La donna, già tenente dei carabinieri, invoca il diritto comunitario per ottenere la stabilizzazione e rimanere, quindi, nell'Arma ma non convince il Collegio, alla luce della più recente giurisprudenza.
La «stabilizzazione» è diversa dalla trasformazione o conversione. La «stabilizzazione» è meccanismo straordinario e derogatorio delle disposizioni in materia di assunzione nelle pubbliche amministrazioni che non può né deve essere confusa con l’istituto della trasformazione o conversione di un rapporto d’impiego a termine in rapporto d’impiego a tempo indeterminato dando invece luogo, in presenza di determinate condizioni, alla costituzione di un nuovo rapporto d’impiego a tempo indeterminato Cons. Stato, Sez. VI, numero 1138/2011 , ancorché non in base a procedure concorsuali in senso stretto e però mediante procedure di tipo selettivo, volte a individuare, nella platea degli aspiranti, quelli che, in funzione dei vincoli finanziari e organici, ricollegati agli atti programmatorio-organizzativi di cui all’articolo 39 comma 3 ter legge numero 449/1997, possono effettivamente accedere al nuovo rapporto d’impiego Cons. Stato, Sez. IV, numero 4495/2010 . Non è un diritto soggettivo. L’esistenza di limiti di spesa e la necessità di atti programmatorio-organizzativi esclude che la posizione degli aspiranti alla stabilizzazione possa assumere natura e consistenza di diritto soggettivo all’assunzione, potendosi ad essa collegare soltanto interessi legittimi pretensivi in ordine allo svolgimento delle procedure selettive e oppositivi in funzione della partecipazione alle procedure e all’eventuale esclusione dalle medesime . In questa prospettiva è affatto destituita di fondamento la questione pregiudiziale di legittimità comunitaria prospettata dall’appellante in relazione al presunto possibile contrasto dell’articolo 1 comma 519 legge numero 266/2006 con la direttiva del Consiglio 99/70/CE del 28 giugno 1999. Tale direttiva ha recepito e attuato l’accordo quadro concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale CES, CEEP e UNICE rispettivamente Confederazione europea dei sindacati, Centro europeo dell’impresa a partecipazione pubblica, Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europea , inteso a disciplinare in modo uniforme e a ravvicinare le normative nazionali relative al rapporto di lavoro a tempo determinato. Alla direttiva è stata data attuazione con il d.lgs. numero 368/2001, che, con particolare riferimento alla clausola 5 dell’accordo misure di prevenzione degli abusi relativi all’uso e reiterazione di contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato , ha disciplinato all’articolo 5 le conseguenze della violazione della disciplina relativa alla proroga illegittima del termine di durata del rapporto. L’argomento è stato più volte affrontato anche dai giudici europei. Peraltro, la Corte di giustizia della Comunità europea ora dell’Unione europea ha avuto già modo di chiarire, nelle sentenze “gemelle” 7 settembre 2006, numero 53 e numero 180, che «L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre tale trasformazione è prevista per i contratti e i rapporti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato, qualora tale normativa contenga un'altra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso, a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico». La Corte comunitaria si riferisce in modo precipuo alla disciplina di cui all’articolo 36 comma 2 d.lgs. numero 165/2001 che esclude, come noto, che la violazione da parte di pubbliche amministrazioni di disposizioni imperative relative all’assunzione a tempo determinato comporti la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato «ferma restando ogni responsabilità e sanzione» e salvo il diritto del lavoratore interessato al risarcimento del danno, con obbligo di recupero delle relative somme nei confronti dei dirigenti responsabili se la violazione è dovuta a dolo o colpa grave tale disposizione è stata mantenuta nel testo sostituito dall’articolo 49 d.l. numero 112/2008, convertito, con modificazioni, nella legge numero 133/2008, rafforzandosi la responsabilità dirigenziale anche in relazione alla preclusione del rinnovo dell’incarico, mentre l’articolo 17 comma 26 d.l. numero 78/2009, convertito, con modificazioni, nella legge numero 102/2009, ha aggiunto il comma 5 bis , che riconosce l’applicabilità delle disposizioni dell’articolo 5 d.lgs. numero 368/2001 limitatamente al personale reclutato ai sensi dell’articolo 35, comma 1, lettera b d.lgs. numero 165, ossia «mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità» . Da contratto a tempo determinato a contratto a tempo indeterminato? Non è obbligatorio. La Corte europea, dopo aver chiarito che la clausola 5 dell’accordo «non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce nemmeno le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi», e quindi che «essa lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia» ha ritenuto che «quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte ad una siffatta situazione, misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell'accordo quadro», concludendo, nei limiti della propria sfera di attribuzioni e del richiamato potere di fornire «precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione», che «una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale, che prevede norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato, nonché il diritto al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa del ricorso abusivo da parte della pubblica amministrazione a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, sembra prima facie soddisfare i requisiti ricordati». La Sezione, alla luce dell’orientamento della Corte comunitaria - che si è già espressa sulla legittimità e compatibilità di disposizioni legislative nazionali che, pur precludendo ogni trasformazione e/o conversione di rapporti d’impiego pubblico a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato, prevedano sanzioni per il ricorso «abusivo» a tali forme di lavoro «flessibile» e/o a termine-, rileva che l’articolo 1 comma 519 legge numero 296/2006 è affatto coerente con tali disposizioni nazionali, e segnatamente con l’articolo 36 comma 5 d.lgs. numero 165/2001, onde deve escludere che possa farsi luogo a rinvio pregiudiziale, la cui obbligatorietà viene meno quando «la disposizione comunitaria di cui è causa ha già costituito oggetto d’interpretazione da parte della Corte» Cons. Stato, Sez. VI, numero 6914/2006 e numero 5644/2006 nel senso che il rinvio debba escludersi quando si sia «in presenza di un acte claire che, in ragione dell’esistenza di precedenti pronunce della Corte ovvero dell’evidenza dell'interpretazione, rende inutile o non obbligato il rinvio pregiudiziale».
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 25 ottobre 2011 – 2 marzo 2012, numero 1204 Presidente Giaccardi– Relatore Spagnoletti Fatto Con appello notificato il 1° marzo 2010 e depositato il 26 marzo 2010 Vanessa S. ha impugnato la sentenza in epigrafe meglio indicata. Giova premettere che - l’appellante, tenente dell’Arma dei Carabinieri in ferma prefissata addetto alla sezione logistica e infrastrutture della Legione Carabinieri Lazio, ha presentato domanda di partecipazione alla procedura speciale di stabilizzazione indetta, in relazione alle previsioni di cui all’articolo 1 comma 519 della legge 27 dicembre 2006, numero 296, con decreto del Direttore generale per il personale militare del Ministero della Difesa del 12 gennaio 2009, pubblicato sulla G.U.R.I., IV serie speciale, numero 5 del 20 gennaio 2009, per la nomina di complessivi centocinquantotto ufficiali quarantacinque sottotenenti nel ruolo speciale per il 2007 e cinquanta sottotenenti nel ruolo speciale per il 2008, venticinque tenenti nel ruolo tecnico-logistico per il 2007 e trentotto tenenti nel ruolo tecnico-logistico per il 2008 - con determinazione della commissione per gli accertamenti attitudinali numero 2045745 del 20 aprile 2009 l’interessata è stata dichiarata “non idonea”, e quindi esclusa dal prosieguo della procedura di stabilizzazione e con conseguente nota del Capo ufficio logistico del Comando Legione Carabinieri Lazio numero 5/57-7 del 19 maggio 2009 è stata posta in congedo - con ricorso proposto al primo giudice numero 2533/2009 l’interessata ha formulato domanda di accertamento del diritto all’immissione in ruolo in s.p.e. col grado rivestito tenente , previo annullamento, ove necessario, del decreto di indizione della procedura di stabilizzazione, e con motivi aggiunti ha avanzato ulteriore domanda di annullamento del giudizio di inidoneità e dell’atto di collocamento in congedo - all’esito della camera di consiglio del 30 luglio 2009, fissata per l’esame dell’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva degli atti impugnati, previo avviso alle parti, il T.A.R. per il Lazio Sede di Roma Sez. I bis ha ritenuto di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, con cui ha respinto il ricorso, con condanna alle spese del grado di giudizio - con la sentenza gravata il T.A.R. capitolino ha ritenuto infondata la domanda di accertamento, negando che l’articolo 1 comma 519 della legge numero 296/2006 riconosca un diritto soggettivo alla stabilizzazione, posto che esso rinvia, col richiamo alle procedure di cui all’articolo 39 comma 3 ter della legge 27 dicembre 1997, numero 449, ad atti organizzativi discrezionali concernenti le esigenze funzionali di ciascuna amministrazione in ordine all’eventuale stabilizzazione di personale in rapporto d’impiego a tempo determinato ha riconosciuto la piena legittimità della procedura indetta ai fini della stabilizzazione e della previsione dell’accertamento del mantenimento dei requisiti psico-fisici e attitudinali ai fini dell’assunzione in ruolo in s.p.e., peraltro necessariamente riferita al grado iniziale sottotenente e quindi senza che possa rilevare il grado rivestito nella posizione di ferma prefissata, ancorché più elevato tenente , dovendosi escludere la configurabilità di una trasformazione del precedente rapporto a tempo determinato ha considerato motivato in modo esauriente, e quindi non ulteriormente sindacabile, il giudizio di inidoneità attitudinale, formato all’esito dei tests, relazioni e valutazioni precipuamente demandate all’organo tecnico valutativo. A sostegno dell’appello, senza specifica rubricazione di motivi, sono state dedotte le censure di seguito sintetizzate 1 L’articolo 1 comma 519 della legge numero 296/2006 richiede l’espletamento di prove selettive, ai fini della stabilizzazione, solo per il personale assunto con rapporto a tempo determinato senza lo svolgimento di procedure selettive di natura concorsuale, laddove l’appellante ha superato un concorso per allievo ufficiale in ferma prefissata il diritto alla stabilizzazione diretta, senza la “mediazione” della procedura selettiva della quale si ribadisce l’illegittimità, è confermato dalla previsione della successiva legge finanziaria articolo 3 comma 93 della legge 24 dicembre 2007, numero 244 circa il collocamento in soprannumero, rispetto all’organico dei ruoli, del personale stabilizzato ai sensi dell’articolo 1 commi 519 e 526 il numero dei posti per i quali era stata autorizzata la stabilizzazione 158 ufficiali è pari al numero dei tenenti in ferma prefissata e il Ministero ha ritirato in autotutela il precedente bando che assoggettava la stabilizzazione a concorso per titoli ed esami, salvo riproporne altro che pure l’ha assoggettata a concorso sia pure per soli titoli 2. Il bando è illegittimo, pertanto, sia per aver dettato una procedura di tipo selettivo ai fini della stabilizzazione, sia per averla subordinata “arbitrariamente” alla verifica del mantenimento dei requisiti fisio-psico-attitudinali, nonché nella parte in cui consente che gli stabilizzati possano essere assunti con grado inferiore a quello rivestito, e con anzianità di servizio diversa da quella correlata al pregresso rapporto a tempo determinato 3. L’illegittimità del bando si riverbera su quella degli atti della procedura selettiva, ivi compreso il giudizio di inidoneità attitudinale e il collocamento in congedo 4. È erroneo il rilievo relativo alla presunta inammissibilità dei motivi aggiunti siccome non ritualmente notificati ad almeno un controinteressato, poiché la notifica a mezzo del servizio postale deve ritenersi ammessa, in quanto non espressamente esclusa dall’articolo 146 c.p.c., anche ai militari in attività di servizio il giudizio di inidoneità non è motivato in modo congruo, poiché non ha considerato che l’interessata ha prestato servizio in ferma prefissata per ben sei anni, senza dar luogo ad alcun rilievo sotto il profilo comportamentale, ed essendo risultata pienamente idonea all’atto dell’arruolamento. Costituitosi in giudizio, il Ministero appellato, con memoria dell’Avvocatura generale dello Stato ha dedotto, a sua volta, l’infondatezza dell’appello, richiamando l’ampia e argomentata motivazione della sentenza gravata. Con ordinanza numero 1786 del 21 aprile 2010 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza appellata, sul rilievo dell’infondatezza dei motivi d’appello, nei limiti della sommaria delibazione propria della fase cautelare. Con memoria difensiva depositata il 22 settembre 2011 l’appellante ha insistito per l’accoglimento del ricorso, formulando in via subordinata questione pregiudiziale di legittimità comunitaria della disposizione di cui all’articolo 1 comma 519 della legge numero 296/2006, se interpretata nel senso di assoggettare la stabilizzazione a ulteriore procedura selettiva concorsuale, per contrasto con la direttiva del Consiglio europeo numero 1999/79/CE del 28 giugno 1999, e con i principi stabiliti con le sentenze della Corte di giustizia UE numero C-53/04 e C-180/04. Con note depositate in vista dell’udienza di discussione l’appellante ha evidenziato che il giudizio d’inidoneità è stato condizionato dalla particolare condizione psicologica in cui essa versava all’epoca, in quanto sorella di R. S., imputato e condannato in primo grado, e poi assolto in grado d’appello, per l’omicidio di M. K All’udienza pubblica del 25 ottobre 2011 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione. Diritto 1. L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico, onde la sentenza impugnata deve essere confermata. 1.1 Con il ricorso proposto al primo giudice sono state formulate due distinte serie di domande a di accertamento del diritto alla stabilizzazione diretta secondo la prospettata interpretazione dell’articolo 1 comma 519 della legge numero 296/2006, e quindi della immissione in ruolo in s.p.e. con il grado già rivestito tenente nella posizione di ufficiale in ferma prefissata, con annullamento del bando relativo alla procedura di stabilizzazione b di annullamento della determinazione di non idoneità sotto il profilo attitudinale, della conseguente esclusione dal prosieguo della procedura e dalla graduatoria finale e dell’atto di collocamento in congedo. La sentenza gravata ha dato conto, in modo diffuso, dell’infondatezza del ricorso, sia con riferimento alla inconfigurabilità di un diritto soggettivo alla stabilizzazione diretta, sia con riguardo alla piena legittimità della procedura di cui al bando e all’esauriente e sufficiente motivazione del giudizio di non idoneità attitudinale. 1.2 L’appellante ripropone, nel censurare la pretesa erroneità della sentenza impugnata, le argomentazioni già svolte, salvo formulare con la sola memoria difensiva depositata in vista dell’udienza di discussione questione pregiudiziale di legittimità comunitaria e addurre, con note d’udienza, una circostanza personale che, a suo dire, varrebbe a spiegare “il perché della riscontrata rigidità nell’esprimere i concetti e del parimenti riscontrato stato psicologico di sofferenza in cui l’interessata versava al momento delle prove psico-attitudinali”. 1.3 La Sezione rileva che la sentenza impugnata resiste alle critiche formulate, dovendo essere condivisa in modo pieno secondo quanto di seguito precisato. 2. L’articolo 1 comma 519 della legge 27 dicembre 2006, numero 296 legge finanziaria 2007 prevede testualmente che “Per l’anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. Le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale di cui al presente comma, e prioritariamente del personale di cui all’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, numero 215, e successive modificazioni, in servizio al 31 dicembre 2006, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione. Nei limiti del presente comma, la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è consentita al personale che risulti iscritto negli appositi elenchi, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, numero 139, da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio. Con decreto del Ministro dell’interno, fermo restando il possesso dei requisiti ordinari per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco previsti dalle vigenti disposizioni, sono stabiliti i criteri, il sistema di selezione, nonché modalità abbreviate per il corso di formazione. Le assunzioni di cui al presente comma sono autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, numero 449, e successive modificazioni.”. A sua volta l’articolo 39 comma 3 ter della legge numero 449/1997 legge finanziaria 1998 dispone “Al fine di garantire la coerenza con gli obiettivi di riforma organizzativa e riqualificazione funzionale delle amministrazioni interessate, le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai princìpi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. Le predette richieste sono sottoposte all'esame del Consiglio dei ministri, ai fini dell'adozione di delibere con cadenza semestrale, previa istruttoria da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. L'istruttoria è diretta a riscontrare le effettive esigenze di reperimento di nuovo personale e l'impraticabilità di soluzioni alternative collegate a procedure di mobilità o all'adozione di misure di razionalizzazione interna. Per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché per gli enti pubblici non economici e per gli enti e le istituzioni di ricerca con organico superiore a duecento unità, i contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria riguardante gli oneri derivanti dall'applicazione della nuova classificazione del personale, certificata dai competenti organi di controllo, di cui all’articolo 52, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, numero 29, e successive modificazioni, laddove operanti, sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilità economico-finanziaria, ai sensi dell'articolo 45, comma 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, numero 29. Decorso tale termine, la delegazione di parte pubblica può procedere alla stipula del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative”. 2.1 La “stabilizzazione” è meccanismo straordinario e derogatorio delle disposizioni in materia di assunzione nelle pubbliche amministrazioni che non può né deve essere confusa con l’istituto della trasformazione o conversione di un rapporto d’impiego a termine in rapporto d’impiego a tempo indeterminato dando invece luogo, in presenza di determinate condizioni, alla costituzione di un nuovo rapporto d’impiego a tempo indeterminato cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 febbraio 2011, numero 1138 , ancorché non in base a procedure concorsuali in senso stretto e però mediante procedure di tipo selettivo, volte a individuare, nella platea degli aspiranti, quelli che, in funzione dei vincoli finanziari e organici, ricollegati agli atti programmatorio-organizzativi di cui all’articolo 39 comma 3 ter della legge numero 449/1997, possono effettivamente accedere al nuovo rapporto d’impiego Cons. Stato, Sez. IV, 12 luglio 2010, numero 4495 . L’esistenza di limiti di spesa e la necessità di atti programmatorio-organizzativi esclude che la posizione degli aspiranti alla stabilizzazione possa assumere natura e consistenza di diritto soggettivo all’assunzione, potendosi ad essa collegare soltanto interessi legittimi pretensivi in ordine allo svolgimento delle procedure selettive e oppositivi in funzione della partecipazione alle procedure e all’eventuale esclusione dalle medesime . 2.2 Nella prospettiva delineata è affatto destituita di fondamento la questione pregiudiziale di legittimità comunitaria prospettata peraltro con memoria difensiva non notificata dall’appellante in relazione al presunto possibile contrasto dell’articolo 1 comma 519 della legge numero 266/2006 con la direttiva del Consiglio 99/70/CE del 28 giugno 1999. Tale direttiva ha recepito e attuato l’accordo quadro concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale CES, CEEP e UNICE rispettivamente Confederazione europea dei sindacati, Centro europeo dell’impresa a partecipazione pubblica, Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europea , inteso a disciplinare in modo uniforme e a ravvicinare le normative nazionali relative al rapporto di lavoro a tempo determinato. Alla direttiva è stata data attuazione con il d.lgs. 6 settembre 2001, numero 368, che, con particolare riferimento alla clausola 5 dell’accordo misure di prevenzione degli abusi relativi all’uso e reiterazione di contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato , ha disciplinato all’articolo 5 le conseguenze della violazione della disciplina relativa alla proroga illegittima del termine di durata del rapporto. Orbene, come rammenta la stessa appellante, la Corte di giustizia della Comunità europea ora dell’Unione europea ha avuto già modo di chiarire, nelle sentenze “gemelle” 7 settembre 2006, numero 53 e numero 180, che “L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre tale trasformazione è prevista per i contratti e i rapporti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato, qualora tale normativa contenga un'altra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso, a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico”. La Corte comunitaria si riferisce in modo precipuo alla disciplina di cui all’articolo 36 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, numero 165 che esclude, come noto, che la violazione da parte di pubbliche amministrazioni di disposizioni imperative relative all’assunzione a tempo determinato comporti la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato “ferma restando ogni responsabilità e sanzione” e salvo il diritto del lavoratore interessato al risarcimento del danno, con obbligo di recupero delle relative somme nei confronti dei dirigenti responsabili se la violazione è dovuta a dolo o colpa grave tale disposizione è stata mantenuta nel testo sostituito dall’articolo 49 del d.l. 25 giugno 2008, numero 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, numero 133, rafforzandosi la responsabilità dirigenziale anche in relazione alla preclusione del rinnovo dell’incarico, mentre l’articolo 17 comma 26 del d.l. 1 luglio 2009, numero 78, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, numero 102, ha aggiunto il comma 5 bis, che riconosce l’applicabilità delle disposizioni dell’articolo 5 del d.lgs. numero 368/2001 limitatamente al personale reclutato ai sensi dell’articolo 35, comma 1, lettera b del d.lgs. numero 165, ossia “mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità” . La Corte europea, dopo aver chiarito che la clausola 5 dell’accordo “non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce nemmeno le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi”, e quindi che “essa lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia” ha ritenuto che “quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte ad una siffatta situazione, misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell'accordo quadro”, concludendo, nei limiti della propria sfera di attribuzioni e del richiamato potere di fornire “precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione”, che “una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale, che prevede norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato, nonché il diritto al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa del ricorso abusivo da parte della pubblica amministrazione a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, sembra prima facie soddisfare i requisiti ricordati”. La Sezione, alla luce dell’orientamento della Corte comunitaria -che sì è già espressa sulla legittimità e compatibilità di disposizioni legislative nazionali che, pur precludendo ogni trasformazione e/o conversione di rapporti d’impiego pubblico a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato, prevedano sanzioni per il ricorso “abusivo” a tali forme di lavoro “flessibile” e/o a termine-, rileva che l’articolo 1 comma 519 della legge numero 296/2006 è affatto coerente con tali disposizioni nazionali, e segnatamente con l’articolo 36 comma 5 del d.lgs. numero 165/2001, onde deve escludere che possa farsi luogo a rinvio pregiudiziale, la cui obbligatorietà viene meno quando “la disposizione comunitaria di cui è causa ha già costituito oggetto d’interpretazione da parte della Corte” Cons. Stato, Sez. VI, 27 novembre 2006, numero 6914 e 27 settembre 2006, numero 5644 nel senso che il rinvio debba escludersi quando si sia “in presenza di un acte claire che, in ragione dell’esistenza di precedenti pronunce della Corte ovvero dell’evidenza dell'interpretazione, rende inutile o non obbligato il rinvio pregiudiziale” vedi anche Cass. Civ., Sez. I, 22 ottobre 2007, numero 22103 e 22 settembre 2006 , numero 20708 . 2.3 Esclusa la fondatezza della domanda di accertamento e della questione pregiudiziale comunitaria, non possono trovare favorevole scrutinio nemmeno le residue censure dell’appellante relative all’illegittimità della procedura selettiva indetta ai fini della stabilizzazione. La Sezione rileva che può senz’altro prescindersi dalla questione pregiudiziale relativa alla ritualità della notificazione del ricorso in primo grado al sottotenente G. M., peraltro evocata in forma dubitativa dal primo giudice, poiché proprio per effetto della disposizione dell’articolo 3 comma 93 della legge 24 dicembre 2007, numero 244 legge finanziaria 2008 e della possibilità ivi prevista di collocare in soprannumero il personale stabilizzato dell’Arma dei Carabinieri, deve escludersi che i partecipanti alla procedura selettiva collocati in posizione di graduatoria utile per la nomina rivestano la qualità di controinteressati, non potendo ricevere alcun danno dall’eventuale nomina dell’interessata. Tanto premesso, deve osservarsi che la previsione dell’articolo 1 comma 519 in ordine all’espletamento di “prove selettive” per il solo personale da stabilizzare non già assunto a tempo determinato “mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge”, non implica anche che, dovendosi procedere all’individuazione dei beneficiari della stabilizzazione in funzione di stringenti limiti di spesa e secondo atti programmatorio-organizzativi, non sia consentito di svolgere una procedura fondata sulla considerazione, come nel caso di specie, di elementi obiettivi quali quelli enumerati dall’articolo 7 del bando, tenuto conto dell’assoluta preponderanza, in termini di punteggio, dell’apprezzamento del servizio espletato “durata e qualità del servizio militare comunque prestato, con particolare riguardo a quello prestato da ufficiale in ferma prefissata dell'Arma dei carabinieri, da valutare in base alla documentazione matricolare e caratteristica fino a 90 punti” , rispetto ad altri titoli professionali e culturali “titoli di studio, diplomi di specializzazione, dottorati di ricerca, master ed altri titoli accademici e tecnici posseduti in aggiunta al titolo di studio richiesto per la nomina ad ufficiale in ferma prefissata fino a 6 punti” e a titoli affatto residuali “eventuali altri titoli e benemerenze fino a 4 punti” . Affatto legittima, poi, dovendosi procedere alla costituzione di un nuovo rapporto d’impiego con immissione nei ruoli del s.p.e., è la previsione dell’esigenza della “conferma in capo ai partecipanti alle procedure speciali di stabilizzazione indette con il presente decreto del mantenimento del possesso dei prescritti requisiti di idoneità fisio-psico-attitudinale, già accertati ai fini dell’ammissione ai corsi allievi ufficiali in ferma prefissata”, enunciata nel preambolo del bando e ribadita dal successivo articolo 2 comma 7 lettera a tra i requisiti soggettivi “La nomina, rispettivamente, a Sottotenente in servizio permanente nel ruolo speciale ed a Tenente in servizio permanente nel ruolo tecnico-logistico dell’Arma dei carabinieri è, inoltre, subordinata al mantenimento dei seguenti requisiti, accertati all’atto dell’espletamento dei concorsi per l’ammissione ai corsi allievi ufficiali in ferma prefissata AUFP a idoneità fisio-psico-attitudinale” . Il requisito del “mantenimento dell’idoneità fisio-psico-attitudinale” è imposto proprio dalle disposizioni che regolano la nomina ad ufficiale del servizio permanente effettivo, e segnatamente dall’articolo 5 comma 1 lettera c del d.lgs. 5 ottobre 2000, numero 298 “c essere in possesso dell’idoneità psicofisica e attitudinale al servizio incondizionato quale ufficiale in servizio permanente, accertata dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri” , requisito ora ribadito in generale per il servizio permanente effettivo dall’articolo 882 comma 2 del d.lgs. 15 marzo 2010, numero 66 “Codice dell’ordinamento militare” , a tenore del quale “E’ idoneo al servizio incondizionato il militare le cui condizioni psico-fisiche gli consentono di prestare servizio dovunque, presso reparti, comandi, uffici e a bordo per i militari della Marina militare”. 2.4 L’appellante non ha addotto censure tese a confutare e revocare in dubbio in modo precipuo il giudizio di inidoneità attitudinale, né ha lamentato che non sia stata seguita la sequenza di accertamenti e valutazioni previste dal bando articolo 8 comma 7 e dalle ivi richiamate direttive tecniche, generali e specifiche. La mera circostanza che a suo tempo, nel concorso per allievo ufficiale in ferma prefissata, l’interessata abbia conseguito l’idoneità non vale, come è ovvio, a escludere che, in esito ai tests, alla relazione psicologica, all’intervista attitudinale e secondo la valutazione finale, essa abbia denotato carenze nell’area comportamentale e nell’area dell’assunzione di ruolo tali da escluderne l’attitudine specifica al servizio incondizionato quale ufficiale in servizio permanente. Il giudice di primo grado ha richiamato in modo puntuale tutti gli elementi desumibili dalla relazione psicologica l’interessata “esprime concetti in modo rigido e strutturato pur accennando a fatti personali rilevanti è sembrata evasiva mancando di approfondimento probabilmente teme il giudizio. Nel gruppo potrebbe tendere ad isolarsi evitando scambi di opinione. Potrebbe essere tendenzialmente diffidente e critica nei confronti degli altri. Nel complesso delle prove di selezione emerge uno stato psicologico di sofferenza di cui mostra consapevolezza e che nello stesso tempo non le consente di vivere con serenità il processo di adattamento ai diversi contesti e di aprirsi a pieno nelle relazioni interpersonali” nonché i rilievi del perito selettore, riferiti tanto all’area comportamentale “si presenta in maniera disinvolta, ma molto difesa risponde in maniera secca e concisa alle domande che le vengono rivolte. Asserisce di avere fornito all’Arma la sua completa disponibilità e professionalità, traendone a volte in cambio una mancanza di serenità, dovuta soprattutto ad incomprensioni con i superiori, che le hanno creato malessere e stress. Esprime disagio anche per il fatto di essere asseritamente impiegata in settori non di sua competenza. Non appare integrata nel contesto in cui opera e, nonostante ciò, ostinata a perseguire un obiettivo che le crea frustrazioni e malessere” , quanto all’area dell’assunzione di ruolo “desiderosa di proseguire nella carriera intrapresa, disposta ad accettare le eventuali difficoltà e rinunce, senza porsi problemi di fattibilità convinta che nelle divergenze di vedute gli errori siano degli altri e non i suoi” , che conducono alla conclusiva valutazione secondo cui “Non la si ritiene integrabile produttivamente in un contesto rigidamente organizzato quale quello dell’Arma dei Carabinieri”. Orbene, tali tratti comportamentali e personologici rigidità, evasività, incomprensioni con i superiori, malessere, stress, disagio, frustrazioni, malessere e la rilevata impossibilità d’integrazione nel contesto organizzativo dell’Arma, integrano una motivazione logica, coerente con gli elementi di osservazione, esauriente sotto il profilo argomentativo, oltre la quale non può spingersi il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica. Né può valere ad infirmare il giudizio negativo la circostanza, addotta da ultimo nelle note d’udienza, di situazioni familiari, verosimilmente non ignote alla commissione di valutazione attitudinale, che per quanto dolorose, non è documentato in alcun modo, né è plausibile, che possano incidere in modo tanto penetrante da modificare i tratti strutturali della personalità appunto la rigidità, la difficoltà a interrelarsi con i superiori, la tendenza a ribaltare la responsabilità di errori sugli altri , e che paiono piuttosto essere state addotte in chiave obiettivamente suggestiva e captativa dell’attenzione e della benevolenza del giudice. 3. In conclusione, l’appello in epigrafe deve essere rigettato siccome infondato, con la conferma piena della sentenza impugnata. 4. La relativa novità delle questioni affrontate, anche con riguardo alla dedotta pregiudiziale comunitaria, giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta rigetta l’appello in epigrafe, di cui al ricorso numero 2552/2010, e per l’effetto conferma la sentenza del T.A.R. per il Lazio Sede di Roma Sez. I bis numero 9070 del 21 settembre 2009. Spese del giudizio di appello compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.