrui pretesa, mentre il creditore può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento. Nel caso di specie, il correntista ha allegato le circostanze di fatto alla base della propria domanda e, in particolare, la circostanza relativa agli assegni pagati senza la dovuta verifica la banca convenuta, oltre a non contestare la apocrifia delle firme sugli assegni, non ha dato prova di adempiere, ai sensi dell'articolo 1176 c.c., con la diligenza che dovrebbe caratterizzare il “buon banchiere”. In altri termini, osserva il Tribunale, alla luce del sistema di ripartizione dell'onere della prova in materia contrattuale, non era il correntista a dover provare la falsità della firma della firma di traenza sull'assegno e la mancata corrispondenza con lo specimen, ma semmai la banca trattaria avrebbe dovuto provare di aver erogato il pagamento dell'importo indicato negli assegni dopo opportune verifiche e dopo una rigorosa ed attenta comparazione tra le firme stesse. La banca trattaria può agire contro il responsabile della falsificazione. Appurato che la banca trattaria, come visto sopra, è responsabile nei confronti del proprio correntista per il pagamento di un assegno con firma falsa, è però possibile che la stessa banca tratta possa agire con l'azione di ingiustificato arricchimento ex articolo 2033 c.c. nei confronti di chi ha posto l'assegno all'incasso o con l'ordinaria azione di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 c.c. nei confronti dell'autore della falsificazione che non abbia materialmente presentato l'assegno all'incasso. E' però necessario individuare quanto meno il soggetto che ha portato all'incasso l'assegno e, sotto tale profilo, il Tribunale di Prato ritiene che la banca negoziatrice sia obbligata a fornire il nominativo di colui che ha incassato l'assegno, non sussistendo ragioni di privacy che giustifichino tale rifiuto. Nel caso di specie, quindi, rilevato che la banca negoziatrice si è rifiutata di fornire - per ragioni di privacy ritenute infondate - il nominativo dell'effettivo soggetto che ha incassato l'assegno falsificato, la stessa si è vista condannare al risarcimento, in favore della banca trattaria, della somma portata dall'assegno recante firma falsa e negoziato. E se la firma è “perfettamente falsa”? In caso di assegno falso, la banca è responsabile solo se l'alterazione è rilevabile ictu oculi. Secondo la Cassazione, con la pronuncia numero 20292, depositata il 4 ottobre 2011, la banca può essere considerata responsabile del pagamento di un assegno falsificato non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui una tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, sulla base di conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo. Il caso preso in esame dalla Corte riguarda una richiesta di condanna nei confronti di una banca che aveva pagato un assegno bancario di 277 milioni di vecchie lire che però recava una sottoscrizione apocrifa. Il Tribunale aveva respinto la domanda e il rigetto veniva confermato anche dalla Corte d'Appello e successivamente dalla Cassazione perché la difformità della firma rispetto allo specimen depositato dal correntista presso la banca, al momento dell'apertura del conto corrente, non era rilevabile attraverso un semplice esame visivo, in ragione della notevole abilità del falsificatore.

Tribunale di Prato, sentenza 11 novembre 2011 Giudice Unico Brogi Fatto e diritto M. F. J. ha convenuto in giudizio la Deutsche Bank s.p.a., per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito del pagamento degli assegni numero omissis di € 1450,00 e omissis di € 1500,00, effettuato senza il preventivo accertamento della corrispondenza tra le firme di traenza e lo specimen depositato dall'attore presso la banca convenuta. L'attore, già correntista presso la Deutsche Bank s.p.a., ha esposto che nel periodo compreso tra maggio e giugno 2004 furono posti all'incasso quattro assegni tratti sul suo conto corrente. I primi due assegni di € 1450,00 ed € 1500,00 furono pagati dalla banca convenuta, mentre altri due assegni di € 1450,00 furono invece bloccati da quest'ultima, che avvisò il cliente della mancanza di fondi. L'attore a quel punto si accorse di essere stato derubato del libretto degli assegni e sporse immediatamente querela presso la Caserma dei Carabinieri di Prato. Recatosi poi presso la banca, lo stesso si accorse della differenza tra le firme di traenza sui due assegni pagati e su quelli bloccati e quella apposta sullo specimen depositato. In considerazione della mancata verifica tra le firme cui sarebbe stata tenuta la banca, in ossequio alla diligenza del c.d. buon banchiere ex articolo 1176, II comma, c.c. l'attore ne ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni. Si è costituita la Deutsche Bank s.p.a., che a fronte della domanda di risarcimento dello J. ha sollevato le seguenti eccezioni di merito 1. la denuncia del furto è avvenuta il 31 maggio 2004 e, secondo l'attore, il furto sarebbe avvenuto lo stesso giorno, mentre gli assegni pagati dalla banca sono stati emessi il 27/5/2004 tale circostanza è sufficiente a far respingere la domanda, indipendentemente dall'identificazione del presentatore o del traente 2. dalla data del pagamento a quella dell'introduzione del presente giudizio sono trascorsi due anni è evidente che il M. ben sapeva a chi aveva consegnato gli assegni. La responsabilità della convenuta risulterebbe quindi esclusa o, comunque, attenuata sotto il profilo della causalità per aver il M. consegnato volontariamente a terzi gli assegni. La convenuta ha poi chiesto la chiamata in causa della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio Soc. Coop. Il primo dei due assegni risulta infatti emesso all'ordine “mio proprio” ed è stato incassato da persona presentatasi come M. F. J. La Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio Soc. Coop. non ha quindi usato in primo luogo la dovuta diligenza nell'identificazione del presentatore dell'assegno. In secondo luogo si è poi rifiutata di indicare il nominativo di quest'ultimo alla Deutsche Bank, in violazione del regolamento di autoassicurazione, impedendo in tal modo l'azione di ripetizione per l'indebito oggettivo ex articolo 2033 c.c. Inoltre, la convenuta ha chiesto di chiamare in causa P. C., che risulta aver negoziato ed incassato l'altro assegno presso la Cassa di Risparmio di Firenze, la quale, a differenza della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio Soc. Coop., ha indicato il nominativo del presentatore dell'assegno. La convenuta ha pertanto concluso per il rigetto della domanda attrice e, per il caso di soccombenza, ha chiesto di essere rilevata indenne dalla Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio Soc. Coop. e da C. P. di tutto quanto sia condannata a pagare all'attore. Si è costituita la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio Soc. Coop. d'ora in poi B.P.E.L. , che, a fronte della domanda proposta dalla banca convenuta nei suoi confronti ha sollevato le seguenti eccezioni di merito 1. la parte attrice ha tenuto un comportamento negligente nella custodia del libretto degli assegni, qualificabile come gravemente colposo ai sensi dell'articolo 1227 c.c. 2. non sussiste alcuna responsabilità della terza chiamata, che si è limitata a fare l'operazione di versamento dell'assegno nel conto corrente del proprio cliente cartolarmente legittimato al momento della presentazione dell'assegno. Quest'ultimo è stato poi pagato dalla Deutsche Bank s.p.a., quale banca trattaria, che ha pertanto acclarato la regolarità formale e sostanziale del titolo 3. la B.P.E.L. ha motivato la mancata indicazione del nominativo del proprio correntista invocando le norme del d.lgs. numero 196/2003, ritenendo inoperante nel caso di specie l'esimente di far valere in giudizio un proprio diritto 4. la verifica sulla corrispondenza della firma di traenza con lo specimen spetta alla sola banca trattaria. La B.P.E.L. ha pertanto chiesto il rigetto della domanda avanzata nei suoi confronti. Si è costituito altresì il terzo chiamato P. C., che ha sollevato le seguenti eccezioni 1. il M. ha denunciato il furto lo stesso giorno in cui è avvenuto, 31 maggio 2004, mentre gli assegni pagati dalla Deutsche Bank s.p.a. risultano emessi il 27 maggio 2004 2. è la banca trattaria a dover accertare l'autenticità della firma di traenza 3. il C. ha incassato il titolo a seguito di girata in bianco eseguita dal soggetto che non è il traente 4. le caratteristiche del titolo di credito costituite dalla letteralità e dall'autonomia tutelano l'affidamento del terzo cui il diritto sia stato trasferito. Il C. ha pertanto chiesto il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti. Il petitum principale della presente causa è costituito dalla richiesta di risarcimento dei danni conseguenti all'avvenuto pagamento dal parte della Deutsche Bank s.p.a. di due assegni addebitati sul conto corrente dell'attore, in esito alla negligente verifica della firma di traenza non corrispondente allo specimen depositato. La responsabilità fatta valere dal M. nei confronti della Deutsche Bank s.p.a. è di tipo contrattuale, derivante cioè dalla convenzione c.d. di assegno, in base alla quale la banca, in presenza di fondi disponibili sul conto corrente del traente, si obbliga al pagamento degli assegni emessi da quest'ultimo. L'inquadramento della responsabilità della banca nel paradigma di tipo contrattuale comporta, in termini di ripartizione dell'onere della prova, l'applicazione di quanto stabilito dalle S.U. della Corte di Cassazione con la sentenza numero 13533/2001. È pertanto il debitore a dover provare l'esatto adempimento della propria obbligazione, che costituisce il fatto estintivo dell'altrui pretesa risarcitoria, mentre il creditore può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento non genericamente, ma in modo specifico. Nel caso in esame l'attore ha adempiuto al proprio onere di allegazione, avendo esattamente indicato le circostanze e gli assegni pagati senza la dovuta verifica della corrispondenza tra la firma di traenza e lo specimenumero La banca convenuta non ha chiesto la c.t.u. sull'autenticità delle firme di traenza sugli assegni. Tale c.t.u. è stata invece chiesta dall'attore e respinta perché il Giudice ha ritenuto non contestata l'apocrifia delle firme sugli assegni pagati. In effetti, la banca convenuta non solo non ha contestato quanto allegato dalla controparte sulla falsità delle firme di traenza circostanza che potrebbe di per sé già essere decisiva se si ritiene - alla luce della sentenza numero 761/2002 delle S.U. della Corte di Cassazione e anche delle successive sentenze di legittimità, come la numero 13830/2004 - che il principio di non contestazione fosse presente nel nostro sistema processuale anche prima della nuova formulazione dell'articolo 115 c.p.c. ad opera della legge numero 69/2009 , ma, soprattutto, non ha dato prova di avere esattamente adempiuto alla propria obbligazione con la diligenza del c.d. buon banchiere ex articolo 1176, II comma, c.c. In altre parole, alla luce del sistema di ripartizione dell'onere della prova in materia di responsabilità contrattuale, così come definito dal decisum delle S.U. della Corte di Cassazione del 2001, non era il correntista a dover provare la falsità della firma di traenza e la sua mancata corrispondenza con lo specimen, ma semmai la banca trattaria a dover provare di aver erogato il pagamento dell'importo indicato negli assegni a seguito delle opportune verifiche e comparazioni tra le firme stesse. Nel caso in esame la banca convenuta si è difesa evidenziando una non chiara esposizione dei fatti da parte dell'attore. In particolare, la Deutsche Bank s.p.a. ha fatto leva su un'imprecisione del verbale di querela del 31 maggio 2004, dove, nella parte iniziale, il M. dà atto di essere stato avvisato il giorno della querela dalla propria banca dell'avvenuto pagamento di due assegni in data 28 maggio 2004 e del blocco di altri due assegni. A seguito di tale circostanza il M. aveva verificato che il libretto degli assegni mancava dal luogo nel quale era custodito. Nella parte finale del verbale il M. dichiara invece di essere stato vittima del furto in abitazione in data 31 maggio 2004, ma, al contempo, precisa il numero di serie degli assegni sottratti, comprensivo anche di quelli pagati dalla banca convenuta ed emessi prima di tale data. Pare quindi evidente che tale discordanza riconducibile, al più, ad un errore ostativo o di tipo materiale - pur sempre in buona fede - fatto nella verbalizzazione non possa alterare la corretta ricostruzione dei fatti, in base alla quale l'attore si è accorto degli assegni riscossi il 28 maggio 2004 solamente quando la banca lo ha avvisato della mancanza di fondi, bloccando altri due assegni. Non c'è quindi contraddizione nella versione dell'attore. Resta comunque, come già sottolineato, che era la banca a dover dare la prova di aver usato la diligenza del buon banchiere nella verifica della corrispondenza tra lo specimen e la firma di traenza. Non risulta poi provata la negligenza dell'attore nella custodia del carnet degli assegni, posto che lo stesso ha dichiarato di averlo nascosto tra i propri indumenti e non risultano emersi ulteriori elementi idonei a provare una condotta di tipo colposo, rilevante ai sensi dell'articolo 1227, I comma, c.c. La domanda principale proposta dal M. nei confronti della Deustsche Bank è fondata e deve essere pertanto accolta, con la condanna della convenuta al risarcimento del danno per un ammontare pari alle somme addebitate sul conto corrente dell'attore per il pagamento dei due assegni apocrifi, pari ad € 2.950,00, oltre interessi legali dal 28 maggio 2004 al saldo. Con riferimento alla domanda proposta nei confronti dei terzi chiamati occorre distinguere la posizione della B.P.E.L. da quella di P. C La banca terza chiamata ha infatti negato la propria responsabilità, sulla base del fatto che la verifica della corrispondenza tra la firma di traenza e lo specimen spetta alla sola banca trattaria, mentre la banca negoziatrice dell'assegno è tenuta solamente ad identificare il presentatore di quest'ultimo, del quale la B.P.E.L. non ha indicato le generalità, assumendo che, nel caso in esame, non operava l'esimente di fare valere in giudizio un proprio diritto. Tale ultima affermazione costituisce, tuttavia, una commistione dei profili di responsabilità rilevanti nella vicenda in esame. Da un lato c'è infatti la responsabilità contrattuale della banca trattaria verso il proprio correntista, nei confronti del quale la prima risponde di inadempimento, per il pagamento di un assegno senza la dovuta verifica di corrispondenza tra lo specimen e la firma di traenza. A tale rapporto contrattuale è estranea la banca che ha negoziato l'assegno presentato all'incasso, nei confronti della quale opera il c.d. principio di relatività del contratto, con la conseguenza che il correntista della banca trattaria non può avanzare alcuna pretesa nei suoi confronti. Dall'altro lato, la stessa banca trattaria può agire ex articolo 2033 c.c. nei confronti di chi - sia esso autore della falsificazione o un terzo - ha posto l'assegno all'incasso in mala fede. Inoltre, la stessa può comunque agire ai sensi dell'articolo 2043 c.c. nei confronti dell'autore della falsificazione che non abbia presentato materialmente l'assegno all'incasso. In altre parole, il fatto che la banca abbia accreditato sul conto corrente del proprio cliente il pagamento di un assegno, senza la dovuta diligenza nella verifica della firma di traenza, non elimina il fatto che la stessa - sebbene tenuta in termini di responsabilità contrattuale nei confronti del proprio correntista - abbia il diritto di ripetere il pagamento non dovuto, seppure in ossequio alle norme che regolano la circolazione dei titoli di credito, o di agire comunque ai sensi dell'articolo 2043 c.c. Con riferimento alla circolazione dei titoli di credito, in particolare, l'articolo 1994 c.c. stabilisce che “Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformità delle norme che disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione.” Tale norma consacra il principio di c.d. autonomia nella circolazione del diritto. Tale principio, ricalcando quello stabilito dall'articolo 1153 c.c. in tema di circolazione dei beni mobili, assume un'importanza fondamentale in materia di titoli di credito, dato che consente di neutralizzare i rischi derivanti dalla circolazione del credito, in primis quello in cui chi trasferisce il credito non sia il titolare dello stesso. Il fondamento ed il limite del principio di autonomia nella circolazione del diritto incorporato nel titolo di cui all'articolo 1994 c.c. è, tuttavia, costituito dalla buona fede del possessore, che potrà fare valere il diritto risultante dal tenore letterale del titolo, anche in caso di sua illegittima provenienza, solo laddove ignori di ledere l'altrui diritto Possono essere quindi due i casi nei quali la banca trattaria può agire nei confronti dei terzi. Il primo si ha quando l'assegno è posto in pagamento dal soggetto che ha falsificato la firma del traente o da un terzo che sia a conoscenza dell'avvenuta falsificazione. In tale caso, non potendo operare il principio di cui all'articolo 1994 c.c., l'incasso dell'assegno integra un indebito oggettivo che legittima la banca trattaria alla ripetizione di quanto pagato. Il secondo caso si verifica quando l'assegno con la firma di traenza falsa viene posto all'incasso dal possessore in buona fede. In tale caso, stante il principio di autonomia nella circolazione del diritto, il pagamento è dovuto, ma, nondimeno, la banca trattaria può agire in via extracontrattuale nei confronti del terzo che abbia falsificato la firma di traenza o che abbia negoziato consapevolmente un assegno con la firma di traenza falsa. In entrambi i casi la banca trattaria, sebbene responsabile in via contrattuale nei confronti del correntista, è pienamente legittimata ad agire nei confronti dei terzi che abbiano posto in essere condotte illecite, che le abbiano cagionato un danno. Se così non fosse, si perverrebbe all'assurdo logico prima ancora che giuridico, per cui gli effetti negativi delle condotte di falsificazione degli assegni ricadrebbero sempre e comunque sulla banca trattaria. Per poter agire sia ai sensi dell'articolo 2033 c.c. che ai sensi dell'articolo 2043 c.c. la banca trattaria deve, tuttavia, poter venire a conoscenza di chi ha materialmente posto l'assegno all'incasso. In primo luogo perché quest'ultimo potrebbe essere responsabile ai sensi dell'articolo 2033 c.c. e, in secondo luogo, perché solo in tal modo è possibile ricostruire le vicende relative alla circolazione dell'assegno con firma di traenza apocrifa. Nella richiesta dei dati identificativi di chi ha posto all'incasso l'assegno con la firma di traenza falsa la banca trattaria esercita quindi un diritto proprio e non possono esserle opposte le norme del d.lgs. numero 196/2003. Difatti, ai sensi dell'articolo 24 lett. f del codice della privacy il consenso al trattamento dei dati personali, quali quelli identificativi, non è necessario se lo stesso sia necessario per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della normativa vigente in tema di segreto aziendale o industriale. Rilevato che l'indicazione del nominativo di chi ha presentato l'assegno all'incasso è necessaria alla banca trattaria per far valere in giudizio il diritto alla ripetizione delle somme erroneamente erogate, il rifiuto della terza chiamata B.P.E.L. è illegittimo, in quanto non conforme alle disposizioni contenute nel codice della privacy e lesivo del diritto di azione della Deutsche Bank s.p.a. Lo stesso costituisce pertanto un fatto colposo che ha cagionato a quest'ultima un danno ingiusto consistito nella mancata possibilità di agire in giudizio ai sensi degli articolo 2033 c.c. e 2043 c.c. Inoltre, il mancato esercizio dell'azione di indebito oggettivo, stante la mancata individuazione dell'eventuale legittimato passivo di un'eventuale azione ex articolo 2033 c.c., ha precluso, di fatto, alla Deutche Bank di poter beneficiare del Regolamento di Autoassicurazione, che prevede il risarcimento dei danni derivanti dall'irregolarità della firma di traenza, a condizione che la banca dimostri di aver inutilmente esperito l'azione di ripetizione per indebito oggettivo, almeno sino al primo grado di giudizio. Sussiste pertanto la responsabilità extracontrattuale di natura colposa della B.P.E.L. per la mancata comunicazione del nominativo del presentatore dell'assegno, che ha precluso alla Deutsche Bank, in prima battuta, di agire nei confronti dei responsabili della falsificazione della firma di traenza e, in seconda battuta, di beneficiare del risarcimento del danno per effetto di quanto previsto dal Regolamento di Autoassicurazione. Deve pertanto essere accolta la domanda di condanna della terza chiamata B.P.E.L. a tenere indenne la convenuta Deutsche Bank di quanto la stessa è stata condannata a pagare al M. in ordine al pagamento dell'assegno presentato presso la terza chiamata pari ad € 1450,00. Resta infine da esaminare la domanda proposta nei confronti del terzo chiamato C. P., che ha presentato alla Cassa di Risparmio di Firenze l'altro assegno erroneamente addebitato sul conto corrente dell'attore. In tale caso vale il principio di autonomia nella circolazione del diritto di cui all'articolo 1994 c.c., con la conseguenza che il possessore in buona fede non può essere chiamato a rispondere delle altrui condotte illecite verificatesi in sede di emissione e di circolazione dell'assegno. La buona fede, secondo la regola generale, è presunta, con la conseguenza che è la banca trattaria a dover provare che il presentatore dell'assegno messo all'incasso fosse quanto meno partecipe o a conoscenza della condotta di falsificazione della firma di traenza. Nel caso in esame tale prova non è stata raggiunta, dato che il terzo chiamato C. ha dimostrato, mediante prova testimoniale, di aver ricevuto l'assegno da un amico teste U. R. , che, a sua volta lo aveva avuto da un terzo. In particolare, risulta, da quanto dichiarato dal teste, che l'assegno fosse stato emesso da tale C. M Non è stata quindi raggiunta dalla banca trattaria la prova che il terzo chiamato C. fosse in mala fede. In ordine ai vari passaggi che hanno interessato la circolazione dell'assegno prima dell'incasso si possono infatti fare solo delle supposizioni, inidonee ex se a raggiungere, neppure in via critica, la prova della conoscenza da parte del C. dell'avvenuta falsificazione della firma di traenza dell'attore. La domanda proposta nei suoi confronti deve essere pertanto rigettata. Le spese legali del presente giudizio sostenute dall'attore devono essere poste a carico della convenuta, che deve essere altresì condannata a pagare le spese legali sostenute da P. C La terza chiamata B.P.E.L. deve essere poi condannata a pagare alla convenuta Deutche Bank la metà delle spese che quest'ultima è condannata a pagare all'attore. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone condanna la Deutsche Bank s.p.a. a pagare a M. F. J. € 2.950,00, oltre interessi legali dal 28 maggio 2004 al saldo, a titolo di risarcimento del danno condanna la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio soc. coop. a tenere indenne la Deutsche Bank s.p.a. per la somma che quest'ultima è tenuta a pagare all'attore in merito all'assegno negoziato presso la terza chiamata pari ad € 1450,00 oltre interessi legali dal 28 maggio 2004 al saldo rigetta la domanda proposta dalla Deutsche Bank s.p.a. nei confronti di C. P. condanna la Deutsche Bank s.p.a. a pagare a M. F. J. le spese del presente giudizio che si liquidano in € 1000,00 per diritti, € 1200,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.a.p. di legge condanna la Deutsche Bank s.p.a. a pagare a C. P. le spese legali del presente giudizio, che si liquidano in € 800,00 per diritti ed € 1000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.a.p. di legge condanna la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio soc. coop a pagare alla Deutsche Bank s.p.a. la metà delle spese legali che quest'ultima è stata condannata a pagare a M. F.o J