Giurare di non sapere non giova, in termini di prova legale, a favore della parte delata

La mancata conoscenza da parte del soggetto delato delle circostanze oggetto del giuramento decisorio non possiede alcun valore probatorio in termini di prova legale resa a proprio favore in altri termini, se il soggetto deferito dichiara di non conoscere gli avvenimenti oggetto del giuramento decisorio, questo non può giovargli, poiché scopo della prova in esame è solo ed esclusivamente quello di attestare quanto in oggetto, tanto che la fallita conferma è idonea a superare i fatti o le eccezioni cui il giuramento stesso era rivolto nella fattispecie, un’estinzione di prescrizione presuntiva .

Così statuendo, la Seconda Sezione Civile di Cassazione ha rigettato, con sentenza numero 21433/2013, depositata lo scorso 19 settembre, il ricorso proposto dai legali rappresentanti di una società, debitrice e già condannata nei gradi di merito, sulla base della mancata conferma da parte loro, in sede di giuramento decisorio, delle circostanze di cui alla richiesta prova, con consequenziale travolgimento dell’avanzata eccezione di prescrizione presuntiva del debito di lite. Dal debito al giuramento. Con procedimento incardinato presso il Tribunale di Alba, la società debitrice Alfa citava lo studio creditore Beta, opponendosi al pagamento di una somma a titolo di compensi professionali risalenti tra gli anni 1995 e 1999 ingiunta con decreto. La parte attrice-condannata eccepiva, in particolare, l’intervenuta prescrizione per le prestazioni eseguite nel primo triennio e contestava ogni debenza per il tempo restante. Il giudice di prime cure accolse la proposta eccezione di prescrizione in toto e la contestazione riguardante il secondo periodo solo in parte. Lo studio creditore Beta propose, allora, appello, deferendo il giuramento decisorio alla società Alfa al fine di accertare se si fosse verificata l’estinzione del debito avente a oggetto il pagamento delle prestazioni professionali rese a favore dello studio stesso per il triennio 1995-1997. Giuramento «de scientia»? L’appellata Alfa eccepiva, però, l’intervenuta preclusione al giuramento, trattandosi di prova costituita la sua ammissione avrebbe comportato una vera e propria rimessione in termine, ormai preclusa. Il giudice di gravame, disattendo quest’ultima eccezione, ammise il giuramento. In sede di udienza di giuramento, l’appellata eccepì, questa volta, che il giuramento dovesse ritenersi ammesso «de scientia», in quanto deferito necessariamente al legale rappresentante della società. A quel punto, la Corte territoriale emise nuova ordinanza, modificando l’originaria formula da «giuro essere vero che» a «giuro di sapere che». La vicenda si protrasse giudizialmente ulteriormente, ma si può riassumerla come segue dei 2 legali rappresentanti della società debitrice, l’uno si presentò, dichiarando di non essere a conoscenza se la società da lui rappresentata avesse o meno pagato il dovuto compenso allo studio creditore, mentre l’altra, in una prima udienza non si presentò per giustificato impedimento, ma, poi, si rifiuto di comparire. La Corte d’appello, in ultimo, condannò così la società al pagamento della somma di lire 10.711.200, in quanto l’uno rappresentante aveva espresso dichiarazioni dubitative, mentre l’altra non si era presentata affatto «in definitiva, entrambi i legali rappresentanti, con il rispettivo comportamento processuale, avevano scelto di non confermare l’estinzione dell’obbligazione, che era il presupposto dell’eccezione di prescrizione presuntiva, al cui superamento era rivolto il giuramento». I due legali rappresentanti proponevano, infine, ricorso per cassazione, adducendo 3 motivi di ricorso, tutti e 3 vertenti intorno all’indicato giuramento decisorio. Mutamento della formula, da «de veritate» a «de scientia». Con sentenza numero 21433, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dai legali rappresentanti della società debitrice Alfa, già condannata in primo e secondo grado. Vari i profili di censura avanzati, tutti puntualmente disattesi dagli Ermellini. Anzitutto, non è esatto pretendere che, tra i due rappresentanti legali, si sarebbe dovuto individuare il soggetto cui deferire il giuramento in primo luogo, era stata la società stessa a costituirsi in persona dei soci e dei suddetti rappresentanti, per cui risultava ininfluente, ai fini del giudizio, che uno di essi avesse deciso di non prestare giuramento in secondo luogo, loro, giustappunto in quanto legali rappresentanti della società, erano ben in grado di confermare o meno la fattispecie oggetto di prova. Inoltre, il mutamento della formula, da «de veritate» a «de scientia», non era stato propriamente modificato d’ufficio, in quanto oggetto di una precedente e depositata memoria da parte dello studio creditore. Infine, non si può riconoscere alla mancata conoscenza da parte del soggetto delato un qualunque valore probatorio in termini di prova legale resa a proprio favore ricordando come ci si trovasse in sede di conferimento del giuramento decisorio, rileva, ai fini processuali, che la formula del giuramento non fosse stata confermata, con la conseguenza del travolgimento della eccezione di prescrizione presuntiva.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 febbraio – 19 settembre 2013, numero 21433 Presidente Triola – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con atto di citazione notificato il 29 dicembre 2000, P.M. società semplice si oppose al decreto ingiuntivo del 30 ottobre 2000, emesso dal Tribunale di Alba in favore dello Studio Carbone Franco Dottori Commercialisti, società semplice, per il pagamento della somma di lire 15.511.200 a titolo di compensi professionali dal 1995 al 1999, eccependo l'intervenuta prescrizione estintiva per le prestazioni eseguite tra il 1995 e il 1997, e contestando ogni debenza per le prestazioni dal 1997 al 1999, chiedendo in via riconvenzionale il risarcimento del danno subito. La sentenza di primo grado accolse la eccezione di prescrizione, mentre, quanto alle prestazioni dal 1997 al 1999, data la genericità della notula, limitò il diritto dello Studio Carbone al compenso al solo incarico di domiciliazione della corrispondenza diretta alla società P.M., riducendo la liquidazione a lire 30.000 mensili, con determinazione del relativo ammontare in complessive lire 720.000. 2. - La sentenza fu impugnata dallo Studio Carbone, che, tra l'altro, per quanto ancora rileva nella presente sede, deferì il giuramento decisorio a P.M. per accertare se si fosse verificata la estinzione del debito avente ad oggetto il pagamento delle prestazioni professionali rese dallo Studio Carbone negli anni 1995 e 1997. L'appellata P.M., costituitasi nel giudizio, eccepì l'intervenuta preclusione del giuramento, trattandosi di prova costitutiva, comportando la sua ammissione una vera e propria rimessione in termini, ormai preclusa. La Corte d'appello di Palermo ammise il giuramento, fissandolo alla udienza del 10 dicembre 2003. In occasione di tale udienza l'appellata eccepì che il giuramento doveva ritenersi ammesso de scientia perché deferito necessariamente al legale rappresentante della predetta società. Su tale eccezione la Corte di merito emise nuova ordinanza, modificando la originaria formula giuro essere vero che nell'altra giuro di sapere che E T. , uno dei due rappresentanti, dichiarò di non conoscere la circostanza oggetto della formula del giuramento, cioè di non sapere se la società P.M. avesse pagato il compenso allo Studio Carbone e avesse così estinto l'obbligazione, mentre l'altra rappresentante, F T. , non si presentò per un giustificato impedimento. La Corte fissò una nuova udienza per consentirle di prestare il giuramento. P.M. chiese revocarsi l'ordinanza di ammissione di tale giuramento da parte della T. , rilevando che la mancata conoscenza della circostanza che ne era oggetto da parte di T.E. determinava la virtuale soccombenza della parte che lo aveva deferito, e che l'esito del giuramento deferito all'altra rappresentante avrebbe costituito, a vantaggio dell'una o dell'altra parte, prova contraria di quanto già ammesso con il primo giuramento, vietata dall'articolo 2738, primo comma, cod.civ Infine, il procuratore della società P.M. dichiarò che T.F. non intendeva comparire. 2. - Con sentenza depositata il 31 ottobre 2005, la Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannò l'appellata P.M. al pagamento in favore dell'appellante della somma di lire 10.711.200. Per quanto ancora rileva nella presente sede, il giudice di secondo grado sottolineò il carattere assorbente, quanto al rigetto della eccezione di prescrizione, dell'esito del giuramento decisorio. Premessa l'ammissibilità di tale giuramento anche in grado di appello, la Corte di merito disattese anche il rilievo dello Studio Carbone circa la inammissibilità della modifica apportata alla formulazione originaria ritenendo di interpretare così il senso complessivo della volontà delle parti. Osservò poi la Corte che le dichiarazioni dubitative del T. non potevano non equipararsi alla mancata prestazione del giuramento, con la conseguente soccombenza che ne scaturisce per la parte chiamata a giurare e che non abbia reso il giuramento, mentre F T. non si era affatto presentata. In definitiva, entrambi i legali rappresentanti, con il rispettivo comportamento processuale, avevano scelto di non confermare l'estinzione dell'obbligazione, che era il presupposto dell'eccezione di prescrizione presuntiva, al cui superamento era rivolto il mezzo del giuramento. Il mancato raggiungimento della prova legale comportava il travolgimento definitivo della eccezione ai sensi dell'articolo 2960 cod.civ., cui conseguiva l'ammissibilità dell'esame della domanda di pagamento dei compensi professionali di cui si tratta. Al riguardo, la Corte osservò che nessuna contestazione era stata sollevata sicché l'assenza di ogni elemento contrario all'ammissione dell'esistenza del credito ne comportava il riconoscimento, con conseguente condanna della P.M. al pagamento dei compensi richiesti. 4. - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono T.F. ed E. , sulla base di tre motivi illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso la società semplice Studio Carbone Franco Dottori Commercialisti. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione o falsa applicazione degli articolo 2739, secondo comma, e 233 cod. proc. civ. ovvero nullità della sentenza”. Premessa la distinzione tra giuramento de veritate e de scientia, e richiamato l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale il giudice non può di ufficio mutare la formula del giuramento decisorio, si osserva che, nella specie, avendo la società P.M. due legali rappresentanti, sarebbe stato necessario individuare il soggetto cui deferire il giuramento de veritate, avente ad oggetto un fatto proprio del giurante. Al contrario, era stato deferito impersonalmente e genericamente al legale rappresentante della P.M. un giuramento secondo la formula de veritate, vertente non già su di un fatto proprio del soggetto delato quale persona fisica, ma della società dallo stesso rappresentata. Tuttavia, la conseguenza della errata formulazione era stata, invece che quella della inammissibilità del deferito giuramento, quella di una non richiesta né possibile modifica di ufficio della formula del giuramento, che solo la parte personalmente o il suo procuratore avrebbero potuto operare. 2. - Il motivo non è meritevole di accoglimento. 2.1. - Anzitutto, non è esatto che si sarebbe dovuto individuare il soggetto cui deferire il giuramento infatti, la società P.M. si era costituita nel giudizio in persona dei soci e legali rappresentanti T.F. ed E. , sicché il deferimento del giuramento decisorio era da intendere rivolto ad entrambi. Costoro, poi, proprio in quanto legali rappresentanti della predetta società, erano ben in grado di confermare il fatto consistente nel pagamento da parte della stessa società del pagamento del compenso per le prestazioni professionali rese dallo Studio Carbone. 2.2. - Né è esatto che la formula del giuramento di cui si tratta fosse stata modificata di ufficio, posto che, come puntualmente sottolineato nel controricorso, la società semplice Studio Carbone Franco Dottori Commercialisti, in sede di memoria del 6 febbraio 2004 sottoscritta dai difensori, in qualità di procuratori speciali autorizzati ex articolo 233 cod.proc.civ., aveva richiesto, in via subordinata, l'ammissione del giuramento decisorio dei legali rappresentanti della società P.M., T.E. e F. , secondo la formula “giuro e giurando affermo di sapere .”. 3. - Con il secondo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione degli articolo 2739, secondo comma, cod. civ., e 239 cod. proc. civ. Avrebbe errato il giudice di secondo grado nell'apprezzare le risultanze testuali della dichiarazione del T. , il quale aveva affermato di non sapere se la società P.M. avesse estinto il debito nei confronti dello Studio Carbone, e soprattutto nell'attribuire a tale dichiarazione di non conoscenza valore equipollente alla mancata prestazione del giuramento, negando alla dichiarazione medesima l'effetto di prova legale a favore della parte delata. 4. - La censura è priva di fondamento. Correttamente, invero, la Corte di merito, rilevato che T.F. si era rifiutata di prestare il giuramento deferitole, e che E T. , legale rappresentante, unitamente alla prima, della società semplice P.M., aveva affermato di non sapere se fosse stato effettuato il pagamento del compenso per le prestazioni professionali rese dallo Studio Carbone tra il 1995 e il 1997 in favore della stessa P.M., ha concluso nel senso che la formula del giuramento non era stata confermata dai legali rappresentanti della predetta società, con la conseguenza del travolgimento della eccezione di prescrizione presuntiva. 5. - Resta assorbito dalle considerazioni che precedono l'esame del terzo motivo di ricorso, con il quale si lamenta violazione o falsa applicazione degli articolo 2738, primo comma, e 2739, primo comma, cod. civ., osservandosi che, una volta prestato il giuramento da T.E. , la prova legale dei fatti oggetto della controversia in tal modo raggiunta si sarebbe dovuta ritenere raggiunta, con l'effetto di rendere inammissibile l'ulteriore giuramento deferito a T.F. . 6. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Avuto riguardo alla singolarità ed alle alterne sorti della vicenda processuale de qua, si ritiene equo compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.