La responsabilità dei liquidatori (ante 2014) non è estesa all’IVA

Il liquidatore della s.r.l. è responsabile dell’IVA solo se sono già state accertate le fatture false emesse dalla società cancellata. Inoltre, prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. numero 175/2014 non si estende ai soci e liquidatori la responsabilità della società in relazione all’IVA.

Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza numero 19008/20, depositata il 14 settembre, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Sul punto si ricorda che l’articolo 36 d.P.R. 602/1973 previgente asseriva che «La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’Ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 600». L’Ufficio pertanto, per individuare questa responsabilità, così come per operare nei limiti dell’articolo 2495 c.c., era chiamato a provare sia che il socio aveva ricevuto denaro o altri beni attraverso il piano di riparto, sia che si era manifestata una colpa del liquidatore ex articolo 2495 c.c. e sia che il liquidatore, responsabile per l’IRES, avesse posto in essere quei comportamenti evidenziati all’interno dell’articolo 36. Pertanto, la norma faceva esplicito riferimento a un atto motivato che comportava l’inevitabile conseguenza che l’Ufficio dovesse necessariamente provare l’esistenza di determinati presupposti. Con la modifica operata per effetto del d.lgs. numero 175/2014 i liquidatori rispondono in proprio del pagamento delle imposte, salvo che non siano in grado di dimostrare di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità – precisa la norma – è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti. E’ stato quindi sovvertito il quadro precedente in base al quale incombeva sull’Amministrazione finanziaria l’onere di accertare i presupposti relativi alla responsabilità del liquidatore. Tale modifica non si applica retroattivamente non essendovi alcuna ragione per derogare ai principi generali dell’ordinamento articolo 11 disp. prelim. c.c. . Confermato dunque l’esito della CTR Campania che aveva ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti del liquidatore di una società cancellata nel 2013 per il recupero di imposte tra cui l’IVA a seguito di frodi carosello. Inoltre, secondo la CTR la normativa vigente al tempo della cancellazione della società prevedeva la responsabilità di socio, liquidatori ed amministratori per i tributi iscritti a ruolo, unicamente per le imposte sui redditi non riguardando l’IVA. Col ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava violazione e falsa applicazione dell’articolo 36 d.P.R. numero 602/1973 e dell’articolo 2495 c.c. ritenendo che la CTR non avesse applicato tale ultima norma, di natura generale inoltre l’articolo 36, come novellato dall’articolo 28 del d.lgs. 175/2014, ha natura procedurale non implicando una nuova disciplina della responsabilità dei liquidatori. Nel respingere il ricorso la Cassazione ricorda che una volta estinta la società contribuente, non si realizza alcuna forma di successione nei confronti del liquidatore, ma sorgono ipotesi di responsabilità nuove e fondate su differenti presupposti, ancorché implichino l'esistenza della obbligazione tributaria. In ultima analisi, quello verso l'amministratore o liquidatore è credito dell'amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico fondato sugli articolo 1176 e 1218 c.c. e basata sul non prioritario soddisfacimento di crediti tributari. Tale credito trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione tributaria vera e propria che costituisce mero presupposto della responsabilità stessa cfr. da ultimo Cass. numero 29969/19 . L’Agenzia delle Entrate ha prospettato l'erroneità della pronunzia impugnata in relazione al fatto che la CTR avrebbe giustificato l'accoglimento dell'appello proposto dal liquidatore sulla base del fatto che l'accertamento si era fondato sull'articolo 36 cit. e non sull'articolo 2495 c.c Ma è ben evidente che tale censura non coglie nel segno poiché la sentenza impugnata ha correttamente escluso la legittimità dell'avviso di accertamento emesso nei confronti del liquidatore della società ed allo stesso notificato senza che fosse stato previamente accertata nei confronti della società la debenza del tributo richiesto per le asserite operazioni inesistenti. Né l'Agenzia ha in alcun modo posto a base della censura le ragioni che avrebbero dovuto giustificare l'accoglimento della stessa sotto il profilo della violazione dell'articolo 2945 c.c., essendosi per converso limitata a prospettare che l'accertamento si era fondato anche su tale disposizione, senza tuttavia allegare gli elementi che avrebbero dovuto giustificare la responsabilità del professionista a tale titolo. Tra l’altro, secondo la Cassazione la norma applicabile ratione temporis si riferiva solo alle imposte dirette e non all’IVA, cosa che è stata fatto solo con il d.lgs. 175/2014 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 12 febbraio – 14 settembre 2020, numero 19008 Presidente Mocci – Relatore Conti Fatti e ragioni della decisione La CTR Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l'impugnazione proposto dal P.L. liquidatore ed ex amministratore della società Seller Company srl, cancellata dal registro delle imprese ed estinta aì sensi dell'articolo 2595 c.c. dall'Agenzia delle entrate, ritenendo illegittimo l'avviso di accertamento per la ripresa a tassazione di tributi fra i quali l'IVA relativi all'anno 2009 a carico della società Seller Company srl per frodi carosello perpetrate mediante fatturazione di operazioni soggettivamente inesistenti cancellata dal registro delle imprese. Secondo il giudice di appello la normativa applicabile D.P.R. numero 46 del 1999, articolo 19 nel testo vigente alla data di cancellazione della società dal registro delle imprese 28.11.2013 riconduceva la responsabilità dei soci, liquidatori ed amministratori per l'tributi iscritti a ruolo prima della cancellazione dal registro delle imprese unicamente per le imposte sui redditi, ma non riguardava l'IVA. Tale interpretazione, del resto, era stata condivisa dalla giurisprudenza di questa Corte la quale aveva riconosciuto la responsabilità dei liquidatori e amministratori e soci della società in liquidazione per l'ipotesi di mancato pagamento delle imposte di reddito delle persone giuridiche l'cui presupposti si sono verificati, individuando una responsabilità ex lege per obbligazione propria, avente natura civilistica e non tributaria, non introducendo la disposizione una successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti. Secondo la L i R la modifica del ricordato D.P.R. numero 46 del 1999, articolo 19, introdotta dal D.Lgs. numero 175 del 2014 che aveva esteso il suo ambito operativo quanto alla responsabilità di soci, liquidatori e amministratori anche oltre l'imposta IRES rendeva fondata l'eccezione sollevata dall'appellante posto che il bilancio di liquidazione era stato approvato il 30.9.2013, mentre la società era stata cancellata dal registro delle imprese il 28.11.2013, mentre la notifica dell'accertamento era avvenuta in data 8.9.2014. Eventi, questi ultimi, prodotti tutti anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. numero 175 del 2014 avvenuta il 13.12.2014, rendendo irrilevante l'estensione della responsabilità per l'IVA, non avendo la legislazione sopravvenuta efficacia retroattiva, come già accertato da questa Corte. Sulla base di tali considerazioni, l'appello doveva ritenersi fondato, essendo la cancellazione avvenuta in epoca anteriore all'entrata in vigore del D.Lgs. numero 175 del 2014, articolo 28, comma 4. L'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo. La società controricorrente si è costituita con controricorso, pure depositando memoria. L'Agenzia delle entrate ha dedotto la violazione del D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 36 e dell'articolo 2495 c.c., nonchè del D.Lgs. numero 175 del 2014, articolo 28. La ricorrente deduce che l'accertamento emesso nei confronti del liquidatore non era stato emesso sulla base del novellato D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 36 in base al D.Lgs. numero 175 del 2014, articolo 28, comma 4, bensì sulla contestazione di responsabilità del liquidatore della società a causa del mancato assolvimento del debito societario ai sensi dell'articolo 2495 c.c Nel caso concreto l'accertamento era stato notificato ai soci e all'amministratore liquidatore in seguito alla cancellazione della società, risultando la responsabilità del liquidatore connessa all'articolo 2495 c.c. ed all'inosservanza dei doveri sullo stesso incombenti in base al D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 36. La CTR, per converso, avrebbe erroneamente ritenuto quale unica norma cogente sulla quale era stato fondato l'accertamento proprio l'ultimo citato D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 36, ancorchè l'accertamento non avesse fatto riferimento unicamente a tale disposizione, in quanto la responsabilità contestata nei confronti del liquidatore avrebbe trovato altresì sostegno nell'articolo 2495 c.c Del resto, l'introduzione della modifica apportata all'ultimo citato D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 36, dal D.Lgs. numero 175 del 2014, articolo 28 avrebbe determinato unicamente l'inversione dell'onere della prova e una presunzione legale relativa alla colpa. Da qui l'errore nel quale sarebbe incorso il giudice di appello nel ricondurre la responsabilità del liquidatore al solo articolo 36, non avendo considerato la norma generale di cui all'articolo 2495 c.c Peraltro, avrebbe errato la CTR nel considerare che l'intero articolo 36 come novellato dal citato articolo 28, comma 4, avesse natura sostanziale, presentando natura procedurale, non implicando una nuova disciplina della responsabilità dei liquidatori, invece ribadendo quella già affermata dalle disposizioni del codice civile e della disciplina tributaria. Il ricorso è infondato e la sentenza impugnata, corretta nella parte dispositiva, va integrata nella motivazione nel modo di seguito espresso. Giova premettere che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in tema di liquidazione di società di capitali, la responsabilità verso i creditori sociali prevista dall'articolo 2495 c.c. ha natura aquiliana, gravando sul creditore rimasto insoddisfatto di dedurre ed allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto del principio della par condicio creditorum . In particolare, quanto alla dimostrazione della lesione patita, il medesimo creditore, qualora faccia valere la responsabilità illimitata del liquidatore, affermando di essere stato pretermesso nella detta fase a vantaggio di altri creditori, deve dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell'apertura della fase di liquidazione, e il conseguente danno determinato dall'inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, astrattamente idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti grava, invece, sui liquidatore l'onere di dimostrare l'adempimento dell'obbligo di procedere a una corretta e fedele ricognizione dei debiti sociali e di averli pagati nel rispetto della par condicio creditorum , secondo il loro ordine di preferenza, senza alcuna pretermissione di crediti all'epoca esistenti-cfr.Cass.numero 521/2020-. Si è poi chiarito che nel caso di liquidazione e successiva cancellazione della società dal registro delle imprese, non si realizza alcuna successione del liquidatore nei debiti tributari della società contribuente, con la conseguenza che, una volta che questa sia stata liquidata e cancellata, viene meno il suo potere di rappresentanza dell'ente estinto e dunque la sua legittimazione passiva in ordine all'atto impositivo, potendo egli rispondere soltanto per il titolo autonomo di responsabilità derivante dalla carica rivestita, di natura civilistica, ai sensi del D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 36 e articolo 2495 c.c., di cui il debito tributario della società costituisce mero presupposto-cfr.Cass. numero 29969/2019-. In definitiva, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che la responsabilità del liquidatore rispetto agli obblighi sullo stesso identificati dal D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 36, comma 1 secondo cui I liquidatori dei soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all'obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se soddisfano crediti di ordine inferiore a quelli tributari o assegnano beni ai soci o associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari. Tale responsabilità è commisurata all'importo dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti trova la sua fonte in un'obbligazione civile propria ex lege, in relazione agli articolo 1176 e 1218 c.c., ed è esercitabile a condizione che i tributi a carico della società siano stati iscritti a ruolo e che sia acquisita certezza legale che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività di liquidazione medesima cfr. Cass. 11 maggio 2012, numero 7327 Cass. 23 aprile 2008, numero 10508 Cass. 17 giugno 2002, numero 8685, Cass.numero 5652/2020 . Ora, la ricorrente prospetta l'erroneità della pronunzia impugnata in relazione al fatto che la CTR avrebbe giustificato l'accoglimento dell'appello proposto dal liquidatore sulla base del fatto che l'accertamento si era fondato sull'articolo 36 citato e non sull'articolo 2495 c.c Ma è ben evidente che tale censura non coglie nel segno poichè la sentenza impugnata ha correttamente escluso la legittimità dell'avviso di accertamento emesso nei confronti del liquidatore della società ed allo stesso notificato senza che fosse stato previamente accertata nei confronti della società la debenza del tributo richiesto per le asserite operazioni inesistenti. Nè l'Agenzia ha in alcun modo posto a base della censura le ragioni che avrebbero dovuto giustificare l'accoglimento della stessa sotto il profilo della violazione dell'articolo 2945 c.c., essendosi per converso limitata a prospettare che l'accertamento si era fondato anche su tale disposizione, senza tuttavia allegare gli elementi che avrebbero dovuto giustificare la responsabilità del P. a tale titolo, alla stregua dei principi giurisprudenziali sopra ricordati. Ed è appena il caso di aggiungere che non ha certamente errato la CTR nel ritenere inoperante rispetto all'avviso di accertamento emesso l'8.9.2014 ed alla cancellazione della società avvenuta il 28.11.2013 la modifica del D.P.R. numero 46 del 1999, articolo 19 introdotta dal d.lga.numero 175/2014,entrato in vigore il 13.12.2014, nella parte in cui ha esteso all'IVA l'ipotesi della responsabilità di soci, liquidatori ed amministratori, non essendovi alcuna ragione per ritenere che, in deroga ai principi generali dell'ordinamento articolo 11 disp. genumero , il D.Lgs. numero 175 del 2014, articolo 28, comma 7, pubblicato sulla G.U. del 28.11.2014 avesse efficacia retroattiva-cfr.Cass.numero 8405/2020. Nessun'altro titolo avrebbe del resto consentito all'amministrazione di azionare la pretesa fiscale sorta in capo alla società nei confronti del liquidatore cfr. Cass. numero 33278/2018-. Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va senz'altro rigettato. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del procuratore antistatario del controricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 9.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15 %.