Anche nella valutazione dell’esercizio del diritto di critica giornalistica, pur dovendosi riconoscere limiti più ampi rispetto a quelli fissati per il diritto di cronaca, deve ricercarsi un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con l’interesse a che non siano introdotte limitazioni alla formazione del pensiero costituzionalmente garantita.
Diffamazione. Con la sentenza n.4897, depositata il 14 marzo 2016, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione interviene in materia di diffamazione, ribadendo i principi giurisprudenziali in tema di diritto di cronaca e diritto di critica. In particolare, anche nella valutazione dell’esercizio del diritto di critica giornalistica, pur dovendosi riconoscere limiti più ampi rispetto a quelli fissati per il diritto di cronaca, deve ricercarsi un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con l’interesse a che non siano introdotte limitazioni alla formazione del pensiero costituzionalmente garantita. Questo bilanciamento viene operato dalla giurisprudenza di legittimità prevedendo per il legittimo esercizio del diritto alla critica, oltre alla sussistenza della rilevanza sociale dell’argomento, la correttezza di espressione, la quale impone che la critica si esprima in termini formalmente misurati, e in modo tale da non trascendere in attacchi e aggressioni personali diretti a colpire sul piano morale la figura del soggetto criticato. Diritto di cronaca e diritto di critica. Nel caso di specie il giudice di prime cure, in accoglimento della domanda risarcitoria, condannava i giornalisti, l’editore e il direttore del giornale a corrispondere la complessiva somma di euro 90000,00 per la violazione del diritto all’onore ed alla reputazione in relazione a due articoli pubblicati sullo stesso quotidiano – il primo nell’edizione nazionale e il secondo nell’inserto locale – nei quali si riportava la notizia dell’avvenuto trasferimento di un ufficiale dei carabinieri ad altro incarico, nel contesto degli aggiornamenti sull’indagine scaturita dalle note vicende occorse a Genova in occasione del vertice internazionale G8. Al riguardo, il Tribunale reputava che la notizia del trasferimento dell’ufficiale ad altro incarico, ancorché effettivamente conforme al vero, fosse da reputarsi diffamatoria, in quanto inserita in un contesto di articoli concernenti i fatti del G8 e, dunque, indebitamente accostata ad altri trasferimenti di funzionari apicali della polizia di Genova, originati, diversamente da quello del ricorrente, dalle vicende degli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. In buona sostanza, secondo il giudice di merito, il fatto di non aver riferito che il trasferimento era stato accordato su domanda avanzata precedentemente insieme all’accostamento con lo scandalo dei disordini del G8 erano idonei a conferire alla notizia valenza diffamatoria. La riforma della sentenza del giudice di prime cure. In sede di appello, tuttavia, la Corte territoriale riformava la sentenza, ritenendo che gli articoli in questione, riportando in maniera frammista notizie di cronaca e valutazioni critiche, dovevano essere inquadrati nell’alveo del diritto di critica e più in particolare nell’ambito del tema dello sviluppo critico della notizia di cronaca. In particolare, per i giudici dell’appello, il riferimento al criterio della verità obiettiva del fatto risulta essere un vero e proprio “fuor di luogo”. Infatti, nel caso di espressione di un’opinione critica, la verità dei fatti presupposti non deve essere necessariamente obiettiva, ma può anche rientrare in un ambito putativo, purché fondato su un serio e scrupoloso giudizio di verosimiglianza, che nella prospettazione soggettiva del dichiarante sia ancorato a dati verificabili. Sul punto non si trovano concordi i Giudici della Corte di Cassazione che prospettano un’ampia analisi del diritto di cronaca e di quello di critica all’interno della sentenza in commento. Per gli Ermellini è del tutto evidente – ribadendo posizioni pacifiche sul punto – che il diritto di cronaca e quello di critica, entrambi espressione della libera manifestazione del pensiero tutelata costituzionalmente, presentino differenze che si riflettono sui limiti della scriminante. Critica soggettiva. Infatti, mentre il diritto di cronaca si concretizza nell’esposizione di fatti che presentano interesse per la generalità, allo scopo di informare i lettori, il diritto di critica, diversamente, consiste nell’apprezzamento e nella valutazione di fatti, nell’espressione di un dissenso o di un consenso rispetto ad una certa analisi. La critica – come si legge nella sentenza – non può che essere soggettiva e corrispondere al punto di vista di chi la esprime. Conseguentemente i giudizi critici non possono essere suscettibili di valutazioni che pretendano di ricondurli a verità oggettiva. Inoltre, non può dimenticare, secondo i Giudici di Piazza Cavour, che la distinzione appena operata nella pratica si realizza anche in maniera frammista con l’esposizione di fatti determinati e le opinioni di chi la compie. Nella sentenza impugnata è venuta meno la valutazione se all’interno dell’articolo, nel contesto di notizie di cronaca, alcune affermazioni fossero espressioni di opinioni personali o supposizioni da parte degli autori dei medesimi articoli. Risulta così la carenza della motivazione della Corte di Appello territoriale nel punto in cui si limita ad affermare che diversamente dall’impostazione giuridica operata in primo grado, gli articoli devono essere inquadrati nell’alveo del diritto di critica e più in particolare nell’ambito del tema dello sviluppo critico della notizia di cronaca. Da qui la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello territoriale.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 dicembre 2015 – 14 marzo 2016, numero 4897 Presidente Ambrosio – Relatore Pellecchia Svolgimento del processo 1. Nel 2002, il genumero De.Anumero convenne in giudizio i giornalisti C.M. e V.W. , il Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.a. ed il direttore responsabile del quotidiano Repubblica, M.E. , per ottenere il risarcimento del danno da violazione del diritto all’onore ed alla reputazione in relazione a due articoli pubblicati sullo stesso quotidiano del omissis - il primo, nell’edizione nazionale, a firma congiunta C. e V. , il secondo, nell’inserto il Lavoro della cronaca di Genova, a firma V. - nei quali si riportava corredati da foto del De. la notizia dell’avvenuto trasferimento del medesimo dall’incarico di Comandante dei Carabinieri della Regione Liguria ad altro incarico, nel contesto degli aggiornamenti sull’indagine scaturita dalle note vicende occorse a Genova in occasione del vertice internazionale del G8. Si costituirono in giudizio i convenuti eccependo, in via preliminare, la nullità dell’atto di citazione e in ogni caso l’inammissibilità o improcedibilità delle domande attore per l’assoluta indeterminatezza e genericità il difetto di legittimazione passiva della giornalista V. quanto all’articolo pubblicato nella cronaca di Genova il difetto di legittimazione passiva di entrambi i giornalisti con riferimento ai titoli e sottotitoli, alle fotografie, alle didascalie e agli altri elementi grafici degli articoli contestati nel merito, evidenziando l’assoluta liceità degli articoli, frutto di una personale e legittima valutazione critica dei giornalisti della notizia relativa al trasferimento del genumero De. dal Comando dei Carabinieri di Genova al Comando della Legione Carabinieri Piemonte e Val d’Aosta. Il Tribunale di Roma, con la sentenza numero 16685/2005, in accoglimento della domanda risarcitoria, condannò i convenuti in solido a corrispondere al genumero De. la somma di Euro 70.000 oltre interessi dalla pronuncia al saldo condannò inoltre i due giornalisti al versamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 10.000 a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell’articolo 12 L. 47/1948 respinse l’istanza di pubblicazione della sentenza condannò i convenuti a rifondere al D. le spese legali. Il Tribunale ritenne che la notizia del trasferimento del Generale ad altro incarico, ancorché effettivamente conforme al vero, fosse da reputarsi come diffamatoria, in quanto inserita nel contesto di articoli concernenti i fatti del G8 e dunque indebitamente accostata ad altri trasferimenti di funzionari apicali della polizia di Genova, originati, diversamente da quello del D. , dalle note vicende degli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine avvenute in occasione del vertice internazionale che quindi il fatto di non aver riferito che il trasferimento era stato accordato su domanda avanzata precedentemente, in uno all’accostamento suggestionante con lo scandalo dei disordini del G8, erano idonei a conferire alla notizia valenza diffamatoria, non risultando peraltro sussistente la scriminante del diritto di cronaca neppure sul piano putativo. 2. La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Roma, con sentenza numero 1620 del 26 marzo 2012. La Corte ha ritenuto, a differenza del giudice di prime cure, che gli articoli in questione, riportando tra loro frammiste notizie di cronaca e valutazioni critiche tali dovendo in particolare ritenersi quelle secondo cui l’avvicendamento al vertice dei Carabinieri potesse essere correlato ai riportati avvenimenti di cronaca , dovevano essere inquadrati nell’alveo del diritto di critica e più in particolare nell’ambito del tema dello sviluppo critico della notizia di cronaca che, quindi, il riferimento al criterio della verità obiettiva del fatto fosse del tutto fuor di luogo, in quanto pertinente all’analisi dei diversi limiti di legittimità del diritto di cronaca. E che, nel caso di espressione di un’opinione critica, la verità dei fatti presupposti non deve essere necessariamente obiettiva, ma può anche rientrare in un ambito putativo, purché fondato su un serio e scrupoloso giudizio di verosimiglianza, che nella prospettazione soggettiva del dichiarante sia ancorato a dati verificabili che rientra nel diritto di critica la possibilità di sviluppare i dati a propria disposizione ricavandone ragionevole ipotesi ed anche riconducendoli a molteplici causali che, alla luce di tali parametri interpretativi, l’accostamento della notizia del trasferimento del De. ai fatti del G8 di Genova appariva legittima espressione del diritto di critica, costituendo un ragionevole sviluppo di coevi episodi di cronaca i tumultuosi avvenimenti di quel particolare contesto temporale, oggetto di inchieste giudiziarie e financo di un’interpellanza parlamentare sull’operato delle Forze dell’Ordine . Che, alla luce delle considerazioni su indicate, appariva ragionevolmente inesigibile e superflua un’ulteriore indagine sulle cause del trasferimento, non essendovi elementi equivoci o ragioni sospetto per dubitare del collegamento causale tra tale trasferimento ed i noti fatti di cronaca. Pertanto, quantomeno sotto il profilo putativo sussisteva la scriminante dell’esercizio del diritto di critica. 3. Avverso tale decisione, propongono ricorso in Cassazione gli eredi del genumero De.Anumero , sulla base di quattro motivi. 3.1 Resistono con controricorso i signori C.M. , V.W. , M.E. ed il Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.a Motivi della decisione 4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 21 Cost. e 51 C.p. e/o comunque insufficiente ed illogica motivazione e/o omesso esame di un punto decisivo della controversia nell’essersi ritenuta critica quella che in realtà era semplice cronaca . Dalla motivazione, non sarebbe dato comprendere da dove la Corte di merito abbia ritenuto di poter ricavare che il collegamento con i fatti del G8 fosse percepibile dal lettore come mera opinione degli autori, né il criterio utilizzato per distinguere la cronaca dalla critica. Al contrario, la correlazione tra il trasferimento del generale ed i fatti del G8 verrebbe presentata come vera, il che escluderebbe la configurabilità dell’esimente del diritto di critica. Le modalità di presentazione del supposto collegamento ai fatti del G8, in termini assertori e non dubitativi, costituirebbero un fatto, oggetto di discussione tra le parti, sicuramente decisivo della controversia, che la Corte di merito non avrebbe considerato. 4.2. Con il secondo motivo, denunciano la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e/o dell’articolo 329 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 21 Cost. 51 c.p. o e/o comunque insufficiente e/o illogica motivazione ed omesso esame circa fatti decisivi della controversia, per essersi ritenuto che l’unica notizia riguardante il Genumero De. fosse vera . La Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che la notizia del trasferimento del De. , nei termini in cui è stata riportata, fosse vera. Infatti, il giornale avrebbe taciuto sulla circostanza essenziale che il Generale era stato promosso ad un nuovo e più prestigioso incarico, già assegnatogli prima del G8, ed avrebbe riportato le notizie false che lo stesso Generale fosse stato mandato a Torino a disposizione senza alcun incarico , quando, in realtà, egli era stato assegnato al comando, e che la notizia del trasferimento sarebbe giunta all’improvviso e sarebbe stata sorprendente dato che prima del vertice internazionale il generale sembrava destinato a restare come minimo un altro anno a Genova , quando in realtà il trasferimento era stato programmato in data anteriore al vertice internazionale ed era assolutamente prevedibile, rientrando in una prassi consolidata del Comando Generale dell’Arma. Di conseguenza, la notizia del trasferimento, così come prospettata, costituiva una notizia falsa, in quanto portava ad un totale stravolgimento dei fatti, al punto da far apparire una punizione quella che realtà era una promozione. La Corte di Appello, non considerando i fatti, lamentati dall’attore sin dal primo grado, che negli articoli fosse stato taciuto nuovo incarico di maggior prestigio e si fosse falsamente affermata l’assenza di un qualsivoglia incarico, avrebbe omesso di pronunciare su tutta la domanda ed avrebbe, in maniera del tutto apodittica affermato che la notizia ritenuta costituita dal solo trasferimento e non anche dalla sua correlazione al G8 fosse indiscutibilmente ed incontestatamente vera. Così facendo, avrebbe ulteriormente violato l’articolo 112 c.p.c. per pronuncia ultrapetita e l’articolo 329, secondo comma, c.p.c. in quanto la falsità parziale della notizia era già stata rilevata dal Tribunale e non era stata oggetto di alcuna specifica censura dell’appello avversario. Ogni caso, la motivazione della sentenza impugnata, che non prenderebbe in considerazione le suddette circostanza, risulterebbe viziata per insufficienza ed illogicità. Le stesse circostanze costituirebbero fatti sicuramente rilevanti per la decisione su cui la Corte di Appello non avrebbe speso neppure una parola. 4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 21 Cost. e 51 c.p. nell’essersi dato rilievo ad una ritenuta verosimiglianza . Non sarebbero rispettosi dei principi enunciati in proposito delle norme indicate gli assunti della Corte di Appello secondo cui non sarebbe stata necessaria alcuna attività di verifica della notizia da parte dei giornalisti, non essendovi motivo di dubitare della loro congettura. 4.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la insussistenza di una qualsivoglia verosimiglianza ed omessa considerazione del nuovo incarico, decisivo anche a tal proposito . L’omessa considerazione del fatto che il generale fosse stato promosso ad un nuovo e più prestigioso incarico avrebbe portato la Corte di merito a formulare un erroneo giudizio di ragionevolezza e verosimiglianza del collegamento del trasferimento ai fatti del G8. I quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione e sono tutti fondati. Va premesso che il diritto di cronaca e il diritto di critica, espressione entrambi della libera manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelata, presentano differenze che si riflettono sui limiti della scriminante. Il diritto di cronaca si concretizza nell’esposizione di fatti che presentano interesse per la generalità, allo scopo di informare i lettori. Il diritto di critica, diversamente, consiste nell’apprezzamento e nella valutazione di fatti, nell’espressione di un consenso o di un dissenso rispetto ad una certa analisi. Queste differenze si riflettono sulle condizioni che legittimano l’esercizio dei rispettivi diritti. Per il legittimo esercizio del diritto di cronaca, la giurisprudenza ha individuato tre condizioni a la verità della notizia pubblicata b l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto c.d. pertinenza c la correttezza formale nell’esposizione c.d. continenza cfr., per es., Cass. 25 maggio 2000, numero 6877 Cass. 4 luglio 1997, numero 41 Cass. 5 maggio 1995, numero 54871 . La critica, proprio in quanto consiste nella manifestazione di un’opinione, non può che essere soggettiva e corrispondente al punto di vista di chi la esprime. Conseguentemente i giudizi critici non possono essere suscettibili di valutazioni che pretendano di ricondurli a verità oggettiva cfr., per es., Cass. numero 659/1996 Cass. penumero , numero 6493/1993 Cass. penumero numero 11211/1993 Cass. penumero , numero 935/1999 Cass. penumero numero 3477/2000 . Inoltre, il diritto di esprimere dissensi può comportare che la contrapposizione di idee si manifesti anche in modo aspro, in relazione a fatti compiuti o a giudizi espressi da altri cfr. Cass. numero 54871/1995 . Peraltro, anche nella valutazione dell’esercizio del diritto di critica giornalistica, pur dovendosi riconoscere limiti più ampi rispetto a quelli fissati per il diritto di cronaca, deve ricercarsi un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con l’interesse a che non siano introdotte limitazioni alla formazione del pensiero costituzionalmente garantita. Questo bilanciamento viene operato dalla giurisprudenza di legittimità prevedendo per il legittimo esercizio del diritto di critica, oltre alla sussistenza della rilevanza sociale dell’argomento, la correttezza di espressione v. per es. Cass. penumero numero 6548/1998 Cass. penumero numero 935/1999 Cass. penumero numero 3477/2000 , la quale impone che la critica si esprima in termini formalmente misurati, e in modo tale da non trascendere in attacchi e aggressioni personali diretti a colpire sul piano morale la figura del soggetto criticato Cass. numero 13685/2001 Cass. penumero numero 3477/2000 . La distinzione sopra fatta tra diritto di critica e diritto di cronaca è schematica, poiché nella pratica si verifica che la esposizione di fatti determinati cronaca sia resa insieme alle opinioni critica di chi la compie, in modo da costituire allo stesso tempo esercizio di cronaca e di critica. In questi casi, in relazione a ciascun contenuto espressivo vanno applicati i corrispondenti e diversi limiti scriminanti che sono propri della cronaca e della critica Cass. civ. numero 11470/2004 . A meno che l’interprete non ritenga, con congrua motivazione, che l’articolo, valutato nel suo complesso, sia prevalentemente e significativamente esercizio del diritto di cronaca o di critica, accordando conseguentemente rilievo all’una o all’altra scriminante v. per es. Cass. penumero numero 6493/1993 . Enunciati i tratti distintivi del diritto di cronaca e di quello di critica, può passarsi ad esaminare i motivi di censura che - muovendo dalla denuncia di errato inquadramento della fattispecie nell’esercizio del diritto di critica, anziché in quello di cronaca - evidenziano una serie di contraddizioni e omissioni nel percorso motivazionale che testimoniano l’errore in cui è incorsa la Corte di appello. Al riguardo, si osserva che lo stabilire se con riferimento ad uno specifico articolo si versi nella cronaca o nella critica è un’attività di qualificazione di fatti e costituisce dunque un giudizio di merito, non censurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato Cass. numero 841/2015 Cass. numero 11470/2004 . Tuttavia, dall’esame della sentenza impugnata, non è possibile desumere l’iter logico che ha portato la Corte a qualificare le notizie riguardanti il genumero De. ad eccezione di quella relativa al suo trasferimento come valutazioni critiche dei giornalisti. Infatti, nella motivazione, non si fa riferimento ad alcun indice in grado di indicare che le affermazioni riportate negli articoli, nel contesto di notizie di cronaca, fossero espressione di opinioni personali o supposizioni da parte degli autori dei medesimi articoli. Di conseguenza, la motivazione della sentenza appare effettivamente carente laddove si limita ad affermare che diversamente dall’impostazione giuridica operata in primo grado, gli articoli devono essere inquadrati nell’alveo del diritto di critica e più in particolare nell’ambito del tema dello sviluppo critico della notizia di cronaca . Ma è anche contraddittoria e viola i principi sopra esposti, laddove, per un verso, dà atto che il giornalista avrebbe potuto ulteriormente verificare il dato . e per altro verso, finisce per ritenere che non fosse necessaria alcuna attività di verifica, non essendovi elementi equivoci o ragioni di sospetto per dubitare del collegamento causale tra il trasferimento del generale ed i noti fatti di cronaca. È in tale contraddizione che si traduce anche nell’omessa considerazione delle reali ragioni del trasferimento che emerge il reale vulnus della sentenza impugnata che, confondendo e sovrapponendo diritto di cronaca e diritto di critica, finisce per non verificare l’effettivo rispetto dei limiti dell’uno e/o dell’altro, implausibilmente riconducendo il suggestivo accostamento di notizie che si ponevano su piani diversi all’esercizio del diritto di critica. 5. Il ricorso va accolto nei termini innanzi precisati di conseguenza la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che, nei limiti dei motivi di appello, valuterà nuovamente la vicenda, adeguandosi ai principi sopra esposti nella verifica della reclamata esimente. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche alla statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.