L’imprenditore, che affidi la tenuta delle scritture contabili a professionista inadempiente, risponde, in caso di fallimento, di bancarotta documentale semplice e non fraudolenta.
«La mancata tenuta delle scritture contabili o la loro tenuta irregolare, ove non sia provato il dolo richiesto dall’articolo 216 l. f. - che non può essere presunto - non può che configurare la più lieve fattispecie di cui all’articolo 217 l. f In particolare, l’affidamento a soggetti estranei all’amministrazione dell’azienda della tenuta delle scritture contabili obbligatorie non può che rilevare a titolo di colpa, sotto il profilo o della scelta inadeguata del professionista incaricato, o del mancato controllo». Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 18697/2012 depositata il 15 maggio. Il caso omessa tenuta delle scrittura contabili da parte del professionista terzo e bancarotta. La Corte di Appello di Milano confermava la condanna emessa dal GUP del Tribunale del medesimo capoluogo a carico di un imprenditore, dichiarato fallito, per bancarotta documentale fraudolenta ex articolo 216 l. fall., per aver omesso la tenuta delle scritture contabili obbligatorie. Avverso la sentenza del giudice di secondo grado proponeva ricorso per cassazione l’imputato, deducendo, fra l’altro, come il ricorrente avesse affidato, in buona fede, la tenuta della contabilità ad un professionista esterno alla azienda, senza aver, peraltro, mai avuto elementi per ritenere che quest’ultimo non avesse adempiuto regolarmente all’incarico. Il decisum della Suprema Corte bancarotta semplice. Nell’accogliere il ricorso proposto dall’imputato, la Corte di Cassazione ribadisce, preliminarmente, come in tema di elemento psicologico del delitto di bancarotta documentale – tale essendo il discrimen tra le fattispecie fraudolenta di cui all’articolo 216 l. fall. e quella semplice di cui all’articolo 217 l. fall. – sia imprescindibile procedere ad una motivazione «adeguata e specifica». Di fronte alla insufficienza della motivazione, sul punto, della impugnata sentenza, la Corte Suprema non esita ad affermare che, in caso di omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili, ove non sia dimostrato il dolo «qualificato» dell’articolo 216 l. fall. non può che valutarsi la condotta ai sensi dell’articolo 217 l. fall. e dunque sotto il profilo colposo, per culpa in vigilando ovvero in eligendo nella scelta del professionista delegato alla tenuta delle scritture contabili. Ciò premesso non va sottaciuto il valore della pronuncia in esame nel rimarcare come il dolo qualificato della bancarotta fraudolenta documentale non possa ritenersi presunto, neppure iuris tantum , in presenza di condotte oggettive di omessa o irregolare tenuta ovvero distruzione delle scritture contabili, ma debba essere oggetto di uno specifico e puntuale accertamento da parte del giudice di merito, che dovrà anche preoccuparsi di verificare se l’elemento soggettivo dell’agente sia assurto a tale grado, od invero non ci si trovi di fronte ad un mero atteggiamento di dolo generico oppure di colpa, tale da configurare la ben più lieve ipotesi di bancarotta documentale semplice. Pronuncia che segna un indubbio passo in avanti dei giudici del Palazzaccio, in ossequio al dettato dell’articolo 27 Cost., rispetto a precedenti arresti giurisprudenziali in cui la responsabilità, anche della mera «testa di legno», per bancarotta fraudolenta documentale era quasi scontata, dovendosi presumere la sussistenza del dolo generico, per omesso controllo, nel caso di mancanza della documentazione Cass., Sez. V, numero 28007/2004 . Il dolo «qualificato» della bancarotta fraudolenta documentale . La sentenza in commento sgombera il campo della individuazione dell’elemento psicologico della bancarotta fraudolenta documentale identificandolo nel c.d.«dolo qualificato». Come noto, tuttavia, la questione è tutt’altro che pacifica sia in dottrina, che in giurisprudenza. Secondo l’orientamento prevalente in giurisprudenza e condiviso anche da una parte della dottrina Di Amato, Pedrazzi , infatti, il dolo specifico di procurare a sé od altri un ingiusto profitto o di recar pregiudizio ai creditori concerne soltanto le ipotesi di sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture e non anche l’ipotesi generica di tenuta dei libri in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o degli affari, per cui sarebbe sufficiente il dolo generico Cass., Sez. V, numero 10304/2010 . Ed in effetti, in tale senso, depone il dato letterale della norma. La più autorevole e risalente dottrina Antolisei , tuttavia, con argomento di assoluto pregio, ha da tempo evidenziato come il dolo specifico sia in realtà previsto per l’esistenza del reato in esame in tutte le sue possibili forme di manifestazione. Conformi, sul punto, talune, minoritarie, pronunce della giurisprudenza secondo cui anche nella ipotesi di bancarotta generica occorre nel soggetto agente il dolo specifico di impedire la ricostruzione del patrimonio o degli affari Cass. Penumero , Sez. V, 02.06.1992, Zampini . In realtà la disquisizione ben potrebbe essere più dettagliata giungendo ad interrogarsi se il dolo specifico debba essere rappresentato dall’ingiusto profitto, alternativo o congiunto al recare pregiudizio ai creditori, ovvero se, come ritiene Antolisei, il primo presupponga comunque il secondo, stante la natura della fattispecie. .e il dolo o la colpa della bancarotta semplice documentale. Non certo di minor rilievo le disquisizioni che attanagliano l’elemento psicologico della bancarotta documentale semplice. Da una lato, la giurisprudenza consolidata, in cui pare inserirsi la pronuncia annotata, ritiene infatti che il reato di bancarotta semplice sia punibile indifferentemente sia a titolo di dolo che di colpa, come si desume dalla stessa struttura della norma, che non prevede come necessaria, ai fini della sussistenza dell’illecito, la deliberata volontà di violare le disposizioni vigenti in materia di tenuta delle scritture contabili, né di arrecare danno ai creditori. Per contro, la dottrina prevalente Antolisei evidenzia come la bancarotta documentale semplice abbia natura esclusivamente dolosa, argomentando in particolare sulla totale mancanza di qualsiasi elemento della fattispecie tale da richiamare, esplicitamente o implicitamente, la struttura della colpa. A ciò si aggiunge l’insuperabile, ad avviso di chi scrive, rilievo del dato normativo di cui all’articolo 42 c.p. – che riserva la punibilità indifferentemente a titolo di dolo o di colpa alle sole ipotesi contravvenzionali, quando la bancarotta semplice documentale ha indubbiamente natura delittuosa – nonché, infine, i principi del divieto di analogia in malam partem e di tassatività della norma penale. e la delega a terze persone della tenuta dei libri contabili Accade normalmente che l’organizzazione di una impresa preveda l’affidamento a terze persone, interne od esterne alla società, della tenuta dei libri e delle scritture contabili, con le conseguenti problematiche interpretative in caso di fallimento e di tenuta irregolare o incompleta dei libri. Secondo la pronuncia che si annota ed i costanti precedenti giurisprudenziali, stante la natura, anche semplicemente colposa, della bancarotta semplice documentale, non viene meno la responsabilità penale dell’imprenditore che abbia affidato a terzi l’adempimento della tenuta delle scritture contabili, potendosi configurare a suo carico una culpa in vigilando o in eligendo . Il fondamento di tale assunto si rinviene nel dettato degli articolo 2214 e 2241 c.c., secondo cui l’imprenditore che esercita una attività commerciale è obbligato, personalmente, alla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili nella propria azienda. L’imprenditore ben può avvalersi dell’opera di un tecnico, sia un professionista terzo che un proprio dipendente, ma resta comunque sempre responsabile, anche penalmente, per la attività da essi svolta nell’ambito dell’impresa. Naturalmente l’atteggiarsi della responsabilità sarà diverso a seconda che si dia seguito alla impostazione giurisprudenziale che ritiene sussistente la bancarotta documentale anche in ipotesi colposa, configurandosi in tal caso il reato anche per carenze organizzative dell’impresa e, dunque, per culpa in eligendo o in vigilando , ovvero alla più rigorosa impostazione dottrinaria che richiede pur sempre il dolo generico con conseguente penale rilevanza delle sole situazioni patologiche in cui l’imprenditore sia causa delle violazioni e concorra con l’autore materiale delle stesse. . con l’evanescente confine del dolo eventuale . L’ actio finium regundorum , sopra delineata, tra impostazione dottrinaria e giurisprudenziale perde, tuttavia, parte della propria importanza di fronte al recente sviluppo giurisprudenziale del concetto di dolo eventuale, che appare sempre più come un universo in costante ed irrefrenabile espansione. Infatti, anche per il più restrittivo orientamento dottrinario la responsabilità penale per bancarotta semplice documentale sarà sempre configurabile in ipotesi di dolo eventuale e cioè allorché l’imprenditore abbia previsto ed accettato il rischio del comportamento inadempiente od irregolare del terzo delegato alla tenuta delle scritture contabili, con tutte le prevedibili difficoltà di distinguere tali ipotesi dai casi di colpa cosciente.
Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sentenza 2 febbraio – 15 maggio 2012, numero 18697 Presidente Bruno – Relatore Demarchi Albengo Ritenuto in fatto 1. B.B.M. è stata condannata per il reato di bancarotta fraudolenta documentale con sentenza del 2 aprile 2003 emessa dal GUP del tribunale di Milano, per avere occultato o distrutto le scritture contabili della società, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori ed in modo da impedire al curatore la ricostruzione del patrimonio ed il movimento degli affari della società fallita. 2. La ricorrente proponeva appello, che veniva respinto dalla corte di secondo grado di Milano, sulla considerazione che per la sussistenza del reato di cui all'articolo 216 della legge fallimentare era sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità avrebbe reso impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio. 3. Con l'odierno ricorso la B. propone tre motivi di censura violazione dell'articolo 216 della legge fallimentare per la ritenuta sussistenza del reato di bancarotta documentale fraudolenta, per il quale non è sufficiente un atteggiamento di superficialità, che caratterizza invece la bancarotta documentale semplice. Nel caso di specie la ricorrente aveva affidato in buona fede ad un professionista la tenuta delle scritture contabili e non aveva modo di ritenere che questi non adempisse regolarmente all'incarico. La B. , pertanto, avrebbe potuto al più rispondere del reato di cui all'articolo 217, per omesso controllo sul professionista incaricato. Con un secondo motivo di ricorso si censura il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui all'articolo 216 della legge fallimentare, non essendovi prova che la B. avesse voluto od accettato il rischio della irregolare tenuta dei libri contabili e comunque non essendovi alcuna prova in ordine al'dolo specifico e cioè al fine di pregiudicare i creditori o di impedire la ricostruzione del patrimonio. Con un ultimo motivo di censura, si deduce la illegittimità costituzionale della norma transitoria contenuta nell'articolo 10 della legge 251-2005. Considerato in diritto 1. Partendo dal fondo, si osserva che il terzo motivo di ricorso non può essere accolto la eccepita questione di legittimità costituzionale è stata recentemente risolta dalla Consulta, che l'ha dichiarata infondata con sentenza del 22 luglio 2011 numero 236 “È infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all'articolo 117, comma 17 Cost. e in relazione all'articolo 7 CEDU, dell'articolo 10, comma 3, della l. 5 dicembre 2005, numero 251 Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, numero 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione , nella parte in cui esclude l'applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più brevi, ai processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione . 2. I primi due motivi, invece, sono fondati la mancata tenuta delle scritture contabili o la loro tenuta irregolare, ove non sia provato il dolo richiesto dall'articolo 216 della legge fallimentare, non può che configurare la più lieve fattispecie di cui all'articolo 217. In particolare, l'affidamento a soggetti estranei all'amministrazione dell'azienda della tenuta delle scritture e dei libri contabili - ove appunto non sia dimostrato il dolo qualificato di cui all'articolo 216, che non può essere presunto - non può che rilevare a titolo di colpa, sotto il profilo o della scelta inadeguata del professionista incaricato, o del mancato controllo cfr. sez. 5, numero 32586 del 10/07/2007, Centola . 3. La sentenza impugnata contiene una motivazione insufficiente proprio con riferimento all'elemento soggettivo non è chiaro, infatti, il motivo per il quale i giudici di appello hanno ritenuto sussistente il reato di cui all'articolo 216 della legge fallimentare, piuttosto che la fattispecie più lieve di cui all'articolo successivo. 4. La sentenza, pertanto, deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, per integrazione della motivazione in punto elemento soggettivo la Corte è investita della nuova decisione con pienezza di poteri, potendo dunque anche procedere alla riqualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 217 della legge fallimentare, avendo però cura di fornire adeguata e specifica motivazione dei propri assunti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano per nuovo giudizio.