La nonna non ha diritto all'assegno per il nucleo familiare per i nipoti in linea retta, minorenni e non viventi a suo carico

Il titolare di pensione di reversibilità da lavoro dipendente, in seguito al decesso del coniuge, non ha diritto a percepire l'assegno per il nucleo familiare per i nipoti in linea retta, minorenni non conviventi, se non dimostra di provvedere al mantenimento degli stessi.

Il caso. La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Lecce aveva riconosciuto il diritto della ricorrente, titolare di pensione di reversibilità in conseguenza del decesso del marito, a percepire l'assegno per il nucleo familiare per i nipoti in linea retta, minorenni non conviventi, al cui mantenimento la stessa aveva dichiarato di provvedere, essendo i relativi genitori privi di occupazione e reddito. Secondo la Suprema Corte, la Corte d'Appello di Lecce aveva errato nel ritenere applicabile al caso di specie il regime previdenziale per i pensionati già lavoratori autonomi, posto che il de cuius era pensionato già lavoratore subordinato le norme che individuano i beneficiari di provvidenze di tipo previdenziale o assistenziale quali gli assegni per il nucleo familiare non sono suscettibili di interpretazione adeguatrice volta ad estendere la protezione previdenziale a soggetti diversi da quelli menzionati. Peraltro, non era risultata provato il requisito della vivenza a carico dei nipoti. Gli assegni per il nucleo familiare nell'ambito del sistema previdenziale. L'articolo 2, comma 6, d.l. numero 69/1988 convertito in legge numero 153/1988 ha diversificato i trattamenti del «carico di famiglia» gravante sui pensionati, a seconda che i beneficiari fossero titolari di pensioni derivanti da lavoro subordinato o autonomo, attribuendo soltanto ai primi gli assegni familiari, in luogo delle maggiorazioni delle pensioni precedentemente percepite. Tale evoluzione del quadro normativo ha dotato di individualità l'assegno familiare, che non costituisce più elemento integrante della pensione, di tal che tale individualità rende incompatibili, tra loro, i regimi previdenziali rispettivamente goduti dalle due categorie di pensionati già lavoratori dipendenti e già lavoratori autonomi. La sentenza della Corte Costituzionale numero 180/1999 non è applicabile al caso in esame. Non è neppure applicabile, al caso di specie, la sentenza della Corte Costituzionale numero 180/1999, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 38 d.p.r. numero 818/1957 nella parte in cui, mentre includeva fra i destinatari diretti e immediati di pensione di reversibilità i minori non parenti formalmente affidati al titolare della pensione principale, escludeva dal beneficio dell'ultrattività pensionistica i nipoti minori e viventi a carico degli ascendenti assicurati per i quali il Legislatore non richiede il formale affidamento . L'INPS ha precisato che tale pronuncia interessa anche la materia dei trattamenti di famiglia e che a tal fine i nipoti in linea retta, minori e viventi a carico dell'ascendente, sono equiparati ai figli legittimi, anche se non formalmente affidati, purché sussista e sia dimostrata la vivenza degli stessi a carico dell'ascendente assicurato. Tale requisito è desumibile dallo stato di bisogno del beneficiario determinato dalla sua condizione di non autosufficienza economica con riferimento alle esigenze medie di carattere alimentare dello stesso, alle sue fonti di reddito e ai proventi che derivano dall'eventuale concorso al mantenimento da parte di altri familiari e non può desumersi dall'effettivo comportamento del dante causa nei confronti dell'avente diritto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 dicembre 2014 – 6 marzo 2015, numero 4680 Presidente De Cesare – Relatore Tria Svolgimento del processo 1.- La sentenza attualmente impugnata respinge l'appello dell'INPS avverso la sentenza numero 9202/2005 del Tribunale di Taranto, che, in accoglimento della domanda proposta da P.M. , ha riconosciuto il diritto della ricorrente, titolare di pensione di reversibilità da lavoro dipendente in seguito al decesso del marito, all'assegno per il nucleo familiare per i nipoti minorenni, con decorrenza dal giorno 1 novembre 2000. La Corte d'appello di Lecce, per quel che qui interessa, precisa che a l'INPS si oppone all'accoglimento della domanda sull'assunto secondo cui alla morte del dante causa della titolare della pensione di reversibilità il padre dei minori non era a carico del de cuius medesimo b la Corte di cassazione, con sentenza 13 aprile 2001, numero 5583, ha, al riguardo, affermato che il diritto dei titolari di pensione - diretta, indiretta o di reversibilità - erogata da una delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi di percepire gli assegni familiari, ex articolo 4 decreto legge 14 luglio 1980 numero 314, convertito nella legge 8 agosto 1980 numero 440, per i figli od equiparati viventi a carico e totalmente inabili al lavoro, decorre dal momento in cui vengono ad esistenza i requisiti costitutivi della vivenza a carico e della inabilità, secondo quanto dispone l'articolo 11 d.P.R. 30 maggio 1955 numero 797 testo unico della disciplina degli assegni familiari, applicabile a tali pensionati in virtù della specifica disposizione di cui all'articolo 2 decreto legge 13 marzo 1988 numero 69, convertito nella legge 13 maggio 1988 numero 153 pertanto, ai fini della spettanza del diritto a tali assegni al titolare di pensione di reversibilità, non è necessario che i suddetti requisiti relativi, nella specie, a figlio inabile sussistano al momento del decesso del dante causa della pensione, occorrendo invece fare riferimento alla data di presentazione della domanda amministrativa di assegni familiari presentata dalla titolare di detta pensione c tale orientamento è da condividere e, quindi, la sentenza impugnata va confermata. 2.- Il ricorso dell'INPS domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo resiste, con controricorso, P.M. . Motivi della decisione In via preliminare va precisato che al presente ricorso si applicano ratione temporis le prescrizioni di cui all'articolo articolo 366-bis cod. proc. civ I - Sintesi del ricorso. 1.- Con l'unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 2, comma 6, del d.l. 13 marzo 1988, numero 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, numero 153. Nel quesito posto a corredo del motivo si chiede a questa Corte di stabilire se ai fini dell'indicato articolo 2, comma 6, il nucleo familiare possa essere costituito dalla titolare di pensione di reversibilità derivante da lavoro dipendente e dai nipoti minorenni della stessa, pur essendo in vita i genitori di questi ultimi, oppure se sia necessario che i predetti nipoti siano orfani di entrambi i genitori, non avendo alcun rilievo la mancanza di lavoro dei genitori stessi e la vivenza a carico della nonna pensionata . II - Esame delle censure. 2.- Il ricorso è da accogliere. 3.- La questione di cui si controverte nel presente giudizio riguarda la spettanza, o meno, alla P. - titolare di pensione di reversibilità da lavoro dipendente, in seguito al decesso del marito - del diritto all'assegno per il nucleo familiare per i nipoti in linea retta minorenni non conviventi con l'originaria ricorrente e neppure viventi a carico del de cuius, al cui mantenimento la P. ha dichiarato di provvedere, essendo i relativi genitori privi di occupazione e reddito. In base alla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale e di questa Corte le norme che individuano i beneficiari di provvidenze di tipo previdenziale o assistenziale - salvo il rispetto del principio di razionalità-equità di cui all'articolo 3 Cost. - non sono suscettibili di interpretazione adeguatrice, volta ad estendere la protezione previdenziale a soggetti diversi da quelli menzionati, restando affidata alla discrezionalità delle scelte legislative, condizionate anche da esigenze di equilibrio delle gestioni, la determinazione delle prestazioni e l'individuazione dei beneficiari nell'ambito di sistemi previdenziali differenziati vedi, per tutte Corte cost. sentenze numero 316 del 2010 numero 264 del 2012, numero 88 del 2014 ordinanza numero 158 del 2014 nonché Cass. SU 14 ottobre 2009, numero 21743 . 4.- Nella specie, la normativa applicabile è dettata dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 13 marzo 1988, numero 69 recante Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti , convertito con modificazioni, nella legge 13 maggio 1988, numero 153. Come sottolineato dalla Corte costituzionale sentenza numero 516 del 1995 tale norma ha radicalmente innovato l'istituto degli assegni familiari, trasformandolo in assegno per il nucleo familiare, attribuito secondo un criterio selettivo fondato sulla limitatezza del reddito della famiglia in correlazione al numero delle persone facenti parte del nucleo familiare, ma soltanto con riguardo alla categoria dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, in servizio o in quiescenza, ed a quella dei lavoratori assistiti contro la tubercolosi. In tal modo è stato portato a compimento il progressivo disegno del legislatore - iniziato con il decreto-legge 2 marzo 1974, numero 30 convertito nella legge 16 aprile 1974, numero 114 e proseguito col decreto-legge 29 gennaio 1983, numero 17 convertito nella legge 25 marzo 1983, numero 79 - di diversificare i trattamenti del carico di famiglia gravante sui pensionati, a seconda che i soggetti beneficiati fossero titolari di pensioni amministrate dal Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti ovvero dalle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, attribuendo soltanto ai primi - in luogo delle maggiorazioni della pensione precedentemente percepite, e mantenute per i soli pensionati ex lavoratori autonomi - gli assegni familiari di cui al testo unico approvato con d.P.R. 30 maggio 1955, numero 797. Tale evoluzione del quadro normativo ha inciso sulla struttura e sulle modalità di erogazione dei trattamenti medesimi, in ragione della specificità della prestazione previdenziale dell'assegno per il nucleo familiare, non più costituente elemento integrante della pensione e quindi dotata di una propria autonoma individualità, stanti le peculiari forme di contribuzione e i diversi enti erogatori Corte cost., sentenza numero 458 del 1989 . Tale individualità, ha sottolineato il Giudice delle leggi, rende incompatibili tra loro, a causa delle rispettive molteplici differenti caratteristiche, i regimi previdenziali rispettivamente goduti dalle due categorie di pensionati già lavoratori dipendenti e di pensionati già lavoratori autonomi vedi, Corte cost. sentenze numero 54 del 1987 e numero 31 del 1986, nonché sentenza numero 516 del 1995 cit. . 5.- Ebbene, la Corte d'appello di Lecce ha basato la motivazione della sentenza impugnata unicamente sul richiamo del principio di diritto affermato dalla sentenza di questa Corte 13 aprile 2001, numero 5583, che però è intervenuta in una fattispecie diversa da quella attualmente sub judice, in cui veniva in considerazione il diritto del titolare di pensione di reversibilità, erogata da una delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi, di ottenere, per un figlio vivente a carico e totalmente inabile al lavoro, la maggiorazione per assegni familiari, sulla pensione ai superstiti categoria artigiani. Ne deriva che, per quel che si è detto, l'effettuata estensione dell'ambito dei beneficiari della provvidenza di cui si tratta per via giurisprudenziale, già, di per sé, non consentita dagli articolo 38 e 81 Cost., nella specie è stata effettuata dalla Corte territoriale anche in contrasto con l'articolo 3 Cost., data la diversità delle due situazioni di cui si tratta. 6.- Per analoghe ragioni - diversamente da quel che sostiene la controricorrente - all'accoglimento della domanda non si può pervenire neppure applicando estensivamente la sentenza della Corte costituzionale numero 180 del 1999. Tale sentenza, infatti, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 38 del d.P.R. 26 aprile 1957, numero 818 Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, numero 118, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti , nella parte in cui non includeva tra i soggetti ivi elencati anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti . La norma censurata, nell'elencare i componenti della famiglia dell'assicurato cui è possibile estendere - entro certi limiti e condizioni - i trattamenti previdenziali, nel testo originario non includeva, tra i destinatali diretti e immediati della pensione di reversibilità, i nipoti, pur se minori e viventi a carico degli ascendenti, a meno che fossero stati formalmente affidati a questi ultimi dagli organi competenti. Su questo punto è intervenuta la Corte costituzionale con la citata sentenza numero 180 del 1999, rilevando il contrasto della suddetta previsione legislativa con l'articolo 3 Cost., nella parte in cui, mentre includeva fra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilità i minori non parenti formalmente affidati al titolare della pensione principale, escludeva irragionevolmente dal beneficio dell'ultrattività pensionistica i nipoti minori e viventi a carico degli ascendenti assicurati per i quali il legislatore non richiede tale formale affidamento . 7.- Tale sentenza è stata oggetto di molteplici circolari esplicative dell'INPS circolari numero 195/1999, numero 213/2000 e numero 132/2007 . Con la circolare 4 novembre 1999, numero 195 l'Istituto ha chiarito che, pur essendo la anzidetta pronuncia della Corte costituzionale intervenuta relativamente ad un giudizio proposto per il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità, tuttavia essa interessa anche la materia dei trattamenti di famiglia, stante il riferimento che all'articolo 38 del D.P.R. 26 aprile 1957, numero 818, fanno sia l'articolo 3, ultimo comma, del D.P.R. 30 maggio 1955, numero 797 TUAF in materia di assegni familiari, sia, ancor più esplicitamente, l'articolo 2, comma 6, del d.l. 13 marzo 1988, numero 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 1988, numero 153, in materia di assegno per il nucleo familiare . Pertanto, l'INPS ha precisato che, ai fini dell'erogazione dei trattamenti di famiglia, i nipoti in linea retta, minori e viventi a carico dell'ascendente, sono equiparati ai figli legittimi, anche se non formalmente affidati, aggiungendo che la vivenza a carico si considera dimostrata quando l'ascendente assicurato provveda abitualmente al mantenimento del minore. Tale mantenimento è presunto in caso di convivenza in caso di non convivenza può essere provato con dichiarazione sostitutiva di atto notorio. In entrambi i casi, comunque, è necessario verificare la condizione di non autosufficienza economica del nipote. In altre parole, è stato sottolineato che la sentenza della Corte costituzionale numero 180 del 1999 ha subordinato la disposta estensione dei beneficiari alla sussistenza, anche nel caso del nipote di età inferiore ai diciotto anni, del requisito della vivenza a carico dell'assicurato, desumibile da a lo stato di bisogno del beneficiario determinato dalla sua condizione di non autosufficienza economica con riferimento alle esigenze medie di carattere alimentare dello stesso, alle sue fonti di reddito, ai proventi che derivano dall'eventuale concorso al mantenimento da parte di altri familiari b il mantenimento del beneficiario da parte del dante causa quale può desumersi dall'effettivo comportamento di quest'ultimo nei confronti dell'avente diritto. Ne consegue che, considerata la peculiarità della fattispecie sulla quale è intervenuta la richiamata sentenza della Corte costituzionale e il rilievo da essa attribuito al requisito della vivenza a carico dell'assicurato - nella specie assente - neppure l’anzidetta sentenza del Giudice delle leggi consente di estendere la protezione previdenziale prevista dall'articolo 2, comma 6, del d.l. 13 marzo 1988, numero 69 cit. a soggetti diversi da quelli ivi menzionati, senza che tale mancata estensione possa ritenersi irragionevole, data la diversità della fattispecie esaminata dalla Corte costituzionale rispetto a quella che è oggetto della presente controversia, restando affidata alla discrezionalità delle scelte legislative, condizionate anche da esigenze di equilibrio delle gestioni, la determinazione delle prestazioni e l'individuazione dei beneficiari nell'ambito di sistemi previdenziali differenziati nello stesso senso, mutatis mutandis Cass. SU 14 ottobre 2009, numero 21743 cit. . III – Conclusioni. 8.- In sintesi, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata va, pertanto, cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda proposta con il ricorso introduttivo. La peculiarità fattuale della controversia in esame, la natura e la complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge la domanda di cui al ricorso introduttivo. Compensa, tra le parti, le spese dell'intero processo.