Infortuni sul lavoro nella P.A.: via l’equo indennizzo e la pensione privilegiata

Il decreto Monti cancella gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio e i relativi benefici economici, ma la novella potrebbe non resistere al sindacato della giurisprudenza.

I dipendenti pubblici che dovessero incorrere in un infortunio sul lavoro o nel tragitto casa-ufficio e viceversa, possono mettere una pietra sopra al riconoscimento della causa di servizio e ai benefici economici che questo comporta. Lo prevede l’articolo 6 del decreto Monti D.L. numero 201/2011 , che cancella con un colpo di spugna gli istituti della causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza dovuti ad in infortunio sul lavoro, dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata. La novella, però, potrebbe non resistere al sindacato della giurisprudenza. L’articolo 6, infatti, non specifica le norme abrogate che, in quanto norme speciali, potrebbero essere utilmente fatte valere in sede di contenzioso. La disciplina transitoria. Il provvedimento si limita, infatti, ad una previsione generale con la quale dispone l’abrogazione degli “istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata”, facendo salvi il personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, nonché i procedimenti in corso al 6 dicembre 2011, data di entrata in vigore del decreto Monti e i procedimenti per i quali, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della domanda, nonché ai procedimenti instaurabili d'ufficio per eventi occorsi prima del 6 dicembre 2011. Di seguito una breve disamina degli istituti interessati dal colpo di spugna del governo Monti e delle disposizioni di riferimento. La causa di servizio. Il riconoscimento della causa di servizio, ovvero dell’esistenza di uno stretto rapporto causale «della forma morbosa con le circostanze di servizio allegate quali cause di essa» cfr articolo 3 legge 416/1926 è un istituto risalente, che aveva trovato una sua sistematizzazione in tempi recenti, con il D.P.R.461/2001, che ne prevedeva l’accertamento sia a domanda del dipendente che d’ufficio. A seguito di tale accertamento, il dipendente maturava il diritto ad una serie di benefici, anche di natura economica, che andavano dal rimborso delle spese di degenza all’equo indennizzo, fino alla pensione privilegiata. Il rimborso delle spese di degenza. Il rimborso delle spese di degenza per causa di servizio era regolato dall’articolo 42 del D.P.R. 686/57 ed era già stato espressamente abrogato dall’articolo 1, comma 220 della legge 266/2005. Non di meno, il decreto Monti prevede espressamente l’abrogazione anche di tale istituto, probabilmente per sgombrare il campo dagli equivoci in caso di reviviscenze di natura contrattuale che pure rimarrebbero al riparo del principio di specialità . L’ equo indennizzo. L’equo indennizzo era regolato in via generale dall’articolo 68 del D.P.R. 3/57, mentre le disposizioni di attuazioni erano contenute negli articoli 30 e seguenti del D.P.R. 686/57. Si trattava di un’indennità che veniva corrisposta a domanda e previo accertamento che l’infermità dipendesse da causa di servizio, da chiedersi entro 6 mesi dalla presa di contezza dell’infermità e del diretto collegamento con l’evento occorso per causa di servizio. Nell’ambito di applicazione della disposizione rientravano anche i cosiddetti infortuni in itinere. Gli infortuni, cioè, in cui il lavoratore fosse incorso nel tragitto da casa al lavoro e viceversa oppure, in caso di più sedi lavorative, negli spostamenti da una sede e l’altra. La pensione privilegiata. Infine, l’articolo 68 del D.P.R. 1092/73 regolava la cosiddetta pensione privilegiata. Un particolare trattamento pensionistico cui aveva diritto il dipendente statale che, sempre per cause o concause legate allo svolgimento del servizio, avesse riportato lesioni o menomazioni talmente gravi da risultare inabile al servizio. Se le menomazioni fossero state molto gravi, il dipendente avrebbe avuto diritto ad un trattamento di pari importo a quello che sarebbe stato liquidato all’atto della maturazione della massima anzianità contributiva. Se invece le menomazioni fossero risultate meno gravi, al dipendente sarebbe stata liquidata una pensione di importo minore, ma comunque non inferiore agli 8/10 del trattamento altrimenti conseguibile con il massimo dell’anzianità contributiva. La questione della gerarchia delle fonti. L’abrogazione degli istituti in parola, per il tramite di una mera menzione generale, contenuta in una norma di legge, potrebbe però, non dispiegare gli effetti voluti dal Legislatore. Gli istituti di cui si discute, infatti, sono regolati da norme speciali che potrebbero superare indenni il vaglio della giurisprudenza lex specialis derogat generali . E dunque, il rischio è quello che la novella possa ingenerare un forte contenzioso anche seriale. Specie in caso di pronunce favorevoli ai lavoratori infortunati. Sempre che il Legislatore non corregga tempestivamente il tiro, definendo puntualmente il catalogo delle disposizioni non più applicabili con un ulteriore provvedimento.