Il magazzino diventa un circolo privato: da provare l’alterazione del decoro

Se il divieto di diversa destinazione di un locale condominiale non è previsto dal regolamento, l’alterazione del decoro deve essere sufficientemente provata.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 6825/2013, depositata il 19 marzo. Il caso. Il proprietario di un magazzino, con ingresso dal cortile di un condominio, realizzava al suo interno un circolo privato, dove venivano gestiti vari giochi e un servizio di ristoro. A detta del condominio, tale nuova destinazione era incompatibile con il decoro, la tranquillità e col regolamento condominiale, anche per spiacevoli esalazioni di cucina derivanti da un sistema di circolazione forzata dell’aria priva di aperture ed in violazione delle norme urbanistiche. Il Tribunale inibiva la destinazione del locale a circolo privato, dichiarava risolto il contratto di locazione per inadempimento del proprietario, condannando quest’ultimo a risarcire il condominio. Il circolo privato altera il decoro e la tranquillità dei condomini? Tuttavia, in secondo grado, il verdetto viene completamente ribaltato. Il regolamento condominiale, infatti, se da una parte vieta la destinazione degli appartamenti ad uso albergo, locanda o pensione, negozio od altro uso incompatibile col decoro e la tranquillità, dall’altra nulla dispone per i magazzini e le autorimesse. Il condominio si rivolge dunque alla Corte di Cassazione che, però, con la sentenza numero 6825/13 depositata il 19 marzo, rigetta in toto il ricorso. Se il regolamento nulla dispone in merito, va provata l’alterazione del decoro e della tranquillità. Gli Ermellini non si discostano dalla decisione dei giudici di appello, sottolineando che le parti riportate del regolamento condominiale confermano l’esattezza della decisione impugnata e – concludono i giudici - «non risulta adeguatamente censurata la motivazione circa l’assenza di prova sulla circostanza che in concreto il circolo alteri il decoro e la tranquillità dei condomini, in presenza, peraltro, di un ingresso autonomo rispetto al restante corpo di fabbrica».

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 gennaio – 19 marzo 2013, numero 6825 Presidente Triola – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione del 6.6.1998 il Condominio omissis convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari M.A. deducendo che questi era proprietario di un locale al piano seminterrato del fabbricato in omissis , privo di accesso diretto dalla pubblica via, con ingresso dal cortile interno, cui si accedeva dalla via omissis , destinato, in conformità al regolamento condominiale ad uso magazzino. Dalla fine del dicembre 1997 era stata realizzata una diversa destinazione rappresentata da un circolo privato che gestiva vari giochi ed un servizio di ristoro, incompatibile col decoro, la tranquillità e col regolamento condominiale anche per spiacevoli esalazioni di cucina derivanti da un sistema di circolazione forzata dell'aria priva di aperture ed in violazione delle norme urbanistiche. Il condominio lamentò anche la costituzione di una abusiva servitù e chiese la rimozione di una antenna parabolica ed i danni, domande contestate dal convenuto che chiese ed ottenne la chiamata in causa del proprio conduttore, G. , che contestò le domande e svolse riconvenzionale per ottenere la risoluzione del contratto di locazione ed i danni nell'ipotesi in cui si fosse accertata l'inidoneità all'uso e/o alla destinazione pattuita del locale di proprietà M. . Il Tribunale, con sentenza 2.9.2003, per quanto qui interessa, inibì la destinazione del locale del M. a circolo privato, lo condannò a risarcire al condominio i danni da liquidarsi in separato giudizio, dichiarò risolto il contratto di locazione per inadempimento del M. e rigettò la domanda di danni del G. , mentre la Corte di appello, con sentenza 11/2006, accolse il gravame del M. , rigettando le domande del Condominio e la riconvenzionale del G. e condannando il condominio alle spese. La Corte territoriale richiamò il regolamento condominiale ed in particolare gli articolo 1 e 17. Quest'ultima norma prevedeva la destinazione degli appartamenti ad uso abitazione, studio professionale o uffici in genere e che in nessun caso poteva essere autorizzata la destinazione ad uso albergo, locanda o pensione, negozio, laboratorio artigianale o industriale, scuola di ballo o di canto, clinica, gabinetto per la cura di malattie contagiose od altro uso incompatibile col decoro e la tranquillità etc., nulla prevedendo per i magazzini e le autorimesse di cui all'articolo 1 per i quali il condominio si era limitato a generiche allegazioni di attività che implicherebbero disturbo senza provare in concreto che il circolo privato alterasse il decoro e la tranquillità dei condomini. Ricorre il condominio con due motivi, resiste G. . All'udienza del 9.5.2012 la Corte ha concesso termine per la produzione della delibera condominiale in riferimento alla sentenza delle S.U. 18131/2010, adempimento effettuato. Motivi della decisione Col primo motivo si lamentano motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, violazione degli articolo 360 nnumero 3 e 5 cpc, 1138, 1362, 1363, 1365 e 1366 cc in ordine all'interpretazione del regolamento condominiale. Col secondo motivo si denunziano violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizi di motivazione in ordine alle spese del doppio grado di giudizio sia a favore del M. che del G. . Le censure, come proposte, non sono meritevoli di accoglimento. A prescindere dalla contestuale deduzione di vizi di motivazione e di violazione di norme di diritto in contrasto con la necessaria specificità del motivo, in ordine alla prima va rilevato che l'opera dell'interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è la volontà delle parti, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d'ermeneutica contrattuale posti dagli articolo 1362 ss. CC, oltre che per vizi di motivazione nell'applicazione di essi pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo, come già visto, fare esplicito riferimento alle regole legali d'interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. Di conseguenza, ai fini dell'ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea - anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente - la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d'una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d'argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità epluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 numero 15381, 23.7.04 numero 13839, 21.7.04 numero 13579,16.3.04 numero 5359,19.1.04 numero 753 . Quanto, poi, al vizio di motivazione devesi considerare come la censura con la quale alla sentenza impugnata s'imputino i vizi di cui all'articolo 360 numero 5 CPC debba essere intesa a far valere, a pena d'inammissibilità comminata dall'articolo 366 numero 4 CPC in difetto di loro puntuale indicazione, carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, od ancora mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi non può, per contro, essere intesa a far valere la non rispondenza della valutazione degli elementi di giudizio operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte ed, in particolare, non si può con essa proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento degli elementi stessi, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma stessa diversamente, il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe - com'è, appunto, per quello in esame - in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità. In ogni caso le parti riportate del regolamento condominiale confermano l'esattezza della decisione impugnata e non risulta adeguatamente censurata la motivazione circa l'assenza di prova sulla circostanza che in concreto il circolo privato alteri il decoro e la tranquillità dei condomini, in presenza, peraltro, di un ingresso autonomo rispetto al restante corpo di fabbrica. Né l'attore aveva riproposto in sede di precisazione delle conclusioni la deduzione di prova, non ammessa in istruttoria. Col secondo motivo si censura la condanna alle spese, correttamente poste a carico del Condominio totalmente soccombente nei confronti di entrambe le parti. In definitiva, il ricorso va rigettato con condanna alle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2200 di cui Euro 2000 per onorari, oltre accessori.