I due fratelli sciolgono la società in comune e prendono strade separate, c’è un pericolo potenziale?

In tema di concorrenza sleale, ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni non si richiede che un danno sia stato già prodotto in relazione ad un’attività concorrenziale in atto, essendo invece sufficiente una situazione di concorrenza potenziale.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10643, depositata il 22 maggio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Venezia rigettava la domanda proposta da un privato, in proprio e come socio di una s.numero c., per la condanna del fratello altro socio della società al risarcimento dei danni da concorrenza sleale. Secondo i giudici di merito, l’attore non era legittimato ad agire per concorrenza sleale né a titolo individuale, non avendo in corso alcuna attività imprenditoriale, né come legale rappresentante della s.numero c., che aveva cessato la propria attività in conseguenza di una convenzione stipulata dai due soci con scrittura privata, i due fratelli avevano sconvenuto la scissione dell’azienda sociale in due unità aziendali autonome e la cessazione dell’attività imprenditoriale della società, salvo l’ultimazione degli affari entro la fine dell’anno. L’attore ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver arbitrariamente escluso la sua qualità di imprenditore in ragione di un’errata interpretazione della scrittura privata al contrario, tale qualità risultava chiaramente dalla scissione dell’azienda sociale in due distinte aziende individuali in capo a ciascuno dei soci. Danno potenziale. La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di concorrenza sleale, ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni non si richiede che un danno sia stato già prodotto in relazione ad un’attività concorrenziale in atto, essendo invece sufficiente una situazione di concorrenza potenziale. Una situazione di concorrenza potenziale risulta ravvisabile sia in relazione ad una possibile estensione o espansione nel futuro dell’attività imprenditoriale concorrente, purché nei termini di rilevante probabilità, sia nell’ipotesi di attività preparatorie all’esercizio dell’impresa, quando si pongano in essere fatti diretti a dare inizio all’attività produttiva. Concorrenza sleale non escludibile a priori. Nel caso di specie, un’attività produttiva era in realtà già in corso da parte della s.numero c. composta dai due fratelli, di cui la scrittura privata aveva disposto lo scioglimento. Perciò, essendo la società avviata alla liquidazione, essa non poteva essere soggetto passivo di atti di concorrenza sleale per sviamento di clientela o sottrazione di dipendenti. Tuttavia, un danno da concorrenza sleale poteva prodursi per le attività economiche connesse alle due aziende che, dalla scissione dell’impresa sociale originariamente unitaria, si avviavano a costituirsi in capo ai due fratelli. Di conseguenza, una situazione di concorrenza potenziale era certamente configurabile in relazione all’imminente ripresa delle due distinte attività imprenditoriali, considerando che «l’originaria unitarietà dell’impresa rendeva altamente probabile che potessero risultare improntate a sleale concorrenza le modalità di inizio di ciascuna delle due attività produttive». Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso, rimandando la decisione alla Corte d’appello di Venezia per un accertamento nel merito dell’effettività del danno lamentato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 aprile – 22 maggio 2015, numero 10643 Presidente Salvago – Relatore Nappi Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da A.B., in proprio e quale socio della snc B.A. & amp L., per la condanna del fratello L.B. al risarcimento dei danni da concorrenza sleale. Hanno ritenuto i giudici del merito che A.B. non sia legittimato ad agire per concorrenza sleale né a titolo individuale, non avendo in corso alcuna attività imprenditoriale, né quale legale rappresentante della società in nome collettivo, che aveva cessato la propria attività in conseguen za di una convenzione stipulata dai due soci. Con scrittura privata del 12 novembre 1993 i fratelli B. avevano infatti convenuto la scissione dell'azienda sociale in due unità aziendali autonome e la cessazione dell'attività imprenditoriale della società, salvo la ultimazione degli affari in corso entro il 31 dicembre 1993. Contro la sentenza d'appello A.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso L.B Motivi della decisione 1.1 Il controricorrente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso in ragione della triplice veste assunta da A.B., che ha dichiarato di proporre l'impugnazione anche per due società, una di persone l'altra di capitali. L'eccezione è peraltro infondata. Il riferimento alla A.B. s.r.l. deve ritenersi dovuto a un errore materiale, perché il giudice del merito aveva già rilevato l'estraneità di questa società al giudizio e questa pronuncia non risulta impugnata. Quanto alla snc B.A. & amp L., legittimamente rappresentata dal A.B., sarà valutato il fondamento delle sue pretese. 1.2- Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 1362, 1363, 1366, 1367, 1369, 2082, 2598, 2600 c.c., e con il secondo motivo vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che, in ragione di un'errata interpretazione della scrittura privata del 12 novembre 1993, i giudici del merito abbiano arbitra riamente escluso la sua qualità di imprenditore chiaramente risultante dalla scissione dell'azienda sociale in due distinte aziende individuali in capo a ciascuno dei soci. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., e vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici d'appello abbiano omesso di pro nunciarsi sul motivo di impugnazione con il quale egli aveva censurato la liquidazione equitativa del danno da parte del tribunale e abbiano erroneamente disatteso le sue richieste istruttorie. 2. Sono fondati e assorbenti i due primi motivi d'impugnazione. Secondo la giurisprudenza di questa corte in tema di concorrenza sleale, infatti, «ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni non si richiede che un danno sia stato già prodotto in relazione ad una attività concorrenziale in atto, essendo invece sufficiente una situazione di concorrenza potenziale» Cass., sez. I, 12 febbraio 2009, numero 3478, m. 606757 . In particolare si ritiene che una situazione di concorrenza poten ziale risulti «ravvisabile sia in relazione ad una possibile estensione o espansione nel futuro dell'attività imprenditoriale concorrente purché nei termini di rilevante probabilità , sia nell'i potesi di attività preparatorie all'esercizio dell'impresa, quando si pongano in essere fatti di retti a dare inizio all'attività produttiva» Cass., sez. I, 15 dicembre 1994, numero 10728, m. 489211 . Nel caso in esame un'attività produttiva era in già in corso da parte di una società di persona composta dai fratelli B., di cui la scrittura privata aveva programmato lo scioglimento. Sicché la società, in quanto avviata alla liquidazione, non poteva «essere soggetto passivo di atti di concorrenza sleale per sviamento di clientela o sottrazione di dipendenti» Cass., sez. I, 30 agosto 1994, numero 7577, m. 487791 . Tuttavia un danno da concorrenza sleale poteva certamente prodursi per le attività economiche connesse alle due aziende che, dalla scissione dell'impresa sociale originariamente unitaria, si avviavano a costituirsi in capo ai due fratelli B Sicché una situazione di concorrenza potenziale era certamente configurabile in relazione all'imminente ripresa delle due distinte attività imprenditoriali, posto che l'originaria unitarietà dell'impresa rendeva altamente probabile che potessero risultare improntate a sleale concorrenza le modalità di inizio di ciascuna delle due attività produttive. E la effettività del danno lamentato da A.B. andrà accertata nel merito. L'accoglimento dei due primi motivi di ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata, comporta l'assorbimento del terzo motivo relativo alla li quidazione del danno. P.Q.M. La Corte in accoglimento dei due primi motivi del ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione.