Tirocinio obbligatorio per tutti e non superiore a 18 mesi? Agli ordini professionali la decisione

Il Ministero propone tirocinio obbligatorio per tutte le professioni regolamentate e di durata massima non superiore a diciotto mesi. Ma secondo il Consiglio di Stato è meglio lasciare agli ordini professionali decidere in merito. Peraltro, è necessario definire meglio l’ambito delle professioni regolamentate per evitare che vi siano comprese attività oggi già libere.

La Sezione consultiva per gli atti normativi, nella seduta del 5 luglio 2012 ha esaminato lo schema di decreto recante «Riforma degli ordinamenti professionali in attuazione dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 numero 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 numero 148». Il decreto, al quale si riferisce il parere numero 3169, relatore il consigliere Roberto Chieppa e depositato il 10 luglio scorso è attuativo dell’articolo 3, comma 5, dl 138/2011, come peraltro puntualmente recita il titolo del provvedimento. Provvedimento quest’ultimo che dovrebbe rispettare i termini della fonte primaria la quale aveva fissato in 12 mesi il termine per la sua emanazione e, quindi, il 13 agosto prossimo. Questi i principi ispiratori per l’accesso alle professioni regolamentate stabiliti dal suddetto dl 138/2011 a l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una certa professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, è consentita unicamente laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana, e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, della sede legale della società professionale b previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali, fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina ECM . La violazione dell'obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall'ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione c la disciplina del tirocinio per l'accesso alla professione deve conformarsi a criteri che garantiscano l'effettivo svolgimento dell'attività formativa e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione d a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti e gli ordinamenti professionali dovranno prevedere l'istituzione di organi a livello territoriale, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina. La carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali. Le disposizioni della presente lettera non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente f la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie. con una compiuta spiegazione. Sulla base di questi criteri il Ministro della giustizia ha elaborato la proposta evidenziando che, comunque, dal 13 agosto prossimo sono da considerarsi abrogate tutte le leggi professionali, fermo restando, peraltro, che il Governo ha la facoltà, entro fine anno, di raccogliere in un testo unico tutte le disposizioni da considerarsi ancora in vigore a seguito dell’avvenuta riforma. Competenza statale e tutela della concorrenza. Il regolamento di disciplina di tutte le professioni regolamentate ha imposto una necessaria considerazione generale ovvero che i principi di liberalizzazione riguardano tutte le professioni e la riforma è direttamente ispirata a realizzare la piena concorrenza nel settore, in conformità con il diritto dell’Unione europea, che qualifica l’attività delle libere professioni come servizi articolo 57, par. 2, lett. d del Trattato dell’Unione e, quindi, anche la competenza statale. Del resto, la legge delega aveva espressamente chiarito che «gli ordinamenti professionali devono garantire che l’esercizio dell’attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l’effettiva possibilità di scelta degli utenti nell’ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti». Ed è in pratica per questo motivo che l’accesso alla professione è libero ed il suo esercizio è fondato e ordinato sull’autonomia e sull’indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. È quindi legittimo porre limitazioni soltanto laddove ci siano ragioni di pubblico interesse, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana anche se non ci devono essere discriminazioni dirette o indirette basate sulla nazionalità o, in caso dell’attività esercitata in forma societaria, della sede legale della società professionale. Necessario definire l’ambito della regolamentazione. Il Collegio, rispetto il testo proposto dal Ministero della giustizia, ha sviluppato alcune considerazioni. Innanzitutto rileva che è stata adottata una definizione eccessivamente ampia di professione regolamentata. E ciò porterebbe ad applicare il decreto anche ai soggetti che si trovano inseriti in un qualsiasi albo, registro o elenco tenuto da amministrazioni o enti pubblici. E ciò ne dilata l’ambito oltre i limiti della norma primaria che «va ricondotta solo all’inserimento in ordini, collegi o albi,il cui effetto non è limitato alla verifica vincolata dei requisiti di legge, ma è esteso all’attribuzione in capo ai rispettivi organi di poteri ulteriori riconducibili a funzioni amministrative». In caso contrario, rileva la Sezione, si verrebbe a creare il paradosso che attività non regolamentate, ovvero libere, sarebbero soggette ad aggravi oggi non previsti. Il tirocinio. La Sezione consultiva, oltre ad alcune osservazioni relative alla pubblicità informativa, strettamente connessa anche al Codice del consumo, si è soffermata sulla questione relativa al tirocinio, rilevando che il legislatore, con l’articolo 9, comma 6, dl 1/2012, ha fissato il 18 mesi e tale termine è già precettivo. Ciò nonostante, ha osservato il Collegio, non per tutte le professioni regolamentate vi è attualmente l’obbligatorietà del tirocinio ai fini dell’accesso all’esercizio della professione e la legge delega non intendeva estendere l’obbligo. In sostanza, «è preferibile lasciare agli ordinamenti delle singole professioni la decisione della necessità e della durata del tirocinio, sentito il Ministro vigilante». «Peraltro, osserva ancora il Collegio, il tirocinio obbligatorio per tutte le professioni determinerebbe l’ulteriore inconveniente di essere effettuato addirittura due volte per quegli albi, suddivisi in due sezioni a seconda del titolo di studio laurea triennale o laurea magistrale come ad esempio per la professione di ingegnere, per la quale oggi non è previsto alcun tirocinio obbligatorio». Ed è evidente osserva ancora, che la norma proposta allungherebbe di molto i tempi attuali di ingresso nel mondo del lavoro. Va, invece, considerato il fatto, puntualizza la Sezione, che per i primi sei mesi il tirocinio possa essere svolto in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea, sulla base di convenzioni tra i consigli nazionali degli ordini ed il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e che analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i consigli nazionali degli ordini ed il Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all’esito del corso di laurea. Dominus e praticanti. Lo schema di regolamento, si legge nel parere, prevede che «al fine di rendere adeguata la formazione, è previsto il requisito di cinque anni di anzianità per il professionista affidatario del tirocinante, ed il tetto di tre praticanti contemporaneamente, salva deroga con motivata autorizzazione del consiglio dell’ordine o del collegio competente». Ebbene, afferma la Sezione, il tetto di tre praticanti non è sorretto da alcuna giustificazione, specie se accompagnato da una possibilità di deroga fondata su presupposti indeterminati. È quindi necessario che se deroghe ci possono essere, è necessario che le stesse siano a carattere generale e non riguardino, quindi, casi singoli, per evitare disparità di trattamento. I consigli dell’ordine dovranno, quindi, fissare in via generale e con criteri predeterminati la possibilità di deroga, perché tutti possano svolgere il tirocinio, in modo da evitare assolutamente che per alcune professioni si possa determinare una difficoltà nell’individuare il professionista affidatario. Formazione. Relativamente a tale aspetto, la Sezione osserva che ciò che rileva è la qualità dei corsi, più di chi li organizza e che la qualità viene garantita fissando dei requisiti minimi che devono essere validi per tutti ordini e collegi compresi semplificando poi i successivi adempimenti, che possono consistere in autodichiarazioni dei suddetti requisiti minimi con eventuali controlli successivi. A proposito della formazione permanente, permane l’obbligo del continuo e costante aggiornamento della competenza professionale a tutela degli interessi degli utenti e della collettività cui è rivolto il servizio professionale. Ma relativamente a queste questioni ci sarà la necessità di un ulteriore intervento normativo da parte degli ordini. Sanzioni disciplinari. Secondo il Collegio, lo schema di regolamento all’esame è sprovvisto di qualsiasi potere di intervento per gli organi disciplinari aventi natura giurisdizionale. Ciò nonostante può essere previsto che colui il quale esercita funzioni disciplinari anche nei consigli nazionali aventi natura giurisdizionale non può, scattando l’incompatibilità, esercitare funzioni amministrative. La separazione tra funzioni amministrative e funzioni disciplinari, riporta il parere, è chiaramente dettata allo scopo di garantire terziarità ed indipendenza di chi decide le questioni disciplinari e, a tal fine, in alcun modo è giustificata l’esclusione dell’opzione di prevedere negli organi disciplinari anche soggetti terzi rispetto agli iscritti agli ordini, scelti tra soggetti in possesso di determinati requisiti, come già attualmente avviene in alcuni casi.

Consiglio di Stato, sez. Consultiva per gli Atti Normativi, parere 5 luglio 2012, numero 3169 Presidente Cossu – Estensore Chieppa OGGETTO Ministero della giustizia Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante Riforma degli ordinamenti professionali in attuazione dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, numero 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, numero 148 . LA SEZIONE Vista la relazione del 19 giugno 2012, pervenuta il 20 giugno 2012, con cui il Ministero della giustizia chiede il parere in ordine allo schema di regolamento in oggetto. Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore, Consigliere Roberto Chieppa Premesso Riferisce l'Amministrazione che l'intervento normativa di riforma degli ordinamenti professionali trova fondamento in un contesto di legislazione primaria modificatosi in un breve arco temporale, nell'ambito del quale si sono succedute le seguenti disposizioni l'articolo 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, numero 148, recante Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo , norma con la quale sono stati fissati principi ai quali devono necessariamente conformarsi tutte le professioni regolamentare l'articolo 10 della legge 12 novembre 2011, numero 183, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge di stabilità 2012 , che, in materia di 'Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti', ha modificato l'articolo 3, comma 5, alinea, del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138, introducendo lo strumento normativo attraverso il quale effettuare la riforma degli ordinamenti professionali, individuato nel regolamento di delegificazione di cui all'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, numero 400 è stato altresì previsto, dalla stessa disposizione, che le norme vigenti sugli ordinamenti siano abrogate con effetto dall'entrata in vigore del regolamento governativo l'articolo 33 del decreto legge 6 dicembre 2011, numero 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, numero 214, recante Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici , con cui sono stati regolati introducendo un comma 5-bis, di seguito al comma 5 dell'articolo 3 del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138 i tempi di attuazione della normativa secondaria di delegificazione, stabilendo che le leggi professionali sarebbero state abrogate 'in ogni caso' dalla data del 13 agosto 2012, ovvero, solo se anteriore, dalla data di adozione dei regolamenti con la stessa norma l'effetto abrogante è stato limitato alle sole disposizioni in contrasto con i principi autoesecutivi formulati dall'articolo 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138 che li aveva introdotti con il medesimo articolo 33 è stata espressamente conferita al Governo la facoltà di raccogliere, entro il 31 dicembre 2012, in un testo unico da emanare ai sensi dell'articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, numero 400, le disposizioni da considerarsi in vigore a seguito dell'avvenuta riforma è stato così introdotto il comma 5-ter, di seguito al comma 5-bis dell'articolo 3 del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138 l'articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012, numero 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, numero 27, recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività , con il quale è stato integralmente abrogato il sistema delle tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico sono stabilite le modalità di pattuizione del compenso per le prestazioni professionali e fissati obblighi informativi in favore del cliente, con la previsione di un preventivo di massima è stata prevista in diciotto mesi la durata massima del tirocinio per l'accesso alle professioni e stabilita la possibilità che i primi sei mesi di tirocinio possano essere svolti in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea è stato modificato l'articolo 3, comma 5, nelle parti incompatibili con le nuove disposizioni immediatamente precettive. L'amministrazione prosegue elencando i seguenti principi guida dei regolamenti di delegificazione attraverso cui provvedere alla liberalizzazione delle professioni a l'accesso alla professione deve essere libero e fondato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista il numero chiuso, su base territoriale, è consentito solo per particolari ragioni di interesse pubblico come ad esempio la tutela della salute umana e alcuna limitazione può fondarsi su discriminazioni dirette o indirette basate sulla nazionalità, ovvero sulla ubicazione della sede della società professionale b la formazione continua permanente è obbligatoria, ed è sanzionata disciplinarmente la violazione di tale obbligo c il tirocinio per l'accesso deve avere per disposizione di norma primaria durata non superiore ai diciotto mesi, e deve garantire l'effettivo svolgimento dell'attività formativa ed il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione d l'assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale è obbligatoria, e di essa deve essere data notizia al cliente e la funzione disciplinare deve essere affidata ad organi diversi da quelli aventi funzioni amministrative allo scopo è prevista l'incompatibilità della carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale con quella di membro dei consigli di disciplina territoriali e nazionali. f la pubblicità informativa deve essere consentita con ogni mezzo, e può anche avere ad oggetto, oltre all'attività professionale esercitata, i titoli e le specializzazioni del professionista, l'organizzazione dello studio ed i compensi praticati. Nel valutare la compatibilità con il sistema costituzionale delle fonti poste a fondamento della riforma, l'amministrazione richiama la competenza esclusiva statale relativa alla tutela della concorrenza, che consente di incidere sulla materia delle professioni di legislazione concorrente. L'amministrazione evidenzia, inoltre, che la norma primaria non sembra aver tenuto conto della natura della competenza disciplinare di quegli ordini professionali per i quali le funzioni in materia disciplinare sono previste dal legislatore alla stregua di una vera e propria competenza giurisdizionale è il caso, a titolo di esempio, degli architetti, degli avvocati, dei chimici, dei geometri, degli ingegneri, dei periti industriali , giungendo alla conclusione che, non potendo la materia della giurisdizione essere disciplinata se non ad opera della legge ordinaria stante la riserva assoluta di legge ex articolo 108 Cost. , con il regolamento in esame non possono essere disciplinate le funzioni giurisdizionali dei Consigli dell'ordine nazionali. Corollario di tale assunto è che la lettera f dell'articolo 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138, viene riferita ai soli procedimenti disciplinari rimessi alla competenza di consigli che decidono in via amministrativa come nel caso dei commercialisti ed esperti contabili . Sulla base di tali premesse, l'amministrazione illustra il contenuto del decreto, che è unico per tutte le professioni, ed è ripartito in quattro Capi, il primo dei quali, composto di nove articoli, reca disposizioni generali, mentre gli ulteriori capi contengono alcune disposizioni specifiche relative agli avvocati Capo II articolo 10 e 11 , ai notai Capo III articolo 12 e ad abrogazioni ed entrata in vigore Capo IV, articolo 13 e 14 . Considerato 1. Lo schema di regolamento dà attuazione all'articolo 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, numero 148, recante Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo , con cui la riforma degli ordinamenti professionali è stata demandata allo strumento del regolamento di delegificazione di cui all'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, numero 400, con abrogazione delle vigenti norme in contrasto con i nuovi principi a decorrere dalla data del 13 agosto 2012, ovvero, solo se anteriore, dalla data di adozione dei regolamenti. L'effetto abrogante è stato limitato alle sole disposizioni in contrasto con i principi formulati dall'articolo 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138, demandando al Governo la facoltà di raccogliere, entro il 31 dicembre 2012, in un testo unico da emanare ai sensi dell'articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, numero 400, le disposizioni da considerarsi in vigore a seguito dell'avvenuta riforma. In sostanza, l'effetto abrogante previsto dalla norma primaria è diretto ad eliminare gli ostacoli normativi che si frappongono alla liberalizzazione delle professioni, e il presente regolamento ha la funzione di riempire i vuoti, dando attuazione ai principi contenuto nella norma primaria. La scelta dell'amministrazione di procedere all'emanazione di un unico regolamento riguardante tutte le professioni regolamentate è condivisa da questa Sezione, in quanto l'uniformità dei principi di liberalizzazione per tutte le professioni risulta coerente con i criteri fissati dalla norma primaria, in modo appunto indistinto per le diverse professioni. Parimenti condivisibile è la prima parte dell'inquadramento costituzionale, in cui è evidenziato che il contenuto del decreto attiene alla c.d. materia trasversale della tutela della concorrenza, rientrante nella legislazione esclusiva dello Stato, che consente a quest'ultimo di intervenire con la finalità di tutelare la concorrenza anche in relazione a materie rientranti nella competenza concorrente Stato Regioni, come quella delle professioni. E', infatti, evidente che una riforma degli ordinamenti professionali finalizzata ad attuare il principio di liberalizzazione è direttamente ispirata a realizzare la piena concorrenza nel settore, in conformità anche con il diritto dell'Unione europea, che qualifica l'attività delle libere professioni come servizi articolo 57, par. 2, lett. d , TFUE , la cui prestazione non può essere soggetta a restrizione alcuna articolo 56 TFUE . Del resto, la Corte Costituzionale ha da tempo affermato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio, secondo cui l'individuazione delle figure professionali è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale Corte Cost. numero 153/2006 numero 57 /2007 1n precedenza, v. Corte Cost. numero 384/1986 . Alle esigenze di unitarietà presenti con riferimento al contenuto del presente regolamento, va aggiunta la specifica finalità di tutela della concorrenza, che conferma la sussistenza della competenza legislativa statale. La riconduzione dell'intervento normativa alla materia della tutela della concorrenza consente di escludere ogni profilo di contrasto con l'articolo 117, comma 6, della Costituzione, che limita la potestà regolamentare dello Stato alle sole materie di legislazione esclusiva. Con riferimento ai criteri della delega, correttamente riassunti dall'amministrazione nei punti indicati in precedenza, va sottolineato come il criterio principale, che deve costituire la guida per ogni scelta interpretativa, s1a costituito dall'affermazione secondo cui gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti . Per raggiungere tale scopo, la norma primaria fissa, quale primo principio, quello secondo cui l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolare ad esercitare una certa professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, è consentita unicamente laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana, e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, della sede legale della società professionale . Gli altri principi contenuti nel comma 5 dell'articolo 3 del d.l. numero 138/2011 costituiscono attuazione e specificazione dei suddetti primari obiettivi della riforma, e devono essere interpretati nel senso di evitare che l'introduzione delle presenti norme regolamentari possa, anche indirettamente, porsi in contrasto con il libero accesso alle professioni, o possa anche solo ritardare l'accesso alle professioni da parte dei giovani. 2. Passando ad esaminare nel dettaglio il contenuto del decreto, si rileva che l'articolo 1 Definizione e ambito di applicazione contiene le definizioni di 'professione regolamentata' e di 'professionista', adottando, in particolare, una definizione eccessivamente ampia di professione regolamentata come l'attività, o l'insieme delle attività, riservate o meno, il cui esercizio è consentito a seguito di iscrizione in ordini, collegi, albi o registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, allorché l'iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento di specifiche professionalità. L'applicazione di tutte le disposizioni del decreto anche ai soggetti che si trovano inseriti in un qualsiasi albo, registro o elenco tenuto da amministrazioni o enti pubblici appare dilatare l'ambito di applicazione del decreto oltre i limiti della nonna primaria, che, nel fare riferimento al concetto di professione regolamentata , va ricondotta solo all'inserimento in ordini, collegi o albi, il cui effetto non è limitato alla verifica vincolata dei requisiti di legge, ma è esteso all'attribuzione in capo ai rispettivi organi di poteri ulteriori riconducibili a funzioni amministrative. Occorre, pertanto, eliminare il riferimento a registri ed elenchi comunque tenuti da amministrazioni o enti pubblici, e valutare come meglio precisare, nel senso sopra descritto, la nozione di professione regolamentata. Va chiarito che l'effetto di tale eliminazione non è quello di sottrarre le attività soggette a minori oneri di registrazione alla liberalizzazione, ma, nel presupposto che tali attività non siano regolamentate, di evitare un aggravamento degli adempimenti accessori accesso, formazione, ecc. per attività minori, ferma restando la liberalizzazione delle stesse. 3. L'articolo 2 dello schema disciplina l'accesso e l'esercizio dell'attività professionale, confermando i principi contenuti nella norma di delegificazione sulla libertà di accesso alle professioni regolamentate e sul correlativo divieto di limitazione alla iscrizione agli albi professionali se non in forza di previsioni inerenti il possesso o il riconoscimento dei titoli previsti per l'esercizio della professione, o in presenza di condanne penali o disciplinari irrevocabili. Con riferimento al comma 1 occorre espungere dal testo l'inciso , quando esistenti che non appare coerente con il divieto di limitazioni fissato in via generale se il significato dell'inciso è quello di chiarire che le limitazioni esistenti cessano immediatamente, è preferibile esprimere tale previsione in modo chiaro, stabilendo che sono vietate e si intendono immediatamente abrogate tutte le limitazioni . Il comma • 3 dell'articolo 2 stabilisce il divieto, contenuto nella legge di delegificazione, di introdurre limitazioni del numero di persone abilitate ad esercitare la professione su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. I periodi Sono fatti salvi gli obblighi e i limiti di prestazione professionale in una determinata area geografica, parimenti fondati su ragioni di interesse pubblico, stabiliti per l'esercizio dell'attività notarile. Sono altresì fatte salve le limitazioni derivanti dall'attività assunta alle dipendenze di enti o di altri professionisti, funzionali alle finalità degli enti e al rapporto contrattuale con i professionisti. non appaiono necessari, in quanto dette deroghe non possono essere introdotte direttamente dal regolamento, non essendo giustificate sulla base della lett. a del comma 5 dell'articolo 3 del d.l. numero 138/2011, che non attribuisce alla fonte secondaria un potere di introdurre deroghe, ma si limita a fare salve le limitazioni in forza di una disposizione di legge rispondenti a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana. La riproduzione delle deroghe nel regolamento rischia, quindi, di rendere meno chiaro il quadro normativa, duplicando le fonti e soprattutto inserendo in una fonte secondaria il contenuto di una deroga, che solo la legge può prevedere. Occorre, pertanto, eliminare i due periodi, rimettendo alla valutazione dell'amministrazione l'eventuale inserimento di un mero rinvio, senza citarle, alle disposizioni di legge derogatorie. 4. L'articolo 4 dà attuazione all'articolo 3, comma 5, lettera g , del d.l. 138/2011, disciplinando, in chiave di incentivazione della concorrenza, la pubblicità informativa dell'attività professionale. La disposizione non contiene significativi elementi ulteriori rispetto alla lettera sopra citata e, in ragione di ciò, occorre utilizzare sempre lo stesso termine 'pubblicità informativa , indicato dalla norma primaria, in sostituzione al comma 2 del termine informazioni pubblicitarie . Anche l'inciso funzionali all'oggetto , contenuto nel comma 2, non appare chiaro e proprio per non inserire, come detto nella relazione, riferimenti ambigui alla dignità e al decoro professionale , che in passato hanno dato luogo a problemi interpretativi e applicativi, occorre eliminare l'inciso, attenendosi al contenuto della citata lett. g , anche per evitare che un parametro non oggettivo possa poi essere valutato sotto il profilo disciplinare in base al comma successivo. Al comma 3 è, infatti, precisato che la violazione dei doveri di correttezza e non ingannevolezza costituisce illecito disciplinare, e appare opportuno completare il comma aggiungendo 'oltre a integrare una violazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005 numero 206 e 2 agosto 2007, numero 14511 pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole . La violazione degli obblighi in materia di pubblicità informativa può, infatti, integrare anche una violazione della disciplina del Codice del consumo se effettuata in pregiudizio dei consumatori, o del D. lgs. numero 145/2007 in materia di pubblicità ingannevole se in danno di altri professionisti. 5. L'articolo 5 definisce i confini dell'obbligo, cui è tenuto il professionista, di stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività. Al riguardo, appare preferibile utilizzare il termine contenuto nella norma primaria, che stabilisce che le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti in luogo della possibilità per il professionista, prevista nello schema, di stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali degli ordini o collegi o da associazioni professionali o da casse o enti di previdenza, idonea assicurazione 6. L'articolo 6 disciplina la materia del tirocinio per l'accesso alla professione. Si deve evidenziare che la materia ha subìto un duplice intervento del legislatore dapprima l'articolo 33, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, numero 201 ha modificato l'articolo 3, comma 5, lettera c , del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138, riducendo da tre anni a diciotto mesi la durata massima del tirocinio e, successivamente, l'articolo 9, comma 6, del decreto legge 24 gennaio 2012, numero 1, ha stabilito, con norma immediatamente precettiva, la durata massima di diciotto mesi del tirocinio per l'accesso alle professioni, modificando nuovamente la citata lett. c dell'articolo 3, comma 5, del d.l. numero 138/2011. Il limite massimo del tirocinio è, quindi, direttamente fissato dal legislatore in diciotto mesi dall'articolo 9, comma 6, del d.l. numero 1/2012, che, come correttamente ritenuto dall'amministrazione, è disposizione immediatamente precettiva. Trattandosi di una durata massima, il comma 1 dell’articolo 6 dello schema va corretto inserendo la parola massima dopo durata, in quanto altrimenti, in contrasto con la norma primaria, diventerebbe una durata anche minima del tirocinio. Nello schema di regolamento il tirocinio è stato anche previsto come obbligatorio e ciò costituisce una novità, in quanto in non tutte le professioni regolamentate vi è attualmente l'obbligatorietà del tirocinio ai fini dell’accesso all'esercizio della professione. Si deve, quindi, verificare se il carattere dell'obbligatorietà del tirocinio rientra nei princìpi dettati dalla norma primaria l'articolo 3, comma 5, lett. c , del d.l. numero 138/2011 fa riferimento ai criteri cui deve conformarsi la disciplina del tirocinio e il successivo articolo 9, comma 6, del d.l. numero 1/2012 si limita a prevedere, come già detto, una durata massima del tirocinio all'evidente fme di evitare che tale attività possa costituire un ostacolo o, comunque, determinare un ritardo per l'accesso al mondo del lavoro. Da tali previsioni non sembra potersi trarre un obbligo di svolgimento del tirocinio per tutte le professioni regolamentate ed appare, quindi, preferibile lasciare agli. ordinamenti delle singole professioni la decisione della necessità e della durata del tirocinio, sentito il Ministro vigilante. Tale conclusione è avvalorata dal fatto che la precedente lett. b dello stesso comma 5 prevede espressamente come obbligatoria la formazione continua permanente, a conferma del fatto che l'obbligatorietà richiede un esplicito richiamo nei principi dettati dalla fonte primaria richiamo che manca per il tirocinio. Peraltro, il tirocinio obbligatorio per tutte le professioni determinerebbe l'ulteriore inconveniente di essere effettuato addirittura due volte per quegli albi, suddivisi in due sezioni a seconda del titolo di studio laurea triennale o laurea magistrale , come ad esempio per la professione di ingegnere, per la quale oggi n on è previsto alcun tirocinio obbligatorio la norma proposta allungherebbe di molto 1 tempi attuali di ingresso nel mondo del lavoro . L'articolo 9, comma 6, del d.l. numero 1/2012 ha anche previsto la possibilità che, per i primi sei mesi, il tirocinio possa essere svolto in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea, sulla base di convenzioni tra i consigli nazionali degli ordini ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e che analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea. La disposizione è stata attuata con il comma 4 dell'articolo 6 dello schema, e il riferimento a tale comma va inserito anche nel comma 2, che prevede che ai fini dell'iscrizione nel registro dei praticanti è necessario aver conseguito la laurea o il diverso titolo di istruzione previsti dalla legge per l'accesso alla professione regolamentata . Occorre infatti fare salvo quanto previsto al successivo comma 4, che consente, nei limiti anzidetti, lo svolgimento del tirocinio prima del conseguimento della laurea. L'amministrazione non ha, invece, dato attuazione alla menzionata previsione dell'articolo 9, comma 6 del d.l. numero 1/2012, secondo cui analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Occorre, pertanto, inserire nel testo dell'articolo 6 tale possibilità. Sotto altro profilo, l'articolo 6, comma 3 prevede, al dichiarato fine di rendere effettiva ed adeguata la formazione, il requisito di 5 anni di anzianità per il professionista affidatario del tirocinante, ed il tetto di tre praticanti contemporaneamente salva deroga con motivata autorizzazione del consiglio dell'ordine o collegio competente . Si osserva che il tetto di tre praticanti non è sorretto da adeguata giustificazione, specie se accompagnato da una possibilità di deroga fondata su presupposti indeterminati valuti l'amministrazione se fissare il tetto del numero dei praticanti in misura superiore e, comunque, occorre che le deroghe siano rimesse alle decisioni dei consigli dell'ordine, che non riguardino i casi singoli, che possono essere fonte di disparità di trattamento. I consigli dell'ordine devono, invece, fissare in via generale e con criteri predeterminati le possibilità di deroga, dirette comunque ad assicurare che tutti possano svolgere il tirocinio, in modo da evitare assolutamente che per alcune professioni si possa determinare una difficoltà nell'individuare il professionista affidatario. Valuti anche l'amministrazione se il limite di sei mesi per lo svolgimento del tirocinio all'estero sia proporzionato, e soprattutto compatibile con i superiori principi del diritto dell'Unione europea. Il comma 5 del medesimo articolo stabilisce l'incompatibilità assoluta con qualunque rapporto di impiego pubblico e la compatibilità relativamente alla possibilità di garantire un effettivo ed adeguato tirocinio con un contestuale lavoro subordinato privato. Se la ratio dell'incompatibilità è quella rappresentata dall'amministrazione nella relazione in funzione dell'effettività del tirocinio , non si comprende la differenziazione tra impiego pubblico e impiego privato. In relazione ad altre ragioni, quali quelle degli obblighi che gravano sul pubblico dipendente e sulla possibilità di evitare situazioni di conflitto di interessi, appare preferibile lasciare ai singoli ordinamenti delle pubbliche amministrazioni la valutazione di tale profilo. Peraltro, l'incompatibilità assoluta si applica pure al part-time e preclude anche che la frequenza dei corsi di formazione o di scuole di specializzazione possa essere valutata ai fini del tirocinio per i pubblici dipendenti corsi che molto spesso i pubblici dipendenti possono frequentare, e anzi, in taluni casi, può essere interesse della stessa amministrazione di appartenenza qualificare maggiormente il proprio personale . Occorre, pertanto, eliminare la previsione dell'incompatibilità. Altro rilievo riguarda la disposizione al contenuta nel comma 7, secondo cui L'interruzione del tirocinio per oltre sei mesi, senza giustificato motivo, comporta l'inefficacia, ai fini dell'accesso, di quello previamente svolto tale previsione appare non proporzionata ed eccessivamente gravosa rispetto alle finalità del tirocinio, come del resto dimostra la stessa possibilità di deroghe, che anche in questo caso possono condurre a disparità di trattamento, risultando generico il riferimento ad un giustificato motivo . Occorre, pertanto, eliminare il comma o, quanto meno, prevedere un periodo di interruzione più ampio. Per quanto concerne i corsi di formazione di cui al comma 9 dell'articolo 6, l'obbligatorietà della frequenza sembra irrigidire notevolmente le modalità di svolgimento del tirocinio, e appare preferibile prevedere che la frequenza del corso possa essere valutata ai fini del tirocinio per il periodo di durata del corso e sia, quindi, facoltativa, oltre che alternativa, e non concorrente, allo svolgimento della pratica. Peraltro, sotto il profilo dell'organizzazione dei corsi di formazione, non è ragionevole la differenziazione tra le associazioni di iscritti agli albi, che non necessitano di alcuna autorizzazione, e gli altri soggetti, che devono essere autorizzati dai ministri vigilanti. Ciò che rileva è unicamente la qualità dei corsi e la qualità viene garantita fissando dei requisiti minimi dei corsi, validi per tutti ordini e collegi compresi , semplificando poi i successivi adempimenti, che possono anche consistere 1n autodichiarazioni dei suddetti requisiti minimi, con eventuali controlli successivi. La definizione delle caratteristiche dei corsi di fissazione è demandata, ai sensi del comma 10 dell'articolo 6, ad un successivo regolamento emanato dal ministro vigilante. Al riguardo, si rileva che non é consentito che un regolamento approvato con d.P.R. demandi, in assenza di autorizzazione della legge, alcuni aspetti ad un altro regolamento di diverso tipo il comma quindi va riformulato, o attraverso l'inclusione direttamente in questo regolamento di quanto ora demandato al successivo d.m., o attraverso il rinvio ad altri d.P.R., fonte individuata per la riforma dalla legge. 7. L'articolo 7 disciplina la formazione continua permanente con la finalità di garantire qualità ed efficienza della prestazione professionale e sviluppo della professione, anche a tutela degli interessi degli utenti e della collettività cui è rivolto il servizio professionale. E' quindi sancito, per il singolo professionista, l'obbligo di formazione mediante un continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale, in coerenza, come già detto, con il principio di cui alla lett. b del comma 5 dell'articolo 3 del d.l. numero 138/2011. Per quanto concerne il rinvio ad un success1vo decreto emanato dal ministro vigilante, oltre a quanto già evidenziato sopra, si osserva che la norma primaria prevede che i percorsi di formazione continua permanente siano predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali e, di conseguenza, l'attribuzione al ministro vigilante di tale potere non è coerente con la previsione di legge, a cui il comma 2 dell'articolo 7 va, dunque, adeguato, inserendo, al massimo, la partecipazione del ministro vigilante nel processo di formazione dei regolamenti emanati dai consigli nazionali. E', inoltre, privo di giustificazione il comma 4, che sembra riservare l'attività di formazione agli ordini e ai collegi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti l'applicazione del principio di liberalizzazione, che deve ispirare il presente regolamento, impone di limitare la regolamentazione alle modalità di definizione dei requisiti minimi dei percorsi di formazione, che poi possono essere soddisfatti e autodichiarati da qualsiasi soggetto, anche privato, e non necessariamente svolti da collegi e ordini, o comunque senza porre ordini, collegi e associazioni professionali in posizione di vantaggio rispetto ad altri soggetti, a cui verrebbe richiesta una autorizzazione. 8. L'articolo 9 è dedicato alla riforma del sistema disciplinare delle professioni. Il principio guida doveva essere quello contenuto nella lett. f del comma 5 del citato articolo 3 gli ordinamenti professionali dovranno prevedere l'istituzione di organi a livello territoriale, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina. La carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali. Le disposizioni della presente lettera non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente . Si è già detto della tesi dell'amministrazione, secondo cui il presente regolamento sarebbe sprovvisto di qualsiasi potere di intervento per gli organi disciplinari aventi natura giurisdizionale. Tale tesi può essere condivisa, ma la sua applicazione non impedisce di dare attuazione al menzionato principio contenuto nella norma primaria con riferimento alle sole funzioni amministrative svolte dai Consigli nazionali. Infatti, senza in alcun modo incidere sugli organi di natura giurisdizionale deputati a funzioni disciplinare, il presente regolamento può limitarsi a prevedere che chi esercita funzioni disciplinari anche ne1 consigli nazionali aventi natura giurisdizionale non può, scattando l'incompatibilità, esercitare funzioni amministrative. Resterà poi nell'autonomia organizzativa dei vari Consigli introdurre misure idonee a garantire il funzionamento degli stessi come l'istituzione di sezioni , tenuto conto della suddetta regola di incompatibilità, la cui introduzione si ripete non tocca in alcun modo gli organi giurisdizionali, ma disciplina solo la ricaduta dell'essere componente di tali organi sull'esercizio delle funzioni amministrative. Per quanto concerne i consigli territoriali e i consigli nazionali privi di natura giurisdizionale, il contenuto del regolamento non sembra dare piena attuazione al principio contenuto nella norma primaria. La separazione tra funzioni amministrative e funzioni disciplinari è chiaramente dettata allo scopo di garantire terzietà e indipendenza di chi decide le questioni disciplinari e, a tal fine, in alcun modo è giustificata l'esclusione dell'opzione di prevedere negli organi disciplinari anche soggetti terzi rispetto agli iscritti agli ordini, scelti tra soggetti in possesso di determinati requisiti, come già attualmente avviene in alcuni casi. L'inserimento di soggetti terzi potrebbe essere accompagnato da un diverso criterio di individuazione dei componenti dell'organo disciplinare, che potrebbero essere nominati dal consiglio, senza fare ricorso all'ordine o collegio territoriale viciniore. Appare poi non ragionevole affidare le funzioni disciplinari per i consigli nazionali privi di natura giurisdizionale ai primi dei non eletti alla carica di consigliere nazionale, in quanto tale regola finisce per attribuire delicate funzioni a soggetti che sono stati valutati dagli iscritti in modo negativo o comunque non sufficiente ai fini della rappresentatività. In questo caso occorre, quindi, modificare il comma 10 dell'articolo 9, utilizzando altro criterio, come quello in precedenza descritto, raccomandando l'amministrazione di intraprendere successivamente le idonee iniziative legislative per attuare i principi della riforma anche con riferimento alla composizione dei consigli nazionali con natura giurisdizionale. 9. Il Capo II articoli 10 e 11 reca specifiche disposizioni concernenti gli avvocati. Con riferimento al decreto relativo all'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari, appare preferibile, per le ragioni già esposte, che la fonte permanga il d.P.R. su proposta del ministro della giustizia e sentito non solo il Consiglio superiore della magistratura, ma tutti gli organi di autogoverno delle magistrature, in quanto la pratica presso gli uffici giudiziari non può che riguardare tutte le magistrature. 10. Con riferimento al Capo IV l'inclusione nel titolo delle parole disciplina transitoria non trova riscontro nella presenza di disposizioni transitorie. L'unica disposizione transitoria è, invece, contenuta nell'articolo 6, comma 13, dello schema, che stabilisce che le disposizioni relative al tirocinio si applicano ai tirocini iniziati dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del regolamento. Tale disposizione va inclusa nel Capo IV come norma transitoria, e va aggiunto atta salva l'immediata applicabilità della durata massima del tirocinio di centottanta giorni , che, come affermato nella stessa relazione dell'amministrazione, è norma immediatamente precettiva, come dimostra la sua collocazione nell'articolo 9 del d.l. numero 1/2012. La durata massima si applica, quindi, anche ai tirocini in corso. Si consiglia, infine, di riunire i due articoli in un solo articolo, riservando un apposito comma alla clausola di invarianza finanziaria, e accorpando la prima parte dell'attuale primo comma dell'articolo 13 al successivo articolo 14, non comprendendosi il diverso riferimento alla applicazione e alla entrata in vigore delle disposizioni del regolamento. Qualora l'amministrazione intendesse dettare una specifica norma transitoria ad esempio per chi ha già maturato i requisiti per partecipare all'esame di stato, per i tirocini in corso o per altro , sarebbe necessaria una previsione più chiara ed esplicita. P.Q.M. Esprime parere favorevole con le osservazioni di cui in motivazione.