Confusione in seggio elettorale ed errata trascrizione del verbale

Dall'inizio dello spoglio delle schede in poi, ovvero fino all'ultimazione delle operazioni elettorali, nessuno può affermare che tutto proceda serenamente ed in tranquillità. Tutt'altro. Ma un errore di trascrizione del risultato elettorale può fare la differenza ciò in quanto non basta una dichiarazione sostitutiva del componente di un seggio, che attesta l'errore, per rimettere le cose a posto. Soprattutto se lo stesso dichiarante aveva sottoscritto anche il verbale delle operazioni che in quanto atto facente fede poteva essere smentito solo attraverso il meccanismo della querela di falso.

Le risultanze del verbale di seggio. Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 2361, depositata il 12 maggio 2015, ha confermato la decisione del Giudice di primo grado. E ciò nonostante siano state ritenute articolate le doglianze contenute nell'appello e riconducibili alla violazione e falsa applicazione degli articolo 24 e 113 Cost., violazione e falsa applicazione dei principi in materia di prova e specificità dei motivi in materia di ricorso elettorale, violazione e falsa applicazione dell'articolo 64 del c.p.a. in forza del combinato disposto degli articolo 40 e 64 c.p.a. dovrebbero ritenersi sufficienti come principi di prova le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà rilasciate, ai sensi del d.P.R. numero 445/2000, in epoca successiva alla proclamazione dell'esito della consultazione secondo quanto stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, numero 32/2014. Ricorso e appello, in pratica, sono stati respinti in relazione al particolare regime probatorio nel c.d. contenzioso elettorale tracciato, peraltro, anche dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la pronuncia numero 32/2014, ha posto alcuni irrinunciabili punti fermi, anche se la controversia definita dalla citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria si era conclusa con l’accoglimento dell’appello sulla base di situazioni differenti da quelle prospettate nel giudizio specifico. Ivi, infatti si contestava l’illegittima assegnazione di voti che avrebbero invece dovuto essere annullati ovvero di schede che illegittimamente sarebbero state ritenute come bianche. A fronte del thema decidendi sottopostole l’Adunanza concludeva nel senso che occorre «tenere distinte a le doglianze con le quali si intenda contestare il contenuto del verbale sezionale, sostenendo che lo stesso non espone i fatti come realmente accaduti, dalle doglianze con le quali, b fermo quanto emerge dal verbale, il ricorrente lamenti che le determinazioni assunte dal seggio siano il frutto di una errata e perciò illegittima applicazione della normativa che regola le operazioni in questione». Il giudice competente ad accertare l'errore. Con riferimento al primo gruppo di contestazioni, merita condivisione e conferma l’avviso secondo cui la forza fidefacente del verbale sezionale in quanto atto pubblico non possa essere validamente contrastata se non mediante l’esperimento della querela di falso, e che pertanto nessun rilievo probatorio può riconoscersi alle dichiarazioni sostitutive dell’atto notorio. In tali casi, anche la acquisizione officiosa degli atti del procedimento si rivelerebbe inutile, per l’evidente difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a desumerne la fondatezza della doglianza. La stessa conclusione non può estendersi, invece, alle ipotesi sub b , nella quali, come detto, si sottopone al giudice amministrativo, non la veridicità di un atto pubblico, bensì il vaglio della legittimità delle decisioni assunte dal seggio elettorale, giudizio che non potrebbe essere condotto senza l’esame di quella documentazione di cui il ricorrente non dispone e di cui occorre ordinare l’acquisizione mediante l’esercizio dei poteri istruttori da parte del giudice anche d’ufficio. Tanto premesso, ha osservato il Collegio, deve rilevarsi che le doglianze esposte nel ricorso di prime cure riguardano ipotesi rientranti nella categoria sub a , poiché la denuncia di erronea verbalizzazione non comporta alcuna determinazione da parte del seggio elettorale, ma la mera contestazione dei fatti accaduti, ossia la declamazione dello spoglio dei voti, che non sarebbe stata correttamente riportata nel verbale sezionale. Da ciò deriva che il ricorso proposto che adduce a sostegno delle proprie censure la dichiarazione di atto notorio di uno degli scrutatori, che pur avendo sottoscritto il verbale sezionale, ne assume la falsità, si traduce in una inammissibile richiesta di riesame generale delle operazioni di scrutinio dinanzi al giudice amministrativo. I verbali sezionali, infatti, sono atti pubblici facenti fede di tutto quanto è stato acclarato direttamente dal pubblico ufficiale che li ha formati la circostanza di mero fatto per cui le preferenze attribuite ad un candidato sarebbero state declamate in sede di spoglio ma non riportate nelle tabelle di sezione, per mero errore materiale di trascrizione, deve essere suffragata dalle risultanze dei verbali sezionali che, in parte qua, possono essere smentiti solo dal positivo esperimento della querela di falso o da una sentenza penale che dichiari la falsità di un documento. Infatti, come segnalato dalla giurisprudenza civile, sussiste l’onere di proporre querela di falso contro l’atto pubblico anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza del pubblico ufficiale, a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto da questi nella redazione del documento cfr. Cass. numero 8500/2005 .

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 17 marzo – 12 maggio 2015, numero 2361 Presidente Pajno – Estensore Tarantino Fatto e diritto 1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Puglia l’odierno appellante invocava l’annullamento del verbale e/o atto di proclamazione degli eletti dell'Ufficio centrale per l'elezione diretta del Sindaco e del Consiglio Comunale di San Severo del 4.7.2014, acquisito in pari data al protocollo del Comune di san Severo al numero 0011082 e di tutti gli atti preordinati e connessi, relativi alle elezioni del Consiglio Comunale di San Severo tenutesi il 25.5.2014, nella parte in cui non contemplano, tra gli eletti, il candidato Sig. Leonardo Irmici e per la sua conseguente sostituzione al candidato Sig. Francesco Stefanetti, nonché per la conseguente correzione del risultato elettorale. 2. Il primo giudice respingeva il suddetto ricorso, ritenendo non fondato l’unico motivo di ricorso rappresentato nel presunto errore di trascrizione occorso nella verbalizzazione del risultato elettorale presso la sezione numero 57 e consistente nel fatto che a fronte di numero 15 voti attribuiti ad uno dei candidati della lista Bocola, Giuseppe Manzaro, sarebbero stati effettivamente verbalizzati dal Presidente di detta Sezione esclusivamente numero 6 voti validi. In particolare, il TAR evidenziava come il ricorrente non avesse fornito alcun principio di prova. Ed, infatti, l'unico riscontro probatorio offerto ai fini della verifica giurisdizionale della sussistenza del presunto vizio di trascrizione era stato affidato ad una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà sottoscritta dallo scrutatore Alessandro Rinaldi, che attestava che in favore del candidato Giuseppe Manzaro della lista Bocola vi erano stati 15 voti validi così come risultanti dalle operazioni di spoglio relative al seggio numero 57. Il dichiarante, però, aveva egli stesso sottoscritto il verbale in questione, che in quanto atto fidefaciente poteva essere smentito solo attraverso il meccanismo della querela di falso. Pertanto, il primo giudice concludeva per l'inammissibilità del dedotto motivo per genericità dell'allegazione e della prova presentate in giudizio. 3. L’originario ricorrente propone appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, lamentandone l’erroneità per le seguenti ragioni a violazione e falsa applicazione degli articolo 24 e 113 cost. violazione e falsa applicazione dei principi in materia di prova e specificità dei motivi in materia di ricorso elettorale, violazione e falsa applicazione dell'articolo 64 del c.p.a. b in forza del combinato disposto degli articolo 40 e 64 c.p.a.,diversamente dagli assunti del giudice di prime cure, dovrebbero ritenersi sufficienti come principi di prova le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà rilasciate, ai sensi del d.P.R. numero 445 del 2000, in epoca successiva alla proclamazione dell'esito della consultazione secondo quanto stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, numero 32 de l20 novembre 2014 c la sentenza gravata presenterebbe una motivazione illogica e contraddittoria. Infatti, dapprima il giudice di prime cure assumerebbe che nel giudizio elettorale sussiste un onere della prova attenuato rispetto alla regola generale dell'articolo 2697 c.c., attesa l'evidente difficoltà per il ricorrente di accedere nei ristretti termini di legge all'intero materiale elettorale. Successivamente evidenzierebbe che non avrebbe valore di prova il riscontro probatorio offerto dal ricorrente, tramite la dichiarazione dello scrutatore Alessandro Rinaldi, teso a dimostrare il denunciato vizio di trascrizione. Con lo stesso gravame l’appellante ripropone un vizio che, qualifica come non esaminato dal primo giudice, sull'interesse del ricorrente a coltivare la presente iniziativa giudiziaria ed eccesso di potere per errore. 4. Costituitosi in giudizio l’originario controinteressato chiede la conferma della sentenza di primo grado. 5. L’appello è infondato e deve, pertanto, essere respinto. Nonostante le articolate doglianze proposte con il gravame in esame e la riproposizione di un motivo di ricorso di primo grado, che non sarebbe stato esaminato dal TAR, la soluzione della controversia in esame può essere agevolmente riassunta, dal momento che l’intera vicenda, come esposta nel ricorso di primo grado che ha delimitato ineluttabilmente il thema decidendi, ruota attorno al particolare regime probatorio nel cd. contenzioso elettorale. Sicché, in definitiva, l’appellante si duole dell’erronea ricostruzione da parte del TAR del regime probatorio, che ha avuto come esito la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado e reitera la doglianza ivi articolata inerente l’erroneo conteggio dei voti dovuto ad un’erronea trascrizione degli stessi nel verbale sezionale. 6. La soluzione della presente controversia va fatta precedere da una breve esposizione delle coordinate tracciate dalla pronuncia numero 32/2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha posto alcuni irrinunciabili punti fermi. Innanzitutto, va chiarito che le doglianze oggetto della controversia definita dalla citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria conclusasi con l’accoglimento dell’appello sono differenti da quelle prospettate nel presente giudizio. Ivi, infatti si contestava l’illegittima assegnazione di voti che avrebbero invece dovuto essere annullati ovvero di schede che illegittimamente sarebbero state ritenute come bianche. A fronte del thema decidendi sottopostole l’Adunanza concludeva nel senso che occorre “tenere distinte a le doglianze con le quali si intenda contestare il contenuto del verbale sezionale, sostenendo che lo stesso non espone i fatti come realmente accaduti, dalle doglianze con le quali, b fermo quanto emerge dal verbale, il ricorrente lamenti che le determinazioni assunte dal seggio siano il frutto di una errata e perciò illegittima applicazione della normativa che regola le operazioni in questione. 5.2. Con riferimento al primo gruppo di contestazioni, merita condivisione e conferma l’avviso secondo cui la forza fidefacente del verbale sezionale in quanto atto pubblico non possa essere validamente contrastata se non mediante l’esperimento della querela di falso, e che pertanto nessun rilievo probatorio può riconoscersi alle dichiarazioni sostitutive dell’atto notorio. In tali casi, anche la acquisizione officiosa degli atti del procedimento si rivelerebbe inutile, per l’evidente difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a desumerne la fondatezza della doglianza. 5.3. La stessa conclusione non può estendersi, invece, alle ipotesi sub b , nella quali, come detto, si sottopone al giudice amministrativo, non la veridicità di un atto pubblico, bensì il vaglio della legittimità delle decisioni assunte dal seggio elettorale, giudizio che non potrebbe essere condotto senza l’esame di quella documentazione di cui il ricorrente non dispone e di cui occorre ordinare l’acquisizione mediante l’esercizio dei poteri istruttori da parte del giudice anche d’ufficio”. 7. Tanto premesso deve rilevarsi che le doglianze esposte nel ricorso di prime cure riguardano ipotesi rientranti nella categoria sub a , poiché la denuncia di erronea verbalizzazione non comporta alcuna determinazione da parte del seggio elettorale, ma la mera contestazione dei fatti accaduti, ossia la declamazione dello spoglio dei voti, che non sarebbe stata correttamente riportata nel verbale sezionale. Da ciò deriva che il ricorso proposto dall’odierno appellante che adduce a sostegno delle proprie censure la dichiarazione di atto notorio di uno degli scrutatori, che pur avendo sottoscritto il verbale sezionale, ne assume la falsità, si traduce in una inammissibile richiesta di riesame generale delle operazioni di scrutinio dinanzi al giudice amministrativo. I verbali sezionali, infatti, sono atti pubblici facenti fede di tutto quanto è stato acclarato direttamente dal pubblico ufficiale che li ha formati la circostanza di mero fatto per cui le preferenze attribuite ad un candidato sarebbero state declamate in sede di spoglio ma non riportate nelle tabelle di sezione, per mero errore materiale di trascrizione, deve essere suffragata dalle risultanze dei verbali sezionali che, in parte qua, possono essere smentiti solo dal positivo esperimento della querela di falso o da una sentenza penale che dichiari la falsità di un documento cfr. Cons. St., sez. V, 17 febbraio 2014, numero 755 Id., 28 aprile 2014, numero 2197 . Infatti, come segnalato dalla giurisprudenza civile, sussiste l’onere di proporre querela di falso contro l’atto pubblico anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza del pubblico ufficiale, a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto da questi nella redazione del documento cfr. Cass. civ., sez. II, 22 aprile 2005, numero 8500 . 8. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie emerge l’infondatezza dei motivi di appello sopra riportati, in quanto tutte le censure e le correlate istanze istruttorie mirano a superare le risultanze contenute nei verbali sezionali ex se fidefacenti. 9. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello proposto dal signor Leonardo Irmici. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna Leonardo Irmici al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 3.000,00 tremila/00 , in favore di Francesco Stefanetti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.