I commi 7 e 8 dell’art 1, l. numero 223/1991, che prescrivono al datore di lavoro, ammesso alla cassa integrazione guadagni straordinaria, di comunicare alle organizzazioni sindacali i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere è pienamente in vigore, anche dopo il d.p.r. numero 218/2000, contenente le norme per la semplificazione della concessione della cassa integrazione guadagni. Quest’ultimo provvedimento, infatti, riguarda il procedimento amministrativo di concessione dell’integrazione guadagni, ma non intacca l’impianto garantista della legge numero 223/1991.
Questo il chiarimento della Corte di Cassazione, fornito con la sentenza numero 4886/2015, depositata l’11 marzo. Lavoratori in rotazione. Alcuni lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria detta comunemente CIGS lamentavano la mancata comunicazione – a loro personalmente – dei criteri di rotazione del personale nonché la scorretta applicazione degli stessi. Di conseguenza, chiedevano alla società datrice di lavoro il pagamento delle differenze retributive tra la retribuzione contrattualmente prevista e la minor somma effettivamente percepita, in virtù della rotazione ritenuta viziata. La lite giungeva in Cassazione, chiamata dall’azienda ad interpretare la funzione del procedimento di concessione della CIGS. I contratti di solidarietà e la tutela dei lavoratori. Il primo motivo di impugnazione della sentenza della Corte territoriale attiene la relazione tra i commi 7 e 8 dell’articolo 1, l. numero 223/1991 e il d.p.r. numero 218/2000 sulla semplificazione del procedimento di concessione della CIGS, a seguito della stipulazione dei contratti di solidarietà. Ci si chiede se l’art 2, d.p.r. numero 218/2000 possa abrogare, per incompatibilità e/o esaustività la disciplina di cui all’articolo 1, l. 223/1991. La Corte di Cassazione risponde in maniera chiara e netta non vi è nessuna abrogazione. L’articolo 1, comma 7, l. numero 223/1991 prevede che il datore di lavoro debba comunicare alle organizzazioni sindacali i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere. Una simile disposizione tutela sia i diritti dei lavoratori sia le prerogative dei sindacati essa va necessariamente osservata, in ragione della sua funzione sociale, che non viene meno per effetto dell’entrata in vigore del d.p.r. numero 218/2000. Il d.p.r., infatti, non incide con effetto abrogativo o modificativo sulla l. numero 223/1991, ma è volto unicamente a regolamentare il procedimento amministrativo, di rilevanza pubblica, di concessione dell’integrazione salariale. Le due discipline, quindi, coesistono, sono integrate, ma rimangono distinte. Ciò significa che, una cosa è la comunicazione dei criteri ai sindacati, una cosa è il contratto di solidarietà. In altri termini, l’onere di comunicazione dei criteri di scelta o di rotazione dei lavoratori da sospendere rimane in capo al datore di lavoro e non può essere superato nemmeno se in forza di accordi aziendali successivi alla richiesta di CIGS. Ruotarecon criterio. La seconda questione posta alla Suprema Corte riguarda l’applicazione dei criteri di rotazione. In primo luogo, la valutazione circa l’adeguatezza dei criteri all’organizzazione aziendale è affidata ex ante alle organizzazioni sindacali. E’ per questo che la comunicazione dei criteri ai sindacati deve avere contenuti specifici ed in particolare individuare o concordare analiticamente i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere determinare criteri che consentano di selezionare i lavoratori in modo oggettivo. La mancanza o la genericità delle predette indicazioni rende impossibile valutare la coerenza tra i criteri indicati e la selezione del personale, di conseguenza, il provvedimento aziendale di rotazione può essere impugnato dai lavoratori che si ritengano ingiustificatamente danneggiati. Le carenze della comunicazione non possono essere superate da accordi aziendali successivi, i quali per legge devono necessariamente avere i requisiti di specificità richiesti dall’articolo 1, l. numero 223/1991. Detto ciò, è evidente che la valutazione della corretta applicazione dei criteri di rotazione sia una valutazione di merito, che, in quanto tale, è estranea alle funzioni della Corte di Cassazione. Gli ermellini, quindi, se ne chiamano fuori, rigettando il ricorso della società per avere questa ritenuto superati i commi 7 e 8 della l. numero 223/1991, che, invece, resta pienamente in vigore.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 gennaio – 11 marzo 2015, numero 4886 Presidente Macioce – Relatore Amendola Svolgimento del processo 1.- P.F. , M.B. e T.C. , premesso di essere dipendenti della Embraco Europe srl, società operante nel campo dei compressori per frigoriferi, esponevano al Tribunale di Torino che, in data 13 aprile 2001, la società aveva stipulato un accordo in sede sindacale, avente ad oggetto il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale per 12 mesi a decorrere dal 30 aprile 2001 che detto accordo prevedeva la rotazione dei lavoratori interessati che essi, già in cassa integrazione ordinaria, da tale data erano stati posti in cassa integrazione straordinaria per i periodi indicati nell'atto introduttivo che nessuna comunicazione era stata loro fornita circa i criteri di scelta e le modalità di rotazione del personale da sospendere che l'accordo prevedeva la richiesta di cassa integrazione straordinaria per 800 lavoratori rispetto ai 1.200 operai della azienda, ma l'integrazione salariale aveva interessato un numero minore di dipendenti. Sulla base di tali premesse lamentavano la carenza di informazione circa i criteri di scelta e le modalità di rotazione sicché, con riferimento alla legge numero 223 del 1991, rilevavano che, in concreto, la rotazione era stata applicata non correttamente nei loro confronti, per cui instavano per la condanna della convenuta società alla corresponsione in loro favore - in considerazione del tempo di sospensione - delle differenze retributive tra la retribuzione contrattualmente prevista e le somme minori in concreto percepite. Instaurato il contraddittorio, all'esito dell'istruttoria, il giudice di primo grado accoglieva la domanda di parte attrice. A seguito di gravame della Embraco Europe srl, la Corte di Appello di Torino, con sentenza del 26 settembre 2007 rigettava l'impugnazione. In sintesi negava che i commi 7 ed 8 dell'articolo 1 della l. numero 223 del 1991 in tema di procedura di concessione della CIGS e di consultazione sindacale fossero stati abrogati - come sostenuto dalla società - per effetto dell'entrata in vigore del DPR numero 218 del 10 giugno 2000 osservava dunque che l'azienda non aveva ottemperato agli oneri di comunicazione previsti dalla L. numero 223 del 1991 e che tale inottemperanza non poteva essere sanata dal contenuto dell'accordo del 13 aprile 2001, per non rispondere detta pattuizione al grado di specificità richiesto dalla normativa legale. 2.- La Embraco Europe srl ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Gli intimati hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 3.- Il ricorso non può essere accolto per le ragioni ancora di recente ribadite da questa Corte in controversie analoghe v., tra le altre, Cass. nnumero 25949, 25229, 25047, 23492, 23491, 23454, 23399, 15879, 15741 del 2014 Cass. nnumero 25100, 22540, 22247, 21814 del 2013 . 4.- Con il primo mezzo di impugnazione la società denuncia violazione e falsa applicazione della L. 15 marzo 1997, numero 59, articolo 20, in relazione alla L. numero 223 del 1991, articolo 1, ed al d.P.R. numero 218 del 2000, nonché carenza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia. Deduce al riguardo la società che - a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 20 della suddetta L. numero 59 del 1997 che aveva conferito al Governo una delega permanente per presentare ogni anno al Parlamento un disegno di legge per la delegificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi, con indicazione dei criteri per l'esercizio delia potestà regolamentare e dei procedimenti oggetto di disciplina e più specificamente del comma 4 del suddetto articolo 20 che precisava che i conseguenti regolamenti da emanare con d.p.r. entravano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che, con effetto dalla stessa data, erano abrogate le norme, anche di legge, regolatrici dei procedimenti ed in coerenza con le suddette disposizioni - è stato emanato il d.P.R. numero 218 del 2000, che ha come oggetto la delegificazione mediante abrogazione delle precedenti norme di legge che disciplinano il procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione. In particolare l'intervento governativo - attuato nell'ambito dei poteri delegati dalla L. numero 59 del 1997, articolo 20, - secondo la prospettazione della società avrebbe ad oggetto tutto ciò che costituisce una fase del procedimento finalizzato alla produzione del provvedimento di concessione della cassa integrazione, in tutti i suoi momenti o atti coordinati e collegati in serie fase preparatoria, introduttiva, di istruzione e di decisione . Ne deriverebbe che le modalità di rotazione e l'indicazione delle ragioni che eventualmente l'escludono, potrebbero essere indicate non solo con la comunicazione di apertura della procedura inviata alle organizzazioni sindacali, ma anche all'esito dell'esame congiunto tra imprenditore ed 00.SS. sulla crisi aziendale e le conseguenti esigenze di organizzazione della produzione. Conclusivamente parte ricorrente pone alla Corte il quesito sul se la procedura oggetto di controversia sia da ritenere esclusivamente disciplinata dal citato d.P.R. numero 218 del 2000, stante la dedotta abrogazione dell'articolo 1, commi 7 ed 8, della L. numero 223 del 1991, per incompatibilità e/o per esaustività della nuova disciplina prevista nell'articolo 2 d.P.R. 218/2000 rispetto alla previgente, ai sensi dell'articolo 15 preleggi . Su tale questione è sufficiente richiamare il seguente principio di diritto, oltre alle motivazioni che lo sostengono, oramai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte In tema di scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione guadagni, la L. numero 223 del 1991, articolo 1, prescrive al comma settimo da parte del datore di lavoro, a seguito della sua ammissione alla cassa integrazione guadagni straordinaria, la comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, in base a quanto previsto dalla L. numero 164 del 1975. Tale disposizione, che pone a carico del datore di lavoro un preciso onere, va osservata come tutte le restanti disposizioni della suddetta L. numero 223 del 1991, volte a tutelare, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali, anche dopo l'entrata in vigore del D.P.R. 10 giugno 2000, numero 218, contenente norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e di integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà , atteso che tale disciplina non incide con effetto abrogativo o modificativo sulle suddette disposizioni ma è volta unicamente a diversamente regolamentare il procedimento amministrativo, di rilevanza pubblica, di concessione di integrazione salariale Cass. numero 28464 del 2008 adde, Cass. numero 13240 del 2009 successivamente conformi, Cass. nnumero 2155, 2156, 2157, 4151, 4152 del 2011, oltre le pronunce richiamate al punto 3 . Orbene, una volta che l'interpretazione della regula iuris è stata enunciata con l'intervento nomofilattico della Corte regolatrice essa ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze dei diritto dalle novelle del 2006 articolo 374 c.p.c. e 2009 articolo 360 bis c.p.c, numero 1 Cass. SS.UU. numero 15144 del 2011 Cass. SS.UU. numero 23675 del 2014 Cass. numero 17010 del 2014 . Invero il rafforzamento della funzione nomofilattica, attuato con strumenti processuali diretti a consolidare la uniforme interpretazione della legge , rappresenta, sul piano dei principi costituzionali, da una parte una più piena realizzazione del principio di eguaglianza articolo 3, co. 1, Cost. e d'altra parte indirettamente favorisce anche la ragionevole durata del processo articolo 111, co. 2, Cost. , perché è proprio la certezza del diritto e l'affidamento sulla tendenziale stabilità dei principi di diritto a rappresentare un forte argine deflativo dei contenzioso. In sintesi, il principio costituzionale per il quale il giudice è soggetto soltanto alla legge - e non ai precedenti - è necessariamente bilanciato dal principio di eguaglianza, che vuole tutti uguali davanti alla legge, coniugato con il principio della unità del diritto oggettivo nazionale articolo 65 Ord. Giud. . Avendo la Corte territoriale deciso la controversia al suo esame applicando un orientamento più volte espresso dai giudici di legittimità la sentenza d'appello non è, per questo aspetto, meritevole di censura. 5.- Con il secondo motivo la società denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1362, 1363, 1366 e 1367 oc, in relazione agli accordi sindacati 13 -17 aprile 2001, 5 giugno 2001, 13 e 28 settembre 2001, ai sensi dell'articolo 360, co. 1, numero 3, c.p.c Con il conclusivo quesito di diritto si interroga la Corte se, identificato con l'accordo sindacale 13-17 aprile 2001 il criterio selettivo della rotazione dei lavoratori interessati dalla futura CIGS ad iniziare da quelli, al tempo, in CIGO, costituisca violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c. e dell'articolo 1375 c.c., in riferimento al DPR numero 218/2000 - ovvero all'articolo 1, legge numero 223/1991 sia complessivamente considerato sia in particolare del comma 8 - affermare che detto criterio di scelta e dunque la rotazione attuata divenga inidoneo per essere stato previsto nei predetto accordo sindacale 13-17 aprile 2001 che le tempistiche di rientro in servizio e la cadenza degli avvicendamenti - e dunque le concrete modalità di rotazione dei lavoratori sospesi - sarebbero state influenzate dalle ragioni tecnico - orgnizzative dell'impresa, da valutarsi nelle successive intese sindacali di verifica 5 giugno 2001, 13 settembre 2001 e 28 settembre 2001 . Conseguentemente si invita la Corte a dire se il corretto principio di diritto applicabile alla fattispecie in esame sia invece di ritenere che attraverso l'intesa 13-17 aprile 2001 siano stati legittimamente disciplinati criteri di scelta e di rotazione, con modalità da aggiornare in fase di gestione della CIGS, con piena legittimità dei provvedimenti di sospensione che siano stati disposti successivamente alla stipula di tale accordo e in sua attuazione . Dal tenore dei quesiti, oltre che dai parametri normativi di cui si invoca la violazione, risulta evidente come - diversamente da quanto sostenuto dalla società nella memoria ex articolo 378 c.p.c. - il motivo lamenti che il giudice d'appello avrebbe errato nell'interpretare i citati accordi, censurando che, come si legge nel corpo di esso, la Corte torinese . non ha invero correttamente utilizzato i canoni di cui agli articolo 1362 e ss. c.c. nell'accertare quale sia stata l'effettiva volontà delle parti . Ciò posto è noto che l'interpretazione di un accordo aziendale, in ragione della sua efficacia limitata, diversa da quella propria degli accordi collettivi nazionali oggetto di esegesi diretta da parte di questa Corte ai sensi dell'articolo 360, co, 1, numero 3, c.p.c., come modificato dal d.lgs. numero 40 del 2006 da ultimo v. Cass. numero 26738 del 2014 , è riservata all'esclusiva competenza del giudice del merito, con una operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto. Le valutazioni del giudice di merito soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente. Inoltre, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione - ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l'anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito - non potendo le censure risolversi, in contrasto con l'interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata tra le tante v. Cass. numero 2625 del 2010 . Val la pena aggiungere che il dovere di questa Corte di fedeltà ai proprr precedenti opera in relazione anche a questo tipo di controllo, allorché, in relazione alla stessa vicenda, siano stati già scrutinati motivi di ricorso di contenuto sostanzialmente uguale contro sentenze sorrette da identica o analoga motivazione in termini, Cass. numero 25139 del 2010 . Tanto premesso, il motivo di gravame non può trovare accoglimento. Secondo, l'articolo 1, co. 7, l. numero 223 del 1991, devono formare oggetto delle comunicazioni e dell'esame congiunto previsti dall'articolo 5 della l. 20 maggio 1975, numero 164 i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione prevista dal comma 8 . Le Sezioni unite hanno escluso la fondatezza di interpretazioni riduttive di tale disposizione, sottolineando, con la sentenza numero 302 del 2000, che, in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale implicante una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto della L. 23 luglio 1991, numero 223, articolo 1, comma 7 e della L. 20 maggio 1975, numero 164, articolo 5, commi 4 e 5. L'orientamento si è consolidato del tempo, trovando conferma nella successiva giurisprudenza di legittimità per tutte Cass. numero 7720 del 2004 Cass. nnumero 10236 e 15393 del 2009 Cass. numero 19235 del 2011 . Questa Corte tra le altre v. Cass. numero 7459 del 2012 e numero 18895 del 2014 ha così sintetizzato i principi regolatori della materia a il provvedimento di sospensione dell'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione, sia in caso contrario ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali criteri la scelta dei lavoratori deve poi effettivamente corrispondere Cass. numero 28464 del 2008 b la specificità dei criteri di scelta consiste nell'idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri Cass. numero 7720 del 2004 c la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale la cui genericità rende impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l'obbligo di comunicazione previsto dalla L. 23 luglio 1991, numero 223, articolo 1, comma 7 Cass. numero 13240 del 2009 d la mancata specificazione dei criteri di scelta o la mancata indicazione delle ragioni che impediscono il ricorso alla rotazione determina l'inefficacia dei provvedimenti aziendali che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori Cass. numero 12137 del 2003 Cass. numero 11660 del 2006 . La valutazione della rispondenza in concreto delle comunicazioni di avvio della procedura di cassa integrazione oggetto dell'esame giudiziale ai requisiti su indicati, è una valutazione di merito in ordine al contenuto dell'atto negoziale, che rimane estranea al giudizio di legittimità, quando, come nel caso in esame, il giudice di merito abbia motivato la sua decisione in modo sufficiente e privo di contraddizioni. Analogarnente la tesi per cui l'accordo sindacale conterrebbe un'adeguata specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in cassa integrazione e spiegherebbe adeguatamente le modalità di rotazione si risolve nella proposizione di un giudizio di merito, difforme rispetto a quello della Corte di appello. Tale valutazione, al pari di quella concernente la comunicazione di avvio della procedura, spetta in via esclusiva al giudice di merito e può essere censurata in cassazione solo negli stretti limiti del giudizio di legittimità, che nel caso in esame vengono travalicati rispetto ad una decisione immune da incoerenze o contraddizioni logiche circa la natura di giudizio di fatto che investe le comunicazioni e gli accordi sindacali nell'ambito di procedure di cassa integrazione cfr., tra le tante, Cass. numero 9705 del 2014, numero 12095 del 2014, numero 12096 del 2014 . Quanto poi alla possibilità di una efficacia sanante di un accordo sindacale sui criteri di scelta, occorre pure rammentare che essa è stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non nell'ipotesi in cui la comunicazione è strettamente funzionale a mettere in grado le organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la controparte adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza delle prospettazioni aziendali. Né può essere ammessa, con effetto retroattivo, rispetto a scelte in concreto già operate v., funditus, Cass. numero 26587 del 2011 in generale, sull'esclusione del carattere sanante dell'accordo cfr., ex multis, Cass. nnumero 13240 e 15393 del 2009 . 6.- Conclusivamente il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, con attribuzione al procuratore per dichiarato anticipo fattone. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%, con attribuzione all'avv. Vacirca antistatario.