Accordo di convivenza: la gioia di Mirko ed Emanuele è una ‘pietra miliare’ per l’Italia

Oltre due mesi di lavoro, per il notaio Raffaele Viggiani e per i suoi collaboratori, per arrivare a mettere ‘nero su bianco’ un accordo che regola nei minimi dettagli la convivenza di una coppia gay. Si va dalla ripartizione delle spese della vita comune all’obbligo di mantenimento reciproco, passando per gli obblighi di contribuzione, fino ad arrivare alla possibilità, in caso di malattia di uno dei componenti della coppia, di prendere decisioni mediche e accedere a cartelle cliniche.

Per Mirko ed Emanuele è il coronamento di un lungo amore. Per l’Italia potrebbe essere un passaggio epocale, una sorta di ‘pietra miliare’ per le cosiddette ‘coppie di fatto’, omo o etero che siano Di certo, però, l’«accordo di convivenza» firmato dai due ragazzi – e ufficializzato da un notaio di Lecco, Raffaele Viggiani – costituisce una novità rilevante nel complesso dibattito sui diritti delle coppie non sposate. A ‘frenare’, però, è proprio Viggiani, spiegando che quel «documento» – un vero e proprio contratto – «non è una vera soluzione», quanto piuttosto una «strada percorribile» e utile a spingere il legislatore ad adottare soluzioni definitive per il riconoscimento delle coppie di fatto, soluzioni che siano «degne di un Paese civile», sottolinea Viggiani. Ma, oltre a guardare in prospettiva futura, è corretto riconoscere, oggi, il giusto valore alla vicenda di questi due uomini, Mirko ed Emanuele. Che hanno prima pensato al matrimonio – impraticabile in Italia, per persone dello stesso sesso – e poi hanno ‘scoperto’, viaggiando nel web, la possibilità di mettere ‘nero su bianco’ un «accordo di convivenza». Passaggio successivo è stato il ‘tour’ di diversi studi notarili, ‘tour’ rivelatosi inutile, fino all’incontro con Viggiani «Ci siamo subito appassionati, io e i miei collaboratori, alla vicenda di queste due persone, e non ce la siamo sentita di ‘sbattergli la porta in faccia’. Così, abbiamo cominciato a lavorare, affrontando un terreno per noi inesplorato, all’ipotesi di un accordo, preparando un questionario per i due ragazzi, utilizzando le loro risposte e, infine, discutendo con loro ogni punto del documento». In totale ben 60 giorni di lavoro, e almeno 6 incontri in studio con Mirko ed Emanuele, prima di approdare alla firma dell’accordo. «Credo sia il primo caso in Italia», sottolinea con orgoglio Viggiani, «il primo caso», aggiunge, «di un accordo così dettagliato, così complesso, costruito da zero sulle indicazioni dei due ragazzi e capace di affrontare quasi ogni aspetto della loro convivenza e del loro rapporto, regolamentato a 360 gradi, paradossalmente più di un matrimonio in piena regola». Diversi, e significativi, i ‘capitoletti’ dell’accordo ad esempio, ‘ripartizione delle spese della vita comune’, ‘obblighi di contribuzione’, ‘obbligo di mantenimento reciproco’ – anche in caso di stato di bisogno di uno dei due conviventi – , ‘regolamentazione dei rapporti patrimoniali, in caso di cessazione della convivenza’. Esemplare, in particolare, il ‘capitolo’ relativo all’ipotesi di malattia di uno dei due componenti la coppia «Se uno è malato, l’altro può assumere decisioni mediche, nonché accedere alle cartelle cliniche», spiega Viggiani. Nonostante tutto, però, nonostante la soddisfazione per il lavoro realizzato e per la gioia data a quella coppia – desiderosa di “un riconoscimento formale” –, c’è la consapevolezza che questa è la «soluzione a portata di mano» oggi, ma non può essere la «soluzione definitiva». Unica speranza, secondo Viggiani, è che «questo tipo di contratto si diffonda», mettendo così ‘pressione’ sul legislatore, spingendolo a mettere mano ad una legge ad hoc per i diritti delle coppie di fatto. Sia chiaro, ci si trova di fronte, comunque, a un fatto di enorme valore «da un punto di vista giuridico, perché si tratta, credo, del primo accordo, in Italia, che regolamenta tutta la vita comune di due persone, dello stesso sesso e non coniugate», e «da un punto di vista sociale, perché si dimostra come, con la corretta struttura giuridica, sia possibile raggiungere, per persone non coniugate, risultati simili a quelli che crea un normale matrimonio». Eppure resta intatta la sensazione che lo strumento utilizzato possa, come detto, solo spingere il legislatore ad affrontare in maniera diretta una questione che riguarda tantissime persone in Italia, e che viene sempre evitata, posticipata, riposta in un cassetto Anche per questo, Viggiani ammette di considerare quei due mesi di lavoro «emozionanti», sia a livello professionale che a livello umano. Soprattutto perché, ci tiene a sottolineare, l’«accordo di convivenza» tra Mirko ed Emanuele non è un «mero contratto», ma è il riconoscimento delle legittime esigenze di una coppia, come ce ne sono tante in Italia. E il fatto che «proprio il nostro sia uno dei pochi Paesi a non avere una regolamentazione ad hoc è strano», sottolinea Viggiani, anche perché «ci troviamo di fronte a un fenomeno sociale, quello delle ‘coppie di fatto’, che non può certo essere negato», e di cui, anzi, bisognerebbe prendere sempre più contezza. In quest’ottica, Viggiani, con orgoglio, rivendica di «aver dato», assieme ai propri collaboratori, «un contributo» ora la speranza è che l’Italia compia, finalmente, un’evoluzione, sociale e normativa. Per adesso, però, c’è, di sicuro, l’emozione e la gioia di una coppia di giovani, contenti di aver coronato il loro amore. «Siamo soddisfatti, oggi, a lavoro finito, soprattutto per loro, per Mirko ed Emanuele. Hanno realizzato il loro desiderio. E noi abbiamo voluto aiutarli, non chiudendogli l’ennesima porta in faccia, come gli era capitato in passato, ma lavorando a pieno regime, affrontando una materia completamente nuova e affrontando con loro ogni dettaglio».