di Enzo Di Giacomo
di Enzo Di Giacomo *L'abuso del diritto può riguardare anche operazioni non ritenute specificamente elusive dalla legge, in tal caso l'ufficio finanziario non può contestare in modo generico il principio violato ma deve indicare le modalità di svolgimento delle operazioni poste in essere.Il principio sopra esposto è contenuto nella sentenza numero 16428 del 27 luglio 2011 della Corte di Cassazione, da cui emerge che al fine di dimostrare il carattere elusivo dell'operazione societaria, è necessario che l'ufficio indichi le norme, i divieti o gli obblighi che sono stati oggetto dell'abuso.In cosa consiste l'abuso del diritto. Con tale espressione si deve intendere un limite all'esercizio di un diritto soggettivo, altrimenti potenzialmente illimitato. In particolare, il soggetto titolare del diritto in questione lo esercita in modo anomalo per finalità ed obiettivi che non sono compresi tra quelli presenti nell'ordinamento giuridico. La figura dell'abuso del diritto rappresenta un mezzo di contrasto all'elusione fiscale, assurgendo a strumento di accertamento semplificato per l'Amministrazione su cui incombe l'onere di provare l'abusivo impiego di una norma giuridica finalizzato a trarre vantaggi economici diverso dal risparmio di imposta Cass. 17 ottobre 2008, numero 25374 .I negozi posti in essere dal contribuente, quindi, possono essere disconosciuti dall'ufficio finanziario, nel caso in cui tali operazioni siano prive di valide motivazioni economiche. La norma tributaria contenente disposizioni antielusive è l'articolo 37 bis del Dpr numero 600/73, prevedendo il disconoscimento dell'ufficio di vantaggi economici conseguiti attraverso atti a contenuto elusivo. Detta norma non contiene, quindi, una clausola generale che impedisca quei negozi essenzialmente volti ad ottenere un risparmio fiscale, in quanto limita le difese antielusive del sistema ad alcune determinate operazioni sotto l'aspetto fiscale.La giurisprudenza di legittimità ha affermato che esiste un principio generale non scritto volto a contrastare le pratiche consistenti in un abuso del diritto e ciò non soltanto nel settore fiscale ma anche in campi diversi dal diritto tributario Cass., SS.UU., 23 dicembre 2008, nnumero 3005, 30056 e 30058 del 2008 . In materia tributaria, i giudici di legittimità hanno affermato, inoltre, sent. 13 maggio 2009 numero 10981 che il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati, nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell'imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge stessa, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali cfr. anche Cass., SS.UU, 23 dicembre 2008, numero 30055 .La giurisprudenza di merito ha ritenuto sul tema in esame che è legittimo l'accertamento dell'ufficio in presenza di operazioni realizzate mediante negozi giuridici indiretti e collegati, privi di qualsiasi scopo economico legato all'attività svolta che consentono trasferire costi da una società all'altra al solo scopo di creare vantaggi fiscali mediante l'elusione di imposte. CTR Emilia Romagna 30 novembre 2010, numero 92 .La fattispecie. La società ha impugnato alcuni avvisi di accertamento emessi ai fini Irpeg, Ilor ed Irap con cui l'ufficio rettificava il reddito di impresa. In particolare, veniva rettificata alla società la svalutazione della partecipazione in una società estera, in quanto ritenuta operazione elusiva.I giudici tributari di primo grado hanno accolto il ricorso proposto e successivamente l'ufficio ha proposto appello alla Commissione tributaria regionale che ha accolto l'appello incidentale della società, limitatamente agli anni 1997 e 1998, confermando nel resto la decisione di primo grado. L'ufficio ha proposto ricorso per cassazione eccependo, tra l'altro, che affinché si realizzi l'elusione non è necessaria la violazione di una specifica norma di legge, essendo sufficiente che l'operazione sia in contrasto con i principi costituzionali fondamentali e tributari.Il divieto di abuso del diritto è principio generale antielusivo. La S. C. ha affermato preliminarmente che in materia tributaria il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo che finisce con il precludere al contribuente di conseguire vantaggi fiscali attraverso l'uso distorto di strumenti giuridici finalizzati ad ottenere un'agevolazione o un risparmio di imposta. Detto principio trova fondamento nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione e non contrasta con il principio della riserva di legge.I giudici di legittimità, nel sottolineare che il ricorso proposto non conteneva concreti elementi di censura della decisione impugnata ma si limitava ad una generica contestazione della stessa, hanno affermato che l'ufficio ricorrente nel proprio atto non fa riferimento agli atti e ai comportamenti posti in essere dalla società che avrebbero fatto emergere la natura elusiva dell'operazione di acquisizione della società. Né vengono indicate le modalità di svolgimento dell'operazione stessa.La genericità, nella fattispecie in esame, risulta ancora evidente, atteso che il giudice di primo grado aveva già annullato la rettifica giudicandola carente di motivazione per cui i successivi atti di impugnazione avrebbero dovuto chiarire tali punti.Un altro recente pronunciamento di legittimità ha individuato il caso di abuso del diritto nella condotta finalizzata a fruire di un regime agevolato sfruttando la correttezza formale della contabilità Iva, ma in realtà eludendo l'applicazione di norme tributarie. In sostanza l'abuso del diritto appare contestabile solo se il fisco è in grado di indicare gli obblighi o le norme violate con le operazioni poste in essere Cass. 27 luglio 2011, numero 16431 . * Esperto tributario