In materia di deposizione della parte civile sentita come testimone vige il principio della scindibilità delle dichiarazioni.
Valutazione della deposizione della parte offesa. Con la sentenza numero 40845 depositata il 17 ottobre 2012, la Corte di Cassazione ribadisce il proprio orientamento consolidato in tema di valutazione della deposizione della parte offesa. In particolare, detta deposizione può costituire da sola fonte di prova ed essere assunta dal giudice a fondamento del proprio convincimento, al pari di qualunque altra deposizione, senza necessità che sussistano riscontri esterni, non essendo ad essa applicabile il canone di valutazione della prova previsto dall’articolo 192, commi 2 e 3, c.p.p Maltrattamenti del marito. Nel caso di specie, la vicenda affrontata dai giudici riguardava il comportamento vessatorio e violento di un marito nei confronti della giovane moglie. Quest’ultimo, infatti – come si legge nella sentenza -, era solito apostrofare la moglie con epiteti offensivi facendole pesare il fatto di non contribuire al menage famigliare e di essere a suo completo carico in quanto ancora impegnata negli studi universitari. La situazione non risulta migliorare neppure al nascere della figlia, motivo di iniziale riappacificazione tra i coniugi dopo la decisione di separarsi. Al contrario, le vessazioni da parte del marito continuavano, aggiungendosi anche la minaccia rivolta alla moglie di toglierle la bambina. Successivamente i due si separano nuovamente , ma il marito, pur avendo lasciato l’abitazione familiare, continua nelle sue azioni di disturbo nei confronti della moglie, lasciandola priva della fornitura d’acqua e svuotando l’appartamento del mobilio che dichiarava essere stato acquistato con proprie risorse. Un quadro famigliare veramente terribile! Attenuanti. Purtroppo le vicissitudini della moglie non erano ancora finite, anzi culminavano nella violenza sessuale del marito che aveva tentato di avere un rapporto con la ex moglie presso l’abitazione coniugale. In entrambi i gradi di giudizio veniva riconosciuta la responsabilità penale dell’uomo per i reati di cui agli articolo 609 bis e 572 c.p e, in presenza del vincolo della continuazione, veniva condannato alla pena di 4 anni di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile. La Corte d’Appello competente in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosciuta l’attenuante della minore gravità di cui all’articolo 609 bis, comma 3 c.p., rideterminava la pena in quella di due anni di reclusione con la concessione della sospensione condizionale. Il marito proponeva ricorso per cassazione contestando, tra l’altro, la pretesa attendibilità delle dichiarazioni della p.o. Parziale attendibilità. La Cassazione, tuttavia, non ritiene di accogliere tale doglianza, in quanto la sentenza impugnata, pone in rilievo con adeguata motivazione la credibilità della donna, il cui racconto – scrivono gli Ermellini – è apparso lucido e circostanziato, coerente e costante, come dimostrato dall’assenza di contestazioni, privo di toni di acrimonia e di risentimento verso l’imputato tali da indurre al sospetto di falsità, nonché l’apporto confermativo costituito dalla deposizione della madre della vittima, sia in ordine ai ripetuti maltrattamenti ai quali ha assistito, sia in ordine alla violenza sessuale subita, avendo raccolto nell’immediatezza dei fatti le confidenze della figlia infine, le parziali ammissioni dell’imputato. Né vale la circostanza posta in rilievo dalla difesa secondo cui le dichiarazioni della donna, ritenute attendibili quanto alle condotte di maltrattamenti e alla violenza sessuale, siano state invece smentite, quanto al reato di cui all’articolo 570 c.p., pure contestato all’imputato, dalla documentazione prodotta dalla stesso, grazie alla quale è stato assolto da tale reato. In realtà, affermano i giudici del Palazzaccio , secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in materia di deposizione della parte civile sentita come testimone vige il principio della scindibilità delle dichiarazioni in virtù del quale il giudice può ritenere veritiera una parte della dichiarazione ed al contempo giudicare non attendibili altre parti, previa adeguata motivazione della sua scelta. Da qui l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al punto della non menzione della condanna come beneficio riconosciuto , e rigetto nel resto del ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 giugno - 17 ottobre 2012, numero 40845 Presidente Squassoni – Relatore Savino Ritenuto in fatto Con sentenza emessa in data 15 ottobre 2008 il Tribunale di Brindisi riconosceva la penale responsabilità di I.M. per i reati di cui agli articolo 609 bis e 572 c.p. commessi ai danni della moglie G.S. , e, concesse le attenuanti generiche e riconosciuto il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione ed al pagamento delle spese processuali, oltre pene accessorie. Infine veniva condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, G.S. , da liquidarsi in separata sede nonché al pagamento delle spese sostenute per la costituzione di parte civile e di una provvisionale pari a 6.000,00 Euro in favore della stessa. Proposto appello dal difensore dell'imputato, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza pronunciata in data 6 luglio 2011, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosciuta l'attenuante di cui all'articolo 609 bis, comma 3, c.p., rideterminava la pena inflitta dal giudice di prime cure, tenuto conto delle già concesse attenuanti generiche, in quella di 2 anni di reclusione. Concedeva, inoltre, all'imputato la sospensione condizionale della pena e confermava nel resto la pronuncia di primo grado. Avverso tale sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputato per i motivi di seguito specificati. Per cogliere appieno la doglianza occorre fare un breve cenno ai fatti dai quali ha preso le mosse il presente procedimento così come sono stati ricostruiti dai giudici di merito sulla base delle risultanze processuali. L'I. e la G. contrassero matrimonio nel 2000 e, fin dall'inizio, la loro unione è stata funestata dalla continue vessazioni cui, secondo la deposizione della p.o., l'odierno imputato la sottoponeva. Quest'ultimo, infatti, era solito apostrofare la moglie con epiteti offensivi facendole pesare il fatto di non contribuire al menage famigliare e di essere a suo completo carico in quanto ancora impegnata negli studi universitari. La situazione con il tempo era peggiorata al punto da indurre i coniugi, nel 2002, a separarsi, decisione rientrata per l'inaspettata gravidanza della G. . Tuttavia, neppure dopo la nascita della figlia il comportamento dell'I. nei confronti della moglie era migliorato continuavano le vessazioni, le aggressioni verbali accompagnate dalla minaccia rivolta alla moglie di toglierle la bambina. Nel 2004 i due si separarono nuovamente l'I. , pur avendo lasciato l'abitazione famigliare, continuava a porre in essere continue azioni di disturbo nei confronti della moglie lasciandola priva della fornitura dell'acqua e costringendola a lasciare momentaneamente l'abitazione coniugale, svuotando l'appartamento del mobilio che asseriva essere stato acquistato con risorse proprie. I comportamenti molesti ed aggressivi descritti dalla G. raggiunsero il loro culmine quando, la mattina del omissis , l'I. , recandosi a visitare la figlia presso l'abitazione coniugale, appena la bambina si addormentò, costrinse la moglie a seguirlo in camera da letto, la spinge sul letto e, dopo averla immobilizzata col peso del suo corpo, toccandola nelle parti intime, tentò di avere con lei un rapporto sessuale. La G. riesci a divincolarsi, afferrò il cellulare e si rifugiò in bagno. L'I. , però, riuscì a bloccare la porta cercando di entrare con la forza e desistette, abbandonando l'abitazione, solo quando la G. minacciò di chiamare i Carabinieri. La G. , comprensibilmente sconvolta, chiamò la madre per essere da lei soccorsa, narrandole l'accaduto. Dopo si recò dalle forze dell'ordine per denunciare l'episodio. 1- Mancanza della motivazione in ordine ai motivi di appello specificamente dedotti e corredati di ripetuti e puntuali riferimenti alle pagine processuali con particolare riguardo alla vantazione dell'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte civile, articolo 606 lett. e c.p.p. Lamenta la difesa del ricorrente che i Giudici di appello hanno inopinatamente ritenuto attendibili le dichiarazioni accusatorie della persona offesa con riguardo alla denuncia di maltrattamenti e di violenza sessuale nei confronti del coniuge I.M. , pur essendo state le stesse dichiarazioni ritenute inveritiere relativamente al reato cui all'articolo 570 c.p., anch'esso inizialmente contestato all'I. , dal quale egli è stato assolto, emergendo da tale assoluzione l'inattendibilità delle suddette dichiarazioni accusatorie sulle quali si fondava l'accusa di mancato versamento dei mezzi di sussistenza in favore della figlia minore. La Corte territoriale si è limitata ad apodittiche affermazioni di responsabilità dell'imputato senza tenere conto delle specifiche circostanziate deduzioni svolte con i motivi di appello. 2. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e c.p.p. erronea applicazione della norma di cui all'articolo 609 bis terzo comma c.p Con il secondo motivo la difesa del ricorrente lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 609 bis, comma 3 c.p. in quanto la condotta posta in essere dall'I. ai danni della moglie non costituirebbe un fatto comunque grave tale da integrare il reato di violenza sessuale seppur nella sua forma attenuata che è stata riconosciuta dalla Corte di Appello. In particolare, a detta del difensore dell'imputato, affinché ricorrano gli estremi del delitto di cui all'articolo 609 bis p c., nell'ipotesi attenuata prevista dal comma terzo, è necessario che il fatto raggiunga una soglia di disvalore tale da poter essere definito comunque grave . E la condotta dell'I. , tenuto conto dei suoi buoni propositi tramite il rapporto sessuale avrebbe voluto riappacificarsi con la moglie e del contesto in cui si è realizzata l'imputato era andato via di casa da poco non potrebbe essere considerata tale. 3. Violazione dell'articolo 606, lett. b , erronea applicazione delle norme di cui all'articolo 572 ed 81 c.p. per mancanza assoluta dell'elemento oggettivo che configura il reato di maltrattamenti in famiglia. Con il terzo motivo si censura la sentenza di appello nella parte in cui ritiene l'imputato colpevole del reato di maltrattamenti in famiglia in quanto non sarebbe stata dimostrata la abitualità della condotta vessatoria nei confronti della moglie. Assume in proposito il ricorrente che prima della denuncia della presunta violenza sessuale subita dalla G. , sporta in data OMISSIS , la stessa non aveva mai denunciato, o anche solo riferito, episodi di violenza da parte del marito, nemmeno in occasione di precedenti crisi coniugali. 4. Violazione dell'articolo 606 lett. e per la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione della Corte d'appello. Il ricorrente con il quarto motivo di ricorso lamenta la contraddittorietà ed illogicità della motivazione della Corte di appello nella misura in cui prima afferma che la attendibilità delle dichiarazioni della parte civile sentita come testimone deve essere valutata con particolare rigore fino a considerare l'opportunità di procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi e poi ritiene attendibili le dichiarazioni della G. senza effettuare un adeguato esame sull'attendibilità intrinseca della dichiarante. Esame che, a detta del ricorrente, avrebbe dovuto essere particolarmente approfondito, data la mancanza di dati obbiettivi che confermassero quanto riportato dalla parte civile. 5. Con l'ultimo motivo il ricorrente lamenta l'omessa concessione del beneficio della non menzione, richiesto anche in appello, senza che i giudici di seconde cure abbiano fornito alcuna motivazione in merito alla mancata concessione. Considerato in diritto 1 - Il ricorso è incentrato, quanto al primo motivo, sulla richiesta volta, sia pure sub specie di vizio di motivazione, ad nuova valutazione delle risultanze processuali attraverso una diversa lettura degli elementi di fatto acquisiti al giudizio, non consentita al giudice di legittimità. Si richiamano a tale riguardo i principi enunciati dalla Suprema Corte in materia, secondo i quali il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in virtù dell'espressa previsione dell'articolo 606 co. 1 lett. E c.p.p., al solo accertamento della congruità e coerenza dell'apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o della autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti. Cass. S.U. numero 12 del 31.5.00, S.U. numero 47289 del 24.9.03, sez IV numero 4842 del 2.12.03 sez. III numero 40542 del 12.10.07 . Ne consegue che, laddove le censure del ricorrente non siano tali da scalfire la logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, queste devono ritenersi inammissibili perché proposte per motivi diversi da quelli consentiti, in quanto non riconducibili alla categoria di cui al richiamato articolo 606 co. 1 lett. E. Fatta questa premessa sui limiti del sindacato di legittimità, occorre stabilire se la sentenza impugnata abbia fornito una congrua, logica ed esaustiva motivazione della valutazione delle risultanze processuali. La verifica in questione, data la natura dei reati contestati all'imputato, deve innanzitutto riguardare la motivazione in ordine al giudizio di attendibilità della persona offesa. A tale riguardo vanno ricordati i principi espressi dalla Corte in ordine alla vicendevole integrazione delle sentenze di primo e secondo grado ed doppia conforme in tutti i casi in cui le due sentenze di primo e secondo grado contengano un'analisi ed una valutazione concorde degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo. Discende da ciò che, ai fini della valutazione della congruità del provvedimento impugnato, occorre avere riguardo anche alla sentenza di primo grado Cass. sez. I 24.6.010 numero 29372, 26.6.2000, numero 8868, sez II 13.11.97 numero 11220 . Nel caso in esame, le due sentenze di merito di discostano solo quanto alla diversa qualificazione giuridica data alla contestata violenza sessuale, sussumibile, secondo la valutazione dei giudici di Appello, nell'ipotesi attenuata di cui all'articolo 609 comma terzo c.p., e nella conseguente rideterminazione della pena. Ritiene questo Collegio che la sentenza impugnata, nell'esame integrato con quella di primo grado, al quale fa rinvio per relationem quanto alla descrizione del fatto e alla deposizione della parte offesa, contenga una congrua convincente motivazione della credibilità della stessa Si richiama in proposito la consolidata giurisprudenza della Corte, in tema di valutazione della deposizione della parte offesa secondo cui detta deposizione può costituire da sola fonte di prova ed essere assunta dal giudice a fondamento del proprio convincimento, al pari di qualunque altra deposizione, senza necessità che sussistano riscontri esterni, non essendo ad essa applicabile il canone di valutazione della prova previsto dall'articolo 192 commi 2 e 3 c.p.p Tuttavia, atteso l'interesse accusatorio connaturato alla testimonianza della persona offesa, portatrice di interessi configgenti con quelli dell'imputato, le dichiarazioni della persona offesa devono essere valutate con estremo rigore, specie quando non emergano dati obiettivi a loro conforto o in addirittura si versi in presenza di elementi di contrasto, ciò al fine di apprezzarne la reale portata probatoria e dunque devono essere sottoposta ad un vaglio di attendibilità soggettiva ed oggettiva sicuramente più attento e rigoroso rispetto alla generica valutazione cui vengono sottoposte le dichiarazioni di un qualunque testimone, Cass. Penumero Sez. I 24.9.97 numero 8606, Bello, sez VI 28.5.97 numero 4946, Orsini, 14.6.00 sez. I numero 7027, Di Telia, Cass 33161/2004 . Tanto premesso, la sentenza impugnata pone in rilievo, con adeguata motivazione, la credibilità della G. , il cui racconto è apparso lucido e circostanziato, coerente e costante, come dimostrato dall'assenza di contestazioni, privo di toni di acrimonia e di risentimento verso l'imputato tali da indurre al sospetto di falsità, nonché l'apporto confermativo costituito dalla deposizione della madre della vittima, sia in ordine ai ripetuti maltrattamenti ai quali ha assistito, sia in ordine alla violenza sessuale subita, avendo raccolto nell'immediatezza dei fatti le confidenze della figlia da ultimo le parziali ammissioni dell'imputato. Del tutto condivisibile sul piano logico ed argomentativo è la considerazione svolta dalla Corte territoriale, della ininfluenza ai fini del giudizio di attendibilità della persona offesa, della circostanza posta in rilievo dalla difesa, secondo cui le dichiarazioni della predetta, ritenute attendibili quanto alle condotte di maltrattamenti e alla violenza sessuale, sono state invece smentite, quanto al reato di cui all'articolo 570 c.p., pure contestato all'imputato, dalla documentazione prodotta dall'imputato, grazie alla quale è stato assolto da tale reato. Sul punto la sentenza di appello pone in rilievo due aspetti secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato anche in materia di deposizione della parte civile sentita come testimone vige il principio della scindibilità delle dichiarazioni in virtù del quale il giudice può ritenere veritiera una parte della dichiarazione ed al contempo giudicare non attendibili altre parti. Fermo restando, chiaramente, l'obbligo di fornire un'adeguata motivazione della sua scelta Cass. numero 10625/1992 Cass. numero 7900/1998 Cass. numero 401070/2006 . E, comunque, la Corte di appello ha evidenziato che non sussiste discrepanza tra quanto riferito dalla G. durante la deposizione e quanto emerge dalla documentazione prodotta dal l'I. in entrambi i casi si evince un parziale adempimento da parte dell'imputato del suo obbligo contributivo la teste ha riferito che il marito, dopo il provvedimento presidenziale emesso ex articolo 708 nell'ambito del giudizio di separazione, aveva corrisposto quanto dovuto ma sempre con i suoi tempi e con gli importi che riteneva opportuni. Ed invero dai vaglia postali prodotti risulta che i versamenti venivano effettuati dall'I. sempre in ritardo e con importi non sempre corrispondenti a quelli stabiliti nel suddetto provvedimento. Per altro lo stesso imputato ha ammesso di non essere sempre stato puntuale nei pagamenti delle somme in questione . Dunque le dichiarazioni della G. devono ritenersi attendibili anche con riguardo al reato di cui all'articolo 570 nonostante l'imputato sia stato assolto dal relativo capo di imputazione. 2 - Infondato è il secondo motivo, concernente la dedotta inconfigurabilità della fattispecie criminosa della violenza sessuale, anche nell'ipotesi attenuata di cui al terzo come articolo 609 bis c.p. riconosciuta dalla Corte di Appello. Ciò che rileva ai fini della configurabilità del reato in esame è la sussistenza di una offesa al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice cioè la libertà di autodeterminazione in ambito sessuale. Nel caso in esame siffatta offesa c'è stata sicuramente dal momento che la G. ha chiaramente opposto il proprio dissenso e la condotta dell'I. è innegabilmente consistita in una invasione della sfera sessuale della stessa ottenuta con la violenza vedi ex pluris Cass. penumero , 9 maggio 2008, numero 28815 . Né può ritenersi rilevante ai fini dell'esclusione dell'antigiuridicità della condotta il particolare contesto in cui essa è stata posta in essere, caratterizzata dall'esistenza di un rapporto coniugale fra la vittima e l'imputato, da poco tempo naufragato, e le motivazioni, tentativo di recuperare il rapporto matrimoniale, ad essa sottese, peraltro già prese in considerazione dai giudici di Appello per riconoscere l'attenuante di cui al terzo comma articolo 609 bis c.p Si richiama a tale proposito l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, secondo cui il reato di violenza sessuale è configurabile all'interno del rapporto di coppia coniugale o paraconiugale ogni qual volta vi sia un costringimento fisico - psichico idoneo ad incidere sulla libertà di autodeterminazione del partner ex pluris Cass. penumero 4 febbraio 2004, numero 14789 . 3 - Infondato è anche il terzo motivo con i quale si censura la sentenza in punto di sussistenza del reato ex articolo 572 c.p., mancando l'abitualità tipica del reato di maltrattamenti. Richiamati anche con riguardo a questo motivo i principi in materia dei limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione, esposti con rifermento al primo motivo, e ribadito in proposito che questa Corte di legittimità deve limitarsi a verificare l'esistenza di un congruo apparato argomentativo della sentenza, senza poter sovrapporre una propria valutazione delle risultanze processuali a quella compita dai giudici di merito, va rilevato che la sentenza impugnata, come integrata dalla sentenza di primo grado richiamata, contiene un ampia disamina della condotta di maltrattamenti, soffermandosi proprio sui quei caratteri di ripetitività degli episodi di violenza morale e fisica integranti il reato in questione si è evidenziato come l'I. , fin dall'inizio della vita coniugale, era solito offendere la moglie rivolgendosi a lei con epiteti infamanti ed umilianti, facendole pesare di essere a suo carico non percependo un proprio reddito, si da instaurare un regime di vita logorante, volto al continuo discredito della moglie annientandone la personalità. Correttamente la sentenza ha evidenziato la sussistenza di elementi esterni di conferma del racconto della parte offesa, fra i quali la copia di un vaglia online, avente come causale il contributo per il mantenimento della figlia minore, inviato alla G. da parte dell'imputato con scritto la parola chiave Bald , diminutivo dell'ingiuria baldracca che l'I. era solito rivolgere alla moglie, nonché la conferma della madre della G. , sentita come teste, della condotta tenuta dal genero anche nel periodo successivo alla separazione, costellata da reiterate offese, aggressioni fisiche e verbali, comportamenti ritorsivi. 4 - Infondato è anche il quarto motivo. Si è già evidenziato, con riguardo al primo motivo cui si rinvia, come la motivazione della sentenza di appello, anche attraverso il richiamo alla sentenza di primo grado quanto alla ricostruzione della vicenda processuale, sia dettagliata e spieghi in modo assolutamente coerente le motivazioni per cui la G. è stata ritenuta attendibile non solo per coerenza intrinseca e precisione del suo racconto ma anche la presenza di riscontri esterni alle sue dichiarazioni peraltro specificamente indicati nel testo della sentenza, a partire dalla deposizione della madre. 5 - È invece fondato l'ultimo motivo di ricorso relativo alla mancata concessione del beneficio della non menzione. Secondo orientamento giurisprudenziale ampiamente consolidato, la concessione del beneficio della non menzione ella condanna di cui all'articolo 175 c.p., è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice sulla base di una valutazione delle circostanze di cui all'articolo 133 c.p. senza che sia necessaria una specifica e dettagliata esposizione delle ragioni della decisione Cass., sez. III, 17 novembre 2009 - 25 febbraio 2010, numero 7608, CED 246183 . Nel caso in esame, la Corte di Appello, pur avendo provveduto sulla richiesta di sospensione condizionale della pena, accogliendola, ha omesso qualsiasi pronuncia in merito alla richiesta di concessione del beneficio, avanzata, congiuntamente alla prima, con specifico motivo di appello, contravvenendo ai principi elaborati in materia secondo cui, proprio perché trattasi di espressione di una facoltà discrezionale rimessa al giudice, sussiste l'obbligo del giudice di merito di indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all'articolo 133 cod. Cass. penumero sez IV 14.7.11 rv 251509 . La sentenza impugnata deve dunque essere annullata limitatamente all'omessa statuizione sulla concessione della non menzione della condanna ex articolo 175 c.p., con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce, che dovrà provvedere all'accertamento dei presupposti per la concessione del beneficio. Devono essere rigettati gli altri motivi del ricorso. P.Q.M. Annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente al punto della non menzione della condanna con rinvio ad altra ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso.