Accusa falsamente di aver commesso un reato: tempo ed energie delle forze dell’ordine costano caro

Il delitto di calunnia è un reato di pericolo e, perciò, configurabile anche in presenza dell’astratta possibilità dell’inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 45262, depositata il 3 novembre 2014. Il caso. Il gup del tribunale di Livorno assolveva, per insussistenza del fatto, un imputato dal reato di calunnia, mossagli per aver accusato un terzo, sapendolo innocente, di avergli ceduto della sostanza stupefacente poi rivelatasi priva di efficacia drogante, come dimostrato dagli esami tossicologici. Per il gup, la falsa accusa aveva ad oggetto un reato impossibile per mancanza dell’oggetto, cioè la cessione di una sostanza non drogante, per cui veniva a mancare l’elemento materiale del reato di calunnia. In più, veniva escluso il dolo, cioè la volontà calunniatrice. La Procura Generale ricorreva in Cassazione, deducendo l’irrilevanza del fatto che la sostanza si fosse poi rivelata non drogante. La calunnia, infatti, presuppone l’incolpazione di un soggetto, sapendolo innocente, in maniera tale da favorire, anche in astratto, l’instaurazione di un procedimento penale. Non è, quindi, importante che, in seguito agli accertamenti, il reato si sia dimostrato impossibile. Basta l’ipotesi di pericolo. La Corte di Cassazione ricorda che il delitto di calunnia è un reato di pericolo e, perciò, configurabile anche in presenza dell’astratta possibilità dell’inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata. La materialità è esclusa soltanto se la falsa accusa abbia ad oggetto fatti manifestamente inverosimili o incredibili per i modi e le circostanze in cui è stata effettuata o per l’assoluta inattendibilità del suo contenuto, perché questi casi escludono la necessità di indagini. Tuttavia, nel caso di specie, l’assoluzione veniva motivata in base all’insussistenza del dolo e sulla formula adottata dell’insussistenza del fatto e questi profili non erano stati contestati dal ricorso della Procura, il che determinava il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 7 ottobre – 3 novembre 2014, numero 45262 Presidente Di Virginio – Relatore Paternò Raddusa Ritenuto in fatto e diritto 1. Giudicato con il rito abbreviato dal Gup del Tribunale di Livorno, l'imputato è stato mandato assolto con la formula della insussistenza del fatto dall'imputazione di calunnia allo stesso mossa per aver accusato, sapendolo innocente, altro soggetto di avergli ceduto della sostanza stupefacente poi rilevatasi assolutamente priva di efficacia drogante in esito agli esami tossicologici resi sulla stessa. 2. Il Giudice, in particolare, ha ritenuto che la falsa accusa propalata dal ricorrente aveva ad oggetto un reato impossibile per mancanza dell'oggetto la cessione di una sostanza pacificamente non drogante così da escludere l'elemento materiale del reato di calunnia. Ha poi evidenziato che, in ogni caso, andava esclusa una volontà consapevolmente calunniatrice in capo all'imputato, tale dunque da escludere il dolo. 3. Propone ricorso la Procura Generale presso la Corte di Appello di Firenze lamentando violazione di legge avuto riguardo all'articolo 368 cod.penumero . La calunnia, si adduce in ricorso, presuppone l'incolpazione di un soggetto sapendolo innocente in termini tali da favorire anche in astratto l'instaurazione di un procedimento penale. Non rileva al fine che poi, in esito agli accertamenti ed alle indagini, il reato si sia rivelato insussistente o impossibile per inesistenza dell'oggetto, occorrendo guardare alla prospettazione fatta in denunzia. Nel caso dunque sarebbe indifferente che la polvere consegnata agli inquirenti a dimostrazione della avvenuta cessione si sia rivelata, dopo gli accertamenti tossicologici, sostanza non drogante proprio l'effettuazione degli accertamenti, infatti, confermerebbe la concretizzazione del pericolo sotteso alla calunnia. 3. IL ricorso è inammissibile perché privo della necessaria specificità su un punto determinante della decisione in contestazione. 4. Seppur corretta la contestazione in diritto sottesa al ricorso, la stessa non incide sulla decisione impugnata. 4.1 è vero, infatti, che il delitto di calunnia è reato di pericolo per la cui configurabilità è sufficiente anche l'astratta possibilità dell'inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata. Per escluderne la materialità occorre che la falsa accusa abbia ad oggetto fatti manifestamente inverosimili o incredibili, per i modi e le circostanze in cui è stata effettuata o per l'assoluta inattendibilità del contenuto della stessa giacché, in tali ipotesi, l'accertamento della infondatezza non rende necessaria alcuna indagine. E tanto, nella specie, è palesemente contraddetto in fatto dall'accertamento tossicologico reso in esito alla propalazione accusatoria rivelatasi, ma solo in un secondo momento, falsa, in linea con la prospettazione sottesa al gravame. 4.2 È, tuttavia, a dirsi che nel caso l'assoluzione venne motivata anche considerando la ritenuta insussistenza del dolo che la formula adottata, in coerenza all'affermata, seppur erronea, insussistenza anche dell'elemento materiale, fu quella più ampia del fatto non sussiste che il ricorso non prende in alcun modo in considerazione tale profilo di reiezione della condanna, destinato dunque oggi, in assenza di motivi sul punto, a rimanere incontrastato ed a reggere autonomamente la decisione assolutoria. 5. Ne viene la inammissibilità del gravame. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.