Niente sanzioni in caso di errori dovuti a dubbi interpretativi contenuti in una risoluzione poco chiara, anche nel caso di chiarimenti contenuti in un successivo comunicato stampa.
Si presume buona fede, e quindi le sanzioni non sono dovute, quando il contribuente è tratto in errore dai dubbi interpretativi contenuti in una risoluzione ministeriale, a nulla rilevando le precisazioni fornite in un successivo comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate, in quanto documento non avente alcuna valenza nell’ambito della gerarchia delle fonti. Nel caso di specie, a fronte di un possibile dubbio interpretativo, introdotto dalle indicazioni fornite dalla ris. numero 218/E del 5 dicembre 2003, il contenuto del comunicato stampa del 20 luglio 2004 non ha costituito elemento sufficiente a rimuovere ogni oscurità interpretativa. La buona fede del contribuente, nonostante lo sforamento del plafond previsto dalla legge, salva il contribuente stesso dall’irrogazione della sanzione. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 9 gennaio 2018 numero 370. Vicenda. Il fisco ha irrogato ad un contribuente un avviso di irrogazione sanzioni derivanti dall’illegittima compensazione di IVA per l’anno 2011, impugnato dal contribuente stesso. Il ricorso è stato accolto dai giudici di merito tributari, con il conseguente annullamento dell’atto impositivo. Il giudice del gravame ha riconosciuto la buona fede del contribuente che era stato tratto in errore dai dubbi interpretatiti contenuti della risoluzione numero 218/E del 5 dicembre 2003, a nulla rilevando il successivo comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate, diramato il 20 luglio 2004, contenente indicazioni più precise sulla fattispecie oggetto del contendere. Secondo il giudice del gravame, infatti, il comunicato non ha alcuna rilevanza “in quanto atto più difficilmente reperibile per il contribuente e comunque sprovvisto della veste di Risoluzione Ministeriale”, non potendosi quindi far valere “quale strumento di correzione e ripensamento delle valutazioni dell’Amministrazione Finanziaria stessa.” Il fisco, con il ricorso in cassazione, ha dedotto l’erroneità della sentenza di secondo grado che aveva annullato le sanzioni per l’avvenuto superamento del c.d. “plafond” previsto in materia di compensazioni IVA. Pronuncia. Gli Ermellini , con la pronuncia citata , hanno rigettato per infondatezza il ricorso in cassazione del fisco .La Corte di Cassazione ha ribadito un principio più volte espresso secondo cui “le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’articolo 10, comma 2, della l. numero 212 del 2000.” Con riferimento alla valenza giuridica di circolari e risoluzioni emanate dall’Autorità fiscale, si può affermare che tali documenti non sono vincolanti né per il contribuente né per la stessa Amministrazione emanante, che resta libera di poter addirittura disattendere completamente l’interpretazione adottata. Infatti, se si accettasse il fatto che un documento interpretativo crei un vincolo in sede amministrativa e giudiziale equivarrebbe a riconoscere “all’amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d’altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall’articolo 23 Cost.”.Anche la giustizia comunitaria , con riferimento all’IVA in quanto tributo armonizzato, ha affermato che “quelli della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto costituiscono principi generali del diritto e dell’ordinamento comunitari”. Nel caso di specie il contribuente è stato tratto in errore a fronte di un dubbio interpretativo scaturito dalle indicazioni poco chiare fornite in una risoluzione, a cui il fisco ha fatto seguire un comunicato stampa contenente istruzioni più precise. Poiché il “comunicato stampa” non ha alcuna collocazione nella gerarchia delle fonti in quanto “non-provvedimento”, esso non costituisce strumento “sufficiente a rimuovere ogni oscurità interpretativa”, soprattutto in una materia come quella della compensabilità dell’IVA Il contribuente non è soggetto a sanzioni nel momento in cui una risoluzione non sia chiara e per questo venga poi pubblicato un comunicato stampa che intende fornire maggiori precisazioni. Conclusioni. In tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'Amministrazione finanziaria, ai sensi dell'articolo 10, commi 1 e 2, dello Statuto del contribuente, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata a da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente b dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo c dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. I casi di tutela espressamente enunciati dal comma secondo del cit. articolo 10 attinenti all'area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi , riguardanti situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti non limitano peraltro la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti. Ove il contribuente si sia conformato ad un'interpretazione erronea fornita dall'Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l'irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall'adempimento dell'obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell'affidamento, espressamente sancito dall'articolo 10, comma 2, della l. numero 212/2000.Il comunicato stampa è un provvedimento atipico che non si colloca, nella gerarchia delle fonti normative , in alcun gradino logico, e certamente è quindi sottordinato rispetto alle risoluzioni Ministeriali e alle circolari, non ammettendosi in materia tributaria invero neppure alcuna rilevanza agli usi, anche a voler in tal ultima categoria collocare il comunicato stampa. La circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l'ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l'interpretazione adottata.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 11 dicembre 2018 – 9 gennaio 2019, numero 370 Presidente Manzon – Relatore Succio Rilevato che con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l'appello dell'Agenzia delle Entrate così confermando la pronuncia di prime cure che aveva annullato l'avviso di irrogazione sanzioni emesso per IVA 2011 derivanti da illegittima compensazione avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione l'Amministrazione Finanziaria con atto affidato a due motivi resiste con controricorso la società contribuente la stessa ha anche depositato memoria con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articolo 17 e 25 D.Lgs. numero 241 del 1997 in combinato disposto con gli articolo 8 D.P.R. 542 del 1999 13 D.Lgs. numero 471 del 1997 16 e 17 D.Lgs. numero 472 del 1997 tutti in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.comma per aver la CTR erroneamente ritenuto non dovute le sanzioni applicate per superamento del cd. plafond previsto in materia di compensazioni IVA, alla luce della Ris. Minumero numero 218E del 5 dicembre 2003 dell'Agenzia delle Entrate, non potendo ritenersi mutato il parere dell'Amministrazione Finanziaria a seguito dell'emissione del comunicato stampa del 20 luglio 2004, che in quanto atto più difficilmente reperibile per il contribuente e comunque sprovvisto della veste di Risoluzione Ministeriale non poteva valere quale strumento di correzione e ripensamento delle valutazioni dell'Amministrazione Finanziaria stessa con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio motivazionale, avendo la CTR reso la decisione senza adeguato esame delle prospettazioni e argomentazioni addotte dall'Ufficio Considerato che i primi motivi possono esaminarsi congiuntamente, stante la stretta connessione logica che li avvince gli stessi sono infondati va premesso che questa Corte ha da tempo, quanto ai principi generali in tema di sanzioni, opportunamente chiarito che Cass. Sez. 5, Sentenza numero 17576 del 10/12/2002 conforme Cass. Sez. 6 5, Ordinanza numero 537 del 14/01/2015 in tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'Amministrazione finanziaria, ai sensi dell'articolo 10, commi 1 e 2, dello Statuto del contribuente, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata a da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente b dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo c dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono i casi di tutela espressamente enunciati dal comma secondo del cit. articolo 10 attinenti all'area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi , riguardanti situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti non limitano peraltro la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti si è quindi ulteriormente precisato come Cass. Sez. 5, Sentenza numero 10195 del 18/05/2016 proprio le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato ad un'interpretazione erronea fornita dall'Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l'irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall'adempimento dell'obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell'affidamento, espressamente sancito dall'articolo 10, comma 2, della L. numero 212 del 2000 da tali pronunce discende quindi la centralità nel sistema sanzionatorio, quanto ai rapporti tra debenza delle stesse e indicazioni dell'Amministrazione Finanziaria, dell'articolo 10 della legge 27 luglio 2000 numero 212 Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente -che reca la rubrica Tutela dell'affidamento e della buona fede. Errori del contribuente e il quale dispone, al comma 1, che i rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede la sentenza, invero, sia pur in forma assai sintetica, centra la ratio decidendi della propria motivazione proprio sulla sussistenza della buona fede del contribuente il secondo comma della ridetta disposizione stabilisce, poi, che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa pare chiaro a questa Corte che tali disposizioni debbono essere interpretate ed applicate alla luce di quanto affermato nell'articolo 1 della stessa legge le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali comma primo in particolare l'autoqualificazione delle disposizioni della legge come principi generali dell'ordinamento tributario trova puntuale rispondenza nella effettiva natura della maggior parte delle disposizioni stesse, quale si desume dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e dell'ordinamento tributari, nonché dei relativi rapporti con riferimento poi all'IVA, tributo armonizzato, anche la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha da tempo e costantemente affermato che quelli della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto costituiscono principi generali del diritto e dell'ordinamento comunitari cfr., e pluribus, CGUE, sentt. 3 maggio 1978, Gesellschaft mbH in Firma AugustTòpfer & amp Co. in causa 112/77, e 21 settembre 1983 Deutsche Milchkontor GmbH e altri contro Repubblica federale di Germania e domande di pronuncia pregiudiziale Verwaltungsgericht Frankfurt am Main, in cause riunite 205-215/82 proprio in particolare attuazione di tali principi, e con specifico riferimento alla fattispecie, la Corte comunitaria sulla base della premessa, secondo cui il diritto di esigere la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l'amministrazione comunitaria gli ha dato aspettative fondate CGUE, sent. 19 maggio 1983, Vassilis Mavridis contro Parlamento Europeo, in causa 289/81 nonché Tribunale di primo grado, sent. 17 dicembre 1998, in causa T 203/96 ha stabilito, tra l'altro, che la revoca di un atto amministrativo favorevole è generalmente soggetto a condizioni molto rigorose sicché pur se è innegabile che ogni istituzione comunitaria, la quale accerta che un atto da essa emanato è viziato da illegittimità, ha il diritto di revocarlo entro un termine ragionevole con effetto retroattivo tale diritto può essere limitato dalla necessità di rispettare il legittimo affidamento del destinatario dell'atto, che può aver fatto affidamento sulla legittimità dello stesso, allorquando nessun interesse di ordine pubblico prevale sull'interesse del destinatario a conservare una situazione che egli poteva considerare stabile e nulla attesta che il destinatario abbia provocato l'atto mediante indicazioni false o incomplete tornando ora al sistema di diritto interno, va poi considerato quanto chiarito da questa Corte con riferimento proprio alla collocazione di un provvedimento atipico o meglio di un non provvedimento nei rapporti Fisco-Contribuente quale è il comunicato stampa esso invero non si colloca, nella gerarchia delle fonti, in alcun gradino logico, e certamente è quindi sottordinato in quanto escluso dalla piramide kelseniana della fonti rispetto alle risoluzioni Ministeriali e alle circolari, non ammettendosi in materia tributaria invero neppure alcuna rilevanza agli usi, anche a voler in tal ultima categoria collocare il comunicato stampa centrale resta infatti nel sistema il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino-contribuente, che guardi con diligenza e in buona fede alle affermazioni dell'Amministrazione Finanziaria, specialmente quelle rese in sede di documenti di prassi amministrativa esso trova origine, non tanto e non solo nell'articolo 10 dello Statuto del contribuente, che lo esplicita sul piano legislativo, quanto e soprattutto in principi costituzionali di portata generale articolo 3, 23, 53, 97 richiamati dalla disciplina statutaria articolo 1 , ed è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico ivi compresi quelli tributari in particolare detti principi costituiscono uno dei fondamenti dello Stato di diritto, limitandone l'attività legislativa e amministrativa Cass. numero 21513 del 2006 , e dell'ordinamento dell'UE nelle materia armonizzate, unitamente ai principi di neutralità fiscale e proporzionalità CGUE, sent. 31 gennaio 2013, in causa C-642/11, Stroy-trans EOOD questa Corte ha anche precisato come pure precedentemente all'entrata in vigore dello Statuto dei diritti del contribuente, questi principi siano stati introdotti nel sistema delle sanzioni tributarie infatti si è statuito Cass. Sez. 5, Sentenza numero 16751 del 24/08/2004 che integra il caso della obbiettive condizioni di incertezza, da considerarsi esimenti in ordine alla condotta omissiva o infedele del contribuente, in base al principio generale stabilito nell'articolo 6, comma 2, D.Lgs. numero 472 del 1997, poi ribadito proprio nella disposizione recitata dello Statuto dei diritti del contribuente articolo 10 Legge numero 212 del 2000 , il comportamento di colui che, anteriormente all'emanazione della risoluzione dell'Amministrazione finanziaria del 17 ottobre 1997, numero 209/E, stante l'incertezza assoluta circa la debenza dell'io sulle aree fabbricabili, in rapporto alla non chiara formulazione della disposizione contenuta nell'articolo 2 D.Lgs. numero 504 del 1992, applicabile al caso, non abbia provveduto al pagamento dell'imposta in un anno d'imposta anteriore all'emanazione della citata risoluzione quanto poi in dettaglio con riferimento proprio alle circolari come alle risoluzioni, è nota la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale Cass. Sez. U., Sentenza numero 23031 del 2007 la circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l'ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l'interpretazione adottata. Ciò è tanto vero che si è posto il problema della eventuale tutela del contribuente di fronte al mutamento di indirizzo interpretativo adottato dall'amministrazione e si è escluso che tale tutela sia possibile anche sotto il profilo dell'affidamento, stante la evidente collisione che si determinerebbe con il principio -coniugato secondo un diverso lessico, ma riferito ad un unico concetto di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell'obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione, di irrinunciabilità del diritto di imposta. Non si può, al riguardo, non concordare con quella dottrina secondo la quale ammettere che l'amministrazione, quando esprime opinioni interpretative ancorché prive di fondamento nella legge , crea vincoli per sé e i Giudici tributari, equivale a riconoscere all'amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d'altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall'articolo 23 Cost. Tutt'al più, come è stato pure affermato, potrebbe ammettersi che il mutamento da parte dell'amministrazione di un precedente indirizzo interpretativo sul quale il contribuente possa aver fatto affidamento, eventualmente rilevi o possa esse valutato ai fini della applicazione delle sanzioni e della richiesta degli interessi sulle somme dovute a titolo di imposta nel caso che ci occupa, a fronte di un possibile dubbio interpretativo, introdotto dalle indicazioni fornite dalla Ris. numero 218/E del 5 dicembre 2003, il contenuto del comunicato stampa del 20 luglio 2004 costituisce, come si evince anche se non senza difficoltà dalla succinta motivazione, elemento non completamente sufficiente a rimuovere ogni oscurità interpretativa invero, quanto al diritto eurounitario, è solo con la recente decisione della Corte di Giustizia, 16 marzo 2017, Bimotor Spa, in C-211/16, secondo la quale «l'articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita la compensazione di taluni debiti tributari con crediti d'imposta sul valore aggiunto a un importo massimo determinato, per ogni periodo d'imposta, a condizione che l'ordinamento giuridico nazionale preveda comunque la possibilità per il soggetto passivo di recuperare tutto il credito d'imposta sul valore aggiunto entro un termine ragionevole» tale possibilità, consistente nel diritto di presentare istanza di rimborso, è nel sistema italiano ben presente che si è fatta chiarezza sul punto anche questa Corte, dal canto suo, ben dopo l'insorgere della presente lite ha stabilito definitivamente che «in tema di IVA, l'articolo 34 della I. numero 388 del 2000, nel testo applicabile ratione temporis, sancendo che, a decorrere dall'i gennaio 2001, il limite massimo dei crediti d'imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del d.lgs. numero 241 del 1997, per i soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo Euro 516.546,90 per ciascun anno solare, ha inteso introdurre, per ogni periodo d'imposta, al fine di non squilibrare eccessivamente le previsioni di gettito fiscale annuale, un limite invalicabile alla possibilità del contribuente di porre in compensazione crediti fiscali e debito IVA, che non può essere superato anche in sede di liquidazioni periodiche IVA» v. Cass. numero 8101 del 2017 e «il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili non può che riferirsi a tutte le ipotesi di legge, così come testualmente chiarisce la L. numero 388 del 2000, articolo 34, comma 1» v. Cass. numero 2215 del 2014 Cass. numero 22833 del 2013 Cass. numero 7994 del 2016 ed infine Cass. 22962 del 2018 è evidente quindi che all'epoca in cui il contribuente tenne il comportamento sanzionato con l'atto qui impugnato, ancora era dibattuta e comunque non era certo risolta in un senso o nell'altro la questione relativa alla legittimità delle compensazioni in parola ciò consente quindi di ritenere all'epoca sussistente, come nella sostanza ha correttamente ritenuto la CTR, anche se con motivazione effettivamente assai stringata, specialmente alla luce delle problematiche sottese alla soluzione della controversia, la buona fede del contribuente -conseguentemente, il ricorso va respinto la particolarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio P.Q.M. rigetta il ricorso compensa le spese.