Con una ordinanza la Suprema Corte impartisce lezioni di procedura civile
Come si scrive la parte del ricorso per cassazione che descrive il fatto su cui si basa il motivo? Che differenza c’è tra error in iudicando ed error in procedendo? Per rispondere a queste domande non è necessario consultare un manuale di procedura civile basta leggere una breve ordinanza della Corte di cassazione depositata il 10 novembre scorso numero 23502 che, da sola, vale quanto un corso di aggiornamento. Muovendo dalla necessità di motivare la declaratoria di inammissibilità di un ricorso, i giudici della Suprema Corte hanno dismesso per un attimo la toga con gli alamari dorati ed hanno indossato la cappamagna degli accademici, per spiegare per filo e per segno come si scrive un ricorso a regola d’arte. Ecco i contenuti della Lectio magistralis. Il principio di autosufficienza nella formulazione dei motivi la regola del dove, come, quando. Ognuno dei motivi del ricorso deve riassumere le questioni già prospettate - con specifica indicazione del dove, del come e del quando - prima della riproposizione delle stesse dinanzi al giudice di legittimità. E quindi, l’avvocato deve indicare riferimenti specifici ed esaurienti ai temi e ai modi con cui i rilievi fattuali formulati in sede di legittimità sarebbero entrati a far parte del thema decidendum e del thema probandum del giudizio di merito. Se poi vengono fatti valere atti in contestazione e documenti a discarico, questi devono essere trascritti, limitatamente alle parti salienti. Ciò in quanto il principio di autosufficienza postula che la parte riporti la situazione documentale della quale si chiede un'adeguata valutazione. In buona sostanza, dunque, affinché un ricorso sia redatto a regola d’arte, non può essere omessa «quella trascrizione esauriente - si legge nell’’ordinanza - che sola consente la chiara e completa cognizione dei fatti senza la necessità di ricorrere ad altre fonti, dovendo, questa Corte essere messa nelle condizioni di compiere la delibazione del ricorso e delle questioni sollevate sulla base del solo contenuto dell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative». Il vizio di motivazione per error in iudicando. La denuncia di un error in iudicando, per vizi della motivazione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 5, presuppone che il giudice di merito abbia preso in esame la questione prospettatagli e l'abbia risolta in modo non corretto. Tale è il presupposto che consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità di effettuare una verifica in ordine alla logicità della motivazione, sulla base del solo esame della sentenza impugnata. La censura non può pertanto riguardare l'omesso esame da parte del giudice di secondo grado in ordine a questioni dedotte in appello, che diversamente postula la denuncia di un error in procedendo. Il vizio di omessa pronunzia su pretese censure in appello per error in procedendo. L’omesso esame da parte del giudice di secondo grado in ordine a questioni dedotte in appello postula, invece, la denuncia di un error in procedendo. Ciò si verifica in caso di omessa pronunzia su pretese censure in appello e, dunque, di violazione, da parte del giudice del merito, dell'articolo 112 c.p.c. per omessa pronunzia. Tali vizi vanno fatti valere in sede di ricorso per cassazione, esclusivamente ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4.
Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 26 ottobre – 10 novembre 2011, numero 23502 Presidente Parmeggiani – Relatore Cirillo Fatto e diritto Con sentenza del 14 luglio 2008 la CTR - Piemonte rigetta il gravame proposto da Q.E. nei confronti dell'Agenzia delle entrate, confermando l'annullamento dell'avviso di accertamento R21H00010 per l'anno d'imposta 1999. Afferma, in particolare, che non è fondato e deve, quindi, essere respinto l'appello del contribuente volto a contestare l'accertamento dell'ufficio basato sulla determinazione induttiva del reddito , poiché l'amministrazione ha provveduto ad accertare il maggior reddito sulla base degli studi di settore , provvedendo poi a convocare il contribuente per l'instaurazione del contraddittorio . Rileva, inoltre, che esso non si presentato e che in giudizio ha prodotto solo una serie di scontrini fiscali emessi . Propone ricorso per cassazione, affidato a unico motivo, Q.E. e denuncia vizio di omessa o insufficiente motivazione, ex articolo 360 numero 5 c.p.c., in ordine alla determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari, basandosi esclusivamente sui parametri degli studi settore e trascurando, invece, altri indicatori l'Agenzia resiste con controricorso. All'esito della relazione ex articolo 380 bis c.p.c. e delle comunicazioni e notificazioni di rito, il ricorrente presenta memoria. Il ricorso va disatteso. L'accertamento standardizzato mediante studi di settore è un sistema di presunzioni semplici cfr., C. cost., sent. 1 aprile 2003, numero 105 , la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio indispensabile ad adattare uno strumento, frutto di un'”elaborazione statistica”, alla reale situazione soggettiva ed a sfruttare al massimo la sua flessibilità, da attivare con il contribuente, che può tuttavia restare inerte assumendosi le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento cfr. Sez. 5 nnumero 4148/2009, 26459/2008 e 23602/2008 . Egli, nel giudizio d'impugnazione dell'atto di accertamento, ha la più ampia facoltà di allegazione e prova potendo contestare sia le condizioni a cui la legge subordina l'applicabilità degli studi di settore, sia la sequenza delle inferenze presuntive che sono alla base degli studi di settore, ma giammai può limitarsi alla mera enunciazione dell'inadeguatezza dello studio applicato o a eccepire le ridotte dimensioni aziendali e la crisi del settore, dovendo addurre, invece, elementi certi e convincenti a suo discarico e dare una critica dimostrazione delle concrete implicazioni di detti eventi in termini di minori ricavi e minor reddito rispetto ai risultati dello studio di settore Sez. U numero 26635/2009 Sez.5 numero 2816/2008 . Nella specie, il ricorrente lamenta, invece, che i giudici d'appello hanno omesso di motivare in ordine a taluni rilievi favorevoli al contribuente a atipicità dell'attività di manutenzione di attrezzatura da sci b stagionalità dell'attività stessa, c localizzazione nel comune di xxxxxxxx, piccolissimo e lontano dalla montagne e crisi del distretto del xxxxxxxx d assenza di dipendenti e ridotte dimensioni della struttura produttiva f particolare ciclo di lavorazione con utilizzo di beni strumentali non in serie . La censura, così come formulata, è manifestamente inammissibile. Più che di omessa motivazione, invece, si tratta di omessa pronunzia su pretese censure in appello e la violazione, da parte del giudice del merito, dell'articolo 112 c.p.c. per omessa pronunzia deve essere fatta valere in sede di ricorso per cassazione, esclusivamente ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c È, pertanto, inammissibile il ricorso con il quale, come nella specie, siffatta censura sia proposta quale vizio della motivazione ex numero 5 dello stesso articolo 360 c.p.c. cfr., ex plurimis, Sez. 3 numero 12952/2007 . La denuncia di un error in iudicando , per vizi della motivazione, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 c.p.c., presuppone che il giudice di merito abbia preso in esame la questione prospettatagli e l'abbia risolta in modo non corretto, e consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità di effettuare una verifica in ordine alla logicità della motivazione, sulla base del solo esame della sentenza impugnata tale censura non può pertanto riguardare l'omesso esame da parte del giudice di secondo grado in ordine a questioni dedotte in appello, che diversamente postula la denuncia di un error in procedendo . Inoltre, il motivo si risolve, da un lato, nell'inammissibile tentativo d'imporre una rivisitazione generalizzata degli atti processuali, che appartiene esclusivamente al giudice del merito, dall'altro non ottempera al principio dell'autosufficienza, che impone di riassumere le questioni già prospettate - con specifica indicazione del dove, del come e del quando - prima della riproposizione delle stesse dinanzi al giudice di legittimità Sez. 5 numero 15180/2010 . Manca, invece, persino graficamente qualsiasi riferimento ai tempi e modi con cui i rilievi fattuali formulati in sede di legittimità sarebbero entrati a far parte del thema decidendum e del thema probandum del giudizio di merito. Infine, il mezzo difetta di autosufficienza, anche sotto altro profilo, mancando la trascrizione, nelle parti salienti, sia dell'atto impositivo contestato, sia dei documenti asseritamente addotti a discarico. Deve ribadirsi, in conformità del resto a una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, da cui totalmente prescinde il ricorrente, che è necessario che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso correlato all'estraneità del giudizio di legittimità all'accertamento del fatto , riportando la situazione documentale della quale si chiede un'adeguata valutazione cfr., da ultimo, Sez. 5 numero 12432/2011 . Né valgono, nella specie, talune sporadiche e arbitrarie estrapolazioni, quali quelle virgolettate anche in memoria v. es. pag. 13 e 14 , atteso che nella specie, ciò che manca è proprio quella trascrizione esauriente, che sola consente la chiara e completa cognizione dei fatti senza la necessità di ricorrere ad altre fonti, dovendo, questa Corte essere messa nelle condizioni di compiere la delibazione del ricorso e delle questioni sollevate sulla base del solo contenuto dell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative. In conclusione, il ricorso deve essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375, comma 1, c.p.c., stante la sua manifesta inammissibilità le spese di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.000 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.