Secondo il TAR Lombardia è possibile proporre la domanda di accertamento in uno con la domanda costitutiva di annullamento di un atto.
Dopo l’approvazione del Codice del processo amministrativo l’attenzione della dottrina e della giurisprudenza si è indirizzata principalmente sul tema delle azioni esperibili in quel processo. Il tema è centrale nel diritto amministrativo, anche perché rappresenta un importante luogo dal quale osservare l’evoluzione del rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino. Più in particolare, il tema esaminato nella sentenza numero 968 del TAR Lombardia, sede di Milano, del 4 aprile scorso, consente di evidenziare il precipitato di quelle affermazioni giusta le quali il processo amministrativo non è più un processo soltanto sull’atto, ma è diventato un processo sul rapporto. Evoluzione che coinvolge vari temi, uno dei quali è proprio il sistema delle azioni. Il sistema di giustizia amministrativa, una volta fondato sulla sola azione di annullamento dell’atto dove l’unica misura cautelare era sostanzialmente rappresentata dalla sospensiva dello stesso, è diventato un sistema dove è possibile esperire, autonomamente e/o cumulativamente, diverse tipologie di azioni, fino ad ammettere la generale azione di accertamento e di adempimento dell’amministrazione oltre i casi espressamente previsti da singole norme del codice? All’importante quesito, oltre alla dottrina, hanno già dato risposta positiva due fondamentali sentenze dell’adunanza plenaria, la numero 3/11 e la 15/11. Il caso. Oggi, invece, il TAR Lombardia prosegue idealmente quell’analisi esaminando il tema della cumulabilità dell’azione di accertamento con l’azione costitutiva di annullamento. All’origine della vicenda vi era una graduatoria per l’assegnazione di alcune sedi di farmacia stilata all’esito di una procedura concorsuale. Sede che avrebbe dovuto essere assegnata entro due anni, ma che non è stata assegnata alla vincitrice utilmente collocata in graduatoria, senza che le motivazioni fossero state espresse da parte della Regione Lombardia. La vincitrice, prima della scadenza della graduatoria, “chiede lumi” alla Regione con una richiesta di accesso agli atti e di assegnazione della sede ancora vacante. Richiesta alla quale la Regione risponde affermando che la graduatoria era oramai scaduta. Inevitabile, quindi, il ricorso al giudice amministrativo. Da un lato, per far dichiarare l’illegittimità della nota di risposta dalla quale emergeva la volontà della Regione di considerare scaduta la graduatoria. Dall’altro, per accertare l’inadempimento della Regione riguardo l’agognata assegnazione e ottenere l’affermazione dell’obbligo dell’amministrazione di assegnare la sede. L’ordinanza cautelare sospende gli effetti della nota. Peraltro, in prima battuta la ricorrente ottiene un provvedimento cautelare a sé favorevole con il quale il TAR, dopo aver rilevato che nel biennio di validità della graduatoria non aveva assegnato la sede «senza che dagli atti emergano le ragioni ostative», «sospende il provvedimento impugnato affinché nelle more della definizione del merito la sede di Barzana non venga messa nuovamente a concorso». Si tratta, con ogni evidenza, di un provvedimento cautelare, a dispetto del nomen “sospensiva”, dal contenuto tipicamente assicurativo, certamente non anticipatorio rispetto al perseguimento del bene della vita rappresentato dall’assegnazione della sede farmaceutica. C’è una pluralità di domande soggette a rito diverso. In via preliminare, il TAR ha dovuto affrontare una questione processuale dal momento che la ricorrente aveva presentato due domande. La prima di annullamento della nota con la quale la Regione aveva comunicato che la graduatoria di concorso doveva ritenersi scaduta, la seconda di accertamento della illegittimità del comportamento omissivo tenuto dall’amministrazione, per non avere questa emesso il provvedimento di assegnazione della sede farmaceutica richiesta dalla ricorrente. Poiché le due domande sono soggette a riti differenti, il rito ordinario per la domanda di annullamento e il rito del silenzio per la seconda, il TAR applica il primo comma dell’articolo 32 del CPA e afferma la prevalenza del rito ordinario. Quanto alla domanda di annullamento, il TAR accoglie la posizione della ricorrente ed afferma che la Regione Lombardia ha erroneamente ritenuto scaduto la graduatoria di concorso per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche. Senonché, sebbene quella comunicazione sia fondata su un presupposto del tutto errato che ha portato il TAR all’annullamento, è pur sempre vero che con quell’atto la Regione Lombardia «ha espresso chiaramente, anche se in maniera implicita, la volontà di non assegnare la sede di Barzana alla ricorrente in quanto, a suo dire, la graduatoria in cui quest’ultima è utilmente collocata sarebbe ormai scaduta». Ecco allora che la Regione Lombardia “pur essendo intervenuta con inspiegabile ritardo, non è rimasta silente, avendo la stessa provveduto negativamente, con il provvedimento qui impugnato, sulla domanda di assegnazione della sede farmaceutica avanzata dall’interessata”. Dunque, su questa premessa, il TAR respinge la domanda sul silenzio. Nonostante il rigetto del silenzio è possibile accertare la fondatezza dell’istanza. Sono due i dati da sottolineare prima di proseguire l’analisi della motivazione. Il primo è che l’azione sul silenzio è infondata. Il secondo è che il terzo comma dell’articolo 31 CPA, nel prevedere che il giudice possa pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, potrebbe essere letto nel senso che ciò è possibile soltanto quando l’azione di accertamento del silenzio è ammissibile e fondata. Senonché, dal momento che la ricorrente aveva proposto la domanda volta ad accertare la spettanza del bene della vita, il TAR correttamente si pone la domanda centrale e più importante e, cioè, «se l’azione di accertamento sulla fondatezza dell’istanza possa essere proposta nonostante l’intervento di un provvedimento negativo dell’amministrazione ritenuto illegittimo dal giudice e nonostante il citato articolo 31, comma 3, c.p.a. sembri ammettere tale azione solamente quando l’amministrazione sia rimasta silente». Per rispondere a tale quesito, il Tribunale premette di porsi nel solco interpretativo posto dall’Adunanza Plenaria con la sentenza numero 15/11, dove era stata affermata l’esistenza della possibilità di proporre un’azione di puro accertamento anche nelle ipotesi non espressamente previste dal codice del processo amministrativo. Peraltro, la generale ammissibilità dell’azione di puro accertamento rappresenta la conseguenza di un’altra importante affermazione e, cioè, quella per la quale anche nel processo amministrativo non esiste un principio di tipicità delle azioni. Giudizio sull’atto e giudizio sul rapporto. Ciò premesso, per il TAR Lombardia la risposta al quesito non può che essere positiva e, quindi, è possibile proporre la domanda di accertamento in uno con la domanda costitutiva di annullamento di un atto. E ciò per una pluralità di ragioni. La prima è che nel processo amministrativo, oltre alla legittimità dell’atto, «assume rilevanza pregnante l’interesse sostanziale al bene della vita che il ricorrente intende tutelare con la proposizione del ricorso», che nel nostro caso è l’assegnazione della sede farmaceutica. In quest’ottica, quindi, la funzione del processo è «anche quella di contribuire a delineare il corretto assetto degli interessi investiti dall’azione amministrativa” specialmente alla luce dell’articolo 1 CPA in forza del quale “la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo». Ecco allora che «se l’interesse della parte riveste ruolo centrale, deve ritenersi che l’azione di mero accertamento debba essere ammessa, non solo quando la posizione soggettiva non possa essere altrimenti tutelata per mancanza di un provvedimento amministrativo da impugnare, ma ogni volta questa sia in grado fornire all’interessato un’utilità concreta e dunque anche congiuntamente all’azione impugnatoria». L’accertamento come presupposto di annullamento e condanna. Ma v’è poi una seconda ragione che, secondo i giudici amministrativi, giustifica l’ammissibilità dell’azione di accertamento “accoppiata” con l’azione di annullamento. Ed infatti, «una pronuncia di accertamento è sempre necessariamente contenuta, seppur in maniera implicita, anche nelle altre tipologie di pronunce costitutive e di condanna emesse dal giudice amministrativo, posto che ogni pronuncia, qualunque ne sia il contenuto, presuppone necessariamente l’avvenuto accertamento della regola concreta da applicare alla fattispecie di causa». L’accertamento è un minus rispetto all’adempimento . Peraltro, il TAR Lombardia osserva che, una volta ammessa dal Consiglio di Stato Ad. Plenumero 3/11 la possibilità generalizzata di esperimento congiunto dell’azione di annullamento e dell’azione di adempimento, non vi può essere nessuna ragione che porti ad escludere tale possibilità con riferimento all’azione di accertamento. E ciò anche perché l’azione di accertamento rappresenta un minus rispetto all’azione di adempimento, dal momento che con l’azione di adempimento il giudice, dopo aver accertato la fondatezza della pretesa, «provvede altresì a condannare l’amministrazione ad emettere il provvedimento voluto dall’interessato», mentre con la prima il giudice «si limita ad accertare la fondatezza della pretesa». Rimane qualche dubbio. Orbene, nel caso di specie, secondo il TAR, la domanda di accertamento, oltre ad essere ammissibile, è anche fondata e, quindi, - dal momento che non residua alcun spazio di discrezionalità da parte della Regione Lombardia – correttamente il dispositivo dopo aver annullato il provvedimento impugnato «dichiara fondata la pretesa della ricorrente ad ottenere l’assegnazione della sede farmaceutica». Resta da dar conto, infine, e con un mero accenno sotto forma di un mero dubbio i profili coinvolti, infatti, sarebbero molteplici del seguito che potrà avere la sentenza di accertamento del giudice amministrativo. Quel che mi chiedo è, cioè, quale strumento potrà utilizzare la parte ove mai la Regione dovesse rigettare la richiesta di assegnazione della sede che, una volta passata in giudicato la sentenza, senza dubbio spetta alla ricorrente nuova impugnazione dell’atto o ottemperanza?
TAR Lombardia, sez. III, sentenza 1° febbraio – 4 aprile 2012, numero 968 Presidente Giordano – Estensore Cozzi Fatto e diritto 1. Regione Lombardia, con decreto D.G. Sanità numero 1973 del 2 marzo 2007, bandiva concorso per l’assegnazione di 55 sedi farmaceutiche vacanti, disponibili per i privati. 1.1. La sig. Raffaini Elisabetta, odierna ricorrente, partecipava al concorso e, all’esito dello stesso, si collocava in posizione utile di graduatoria. 1.2. Successivamente, la medesima, a seguito di apposito interpello della Regione, esprimeva preferenza per la sede di Barzana. 1.3. Regione Lombardia, nonostante l’avvenuto compimento di tutte le operazioni concorsuali e nonostante la ricezione della comunicazione di preferenza inviatale dalla ricorrente, non provvedeva all’assegnazione della sede richiesta rimanendo del tutto silente per un prolungato periodo finché, con nota del 16 maggio 2011, comunicava all’interessata che la graduatoria doveva considerarsi ormai scaduta. 1.4. Avverso tale atto ed avverso il silenzio per l’omessa emanazione del provvedimento di assegnazione della sede, conclusivo del procedimento concorsuale, è diretto il ricorso in esame. La ricorrente chiede inoltre che venga accertata la fondatezza della sua istanza volta ad ottenere l’assegnazione delle sede farmaceutica richiesta. 1.5. Si è costituita in giudizio Regione Lombardia per resistere al gravame. 1.6. La Sezione, con ordinanza numero 1154 del 15 luglio 2011, ha accolto l’istanza cautelare. 1.7. Tenutasi la pubblica udienza in data 1 febbraio 2012, la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Con il primo motivo l’interessata deduce che il termine di decorrenza di validità biennale della graduatoria non sarebbe iniziato a decorrere dal giorno 14 gennaio 2009 come affermato da Regione Lombardia , ma in data 25 giugno 2009, giorno in cui la graduatoria è stata nuovamente pubblicata sul BURL in ragione delle modifiche apportate alla stessa. Per tali motivi del tutto illegittima sarebbe la comunicazione del 16 maggio 2011 che considera già intervenuta a questa data la scadenza di validità e del tutto illegittimo sarebbe il comportamento omissivo di Regione Lombardia che, pur in presenza di una graduatoria ancora valida, non ha emesso il provvedimento di assegnazione della sede farmaceutica richiesta. 2.1. Nel secondo motivo l’interessata adduce un’altra argomentazione a suffragio della tesi secondo la quale il dies a quo di decorrenza di validità della graduatoria andrebbe fissato in data 25 giugno 2009 e non in data 14 gennaio 2009 in particolare richiama la circostanza che l’ASL della Provincia di Bergamo, in un proprio provvedimento, ha aderito esplicitamente a tale tesi, ed esprime la considerazione che sarebbe del tutto irrazionale che nell’ambito del territorio regionale siano date dalle autorità sanitarie competenti interpretazioni differenti in ordine alla validità di un medesimo atto. 3. Il Collegio deve preliminarmente osservare che, con il ricorso in esame, sono state proposte due domande una prima di annullamento della comunicazione del 16 maggio 2011, con la quale l’autorità intimata ha comunicato alla ricorrente che la graduatoria di concorso indetto nell’anno 2007 per l’assegnazione a privati delle sedi farmaceutiche disponibili doveva ritenersi scaduta una seconda di accertamento della illegittimità del comportamento omissivo tenuto dall’amministrazione, per non avere questa emesso il provvedimento di assegnazione della sede farmaceutica richiesta dalla ricorrente. 3.1. Essendo la prima domanda soggetta al rito ordinario e la seconda al rito del silenzio, ai sensi dell’articolo 32, comma primo, c.p.a. occorre seguire il rito ordinario. 4. Ciò premesso, va rilevata l’infondatezza della domanda volta all’accertamento del silenzio. Invero con la comunicazione del 16 maggio 2011, l’Amministrazione ha espresso chiaramente, anche se in maniera implicita, la volontà di non assegnare la sede di Barzana alla ricorrente in quanto, a suo dire, la graduatoria in cui quest’ultima è utilmente collocata sarebbe ormai scaduta. 4.1. La Regione, dunque, pur essendo intervenuta con inspiegabile ritardo, non è rimasta silente, avendo la stessa provveduto negativamente, con il provvedimento qui impugnato, sulla domanda di assegnazione della sede farmaceutica avanzata dall’interessata. 4.2. Ne deriva l’infondatezza della domanda di accertamento della formazione del silenzio. 4.3. Per ciò che concerne la domanda di annullamento della comunicazione del 16 maggio 2011, si osserva che in base al decreto D.G. Sanità di Regione Lombardia numero 13735 del 26 novembre 2008, la graduatoria del concorso di cui è causa ha validità biennale, a decorrere dal giorno della sua pubblicazione sul BURL. 4.4. Tale graduatoria, nel caso concreto, è stata pubblicata due volte una prima in data 14 gennaio 2009 ed una seconda in data 25 giugno 2009. 4.5. La seconda pubblicazione è stata effettuata in quanto l’Amministrazione si è accorta di aver commesso alcuni errori nel calcolo del punteggio attribuito a 32 candidati i quali, dopo le rettifiche apportate alla graduatoria con provvedimento numero 5985 del 16 giugno 2009, sono stati collocati in posizioni diverse da quelle originarie. 4.6. E’parere del Collegio che il provvedimento da ultimo citato abbia radicalmente mutato la graduatoria in origine approvata, soprattutto in considerazione del fatto che, dopo la rettifica, vi è stata una pluralità di modifiche nel posizionamento dei candidati. Anzi deve ritenersi che, proprio per quanto appena affermato, non possa più parlarsi di una sola graduatoria rettificata dopo la prima approvazione ma di due graduatorie diverse, essendo la seconda completamente differente dalla prima. 4.7. Per questa ragione non è possibile far decorrere il termine di validità della seconda graduatoria di definitiva collocazione dei candidati dal momento di pubblicazione di precedente graduatoria ormai non più in essere in quanto errata e sostituita da altra successiva, come pretende di fare l’Amministrazione resistente. E deve dunque convenirsi con la ricorrente quando afferma che il termine biennale di validità ha iniziato a decorrere dal giorno 25 giugno 2009 data di pubblicazione della seconda graduatoria e che quindi in data 16 maggio 2011 giorno di adozione del provvedimento qui gravato , l’Amministrazione era tenuta a provvedere all’assegnazione della sede farmaceutica richiesta, essendo in quel momento il suddetto termine non ancora spirato. 4.8. Va quindi ribadita la fondatezza della doglianza. La comunicazione del 16 maggio 2009 è pertanto illegittima e deve essere annullata. 5. Come visto la ricorrente, nella domanda sul silenzio, ha anche chiesto al giudice di accertare la fondatezza della propria istanza ai sensi dell’articolo 31, comma 3, c.p.a. 5.1. Si è anche visto tuttavia che la domanda sul silenzio è infondata, in quanto l’Amministrazione ha, in realtà, provveduto seppur negativamente sull’istanza avanzata. 5.2. Occorre allora esaminare se l’azione di accertamento sulla fondatezza dell’istanza possa essere proposta in questa sede, nonostante l’intervento di un provvedimento negativo dell’amministrazione ritenuto illegittimo dal giudice e nonostante il citato articolo 31, comma 3, c.p.a. sembri ammettere tale azione solamente quando l’amministrazione sia rimasta silente. 5.3. Ritiene il Collegio che la risposta al quesito debba essere positiva. 5.4. Con sentenza 29 luglio 2011 numero 15, l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha già affermato la possibilità di generale esperimento dell’azione di puro accertamento nel processo amministrativo, nonostante l’assenza nel c.p.a. di disposizioni che espressamente prevedano tale possibilità. 5.5. Le argomentazioni radicalmente contrarie alla tesi qui sostenuta, che fanno leva sul principio di tipicità delle azioni processuali, possono dunque essere superate attraverso il rinvio alle motivazioni contenute in quella sentenza. 5.6. Va peraltro notato che la decisione dell’adunanza plenaria fa specifico riferimento al caso in cui il ricorrente, per ottenere sostanziale tutela dei propri interessi, sia costretto a proporre azione di mero accertamento per mancanza di un provvedimento amministrativo da impugnare salvo precisare che in mancanza dell’intervento, in corso del giudizio, del provvedimento non è possibile, ai sensi dell’articolo 34, comma 2, c.p.a., emettere la pronuncia di merito . 5.7. Nel caso in esame, come visto, il provvedimento da impugnare invece esiste sicché occorre verificare se l’azione di accertamento possa essere esperita anche congiuntamente all’ordinaria azione costitutiva di impugnazione. 5.8. A suffragio della conclusione positiva possono essere addotti i seguenti argomenti. 5.9. Il primo argomento è che, come ormai da più parti riconosciuto, nel processo amministrativo - pur rivestendo ancora questo, salve particolari eccezioni, carattere formalmente impugnatorio e pur essendo questo ancora formalmente incentrato sulla verifica di legittimità dell’atto amministrativo - assume rilevanza pregnante l’interesse sostanziale al bene della vita che il ricorrente intende tutelare con la proposizione del ricorso. La funzione del processo dunque non è solo quella di sindacare la legittimità del provvedimento, ma anche quella di contribuire a delineare il corretto assetto degli interessi investiti dall’azione amministrativa. Esso pertanto ha per oggetto non solo l’atto ma anche, perlomeno indirettamente, il rapporto che lega pubblica amministrazione e cittadino ed emblematico in questo senso è l’articolo 1 c.p.a., in base al quale la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo. 5.10. La stessa adunanza plenaria, per giustificare l’ammissibilità generalizzata dell’azione di mero accertamento pur in mancanza di una previsione di tal portata nel c.p.a. , pone in risalto la centralità dell’interesse del ricorrente, affermando che tale mancata previsione non è dovuta ad una incompatibilità ontologica fra processo amministrativo ed azione di mero accertamento e a prova di ciò vengono invocate le numerose disposizioni che, in casi particolari, ammettono tale tipologia di azione , ma al fatto che, normalmente, la pronuncia costitutiva di annullamento è sufficientemente satisfattiva per l’interessato si afferma pertanto che, se l’azione di annullamento non può essere esperita, occorre ammettere almeno l’azione di accertamento, al fine di assicurare comunque tutela all’interesse di parte . 5.10. Ma allora, se l’interesse della parte riveste ruolo centrale, deve ritenersi che l’azione di mero accertamento debba essere ammessa, non solo quando la posizione soggettiva non possa essere altrimenti tutelata per mancanza di un provvedimento amministrativo da impugnare, ma ogni volta questa sia in grado fornire all’interessato un’utilità concreta e dunque anche congiuntamente all’azione impugnatoria. 5.11. Il secondo argomento è che, come riconosciuto in dottrina ed in giurisprudenza, una pronuncia di accertamento è sempre necessariamente contenuta, seppur in maniera implicita, anche nelle altre tipologie di pronunce costitutive e di condanna emesse dal giudice amministrativo, posto che ogni pronuncia, qualunque ne sia il contenuto, presuppone necessariamente l’avvenuto accertamento della regola concreta da applicare alla fattispecie di causa. E così, la pronuncia costitutiva di annullamento presuppone necessariamente l’accertamento della non conformità delle modalità di esercizio concreto del potere al paradigma legislativo e, implicitamente, l’accertamento delle modalità secondo la quali tale potere avrebbe dovuto essere esercitato. 5.12. A differenza di quanto accade per il giudice civile, non sempre la regola concreta enucleata nella sentenza emessa dal giudice amministrativo è in grado di dare definitivo assetto agli interessi delle parti, residuando spesso in capo alla pubblica amministrazione margini per valutazioni discrezionali. Ma quando ciò è possibile, e qualora la parte ne abbia interesse, non si vede il motivo per il quale il giudice, attraverso una pronuncia dichiarativa, non possa esplicitare la regola implicitamente contenuta nella motivazione della sentenza di annullamento ed indicare dunque nel dispositivo se la pretesa al bene della vita cui la parte aspira sia fondata o meno. 5.13. Vanno richiamati in proposito i limiti sanciti dalla norma contenuta nell’articolo 31, comma 3, c.p.a., dettata in materia di azione sul silenzio ma, secondo il Collegio, suscettibile di applicazione generalizzata cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 8 giugno 2011 numero 1428 , secondo la quale l’accertamento della fondatezza della pretesa può essere effettuato dal giudice in caso di attività amministrativa vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non siano necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione. 5.14. Il terzo argomento fa leva sull’articolo 34, comma secondo, c.p.a., in base al quale “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati.”. Come è stato notato, tale disposizione non può che riferirsi all’azione di accertamento, posto che le altre tipologie di azione ed in particolare quella impugnatoria presuppongono necessariamente l’avvenuto esercizio del potere amministrativo. 5.15. Il potere viene esercitato dall’amministrazione attraverso l’adozione del provvedimento. Se si vuole attribuire un senso alla norma, si deve allora ammettere che l’azione di accertamento sia esperibile congiuntamente all’azione di annullamento, posto che nessuna utilità potrebbe avere un accertamento sulla fondatezza della pretesa al bene della vita in mancanza dell’annullamento del provvedimento che nega tale bene all’interessato resta salvo quanto previsto dall’articolo 34, comma 3, c.p.a. a fini risarcitori . 5.16. Infine l’ultimo, e fondamentale, argomento è che, se si ammette la possibilità generalizzata di esperimento congiunto dell’azione di annullamento e dell’azione di adempimento come ormai si ammette in giurisprudenza .cfr. Consiglio di Stato, ad. plenumero , 23 marzo 2011 numero 3, TAR Lombardia Milano numero 1428/2011 cit. , non ha senso escludere tale possibilità con riferimento all’azione di accertamento. 5.17. Quest’ultima costituisce un quid minus rispetto all’azione di adempimento posto che, con la prima il giudice si limita ad accertare la fondatezza della pretesa mentre con la seconda, una volta accertata la fondatezza della pretesa, il giudice provvede altresì a condannare l’amministrazione ad emettere il provvedimento voluto dall’interessato. Ne consegue che del tutto irrazionale sarebbe ammettere la possibilità di pronunciare, assieme all’annullamento dell’atto lesivo, la condanna dell’amministrazione all’adozione del provvedimento sperato e, allo stesso tempo, negare la possibilità di emettere una pronuncia che oltre a disporre l’annullamento dell’atto lesivo si limiti invece a dichiarare fondata la pretesa ad ottenere il provvedimento stesso. 5.18. Per queste ragioni l’azione di accertamento, proposta nel presente giudizio congiuntamente all’azione di annullamento, va ammessa. 6. Per ciò che concerne il merito va osservato che la ricorrente si è collocata in posizione utile della graduatoria formata per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche e che non risultano dagli atti depositati in giudizio elementi ostativi che si oppongano all’attribuzione della sede da lei richiesta. Pertanto, essendo il potere che l’Amministrazione deve ancora esercitare ormai del tutto vincolato e non sussistendo dunque i limiti di cui al citato articolo 31, comma terzo, c.p.a., è possibile per il giudice dichiarare fondata la domanda proposta volta ad ottenere l’assegnazione della sede farmaceutica di Barzana. 6.2. Avverso tale conclusione non può essere addotta la circostanza che la suddetta graduatoria è, nelle more del giudizio, effettivamente venuta a scadenza. 6.3. E’ pur vero che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, le sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi anteriormente alla notificazione della sentenza rilevano nel processo amministrativo potendone determinare l’improcedibilità e devono essere prese in considerazione dall’amministrazione nell’attività successiva alla pronuncia. 6.4. Tale regola però costituisce eccezione al principio generale secondo il quale la durata del processo non deve andare a discapito della parte e si spiega in ragione del fatto che la sentenza del giudice amministrativo, innestandosi nell’azione della pubblica amministrazione, non è da sola sufficiente per delineare il definitivo assetto di interessi delle parti, essendo allo scopo necessaria l’intermediazione del provvedimento amministrativo che, intervenendo successivamente alla domanda processuale ed alla pronuncia della sentenza, subisce il condizionamento degli elementi sopravvenuti. 6.5. Proprio in quanto eccezione al principio generale, ritiene il Collegio che la regola, in aderenza ad un’autorevole opinione dottrinale, vada applicata in maniera restrittiva, e cioè solo quando la sopravvenienza determini una situazione di fatto o giuridica totalmente incompatibile con la soddisfazione della pretesa di parte. Del resto la stessa giurisprudenza ha mitigato la portata della regola stessa affermando, in materia urbanistica, che la sopravvenuta approvazione di un piano, che rende inedificabile l’area per la quale era stato a suo tempo negato un titolo edilizio, non rende improcedibile il ricorso instaurato avverso l’atto di diniego, dovendo l’amministrazione, in caso di accoglimento del ricorso medesimo, verificare la possibilità di disporre una deroga o una modifica del piano sopravvenuto che recuperi, in tutto o in parte, le previsioni urbanistiche sulle quali si fondava l'originaria domanda di concessione a torto respinta cfr. Consiglio Stato sez. V, 9 novembre 1998 numero 1586 T.A.R. Milano Lombardia , sez. II, 8 ottobre 2004 numero 5509 . 6.6. Nel caso di specie, ritiene il Collegio che il mero decorso del tempo e la sopravvenuta scadenza della graduatoria non abbiano determinato l’insorgere di una situazione di fatto e giuridica del tutto incompatibile con la pretesa della ricorrente ad ottenere l’assegnazione della sede farmaceutica richiesta tenuto conto che a ciò non ostano né ragioni di interesse pubblico posto che la ricorrente stessa, collocatasi in posizione utile di graduatoria, ha dimostrato, in tempi comunque relativamente recenti, di possedere i requisiti necessari per conseguire la titolarità della sede , né ragioni di interesse privato posto che, a quanto risulta, la sede è ancora vacante . 6.7. Va dunque ribadita la fondatezza della pretesa della ricorrente ad ottenere l’assegnazione della sede farmaceutica di Barzana. 7. In conclusione, per le ragioni illustrate, in accoglimento del ricorso, va disposto l’annullamento del provvedimento impugnato. Va altresì dichiarata la fondatezza della pretesa della ricorrente ad ottenere l’assegnazione della sede farmaceutica di Barzana. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla il provvedimento impugnato. Dichiara fondata la pretesa della ricorrente ad ottenere l’assegnazione della sede farmaceutica di Barzana. Condanna Regione Lombardia a rifondere alla ricorrente le spese di causa che vengono quantificate in euro 1.500,00 oltre IVA e c.p.a., fermo l’onere di cui all’articolo 13, comma 6 bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.