Processo amministrativo: tra ottemperanza all’equo indennizzo e astreinte

L’ottemperanza ex articolo 114 cpa LL.104/10 e 44/12 al decreto, emesso dalle Corti di appello per l’eccessiva durata di cause civili, si propone al Tar. Contrasto giurisprudenziale sulla penale di mora prevista dalla norma. Interessanti connessioni tra i due campi.

Le sentenze dei Tar di Trento numero 355, di Torino sez. I numero 1277 e Lazio-Roma sez. I numero 9003 8999 e 9000 , rispettivamente del 26, 23 e 2 novembre 2012, correlano le tematiche sottese all’equo indennizzo liquidato per cause civili, al suo giudizio di ottemperanza presso il G.A. ed all’ astreinte , speciale sanzione prevista per l’ulteriore mora. I casi. Riguardano l’ottemperanza di decreti, emessi dalla competenti CDA, con cui sono stati riconosciuti e quantificati i danni ex L. 89/01 legge Pinto , relativi ad uno scioglimento di una comunione lite durata 15 anni , ad una procedura fallimentare e del terzo non è specificata la natura. Passati in giudicato senza che la P.A. avesse provveduto alla refusione, i rispettivi ricorrenti ne chiedevano l’ottemperanza ai sensi degli articolo 112 e 114 cpa ed una somma per l’ulteriore ritardo accumulato articolo 114 lett. e . Essendo stato nominato un commissario ad acta per l’adempimento, in caso di inerzia del Ministero, questa istanza è stata respinta. Vincoli imposti alla Legge Pinto dalla giurisprudenza UE e dalla legislazione italiana. Recependo analoghe direttive comunitarie, ha sancito il diritto all’equo compenso per l’irragionevole durata del processo. La durata media dei processi e la quantificazione del danno è fissata da apposite tabelle tra gli €. 1000 e 750 circa per ogni anno di mora . La CEDU, pur riconoscendone l’efficacia, «ha elaborato alcune linee interpretative – di seguito sinteticamente riportate – che ne rendono più rigorosa la disciplina, in particolare per l’ipotesi in cui le autorità nazionali rimangano inerti dopo l’emissione dei provvedimenti giudiziari che» attribuiscono ed ordinano il suo pagamento. Ne verifica, di volta in volta, la compatibilità con la normativa nazionale. In primis «l’esecuzione della condanna relativa all’indennizzo fa parte del termine complessivo del processo, e dunque rileva ai fini del rispetto dell'articolo 6, par. 1, della Convenzione» e «tra la data in cui il provvedimento del giudice diventa esecutivo e quella del pagamento» non devono trascorre più di sei mesi a pena di decadenza CEDU, Grande Camera, 29/03/06, Cocchiarella e Sez. II, 21/12/10 Gaglione . La L. 134/12, poi, ha imposto il vincolo della disponibilità delle risorse, derogando le indicazioni contenute nelle suddette sentenze, sì che l’amministrazione deve attuare «le necessarie variazioni di bilancio al fine di acquisire la disponibilità delle risorse finanziarie necessarie al pagamento degli indennizzi». Legittimazione passiva . Il Ministero di Giustizia, titolare della corretta e celere gestione dei giudizi, è l’unico obbligato ad assolvere al saldo. Quello dell’Economia non potrà mai esser parte in causa, sia quale deputato ad elaborare il bilancio sia in funzione di detto commissariamento Tar Firenze numero 1709 del 23/10/12 . L’ottemperanza del decreto di condanna. Regolato dall’articolo 112 cpa, come evidenziato dalla giurisprudenza civilistica e pubblica costante CDS nnumero 2879 e 3203/11, Cass. nnumero 2137,4760 e 12330/10 , è esperibile per «l’attuazione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, quale è appunto» la nostra fattispecie, una volta che è inutilmente spirato il termine dilatorio di cui all’articolo 14 DL 669/96 e successive modifiche e/o «per i quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione». Entro 30 gg decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla data di notificazione ad istanza di parte la P.A. deve saldare il debito oltre le spese di questa procedura, indicate dal G.A. Se non osserva tale termine è facoltà del giudice nominare un commissario ad acta Ragioniere di Stato od altro funzionario da questi delegato per eseguire tali decreti nei nostri casi entro un termine rispettivamente di 45, 30 e 90 gg. Questi è un vero e proprio ausiliare del giudice Tar Puglia Lecce sez. I numero 367/11 , poiché è chiamato più che ad esercitare il potere di sostituzione e surroga, a svolgere funzioni collaborative e di sostegno al volere del giudice, di cui è una longa manus , compiendo tutte quelle azioni che siano propedeutiche all’esecuzione del giudicato e della relativa sentenza di ottemperanza, delle quali si fa garante. Questa ultima è immediatamente esecutiva e non necessita né di precetto né di solleciti per l’adempimento. Qualora l’ausiliare non provvedesse nei suddetti termini, i ricorrenti potranno esperire un nuovo processo per l’equo indennizzo e/o per richiedere i danni di cui all’articolo 114 lett. e. L’astreinte nozione e natura. Differenze con l’equo indennizzo. Questa norma, novellata dal Dl 195/11, introduce una penalità di mora c.d astreinte . È «un mezzo di coazione indiretta sul debitore, necessario in particolare quando si è in presenza di obblighi di facere infungibili mentre non è applicabile quando l'obbligo di cui si chiede l'adempimento consiste, esso stesso, nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria» Tar Lazio Roma, sez. I numero 10305/11 e sez. II quater , numero 1080/12 . È in parte sovrapponibile all’analogo istituto del diritto civile, perché previsto per le obbligazioni infungibili di fare o non fare ai sensi dell’articolo 614 bis cpc, ma presenta profonde differenze con lo stesso Delle Donne, Astreinte e condanna pecuniaria della PA tra Codice di procedura civile e Codice del processo amministrativo , nota a sentenza Tar Campania sez.IV numero 2161/11 Tomassetti, L’astreinte nel processo amministrativo natura, ambito oggettivo e portata alla luce della più recente giurisprudenza . L’ente che non assolve all’obbligo de qua , salvo che ciò sia manifestamente iniquo per una sua definizione e per la casistica CDS sez IV numero 3272/12 o vi siano altre misure ostative, è condannato a versare un’ulteriore somma per ogni giorno di ritardo. Può essere chiesta anche durante il giudizio di ottemperanza, come nelle fattispecie o con un separato processo. Infatti ha portata più ampia e, contrariamente all’equo indennizzo, ha una funzione «sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volta a riparare il pregiudizio cagionato dall’esecuzione della sentenza ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento». Va rilevato il contrasto giurisprudenziale poiché da un lato la nomina del commissario ad acta non preclude il riconoscimento di questo ulteriore benefit CDS nnumero 2725/11 e 2744/12 pari ad €.50 per ogni giorno di ritardo dallo scadere dei termini assegnati alla P.A. sino al pagamento da parte del sostituto. L’orientamento costante del Tar di Roma Tar cit. , cui si conformano le sentenze annotate, lo esclude in questi frangenti, perché può apportare le variazioni di bilancio per potere effettuare i richiesti e dovuti pagamenti, sì che la sua la sua attribuzione sarebbe ingiusta e farebbe «gravare sull’amministrazione, ingiustamente, le conseguenze sanzionatorie di “ulteriori ritardi” imputabili, non ad essa, ma all’ausiliario del giudice». È una nuova forma di danno da ritardo che si affianca alla Legge Pinto? Da quanto si evince dalla sentenza di Roma parrebbe di sì. Infatti il G.A. esplica come l’articolo 114 cpa regoli un autonomo danno da ritardo che può essere richiesto entro 10 anni dalla mancata o ritardata esecuzione dei provvedimenti elencati nella norma stessa. In questi casi, però, ai sensi dell’art 1207 cc dovrà essere valutato anche il comportamento del creditore per riscontrare un eventuale concorso di colpa o per aver procurato lui stesso il ritardo eccessivo lasso di tempo tra la sentenza ed il giudizio di ottemperanza etc. . Se l’istanza è accolta, sarà liquidato secondo i parametri indicati dalla CEDU nelle pronunce sopra indicate €.1000 al mese per la Cocchiarella ed un forfait di €.200, indipendentemente dalla durata dell’indugio per l’altra od in via equitativa od indicizzandolo ad «tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, aumentato di tre punti percentuali».

TAR Lazio, sez. I, sentenza 24 ottobre – 2 novembre 2012, numero 9003 Presidente Piscitello - Estensore Politi Fatto A seguito del ricorso ex lege 89/2001 – proposto, tra gli altri, dall’odierna ricorrente per violazione del termine di ragionevole durata del procedimento – la Corte di Appello di Roma, con decreto reso in reso in Camera di Consiglio l’8 marzo 2010 e depositato il 29 marzo 2011, condannava il convenuto Ministero della Giustizia al pagamento delle somme sopra indicate. Il decreto, non impugnato, acquistava autorità ed efficacia di res judicata e veniva, quindi, notificato ai sensi dell'articolo 1 del d.l. 669/1996 convertito in legge 30/1997 . In assenza di alcun adempimento al giudicato, sostiene la ricorrente che sussistano i presupposti necessari e sufficienti per l'esperibilità del presente mezzo di tutela, preordinato a veicolare l’ottemperanza dell’Amministrazione al suindicato provvedimento giudiziario. Chiede pertanto che venga ordinata al Ministero della Giustizia l'adozione degli atti necessari per la piena e conforme esecuzione del giudicato formatosi sul decreto emesso dalla Corte di Appello di Roma in data 8 marzo 2010 e, in particolare che - venga dichiarata l'inottemperanza del Ministero della Giustizia al giudicato formatosi sul predetto decreto della Corte di Appello di Roma - venga assegnato un termine di trenta giorni alla predetta Amministrazione al fine di disporre il pagamento di complessivi € 6.000,00 oltre agli interessi legali sulla sorte capitale dal 28 settembre 2009, nonché delle spese successive propedeutiche per il rilascio dell'attestazione del passaggio in giudicato del decreto, necessario presupposto di proponibilità e procedibilità del giudizio di ottemperanza, e delle spese di notifica, quantificate in € 62,00 diritti € 12,40 x 5 - condanni l’Amministrazione al risarcimento del danno da ritardo, ai sensi dell’articolo 114, comma 4, lett. e , c.p.a. - venga nominato, fin da ora, e per il caso di perdurante inadempimento, un commissario ad acta affinché provveda in via sostitutiva. L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente, conclusivamente insistendo per la reiezione del gravame. Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla Camera di Consiglio del 24 ottobre 2012. Diritto Il ricorso è fondato, nei limiti infra precisati e, per l’effetto, in tali limiti suscettibile di accoglimento. 1. La legge 24 marzo 2001 numero 89 cd. “legge Pinto” ha dato esecuzione, nell’ordinamento interno, alle pronunce della CEDU sul termine ragionevole di conclusione del processo e sulle misure riparatorie necessarie per il caso di ritardo irragionevole. La CEDU, pur riconoscendo che il meccanismo indennitario della legge Pinto è accessibile ed effettivo, ha elaborato alcune linee interpretative – di seguito sinteticamente riportate – che ne rendono più rigorosa la disciplina, in particolare per l’ipotesi in cui le autorità nazionali rimangano inerti dopo l’emissione dei provvedimenti giudiziari che riconoscono e liquidano l’indennizzo. Fra le pronunzie che si sono date carico, ex professo, di definire le linee attuative delle disposizioni dettate dalla Legge Pinto, al contempo individuandone i profili di compatibilità con la disciplina sovranazionale, si rammentano CEDU, Grande Camera, 29 marzo 2006 Cocchiarella c. Italia di seguito sentenza Cocchiarella e CEDU, Sez. II, 21 dicembre 2010 Gaglione c. Italia di seguito sentenza Gaglione . Gli arresti giurisprudenziali di che trattasi hanno, in primo luogo, evidenziato che l’esecuzione della condanna relativa all’indennizzo fa parte del termine complessivo del processo, e dunque rileva ai fini del rispetto dell'articolo 6, par. 1, della Convenzione v. sentenza Cocchiarella punto 87 sentenza Gaglione punto 32 . La Corte europea ha poi ammesso che, tra la data in cui il provvedimento del giudice diventa esecutivo e quella del pagamento possa intercorrere un arco temporale di “tolleranza”, che è stato equitativamente commisurato ad un periodo non ultrasemestrale v. sentenza Cocchiarella punto 89 sentenza Gaglione punto 34 . Ed ha, ulteriormente, escluso che la mancanza di risorse finanziarie possa integrare idoneo fondamento giustificativo al fine di disattendere l’adempimento di una ragione di debito che abbia ricevuto riconoscimento in sede giurisdizionale cfr. sentenza Cocchiarella punto 90 sentenza Gaglione punto 35 . Conseguentemente, si impone un’interpretazione restrittiva sostanzialmente, la disapplicazione dell’articolo 3, comma 7, della legge 89/2001 sopravvissuto, nella originaria formulazione, alle modificazioni apportate dall’articolo 55 del decreto legge 22 giugno 2012 numero 83, convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012 numero 134 , che ha posto il vincolo delle risorse disponibili e ciò in quanto, sulla base della citata giurisprudenza CEDU, l’Amministrazione è tenuta ad operare le necessarie variazioni di bilancio al fine di acquisire la disponibilità delle risorse finanziarie necessarie al pagamento degli indennizzi. 2. I suindicati orientamenti, che meritano larga, quanto convinta adesione, necessitano peraltro, ad avviso del Collegio, una necessaria puntualizzazione al fine di armonizzarne il precipitato effettuale rispetto alla latitudine valutativa che assiste, nell’attuale ordito codicistico, la individuazione dei presupposti e la conseguente determinazione del danno da ritardo, secondo la fattispecie prevista alla lett. e del comma 4 dell’articolo 114 c.p.a. Tale disposizione, compresa nel Titolo I del Libro IV Giudizio di ottemperanza prevede che “il giudice, in caso di accoglimento del ricorso, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato tale statuizione costituisce titolo esecutivo”. Ritiene il Collegio che la disposizione all’esame sia suscettibile di applicazione anche nei casi in cui l’obbligo – perdurantemente inadempiuto da parte dell’Amministrazione – concerna obbligazioni pecuniarie. È ben vero che talune pronunzie rese in prime cure hanno escluso tale conclusione. In tal senso, è stato affermato che l'istituto della penalità di mora c.d. astreinte , introdotto nel processo amministrativo dall'articolo 114, comma 4, lett. e , c.p.a., come novellato dal D.Lgs. 15 novembre 2011 numero 195, costituisce un mezzo di coazione indiretta sul debitore, necessario in particolare quando si è in presenza di obblighi di facere infungibili mentre non è applicabile quando l'obbligo di cui si chiede l'adempimento consiste, esso stesso, nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 29 dicembre 2011 numero 10305 e sez. II-quater, 31 gennaio 2012 numero 1080 . Ritiene peraltro la Sezione che meriti convinta adesione il diverso convincimento espresso da Cons. Stato, sez. V, ord. 14 maggio 2012 numero 2744, in base al quale - “l’articolo 114, comma 4, lettera e , c.p.a. che ha introdotto, in via generale, nel processo amministrativo, l’istituto della cd. penalità di mora, già regolato per il processo civile, con riguardo alle sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare, dall’articolo 614-bis del codice di procedura civile, aggiunto dall’articolo 49 della legge 18 giugno 2009, numero 69 può essere applicato anche in sede di ottemperanza alle sentenze di condanna pecuniaria della P.A” con la conseguenza che “anche con la sentenza di ottemperanza può essere fissata, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e in assenza di ulteriori ragioni ostative, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato, con una statuizione costituente titolo esecutivo” - “la misura prevista dall’articolo 114, comma 4, lettera e , del c.p.a. assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volta a riparare il pregiudizio cagionato dall’esecuzione della sentenza ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento” - “si tratta di una misura caratterizzata da importanti differenze rispetto alla previsione di cui all’articolo 614-bis c.p.c., applicabile solo alla violazione di obblighi di fare infungibile o di non fare ” con la conseguenza che, “nel caso in cui sussistano tutti i presupposti stabiliti dall’articolo 114 c.p.a. per l’applicazione della sanzione della cd. penalità di mora la richiesta di parte, formulata con il ricorso, l’insussistenza di profili di manifesta iniquità e la non ricorrenza di altre ragioni ostative , la P.A., anche in sede di ottemperanza, può essere condannata al pagamento di detta sanzione, facendo riferimento, per la sua determinazione concreta, ai parametri di cui all’articolo 614 bis del codice di procedura civile”. La condivisibilità del convincimento sopra riportato nei suoi essenziali tratti enunciativi, riviene dalla considerazione che, nel quadro della disciplina processuale amministrativa, l’istituto è caratterizzato da una più ampia portata applicativa rispetto al processo civile, in quanto l’articolo 114, comma 4, lett. e , c.p.a. non ha riprodotto il limite, stabilito della norma di rito civile, della riferibilità del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile conseguentemente integrando la limitazione di tale strumento alle sole obbligazioni da ultimo indicate una inaccettabile vulnerazione del principio cardine della effettività della tutela, le cui ricadute effettuali ben coinvolgono l’esercitabilità di tutti gli strumenti suscettibili di condurre alla pienezza del soddisfacimento della pretesa fondatamente dedotta in giudizio. 3. Se va decisamente sgombrato il campo da possibili delimitazioni della latitudine espansiva della disposizione in rassegna con riferimento alle insoddisfatte obbligazioni pecuniarie, il Collegio intende tuttavia darsi carico della individuazione delle necessarie coordinate attuative che assistono l’applicazione dell’istituto de quo alle vicende contenziose caratterizzate da ricorrente e consistente presenza concernenti le condanne dell’Amministrazione per violazioni delle disposizioni sulla ragionevole durata del giudizio. 3.1 Se non intende il Collegio soffermarsi sulla ratio ispirativa che ha mosso il Legislatore nell’enucleazione, nel quadro della cd. “Legge Pinto”, delle modalità indennitarie volte a ristorare la parte ingiustamente vulnerata – nel quadro della “richiesta di giustizia” che costituisce cardine indefettibile dell’ordinamento costituzionale – da una ingiustificata dilatazione dei tempi processuale dovendosi, al riguardo, tuttavia richiamare l’intervento modificativo recentemente perfezionato a mezzo del decreto legge 22 giugno 2012 numero 83, convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012 numero 134 , va con decisione affermato che non intercetta idoneo presupposto giustificativo l’atteggiamento dell’Amministrazione che frapponga al soddisfacimento della pretesa del cittadino un ulteriore ritardo nella liquidazione dell’indennizzo previsto dalla normazione di che trattasi. Si viene, in tale caso avente costante attuazione nella realtà processuale offerta all’attenzione della Sezione , a giustapporre all’ingiustificabile indugio nella definizione del giudizio un nuovo ed ulteriore arco temporale contraddistinto dalla passività offerta dell’Amministrazione al soddisfacimento di una pretesa creditoria cristallizzata in un titolo giudiziale, assistito da attuale esecutività, recante condanna la pagamento dell’importo liquidato a titolo indennitario. Se – esclusa la concludente rilevanza assunta, ai fini in discorso, dalla non adeguata disponibilità di risorse finanziarie in capo all’Amministrazione come, del resto, eloquentemente e condivisibilmente affermato dalla Corte dei Diritti dell’Uomo – il ritardo ulteriormente frapposto alla pretesa creditoria dimostra carattere di incontroversa inescusabilità, allora appieno viene in considerazione la presenza dei presupposti – di cui alla disposizione del codice di rito precedentemente riportata e commentata – per la condanna della parte resistente al risarcimento del danno da ritardo, veicolata dalla individuazione di una somma che sanzioni, in coordinamento con il decorso del tempo intercorrente fra l’esigibilità del titolo giudiziario e l’effettivo soddisfacimento della pretesa creditoria, la protratta inerzia del debitore. Conviene il Collegio – a proposito delle concrete modalità attuative dell’istituto onde trattasi, coordinate con la natura del credito fatto valere indennizzo ex lege Pinto – con quanto dalla Corte europea sostenuto circa la configurabilità e la conseguente concedibilità del suindicato termine di “tolleranza” di 6 mesi, la cui decorrenza va individuata con riferimento alla data in cui il titolo giudiziale recante condanna al pagamento di una somma di denaro a titolo di indennizzo, munito della prescritta formula esecutiva, sia stato notificato nei confronti dell’Amministrazione soccombente. 3.2 Ritiene tuttavia il Collegio che, quanto alla concreta commisurazione del risarcimento del danno da ritardo, l’orientamento manifestato dalla CEDU meriti una rimeditazione. La Corte europea, infatti, nel classificare tale pregiudizio come “una forma di danno morale”, ha ritenuto che, una volta decorso il semestre di tolleranza in precedenza indicato, la relativa commisurazione, affidata a valutazione di carattere equitativo rimessa al competente organo di giustizia - inizialmente, di attribuire una somma pari a € 100,00 per ogni mese di ritardo v. sentenza Cocchiarella, punto 146 - in seguito pervenendo al diverso convincimento di riconoscere una somma “a forfait”, pari a € 200,00, indipendentemente dalla durata del ritardo v. sentenza Gaglione, punti 65-66-70 . Ritiene il Collegio, ai fini della quantificazione del pregiudizio da ritardo oggetto della presente controversia, che il primo degli enunciati orientamenti individuazione di una somma coordinata alla durata del ritardo meriti più convinta adesione, atteso che la seconda delle riportate soluzioni elaborate dalla CEDU fondata su considerazioni proprie della Corte europea, in particolare connesse all’esigenza di non alimentare ricorsi seriali verrebbe a tradursi in modalità di ingiustificata equiparazione di posizioni differenziate, atteso che un ristoro di carattere risarcitorio identicamente commisurato verrebbe riconosciuto indipendentemente dalla durata del ritardo dall’Amministrazione frapposto al soddisfacimento del credito. In tal senso, la proporzionalità del risarcimento rispetto alla durata del ritardo appare il criterio più contiguo al canone di equità, ma anche il più funzionale ai fini dell’ottemperanza, in quanto suscettibile di ingenerare nell’Amministrazione un meccanismo sollecitatorio e/o incentivante ai fini del pagamento dell’indennizzo, rendendo significativamente onerosa la protrazione dell’inerzia. Se, quindi, la commisurazione del risarcimento va coordinata alla durata del ritardo nel soddisfacimento della pretesa creditoria, ritiene il Collegio, nell’esercizio dell’apprezzamento equitativo al medesimo in materia rimesso dalla riportata previsione ex articolo 114 c.p.a., che la quantificazione del pregiudizio risarcibile ben possa essere effettuata prendendo a fondamento il parametro dalla stessa CEDU individuato con riferimento alla commisurazione degli interessi moratori dovuti dall’Amministrazione per il ritardo nel pagamento delle somme liquidate riferita ad un “interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, aumentato di tre punti percentuali” . Tale misura – e, quindi, il tasso sopra individuato, da applicare sulla sorte capitale dovuta a titolo indennitario – dovrà essere corrisposta a titolo di risarcimento del danno da ritardo, a carico dell’Amministrazione, a far tempo dalla notificazione del titolo giudiziario in forma esecutiva e fino all’effettivo soddisfacimento del credito. 3.3 Ciò posto, va ulteriormente tenuto presente che l’apprezzamento equitativo rimesso al giudice non può non tradursi nella necessaria valutazione anche della diligente coltivazione, ad opera della parte, dei previsti mezzi di tutela ovvero, della sollecita e diligente proposizione di quegli strumenti preordinati a veicolare, anche a mezzo dei previsti meccanismi sostitutivi, l’effettività del soddisfacimento della pretesa creditoria. Ben è consapevole il Collegio che l’esercitabilità dell’actio judicati è presidiata, ai sensi dell’articolo 114, comma 1, da un termine prescrizionale di dieci anni. Se, conseguentemente, la percorribilità di tale strumento di tutela trova legittima espansione nell’arco temporale come sopra individuato legislativamente, nondimeno la trascuranza nella proposizione del ricorso di ottemperanza, ove esperito a distanza di tempo rilevante rispetto - non soltanto alla formazione del titolo giudiziario della cui esecuzione si tratta , munito di formula esecutivo - ma anche alla eventuale sollecitazione ad adempiere rivolta nei confronti dell’Amministrazione non più necessaria, a mente delle disposizione di legge da ultimo citata appare suscettibile di influire sulla determinazione del danno da ritardo, atteso che, se l’indugio nell’adempimento rimane pur sempre imputabile all’Amministrazione, nondimeno il deficit attenzionale della parte che abbia omesso una tempestiva attivazione del rimedio dell’ottemperanza non può non reagire sulla quantificazione del pregiudizio risentito a titolo di ritardo. In tal senso – e sovviene al riguardo, la previsione di cui all’articolo 1227, comma 2, c.c. dallo stesso c.p.a. richiamata dal comma 2 dell’articolo 124 – un non giustificabile indugio nell’attivazione dei meccanismi processuali volti a conseguire l’attuazione del giudicato è suscettibile di essere valutato, ove connotabile in termini di inescusabile negligenza, nel novero dei comportamenti “negligenti”. E, conseguentemente, può comportare una riduzione del risarcimento ex articolo 114, comma 4, lett. e , nella misura equitativamente apprezzata dall’organo di giustizia, con riferimento alla coordinata temporale rappresentata dal ritardata esperimento del rimedio giudiziale. 4. Nei limiti sopra indicati, il ricorso merita accoglimento. Avuto riguardo al rilevante arco temporale intercorso dalla scadenza del semestre indicato al punto 3.1 decorrente dalla notificazione in forma esecutiva, nei confronti del Ministero soccombente, della sentenza della cui esecuzione si tratta , dispone il Collegio di condannare la predetta Amministrazione al risarcimento del danno da ritardo in favore dell’odierno ricorrente, che – alla stregua di quanto precedentemente osservato – andrà dalla stessa Amministrazione quantificato con riferimento ai parametri di determinazione indicati al precedente punto 3.2. Posta, secondo quanto ora stabilito, la risarcibilità del pregiudizio ex articolo 114, comma 4, lett. e , c.p.c., all’accoglimento del presente mezzo di tutela consegue l’ordine, nei confronti del Ministero della Giustizia, nella persona del Ministro p.t., di dare piena ed integrale esecuzione al decreto numero 58875/2009 Ruolo Generale Affari Diversi – numero 2099/09 Rep., reso dalla Corte d’Appello di Roma e, per l’effetto, provveda alla corresponsione dei seguenti importi - € 6.000,00, oltre interessi legali sulla sorte capitale dal 28 settembre 2009 fino al soddisfo - € 62,00, a titolo di spese per il rilascio dell'attestazione del passaggio in giudicato del decreto e di spese di notifica. Ciò disposto, stabilisce ulteriormente il Collegio la nomina, fin da ora, di un commissario ad acta, che provvederà – una volta decorso il termine di giorni 30 trenta dalla notificazione, o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza – al pagamento delle somme indicate in narrativa, alle quali dovrà essere altresì aggiunto l’importo dovuto per il danno da ritardo, giusta quanto precedentemente stabilito. Il predetto organo commissariale viene nominato nella persona del responsabile dell’Ufficio X della Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell’Economia e delle Finanze essendo opportuno che il commissario ad acta abbia una conoscenza diretta della gestione del bilancio del Ministero dell’Economia e delle Finanze poiché le funzioni di commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico già inserito nella struttura competente per i pagamenti della legge Pinto, l’onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Le spese di lite, che seguono la soccombenza, vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l'effetto, così dispone - ordina al Ministero della Giustizia, nella persona del Ministro p.t., di dare piena ed integrale esecuzione al decreto indicato in motivazione, provvedendo alla corresponsione degli importi pure ivi specificati - condanna il Ministero della Giustizia, nella persona del Ministro p.t., al risarcimento del danno da ritardo in favore dell’odierno ricorrente, giusta quanto in motivazione indicato e per gli importi pure ivi specificati - dispone che, ove l’Amministrazione non ottemperi a quanto sopra indicato entro il termine di giorni 30 trenta dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, a tanto provveda, nella qualità di Commissario ad acta, il responsabile p.t. dell’Ufficio X della Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell’Economia e delle Finanze al quale è demandato il compimento degli adempimenti di cui sopra nell’ulteriore termine di giorni 30 trenta - condanna il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., al pagamento delle spese della presente procedura, per complessivi € 1.000,00 euro mille/00 , in favore del ricorrente. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR Piemonte, sez. I, sentenza 8 – 23 novembre 2012, numero 1277 Presidente Balucani - Estensore Limongelli Fatto 1. Con ricorso notificato il 05.07.2012 e depositato il 26.07.2012 i signori Anselmo Guido e Cerisola Iolanda hanno agito dinanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale per ottenere l’esecuzione dei giudicati costituiti dai decreti del 25.10.2010 nnumero 1690/09 e 1691/09 della Corte d’Appello di Torino, Sezione Civile Prima bis V.G. 1690/09 e 1691/09, pronunciati all’esito di ricorsi ex L. numero 89/01 c.d. Legge Pinto . 2. A sostegno delle proprie domande i ricorrenti hanno dedotto a di aver ottenuto con i suddetti decreti la condanna del Ministero della Giustizia al risarcimento dei danni da essi patiti per l’irragionevole durata di un procedimento fallimentare svoltosi dinanzi al Tribunale di La Spezia, danni quantificati - quanto alla signora Cerisola in € 12.000,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo, oltre rifusione della metà delle spese del procedimento, liquidate per tale quota nell’importo già ridotto di € 543,00 di cui € 235 per onorari, € 290,50 per diritti, € 15,00 per esposti, € 2,50 per spese imponibili , oltre alle spese generali di studio, I.V.A. e C.P.A. - quanto al signor Anselmo in € 12.000,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo, oltre rifusione della metà delle spese del procedimento, liquidate per tale quota nell’importo già ridotto di € 543,00 di cui € 235 per onorari, € 290,50 per diritti, € 15,00 per esposti, € 2,50 per spese imponibili , oltre alle spese generali di studio, I.V.A. e C.P.A. b di aver notificato al Ministero della Giustizia, in data 31 gennaio 2011, i due decreti in forma esecutiva, senza ottenere alcuna risposta c che ad oggi il Ministero della Giustizia non ha provveduto spontaneamente a dare adempimento ai precetti di cui ai citati decreti, non impugnati e passati in giudicato in data 25 aprile 2011 come da certificazione della cancelleria Corte d’Appello di Torino in data 3 luglio 2012, prodotta sub doc.4 d di essere stati, quindi, costretti ad adire questo TAR in sede di ottemperanza. 3. Ciò premesso, i ricorrenti hanno chiesto al TAR di ordinare al Ministero della Giustizia, in persona del Ministero pro tempore, di ottemperare ai giudicati nascenti dai due decreti citati con l’assegnazione di un termine per l’adempimento e la nomina di un commissario ad acta che provveda in luogo dell’amministrazione in caso di ulteriore inadempimento di quest’ultima, e con la fissazione di una somma non inferiore a € 50 per ogni ulteriore giorno di ritardo nell’esecuzione del giudicato, ai sensi dell’articolo 114, comma 4 lett. 3 c.p.a. 4. Il Ministero della Giustizia, ritualmente intimato, non si è costituito. 5. All’udienza in camera di consiglio dell’08 novembre 2012, la causa è stata trattenuta in decisione Diritto Il ricorso è fondato, sussistendo tutti i presupposti di cui agli articolo 112 e ss. d.lgs. 104/2010 per l'accoglimento della domanda di ottemperanza. 1. Quanto al requisito dell'avvenuto passaggio in giudicato, il comma 6 dell'articolo 3 della legge 24/03/2001 numero 89 prevede che il decreto che decide in ordine alla concessione dell'indennizzo è immediatamente esecutivo e impugnabile per Cassazione sotto tale profilo, dalla mancata proposizione della suddetta forma di impugnazione deriva la definitività del decreto che, secondo il Collegio, può essere equiparata al giudicato, con conseguente suscettibilità di ottemperanza di fronte al Giudice Amministrativo. 2. Per la prova dell’assenza di impugnazione, i ricorrenti hanno depositato in giudizio la certificazione della cancelleria della Corte d’Appello attestante la mancata interposizione di ricorso in Cassazione avverso i decreti in questione doc. numero 4 . 3. Nonostante la notifica dei decreti in forma esecutiva, l’Amministrazione non ha effettuato alcun pagamento in favore dei ricorrenti, restando inerte. 4. La domanda proposta dai ricorrenti merita, quindi, accoglimento. 4.1. Ne consegue l'obbligo dell'Amministrazione di dare esecuzione al decreto in epigrafe, mediante il pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti - della sorte capitale pari ad € 12.000,00 oltre interessi legali dalla domanda originaria dinanzi alla Corte d’Appello di Torino fino al saldo - delle spese legali già liquidate nei decreti pari ad € 543,00 oltre alle spese generali di studio, I.V.A. e C.P.A, e oltre agli interessi legali dal 25 ottobre 2010 fino al soddisfo - delle ulteriori spese relative al presente giudizio di ottemperanza, liquidate in dispositivo, con interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza fino al saldo. 4.2. L'Amministrazione darà esecuzione al predetto decreto entro giorni trenta dalla notificazione ad istanza di parte o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza. 4.3. In caso di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d'ora Commissario ad acta il Direttore Generale dell’Ufficio X Direzione Centrale Servizi del Ministero dell’Economia con facoltà di delegare gli adempimenti esecutivi ad un funzionario dello stesso Ufficio che, entro novanta giorni dalla scadenza del termine precedente, darà corso al pagamento, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell'Amministrazione inadempiente. 4.4. La nomina del commissario ad acta per il caso di persistente inerzia dell’Amministrazione esclude la possibilità di condannare quest’ultima anche al pagamento della c.d. “astreinte” di cui all’articolo 114, comma 4 lett. e c.p.a., giacchè in caso contrario si farebbero gravare sull’amministrazione, ingiustamente, le conseguenze sanzionatorie di “ulteriori ritardi” imputabili, non ad essa, ma all’ausiliario del giudice. 5. Le spese del presente giudizio di ottemperanza seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Sezione Prima , definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza indicato in epigrafe a lo accoglie, e per l'effetto dichiara l'obbligo del Ministero della Giustizia di dare esecuzione ai decreti della Corte di Appello di Torino indicati in epigrafe nei termini esposti in motivazione, assegnando per l’adempimento il termine di trenta giorni dalla comunicazione, o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza b per il caso di ulteriore inottemperanza, nomina Commissario ad acta il Direttore Generale dell’Ufficio X Direzione Centrale Servizi del Ministero dell’Economia, con facoltà di delega ad un funzionario dell'Ufficio, che provvederà, ai sensi e nei termini di cui in motivazione, al compimento degli atti necessari all'esecuzione dei predetti giudicati c condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro € 500,00 cinquecento oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR Trento, sez. Unica, sentenza 22 – 26 novembre 2012, numero 355 Presidente/Estensore Pozzi Fatto e diritto 1 - Con decreto numero 235/2011 depositato il 2-7-2011 indicato in epigrafe la Corte d’Appello di Trento ha accolto il ricorso proposto da PERIN Diana ai sensi dell’articolo 3 della legge numero 89/2001 per l’irragionevole durata di un processo innanzi il Tribunale di Vicenza riguardante lo scioglimento di una comunione, incardinato nel 1997 e concluso con sentenza pubblicata il 27-7-2010 La Corte d’Appello con il citato decreto ha statuito nel modo seguente. Ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente della somma di complessivi euro 9.250,00 pari al prodotto di euro 750,00 annui per i primi tre anni e 1.000,00 per gli anni successivi per il periodo di irragionevole durata del processo innanzi il Tribunale di Vicenza indicata nel predetto decreto in 10 anni circa, senza riconoscimento di interessi in quanto non richiesti Ha posto a carico dello stesso Ministero spese ed onorari, liquidati in complessivi euro 968,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, all’I.V.A. ed al contributo C.N.A. nelle misure di legge, da distrarre in favore del difensore antistatario avv. Baldassini. 2 - Il predetto decreto è stato notificato in data 26-7-2011 al Ministero presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento ed è, quindi, passato in giudicato per decorrenza del termine per proporre ricorso per Cassazione articolo 327 c.p.c. , come attestato dalla Cancelleria della Corte d’Appello in data 25-11-2011. L’amministrazione non ha dato tuttavia alcun riscontro alla richieste di pagamento delle somme dovute. Di qui il presente ricorso, trattenuto in decisione nella camera di consiglio del 22 novembre 2012. 3- Il ricorso, proposto per l’ottemperanza al decreto della Corte d’Appello di Trento in epigrafe in base, come già detto, alla legge numero 89 del 2001 c.d. legge Pinto è fondato e va accolto, secondo il costante orientamento di questo Tribunale Amministrativo cfr.sentenze 23/4/2012 nnumero 133 21/4/2012, numero 132 16/1/2012, nnumero 19, 20 e 21 13/12/2011 numero 306 29/7/2011 nnumero 220 e 221 . 4 - Infatti e anzitutto, il decreto di condanna emesso ai sensi dell’articolo 3 della citata legge numero 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi ed è, perciò, idoneo ad assumere valore ed efficacia di giudicato ai fini della ammissibilità del ricorso per ottemperanza, così come oggi espressamente dispone l’articolo 112, comma 2, lett. c del c.p.a. a tenore del quale l’azione di ottemperanza innanzi al G. A. può essere proposta per conseguire anche l’attuazione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, quale è appunto il decreto della Corte d’Appello ex L. numero 89 cit. , cfr. Cons., St., sez. IV, 27 maggio 2011 , numero 3203 sez. IV, 12 maggio 2011 , numero 2879 sez. IV, 23 agosto 2010 , numero 5897 sez. IV, 25 giugno 2010 , numero 4096 sez. IV, 24 maggio 2010 , numero 3253 sez. IV, 10 dicembre 2007, numero 6318 Cass. civ., sez. I, 22 ottobre 2002, numero 14885 Cass. , sez. I, 19 maggio 2010 , numero 12330 sez. I, 26 febbraio 2010 , numero 4760 sez. I, 29 gennaio 2010 , numero 2137 . 5 - In secondo luogo, è decorso il termine dilatorio di 120 giorni – meramente processuale e che non incide sull’an e sul quantum del diritto - di cui all'articolo 14 del D. L. numero 669/1996 e successive modificazioni ed integrazioni articolo 147 della legge numero 388/2000, articolo 44 del D.L. numero 269/2003, come convertito nella legge numero 326/2003 . 6 - Quanto alla dimostrazione del passaggio in giudicato del decreto in esame, una volta che l’Amministrazione non abbia contestato l’esistenza effettiva del giudicato, può ritenersi sufficiente la prova documentale, fornita nel caso di specie, della rituale e tempestiva notifica del decreto della Corte d’Appello di cui si tratta alla controparte, non essendo necessaria alcuna diffida od altro atto precettivo o sollecitatorio articolo 114 c.p.a. . In ogni caso, come detto, v’è attestazione della Cancelleria della Corte d’Appello di Trento di data 25-11-2011. 7 - Va dunque dichiarato l’obbligo del Ministero della Giustizia di conformarsi al giudicato di cui in epigrafe, provvedendo al pagamento in favore di parte ricorrente, entro il termine di giorni trenta decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla data di notificazione ad istanza di parte , della presente decisione, della complessiva somma dovuta per il predetto titolo, oltre interessi dalla data di pubblicazione del decreto ottemperando per sorte, per spese ed onorari riportati nello stesso decreto decisorio , sino all’effettivo pagamento al creditore Cass., sez. I, 12 maggio 2011 , numero 10488 Cass., numero 14.072 del 2009 . Il tutto, incrementato delle spese della presente fase di ottemperanza, che, secondo il suo esito, debbono seguire la soccombenza articolo 26 c.p.a. articolo 91 e 92, comma 2, c.p.c. Cass., numero 1101 del 2010 e numero 27728 del 2009 , nella misura connessa alla serialità del contenzioso ed al suo non eccessivo impegno professionale, secondo quanto già sattuito con numerosi precedenti di questo Tribunale. 8 - Nella eventualità di inutile decorso del predetto termine di trenta giorni, si nomina fin da ora quale commissario ad acta il Ragioniere Generale dello Stato o dirigente di livello generale da lui delegato, il quale provvederà a porre in essere tutti i necessari adempimenti entro i successivi quarantacinque giorni, su semplice richiesta scritta e motivata della parte. P.Q.M. Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento Sezione Unica accoglie il ricorso e per l’effetto - ordina al Ministero della Giustizia di ottemperare integralmente a quanto disposto dalla Corte d’Appello di Trento con il rubricato decreto decisorio e conseguentemente di provvedere al pagamento, in favore della parte ricorrente, entro il termine perentorio di giorni trenta decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla data di notificazione ad istanza di parte , della presente decisione, della complessiva somma dovuta per il predetto titolo – con esclusione delle spese, diritti ed onorari da liquidarsi direttamente al difensore antistatario avv. Baldassini - oltre interessi legali dalla data di pubblicazione del decreto della Corte d’Appello, il tutto sino all’effettivo pagamento ai creditori. In caso di inutile decorso del termine assegnato al Ministero della Giustizia nomina fin da ora quale commissario ad acta il Ragioniere Generale dello Stato o dirigente di livello generale da lui delegato, il quale provvederà a porre in essere tutti i necessari adempimenti entro i successivi quarantacinque giorni, su semplice richiesta scritta e motivata della parte. Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese ed onorari del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 250,00 duecentocinquanta oltre I.V.A. e C.P.A Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.