Ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese del giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall’articolo 13, comma 1, c.p.c., per cui, se il titolo è controverso il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni.
Questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 22705, depositata il 6 novembre 2015. Il fatto. La Corte di Cassazione è chiamata a decidere su come si debba determinare il valore della causa nelle controversie relative a prestazioni assistenziali ai fini della liquidazione delle spese di lite. La natura alimentare delle prestazioni assistenziali. Nel decidere la controversia proposta con il ricorso, i giudici di legittimità hanno ripreso la sentenza numero 10455/15 con la quale le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto esistente in giurisprudenza sul punto. In tale pronuncia, infatti, le S.U. hanno sottolineato come le prestazioni previdenziali e quelle assistenziali hanno una loro natura che le accomuna nel sistema di sicurezza sociale disegnato dall’articolo 38 Cost. e che le distingue sia dalle prestazioni alimentari periodiche sia dalle rendite temporanee vitalizie. Ciò nonostante, soltanto le prestazioni di assistenza sociale sono fondate e parametrate totalmente ed esclusivamente sullo stato di bisogno e sulla necessità di assicurare i mezzi necessari per vivere, mentre le prestazioni previdenziali presuppongono un rapporto assicurativo e sono strutturate in funzione di una tutela più ampia e diversa. In conclusione, solo le prestazioni assistenziali hanno totalmente e propriamente una natura alimentare, quindi alle stesse non può disconoscersi la piena assimilabilità alle prestazioni alimentari ai fini della scelta del criterio di determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese. Valore della causa. Nel dirimere il contrasto, dunque le Sezioni Unite hanno pronunciato il seguente principio di diritto «ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese del giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall’articolo 13, comma 1, c.p.c., per cui, se il titolo è controverso il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni». Nel caso di specie, a parere dei giudici di legittimità, la Corte di merito ha correttamente applicato tale principio, pertanto il ricorso va rigettato e le spese compensate tra le parti dato che il ricorso è stato proposto dopo che il contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 luglio – 6 novembre 2015, numero 22705 Presidente Venuti – Relatore Mammone Svolgimento del processo 1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Cagliari, F.M., in contraddittorio con Ministero dell'Economia e Finanze e INPS, chiese la concessione dell'indennità di accompagnamento e la condanna al pagamento dei ratei scaduti. 2.- Accolta la domanda, il Tribunale condannava l'INPS al pagamento dei ratei maturati ed alle spese processuali liquidate in complessivi € 990, di cui € 548 per diritti ed € 340 per onorari. 3.- Proposto appello dalla F. per la violazione delle tariffe forensi, la Corte d'appello di Cagliari con sentenza del 30.12.08 riformava la sentenza rideterminando l'importo di competenze ed onorari in complessivi € 1.555,88, di cui € 933 per diritti, 450 per onorari e 172,88 per rimborso delle spese generali. La Corte riteneva che lo scaglione tariffario applicabile dovesse essere fissato ai sensi del primo comma dell'articolo 13 c.p.comma come previsto per le cause in materia di prestazioni alimentari periodiche e non del secondo riferito alle cause relative a rendite temporanee o vitalizie , atteso che le prestazioni in materia di assistenza sono assimilabili alle prestazioni alimentari. Quanto alle voci richieste in parcella, la Corte riduceva le competenze per richiesta delle copie autentiche del ricorso, richiesta notifiche ed esame delle relate. 4.- Ricorre per cassazione l'assicurata. Risponde l'INPS con controricorso. Il Ministero delle Finanze e dell'Economia non svolge attività difensiva. Motivi della decisione 5. La ricorrente propone due motivi di ricorso. 5.1. Con il primo motivo di ricorso deduce violazione dell'articolo 13, comma 2, c.p.c., nonché motivazione contraddittoria. Il giudice, ha fatto applicazione del primo comma dell'articolo 13 c.p.c., che determina il valore delle cause in materia di prestazioni alimentari periodiche, e non del secondo, che determina il valore delle cause relative a rendite temporanee o vitalizie , cumulando le annualità domandate fino ad un massimo di dieci. Non ha considerato, però, che la prestazione assistenziale, pur diversa dalla prestazione previdenziale in quanto non collegata ad un rapporto di assicurazione in senso tecnico, deve essere equiparata alla rendita vitalizia dato che la prima si concreta in una somma di danaro che viene corrisposta periodicamente ed è pertanto del tutto assimilabile ad una rendita vitalizia. Le prestazioni alimentari, non sono, invece, stabili nel tempo e nel loro ammontare, in quanto sono collegate al mutamento delle condizioni economiche del debitore e del beneficiario. 5.2. Con il secondo motivo è dedotta violazione dell'articolo 414, numero 3, c.p.comma e dell'articolo 42, comma 1, della 1. 24.11.03 numero 326 e carenza di motivazione. Il giudice non ha tenuto conto che, per il disposto della legge numero 326, nelle cause concernenti l'invalidità civile la notifica dell'atto introduttivo al Ministero dell'Economia e Finanze va effettuata sia presso l'Avvocatura dello Stato, che presso la competente direzione provinciale. Pertanto, era necessaria la richiesta di una quinta copia autentica del ricorso ed era corretto l'esame di una quarta relazione di notifica. 6. Il primo motivo è infondato. Le Sezioni unite con la sentenza 21.05.15 numero 10455, risolvendo un contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità, hanno ritenuto che, in controversia avente ad oggetto l'accertamento del diritto alla fruizione di una prestazione assistenziale quale l'indennità di accompagnamento , il valore della causa, rilevante ai fini della determinazione dello scaglione tariffario applicabile per la liquidazione delle spese processuali, debba essere fissato in base all'ammontare delle somme dovute per due anni articolo 13, comma 1, c.p.c_ come previsto per le cause in materia di prestazioni alimentari periodiche. Non è, invece, applicabile il più favorevole criterio del cumulo delle annualità richieste fino ad un massimo di dieci, previsto dal secondo comma e riferito alle cause relative a rendite temporanee o vitalizie. Le Sezioni unite, sulla base della interpretazione data all'articolo 38 Cost. dalla giurisprudenza costituzionale sentenza Corte cost. numero 196 del 1993 , rilevano, infatti, che a livello legislativo vi è stata una progressiva integrazione tra il diritto all'assistenza ed il diritto alla tutela previdenziale, con la estensione della solidarietà anche a soggetti non facenti parte del sistema previdenziale. Tuttavia, solo le prestazioni di assistenza sociale sono fondate e parametrate totalmente ed esclusivamente sullo stato di bisogno e sulla necessità di assicurare i mezzi necessari per vivere , laddove le prestazioni previdenziali presuppongono un rapporto assicurativo, che è assente nelle prime, e sono strutturate in funzione di una tutela più ampia e diversamente strutturata, prevista per i lavoratori assicurati. Considerato, dunque, che soltanto alle prime può riconoscersi natura alimentare, solo alle stesse può risconoscersi l'assimilabilità alle prestazioni alimentari al fine, che qui interessa, della scelta del criterio per la determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese. Tale assimilazione non è possibile per le prestazioni previdenziali obbligatorie, le quali, pur partecipanti in parte di una natura alimentare, sono però strutturate e parametrate in funzione diversa e più ampia. Pertanto, pur confermando l'indirizzo consolidato che richiama il secondo comma dell'articolo 13 c.p.comma per le cause relative alle prestazione previdenziali, le Sezioni unite hanno poi enunziato il seguente principio di diritto ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall'articolo 13 c.p.c., comma 1, per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle somme dovute per due anni . Nella fattispecie in esame, la Corte di merito correttamente ha applicato tale criterio e, pertanto, va respinto il primo motivo. 7. Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che la sentenza impugnata dà atto che a fronte di due parti chiamate in giudizio, in primo grado sono state richieste tre notifiche. In mancanza di ulteriori ragguagli, parte ricorrente avrebbe dovuto descrivere le modalità della notifica del ricorso ed il contenuto della relazione dell'ufficiale giudiziario, onde consentire a questo Collegio di verificarne la rispondenza alle circostanze dedotte in ricorso a giustificazione della richiesta di corresponsione dell'ulteriore competenza. In mancanza di tali riscontri, il motivo deve essere ritenuto inammissibile. 8. In conclusione, infondato il primo motivo ed inammissibile il secondo, il ricorso deve essere rigettato. La circostanza che il contrasto sia stato risolto dalle Sezioni unite solo dopo la proposizione del ricorso costituisce giusto motivo di compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra ricorrente ed INPS. Nulla deve statuirsi per le spese del Ministero, che non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo, con compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra la ricorrente e l'INPS. Nelle spese nei confronti del Ministero.