Pur affermando che la diligenza richiesta ad un istituto bancario per la verifica dell’autenticità di una sottoscrizione può avere una diversa intensità se riferita ad un assegno bancario o ad un ordine di investimento o disinvestimento, deve escludersi un inadempimento dell’onere di diligenza laddove la legittimazione del sottoscrittore risulti evidente alla luce di ulteriori elementi.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16313/17 depositata il 3 luglio. Il caso. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado che respingeva la domanda risarcitoria avanzata dall’attrice nei confronti di un istituto bancario per il risarcimento del danno derivante da un disinvestimento relativo ad una somma di cui era intestataria unitamente al nipote, operazione effettuata da quest’ultimo attraverso una firma apocrifa e reintestazione a lui e alla propria moglie. L’attrice rimproverava alla banca di non aver verificato le sottoscrizioni, sottolineando come il nipote fosse stato condannato con sentenza di patteggiamento per l’appropriazione di valori di sua proprietà. Onere di diligenza della banca. La sentenza viene impugnata in Cassazione dalla danneggiata che lamenta in primo luogo il vizio di motivazione in ordine alla responsabilità della banca e all’evidente difformità delle sottoscrizioni nonché il vizio di violazione dell’onere della prova. Pur riscontrando un’astratta condivisibilità di tali censure, la Corte esclude che la sentenza impugnata sia viziata posto che dall’indagine fattuale svolta risulta che l’alterazione della firma non era visibilmente percepibile, circostanza che aggiungendosi al pieno potere di agire anche disgiuntamente che aveva il nipote in relazione all’investimento di cui era cointestatario ha correttamente portato i giudici territoriali ad escludere un inadempimento contrattuale della banca. Seppur infatti la diligenza richiesta per la verifica dell’autenticità di una sottoscrizione può avere una diversa intensità se riferita ad un assegno bancario o ad un ordine di investimento o disinvestimento, la Corte osserva che «l’insussistenza dell’inadempimento della banca all’obbligo contrattuale di diligenza su di essa incombente non è fondato soltanto sull’esame visivo delle sottoscrizioni, peraltro svolto in concreto dalla Corte, ma sul convergente doppio rilievo della contraddittorietà delle allegazioni dei fatti in relazione ad altro giudizio e, soprattutto, sull’inutilità del ricorso alla firma apocrifa da parte di uno dei cointestatari dell’investimento». Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 aprile – 3 luglio 2017, numero 16313 Presidente Giancola – Relatore Acierno Fatti di causa La Corte d’Appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto la domanda risarcitoria proposta in primo grado da A.A. , vedova Morelli, ed in secondo grado dalla Fondazione Morelli, avente ad oggetto la condanna al pagamento della somma di Lire 749.775.953 per risarcimento del danno a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale derivante dalla sorte di un investimento denominato Fonditalia di cui la dante causa era intestataria unitamente al nipote L.L. e che con firma apocrifa era stato in parte disinvestito e successivamente interamente reintestato al L. e a sua moglie. Si contestava, pertanto, alla banca di non aver verificato le sottoscrizioni apposte sugli ordini di disinvestimento con la firma dello specimen depositato, trattandosi di sottoscrizioni difformi rispetto all’autentica effettuata dal promotore M.G. . Nel 1999, il L. era stato condannato con sentenza di patteggiamento per essersi appropriato di valori di proprietà dell’attrice dei quali aveva la disponibilità presso la banca Fideuram s.p.a Nel corso del giudizio di secondo grado è stato integrato il contraddittorio nei confronti del M. e disposta l’esibizione degli originali di alcuni documenti a carico di Fideuram. L’ordine non era adempiuto per quanto riguarda il documento con cui la somma relativa al saldo di liquidazione dell’investimento Fonditalia era stata corrisposta al L. . A sostegno della decisione di rigetto la Corte territoriale ha affermato - Non rilevano le dichiarazioni del L. rese nel giudizio penale in ordine all’autenticità delle firme apposte all’ordine di disinvestimento e di reintestazione dal momento che il L. non è parte del presente giudizio e comunque nel giudizio penale non era tenuto a dire il vero. - Del pari prive di rilievo sono le osservazioni del consulente del pubblico ministero e di quello di Morelli nel giudizio penale nel quale la banca non era parte Deve rilevarsi la contraddittorietà delle tesi prospettate dalla parte appellante nel presente giudizio, fondate sull’apocrifia della sottoscrizione apposta dal L. rispetto a quelle sostenute nel giudizio instaurato a dalla A. nei confronti del nipote ed avente ad oggetto domande restitutorie nei confronti del nipote L. nel quale è stata sostenuta l’autenticità delle sottoscrizioni in questione. - Nel presente giudizio viene dedotta la responsabilità della banca per non aver agito con la diligenza necessaria a verificare l’autenticità delle firme apposte dal L. nel disinvestimento e nella reintestazione ma si deve rilevare che il L. è secondo intestatario del conto e la sua firma è apposta in calce all’apertura di deposito amministrato sottoscritto dalla A. e dal nipote nel 1994. La difesa A. -Morelli non ha mai richiesto l’esibizione dello specimen rispetto al quale si sarebbe dovuta operare la comparazione delle firme. Il L. era dotato del potere anche disgiunto di compiere le operazioni contestate, avendo, anche in precedenza, proceduto a compiere soltanto lui le operazioni su tale investimento. - La responsabilità della banca per negligenza si deve fondare sulla riconducibilità delle sottoscrizione al cd. falso grossolano secondo il canone elaborato dalla giurisprudenza in relazione alla responsabilità del banchiere per il pagamento di assegni con firma di traenza falsa o altre alterazioni del titolo, tenuto anche conto che una consulenza tecnica d’ufficio grafica dopo così tanto tempo sarebbe di difficile risolutività e dovrebbe essere disposta nei confronti di un soggetto che non è parte. - La comparazione può peraltro essere effettuata confrontando visivamente le firme in contestazione con quelle in calce al modulo di sottoscrizione dell’investimento e con quelle contenute nella consulenza di parte attorea. L’esame conduce a ritenere che non si ravvisa prima facie un’immediata e chiaramente percepibile dissomiglianza nella redazione delle singole lettere componenti nome e cognome del L. . - Il grado di diligenza richiesto al promotore finanziario cui sono stati trasmessi gli ordini è da equiparare a quello dell’operatore bancario che opera in cassa. Deve, pertanto, escludersi la responsabilità contrattuale della banca per non aver rilevato la natura apocrifa delle sottoscrizioni apposte dal L. sugli ordini contestati. Va infine esclusa anche la responsabilità extracontrattuale con riferimento al fatto del dipendente promotore M. perché la condotta illecita di quest’ultimo è rimasta priva di riscontro probatorio, non essendo stata raggiunta la prova del fatto storico principale consistente nella falsità della firma del cliente. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la Fondazione Morelli affidandosi a sei motivi. Ha resistito con controricorso la Fideuram. Ragioni della decisione Nel primo motivo viene dedotto il vizio di motivazione sul profilo relativo all’errata equiparazione del regime probatorio da applicare per l’ordine di modificazione del nominativo del primo mandante e per l’ordine di disinvestimento, con quello riguardanti gli assegni con firma di traenza falsa. L’equiparazione è errata rispetto ai tempi, avendo l’intermediario una disponibilità temporale molto maggiore per verificare l’autenticità della sottoscrizione rispetto all’assegno. Inoltre quest’ultimo può essere negoziato presso qualsiasi sportello mentre l’ordine d’investimento e disinvestimento viene eseguito sempre nella stessa banca e con lo stesso funzionario con il quale vi è un rapporto fiduciario preciso. Le operazioni contestate sono state monitorate e seguite proprio dal promotore finanziario titolare del rapporto che conosceva il cointestatario L. . Dunque la diligenza contrattuale richiesta non può essere quella del bonus argentarius. Nel secondo motivo il vizio di motivazione viene sollevato in considerazione della patente difformità delle sottoscrizioni. Nel terzo motivo viene dedotta ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. la violazione del principio dell’onere della prova applicabile al rapporto dedotto in giudizio di natura contrattuale. Era a carico della banca l’onere di dimostrare che la sottoscrizione era autentica anche in applicazione dei principi sanciti dalle S.U. con la pronuncia numero 13533 del 2001. I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi. La Corte d’Appello di Roma, nell’esame della responsabilità contrattuale della banca per inadempimento dell’obbligo di diligenza su di essa incombente ha in primo luogo, svolto un’indagine fattuale delle complessive risultanze probatorie in atti, fondata in particolare sulla valutazione delle sottoscrizioni contestate, escludendo che l’alterazione e l’inautenticità fossero visivamente percepibili. Non è questa, tuttavia, l’unica ratio decidendi riscontrabile nella sentenza, dal momento che la sufficienza dell’indagine visiva è stata giustificata dalla circostanza, incontestata, che il L. aveva pieno potere di agire, anche disgiuntamente sul fondo d’investimento del quale era cointestatario, non avendo alcun bisogno di ricorrere all’apposizione della sottoscrizione propria non di terzi falsa sull’ordine di disinvestimento. Infine ciò che induce la Corte d’Appello ad escludere ogni ulteriore approfondimento istruttorio è l’argomento logico fondato sulla contraddittorietà tra i fatti allegati in altro giudizio rivolto direttamente dalla A. contro il nipote e quelli posti a base del presente giudizio proprio in ordine all’autenticità/inautenticità della sottoscrizione. Non ha, pertanto, alcun fondamento il rilievo relativo al mancato rispetto della regola di giudizio nella responsabilità contrattuale in quanto la Corte d’Appello, sulla base delle tre rationes sopra evidenziate ha escluso l’esistenza del fatto inautenticità sottoscrizione del L. sull’ordine di disinvestimento posto a base dell’inadempimento contrattuale allegato. La valutazione dei fatti accertati e quella negativa sulle istanze istruttorie ulteriori sono del tutto insindacabili in sede di giudizio di legittimità, in quanto esaurientemente argomentare dal giudice del merito. In conclusione, pur condividendosi in astratto la considerazione svolta nel primo motivo del ricorso, secondo la quale la diligenza destinata alla verifica dell’autenticità della sottoscrizione può avere un’intensità diversa se riferita ad un assegno bancario o ad un ordine d’investimento o disinvestimento, deve osservarsi che l’insussistenza dell’inadempimento della banca all’obbligo contrattuale di diligenza su di essa incombente non è fondato soltanto sull’esame visivo delle sottoscrizioni, peraltro svolto in concreto dalla Corte, ma sul convergente doppio rilievo della contraddittorietà delle allegazioni dei fatti in relazione ad altro giudizio e, soprattutto, sull’inutilità del ricorso alla firma apocrifa da parte di uno dei cointestatari dell’investimento Quest’ultima ratio non risulta censurata specificamente in alcun motivo. Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell’articolo 116 cod. proc. civ. per avere la Corte d’Appello tratto dalla condotta difensiva della parte ricorrente in altro giudizio argomenti di prova contraria all’accoglimento della domanda. La valutazione di contraddittorietà formulata dalla Corte territoriale non è corretta perché nel giudizio contro il L. non era rilevante l’apocrifia delle sottoscrizioni, da ritenersi invece centrale nel presente giudizio nel quale si deduce l’inadempimento del mandatario per non aver svolto le necessarie verifiche sull’autenticità della firma. Nel quinto motivo viene dedotta la contraddittorietà della motivazione in ordine all’esclusione della responsabilità extracontrattuale per ritenuto difetto di prova. Il deficit probatorio, secondo la parte ricorrente, è stato dettato esclusivamente dall’ingiustificato rigetto delle istanze istruttorie formulate ed in particolare di quella relativa alla consulenza tecnica grafologica. Inoltre non è stato dato rilievo all’omesso adempimento da parte della banca all’ordine di esibizione su un documento rilevante da comparare. Il quarto e il quinto motivo sono da ritenere inammissibili perché non colpiscono la ratio decidendi relativa al potere di disporre dell’investimento da parte del L. e alla conseguente inutilità della firma apocrifa del cointestatario. Essi peraltro sono diretti a richiedere un inammissibile riesame e valutazione dei fatti e dei mezzi di prova alternativo a quella svolto con ampia ed esauriente motivazione dal giudice del merito. Nel sesto motivo viene censurata la statuizione sulle spese processuali, sotto il profilo della violazione dell’articolo 91 cod. proc. civ., in quanto estesa anche al promotore M. che era stato chiamato in garanzia dalla banca e non poteva ritenersi litisconsorte necessario tenuto conto che la Fondazione Morelli non aveva svolto domande nei suoi confronti. La censura è inammissibile per difetto di specificità dal momento che non è riprodotta nel motivo la domanda svolta dall’istituto bancario nei confronti del promotore né essa può trarsi aliunde nel corpus del ricorso anche per relationem. La parte ricorrente ne dà un’interpretazione non esaminabile in concreto in mancanza dell’esatta formulazione della stessa. La statuizione sulle spese pertanto è conseguente all’integrazione del contraddittorio disposta dalla Corte d’Appello in virtù della ritenuta inscindibilità della domanda rivolta al terzo chiamato. Al rigetto del ricorso consegue l’applicazione del principio della soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a pagare in favore della parte controricorrente le spese processuali del presente giudizio da liquidarsi in Euro 8000 per compensi Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.