Dispetti condominiali, vittima in ansia: un episodio all’anno non basta per parlare di molestie...

Tutto nasce a seguito di una riunione di condominio, caratterizzata dallo scontro fra due donne. Inevitabili gli strascichi, con alcuni episodi poco gradevoli, e mal digeriti dalla vittima, assai suscettibile. Ciò che risulta decisivo, però, è la rarefazione temporale degli episodi appena uno all’anno.

Riunione condominiale come da italica tradizione opinioni diverse, spesso opposte, contestazioni, polemiche, e, soprattutto, parole grosse, prima dello scontro fisico finale. Come corredo, per nulla piacevole, anche strascichi quotidiani tra i condomini che più hanno discusso tra loro, magari per piccolezze risolvibili col semplice ricorso al buonsenso. Ecco spiegati i tanti, piccoli – assurdi – dispetti che animano la vita condominiale, come, ad esempio, piazzare un burattino con un teschio sul balcone, proprio sopra la finestra della persona poco gradita. Tali gesti di inciviltà possono risultare davvero fastidiosi, soprattutto se la persona destinataria è particolarmente suscettibile. Ma per parlare di vere e proprie molestie è necessaria una certa costanza nella messa in opera dei dispettucci Cassazione, sentenza numero 31622, sez. I Penale, depositata oggi . Molestie. Tutta la vicenda nasce, come detto, a seguito di alcune beghe condominiali che coinvolgono due donne, ma finisce coll’approdare in un’aula di giustizia in questo contesto, difatti, la persona presa di mira riesce ad ottenere la condanna dell’‘avversaria’. A quest’ultima, difatti, i giudici contestano il reato di molestie consequenziale è la decisione di punire la molestatrice con «150 euro di ammenda», senza dimenticare poi il «risarcimento dei danni patiti dalla persona offesa, liquidati in 1.000 euro». Di facile lettura, secondo i giudici, le condotte della donna – perpetratesi nel periodo 2007-2010 –, capace di spintonare l’‘avversaria’ e, addirittura, di inseguirla per strada. Tutto ciò conduce a ritenere acclarata una «pressione psicologica» tale da comportare, come detto, la contestazione del reato di molestie. Uno all’anno Ma la prospettiva adottata alla base della pronunzia di condanna viene ritenuta erronea dai giudici del ‘Palazzaccio’ per questi ultimi, difatti, considerato che gli episodi ‘incriminati sono «tre soli nell’arco di tre anni», è davvero difficile parlare di «condotta» molesta «abituale». Proprio questo elemento, ossia la «rarefazione temporale» degli episodi denunciata dalla donna ‘perseguitata’ dalla vicina di casa, risulta decisivo. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, «è escluso che i singoli episodi denunziati, di per sé presi e singolarmente valutati, fossero idonei ad integrare distinti fatti di molestie». Ma ciò che conta davvero è l’esame della scansione temporale degli episodi è difficile, spiegano i giudici, «ritenersi abituale una condotta che si manifesta circa una volta l’anno». Tutto ciò conduce a chiudere ab origine la vicenda per i giudici, difatti, non esiste assolutamente l’ipotesi di reato contestata alla donna.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 maggio – 17 luglio 2014, numero 31622 Presidente Siotto – Relatore Di Tomassi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Voghera dichiarava P.O. responsabile dei reato di cui all'articolo 660 cod. penumero , commesso tra il 2007 e il 2010 ai danni di A.B. e la condannava alla pena di 150,00 euro di ammenda nonché al risarcimento dei danni patiti dalla persona offesa costituitasi parte civile, liquidati in 1.000,00, e alla rifusione delle spese di costituzione e difesa dalla stessa sostenute. Secondo la contestazione, l'imputata, per biasimevole motivo, aveva recato molestia alla B., pedinandola, appostandosi alla finestra del balcone di casa, spintonandola in strada, appendendo un grosso teschio sulle finestre in modo che la vicina potesse vederlo, così da crearle ansia. A ragione della decisione il Tribunale osservava che la prova della responsabilità dell'imputata riposava sulla testimonianza della persona offesa, unica ma qualificata teste d'accusa, nonché sulla documentazione acquisita. La vicenda poteva così sintetizzarsi dopo una infuocata riunione condominiale l'imputata affrontava la persona offesa, abitante nel suo stesso stabile, al piano inferiore, lamentando comportamenti indebiti ai danni della madre nell'occasione si comportava in modo molesto e fastidioso spintonando la persona offesa ed inseguendola per la strada per un centinaio di metri tanto che quest'ultima si rivolgeva ai carabinieri . Le molestie, ben lungi dall'assumere rilevanza episodica continuavano, pur se con forme diverse così, una volta l'imputata aveva nuovamente seguito con eccessiva insistenza la persona offesa, costringendola a rifugiarsi in un esercizio commerciale e quindi ad uscire dallo stesso in compagnia di un conoscente per finire con il rifugiarsi in una chiesa altra volta aveva lungamente apposto su un balcone della sua abitazione, proprio sopra la finestra della persona offesa un teschio le fotografie in atti asseveravano lo stato dei luoghi riscontrato . La difesa non contestava d'altra parte la materiale realizzazione gli episodi descritti, ma negava che integrassero la fattispecie penale contestata. Sul punto tuttavia andava considerato che era proprio la reiterazione delle condotte dì disturbo, che avevano assunto una progressività esponenziale a consentire di ritenere integrata l'ipotesi in contestazione. D'altronde, seppure fosse indubbio che l'animo particolarmente sensibile suggestionabile della persona offesa avesse amplificato le sue sensazioni soggettive, era altrettanto indubbio che la frammentata ma prolungata pressione psicologica nei confronti della stessa le aveva provocato un oggettivo e non trascurabile disturbo. 2. Ricorre l'imputata personalmente e chiede l'annullamento della sentenza impugnata denunziando violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizi della motivazione 2.1. in particolare, con riferimento alla valutazione della prova, lamenta che il tribunale si era rifatto, con motivazione sostanzialmente apparente, esclusivamente alle dichiarazioni dibattimentali della persona offesa, costituita parte civile, e perciò tutt'altro che disinteressata, senza menomamente porsi il problema dei vaglio di credibilità sia intrinseco sia estrinseco della teste, né considerare, come avrebbe invece dovuto, le profonde ed intime contraddizioni delle sue dichiarazioni, la mancanza di collocazione temporale precisa degli eventi, l'estrema confusione in esito ai controesami la motivazione si basava perciò su elementi che potevano considerarsi al più alla stregua di meri sospetti 2.2. con riguardo alla integrazione dell'ipotesi contestata, rileva che quelle valutate costituivano condotte decisamente scollegate tra loro sotto il profilo temporale e che, singolarmente assunte e valutate, le stesse apparivano intrinsecamente inverosimili non poteva in realtà davvero darsi credito ai racconti dei cane che lasciava su comando gli escrementi sulla porta al vaso innaffiato con corredo di borbottii rivolti alla persona offesa all'episodio delle spinte per molti metri, senza usare le mani al racconto relativo all'inseguimento effettuato a distanza di molti mesi senza profferire parola in ogni caso sicuramente non integranti l'agire petulante né alcuna condotta da riprovevole volta turbare la serenità della persona offesa infine nessuna considerazione era stata rivolta alla necessità di dolo specifico 2.3. con riferimento infine, - da un lato, alla già intervenuta prescrizione di tutti gli episodi come detto da ritenere distinti collocati dalla stessa persona offesa nella sua deposizione tra il 2005 e il 2007 - ovverosia degli episodi realizzati a immediatamente dopo la delibera condominiale del 2005 b con l'inseguimento, fatto risalire al 2007 c con il ripetere le parole problemi, problemi, tra il 2000 e cinque del 2007 - - alla impossibilità, dall'altro, di sussumere nella fattispecie in contestazione la condotta dei febbraio 2010 - relativa alla collocazione di un burattino con teschio sul davanzale della propria abitazione - sia per l'assenza del requisito del luogo pubblico o aperto al pubblico sia e soprattutto per l'impossibilità di credere che nell'intero condominio sola signora del piano sottostante avesse potuto scorgere e trarre inequivoci elementi di turbamento dalla esposizione di codesto giocattolo sul davanzale dell'imputata. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato. La sentenza impugna individua la condotta cui ha attribuito rilevanza penale alla tregua di molestie sulla scorta di soli tre episodi, che secondo la contestazione sarebbero stati realizzati nell'arco di circa tre anni, dal 2007 al 2010. La difesa dell'imputata pare ammettere, nel ricorso, che secondo la querelante gli episodi salienti erano quattro o cinque, e che s'erano svolti dal 2005 al 2010. Ma che fossero tre episodi in tre anni o cinque in cinque anni, non muta la conseguenza che si deve trarre da siffatta rarefazione temporale, in termini di esclusione della possibilità di considerare siffatti episodi espressivi di condotta abituale , ovvero realizzata con apprezzabile e sistematica continuità. Ora è vero che, come ricorda la stessa sentenza di merito, il reato di molestie e disturbo delle persone è fattispecie solo eventualmente abituale, potendo essere realizzato anche con una sola azione, ma il giudice di primo grado, nell'escludere l'ipotesi della mera continuazione tra condotte unisussistenti e, dunque, la prescrizione delle più remote ha espressamente affermato che non era questo il caso in esame, nel quale era da ravvisare invece una condotta abituale, in cui «non [ ] tanto la modalità delle condotte poste in essere, quanto la loro reiterazione» era idonea a «determinare l'effetto pregiudizievole dell'interesse tutelato» sostenendo, in altri termini, che il «non trascurabile disturbo» recato alla pur ansiosa personalità della persona offesa descritta come «particolarmente sensibile e suggestionabile» dipendeva non dalla natura o gravità dei comportamenti singolarmente riferibili all'imputata ma dalla loro asserita abitualità . Per conseguenza, da un lato è stato già in fatto escluso che i singoli episodi denunziati, di per sé presi e singolarmente valutati, fossero idonei ad integrare distinte fatti di molestie dall'altro non può certamente ritener abituale una condotta che si manifesta circa una volta l'anno. 2. La sentenza impugnata deve in conclusione essere annullata senza rinvio perché il fatto reato non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.