Il possesso di auto di grossa cilindrata e le relative spese di mantenimento giustificano il redditometro

E’ a carico del contribuente, in tema di cd. redditometro, provare che le spese per il mantenimento delle auto di lusso ricevute in eredità non sono indice di una maggiore capacità contributiva.

Il contribuente che, pur dichiarando poco, ha auto di grossa cilindrata deve dimostrare che il mantenimento dei beni ereditati non proviene dal suo reddito. L’Amministrazione finanziaria è dispensata da qualunque prova che vada oltre a quanto già accertato dal redditometro stesso quale indice di maggiore capacità contributiva. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione, nell’ordinanza numero 18604 del 29 ottobre 2012. Il caso. Il giudice del gravame, nel riformare la pronuncia di primo grado favorevole al fisco, aveva statuito che era onere dell’Ufficio, con argomentata dimostrazione, specificare le ragioni per cui le spese di mantenimento delle auto del contribuente dovevano ritenersi eccessive rispetto al reddito dichiarato. La Suprema Corte, accogliendo per fondatezza il ricorso per cassazione del fisco, ha ribadito «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la determinazione del reddito effettuata sulla base dell’applicazione del c.d. redditometro dispensa l’Amministrazione finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto ai finti-indici di maggiore capacità contributiva, individuati dal redditometro stesso e posti a base della pretesa tributaria fatta valere, e pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore». Secondo la Cassazione, nella fattispecie spettava al contribuente fornire prova contraria rispetto alla presunzione stabilita ex lege, «disciplina che il giudice di gravame ha violato con la propria contraria affermazione». Ad ogni spesa corrisponde, di norma, un reddito. Il redditometro, pur se fondato su presunzioni iuris tantum e non iuris et de iure, è rispettoso dell’articolo 53 Cost., in quanto l’accertamento ad elementi che debbono essere rigorosamente dimostrati sono idonei a costituire fonte sicura di rilevamento della capacità contributiva. Attraverso la valutazione e stima di alcune spese connesse alla disponibilità di determinati beni e servizi, si può risalire indirettamente al reddito. Il meccanismo, in definitiva, è scandito nelle seguenti fasi a si individua un titolo di spesa b si quantifica la spesa c si imputa la spesa a reddito. Il contribuente, al fine di ridurre o azzerare la pretesa impositiva, può dimostrare che le spese sono state sostenute da altri soggetti autonomamente titolari di reddito oppure che non ha avuto la disponibilità del bene o del servizio nell’anno di imposta interessato da accertamento. Gli indici di capacità contributiva ex articolo 38, comma 4, D.P.R. numero 600/1973 hanno valore di prova relativa, in quanto incombe al contribuente l’onere di provare la mancata disponibilità dei beni o servizi sui quali si fonda la ricostruzione c.d. sintetica del reddito. Prova contraria a carico del contribuente. Resta a carico del contribuente l’onere di provare l’inesistenza della capacità reddituale, ed, in particolare, della base da cui è stata tratta grava sul contribuente l’onere di dimostrare in concreto che il proprio reddito effettivo è diverso ed inferiore a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’ufficio. Resta a carico del contribuente l’onere di provare l’inesistenza della capacità reddituale ed, in particolare, della base da cui è stata tratta grava sul contribuente, che contesti l’applicazione del redditometro l’onere di dimostrare in concreto che il proprio reddito effettivo è diverso ed inferiore a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’ufficio. Il redditometro dispensa il fisco da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti indici di maggiore capacità contributiva. Infatti, è a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Gli indici di capacità contributiva hanno valenza di prova relativa, poiché incombe al contribuente l’onere di provare la mancata disponibilità dei beni o servizi sui quali si basa l’accertamento cd. sintetico del reddito. Possedere un auto di grossa cilindrata è indice di una reale ricchezza e ciò contribuisce ad attirare le scomode ed indesiderate attenzioni del redditometro. Il fisco, infatti, può sempre effettuare un accertamento a carico del contribuente se il reddito dichiarato non risulta in linea con l’auto guidata in tal caso, e’ onere del contribuente provare che c’è compatibilità fra il proprio reddito e la propria autovettura.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 11 29 ottobre 2012, numero 18604 Presidente Cicala – Relatore Caracciolo Fatto e diritto La CTR di Roma ha respinto l'appello dell'Agenzia appello proposto con sentenza numero 216/58/2007 della CIP di Roma che aveva accolto il ricorso di R. R. contro avviso di accertamento per IRPEF ILOR 1990, avviso emesso a carico del genitore del ricorrente, del quale R. Angelo era divenuto erede a seguito di accertamento sintetico di genere presuntivo fondato sulla quota di risparmi desunta sia da acquisto di azioni che dalla disponibilità di numero 3 autovetture di grossa cilindrata. La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che una volta rinunciato da parte dell'Ufficio alla contestazione della quota di reddito derivante da una delle tre autovetture sarebbe spettato all'Ufficio, con argomentata dimostrazione, indicare le ragioni per cui le spese di mantenimento delle altre due debbano ritenersi eccessive rispetto al reddito dichiarato , cosi come ottemperare all'onere di prova in riguardo all'acquisto di azioni, quantomeno indicando nell'avviso di accertamento gli estremi dell'atto, nel mentre la produzione di documenti latta a questo proposito per la prima volta in grado di appello doveva considerarsi tradiva ed inammissibile. L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La parte intimata si è costituita con controricorso. Il ricorso ai sensi dell'articolo 380 bis epe assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all'articolo 376 epe può essere definito ai sensi delfarticolo 375 epe. Infatti, con il primo motivo di censura improntato alla violazione dell'articolo 38 commi 4,5, e 6 dei DM. 10.9.1992 e 19.1 1.1992 alla violazione e falsa applicazione degli articolo 2697, 2727 e 2728 cod civ la ricorrente -in correlazione alla prima delle due rationes decidendi si duole del tatto che il giudice del merito aveva di fatto imposto all'Erario un onere della prova riferito a ratti diversi ed ulteriori rispetto a quelli individuati nei coefficienti presuntivi di reddito posti a fondamento dell'accertamento sintetico, coefficienti costituiti esclusivamente dalla disponibilità delle autovetture. La censura appare fondata, alla luce della confermata giurisprudenza di questa Corte per tutte Cass. Sez. 5, Sentenza numero 5794 del 19/04/2001 secondo la quale in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la determinazione del reddito effettuata sulla base dell'applicazione del cosiddetto redditometro dispensa l'Amministrazione Finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti-indici di maggiore capacità contributiva, individuati dal reddito metro stesso e posti a base della pretesa tributaria fatta valere, e pone a carico dei contribuente l'onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del reddito metro non esiste o esiste in misura inferiore . Sarebbe spettato dunque alla parie contribuente fornire la prova contraria rispetto alla presunzione stabilita ex lege, disciplina che il giudicante del merito ha violato con la propria contraria affermazione. Con il secondo motivo di censura poi improntato alla violazione dell'articolo 58 comma 2 del D.Lgs. numero 546/1992 la ricorrente Agenzia -in correlazione alla seconda delle due rationes decidendi si duole del fatto che il giudice del merito abbia negato ingresso alla valutazione di documenti decisivi la copia delle due interrogazioni del sistema informativo dell'Anagrafe Tributaria donde emerge donde si assume che risultino gli acquisti delle azioni di cui si tratta , in violazione dell'ali.58 dianzi menzionato, il quale consente invece la produzione in appello di nuovi documenti. La censura è fondata. Risulta infatti pacifico tra le parli che i documenti di cui trattasi sono stati offerti in produzione in una con l'atto di appello, sicché -in applicazione dell'articolo 58 anzidetto ne sarebbe stata necessaria l'ammissione e comunque non se ne sarebbe potuta dichiarare l'inammissibilità senza alcuna necessità di vaglio da parte del giudicante. Ed invero, è costante l'indirizzo di questo Corte per tutte Cass. Sez. 5, Sentenza numero 16916 del 16/08/2005 secondo cui in tema di contenzioso tributario, l'articolo 58, secondo comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546 ha espressamente previsto e consentito la produzione di nuovi documenti in appello. Ne consegue che, nel processo tributario, mentre prove ulteriori, rispetto a quelle già acquisite nel giudizio di primo grado, non possono essere disposte in appello, salvo che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio, i documenti possono essere liberamente prodotti anche in sede di gravame, ancorché preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado . Non resta che concludere che l'apprezza mento del giudicante, radicalo proprio sull'assenza di prova a carico dell'amministrazione e conseguente all'illegittima espunzione di dette prove documentali, merita la cassazione. Il terzo motivo resta assorbito dall'accoglimento del motivo che precede. In definitiva, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, donde la necessità di rimessione della causa al giudice del rinvio affinché provveda ad un nuovo apprezzamento delle domande, alla luce dei principi che precedono. Roma, 10 aprile 2012 che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle partì che non sono state depositate conclusioni scritte, ne memorie che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accollo che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR che, in diversa composizione, provvedere anche sulle spese di lite del presente grado.