La natura giuridica, privatistica o pubblicistica, di un bene non è un fatto, ma una qualificazione giuridica, da valutare, quindi, alla stregua di criteri giuridici. Allo stesso modo, è una questione di diritto quella relativa alla distinzione tra natura giuridica del fosso e natura delle acque che vi transitano ed alla pretesa non incidenza della seconda sulla prima. Trattandosi di questioni di diritto, sono estranee all’ambito di applicazione dell’articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c
Lo affermano le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza numero 5745, depositata il 23 marzo 2015. Il caso. Un Comune, in seguito ad un evento naturale eccezionale ed all’interno di un quadro di interventi sul sistema idrico pubblico, apponeva una griglia metallica ad un fosso rientrante nel suo territorio, da cui defluivano le acque che poi si immettevano nel reticolo fluviale. Due privati, proprietari e possessori per metà del fosso, promuovevano un’azione di reintegrazione e/o manutenzione del possesso nei confronti del Comune. Il Tribunale di Como rimetteva gli atti al Tribunale regionale per le acque pubbliche di Milano per l’accertamento della natura demaniale o meno del fosso, sospendendo il procedimento possessorio. Sia il Tribunale Regionale sia il Tribunale Superiore delle acque pubbliche accertavano la natura demaniale del fosso e respingevano la domanda degli attori. L’erede di uno degli attori ricorreva in Cassazione, denunciando, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c., un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio secondo il ricorrente, ai fini della rimozione della griglia illegittimamente apposta dal Comune, doveva essere accertata la natura privata del fosso, a prescindere dalla natura delle acque in esso fluenti. Di conseguenza, la sentenza del TSAP doveva considerarsi illegittima, in quanto i giudici si erano limitati a «discettare in astratto» se le acque meteoriche sul fondo dell’attore fossero private o demaniali. Questione di diritto. La Corte di Cassazione ricorda che, secondo la nuova versione dell’articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c., una sentenza può essere impugnata per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Tale vizio può riguardare solo una questio facti, che si determina quando nella sentenza viene omesso l’esame non di una questione giuridica, ma di un fatto, da intendersi come un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico. Nel caso di specie, il preteso esame non concerneva un fatto, ma una questione di diritto, riguardando l’accertamento della natura privatistica del fosso, a prescindere dalla natura delle acque in esso confluenti. La natura giuridica, privatistica o pubblicistica, di un bene non è un fatto, ma una qualificazione giuridica, da valutare, quindi, alla stregua di criteri giuridici. Allo stesso modo, è una questione di diritto quella relativa alla distinzione tra natura giuridica del fosso e natura delle acque che vi transitano ed alla pretesa non incidenza della seconda sulla prima. Trattandosi di questioni di diritto, sono estranee all’ambito di applicazione dell’articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c Per queste ragioni, la Corte di Cassazione dichiara il motivo di ricorso inammissibile.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 10 febbraio – 23 marzo 2015, numero 5745 Presidente Rovelli – Relatore Curzio Ragioni della decisione 1. Il Comune di Maslianico nel luglio del 2002, a seguito di un evento meteorico di eccezionale portata e all'interno di quadro coordinato di interventi sul sistema idrico pubblico, appose una griglia metallica ad un valletto rientrante nel suo territorio, dal quale defluiscono le acque che poi si immettono nel reticolo fluviale della Roggia Molinara. 2. I signori C. e G. , proprietari e possessori per metà del valletto, promossero un'azione di reintegrazione e/o manutenzione del possesso ex articolo 1168,1170 c.c. nei confronti del Comune dinanzi al Tribunale di Como. 3. Il giudice unico del Tribunale rimise gli atti al Tribunale regionale per le acque pubbliche TRAP di Milano per l'accertamento della natura demaniale o meno del valletto, sospendendo il procedimento possessorio. 4. I ricorrenti adirono il TRAP, che, con sentenza del 10 maggio 2010, accertò la natura demaniale del valletto, respinse la domanda proposta da costoro e li condannò al pagamento delle spese del giudizio. 5. I ricorrenti proposero appello al Tribunale Superiore delle acque pubbliche TSAP , chiedendo la riforma totale o parziale della decisione impugnata. Il TSAP respinse l'appello, con sentenza pubblicata il giorno 8 aprile 2013. 6. G.A. , in proprio e quale unica erede di C.M.A. , chiede l'annullamento di tale sentenza, con ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. 7. Il Comune di Maslianico e la Regione Lombardia si difendono con controricorso. G.A. e il Comune di Maslianico hanno depositato una memoria. 8. Deve preliminarmente rilevarsi che è infondata l'eccezione formulata solo dalla regione Lombardia di inammissibilità del ricorso per violazione dell'articolo 202 r.d. 1775/33. La Regione assume che il ricorso sarebbe tardivo perché proposto oltre il termine di 45 giorni fissato da tale norma. L'infondatezza dell'eccezione deriva dal fatto che il termine previsto dall'articolo 202 decorre dalla notificazione integrale del dispositivo della sentenza con le peculiari modalità previste dal quarto comma della norma in questione, notifica che in questo caso non è avvenuta, con la conseguenza che si applica il termine lungo per impugnare. 9. Con il primo motivo del ricorso per cassazione si sostiene la nullità della sentenza perché nel collegio del TSAP era presente solo un esperto iscritto all'albo degli ingegneri, e non tre esperti come richiesto dalla legge. Il motivo è privo di fondamento perché confonde la previsione sulla composizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, con quella sulla composizione del singolo collegio. 10. Con il secondo motivo si denuncia ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c, un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio così indicato nel ricorso ai fini della rimozione della griglia illegittimamente apposta dal Comune doveva essere accertata la natura privata del fosso, a prescindere dalla natura delle acque in esso fluenti. Ciò ha comportato l'illegittimità della sentenza del TSAP che si è limitato a discettare in astratto se le acque meteoriche sul fondo del C. fossero private o demaniali . 11. Il motivo è inammissibile perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, si colloca al di fuori del perimetro dell'articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c 12. Deve premettersi che al caso in esame si applica la nuova versione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. introdotta dall’articolo 54, primo comma, lett. b del d.l. 83 del 2012, convertito nella L 7 agosto 2012, numero 134 . Ciò in quanto il terzo comma del medesimo articolo 54, prevede che la disposizione di cui al comma 1, lett. b , si applica alle sentente pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto , e cioè dall'11 settembre 2012 in poi. La sentenza del TSAP impugnata è stata pubblicata l'8 aprile 2013. 13. La nuova versione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. dispone che una sentenza può essere impugnata per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . 14. Come si è sottolineato sin dal primo intervento delle Sezioni unite sulla norma Cass., sez. unumero , 8053/2014 , questo vizio può riguardare solo una questio facti. Esso si determina quando nella sentenza viene omesso l'esame non di una questione giuridica, ma di un fatto, decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. 15. Quindi deve trattarsi, in primo luogo, di un fatto, cioè di un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico — naturalistico Cass. 8 ottobre 2014, numero 21152 . L'omesso esame che viene in considerazione, contrariamente a quanto poteva accadere in passato allorquando il legislatore utilizzava la ben più ampia nozione di punto decisivo della controversia , non può riguardare questioni di diritto. 16. Nel caso oggetto della presente controversia il preteso omesso esame non concerne un fatto ma una questione di diritto. Come si è visto, per espressa affermazione della ricorrente, esso riguarda l'accertamento della natura privatistica del fosso, a prescindere dalla natura delle acque in esso confluenti. La natura giuridica, privatistica o pubblicistica, di un bene non è un fatto, ma una qualificazione giuridica, una valutazione alla stregua di criteri giuridici. Parimenti questione di diritto è quella relativa alla distinzione tra natura giuridica del fosso e natura delle acque che vi transitano e alla pretesa non incidenza della seconda sulla prima. Essendo quelle prospettate tutte questioni prettamente di diritto, sono estranee all'ambito di applicazione dell’articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c 17. Il motivo pertanto è inammissibile. 18. Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell'articolo 1 della legge 36/1994 e delle leggi ad essa collegate per non avere il TSAP accertato la sussistenza di una ipotetica idoneità delle acque, fluenti nel fosso per cui è causa a qualsiasi uso pubblico , in quanto le acque meteoriche di per sé non sono pubbliche e, per risultare tali, devono comunque avere una concreta od anche solo potenziale attitudine a soddisfare un interesse generale pubblico . 19. La valutazione della rispondenza delle acque in questione a soddisfare un interesse pubblico attiene al merito della decisione e non può essere oggetto di nuova valutazione in sede di legittimità. Nel caso in esame, peraltro, il giudice di appello ha compiuto un'attenta ricostruzione del fatto ed una articolata motivazione della ragioni a sostegno della finalizzazione ad una pluralità di interessi pubblici salvaguardia del territorio e destinazione ad usi quali irrigazione, produzione, energia del sistema di raccolta delle acque di cui il valletto in questione fa parte. 20. Con il quarto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c. in relazione all'articolo 34 c.p.c. Secondo la ricorrente la sentenza deve essere annullata anche in punto di liquidazione delle spese per avere la sentenza negato qualsiasi voglia compensazione parziale delle stesse . 21. La ricorrente è soccombente nel giudizio dinanzi al TSAP, come del resto lo era stata dinanzi al TRAP. La regola codicistica è che la parte soccombente deve essere condannata a pagare le spese di controparte. Non vi è bisogno di motivazione specifica. Una motivazione specifica è necessaria per il caso contrario, in cui il giudice, pur essendovi una parte soccombente, decida, di compensare le spese parzialmente o per intero. Caso che qui non ricorre. Il TSAP non aveva alcuna necessità di motivare, e peraltro una motivazione è stata comunque fornita al paragrafo numero 3 della sentenza. 22. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese, per legge, devono essere poste a carico della parte soccombente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole, per ciascuno dei controricorrenti, in 5.000,00 Euro per compensi professionali, 200,00 Euro per spese borsuali, oltre 15% per spese forfetarie ed accessori. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’articolo 13, comma 1-bis del citato d.p.r