Avviso di pagamento INPS non ricevuto: nessun reato

Il datore di lavoro non riceve l’avviso di pagamento da parte dell’INPS, quindi non può aver commesso il reato di omesso versamento dei contributi.

Ad affermarlo è la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione sent. numero 15632/2013, depositata il 4 aprile scorso . Il caso. La Corte di appello, vista la prescrizione dei fatti commessi fino al marzo 2004, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, condannando l’amministratore-legale rappresentante pro tempore di un condominio a 16 giorni di reclusione e 50 euro di multa, per aver omesso di versare all’INPS, nei termini di legge, a titolo di ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti, la somma complessiva di euro 1.473,93 artt.81 cpv. c.p., 2 d.l. numero 463/83 . L’imputato avrebbe potuto sanare la somma dovuta? Prima di tutto, i giudici territoriali sottolineano che l’imputato aveva avuto piena conoscenza, con la notifica del decreto di citazione, del contenuto dell'avviso, per cui avrebbe potuto sanare la somma dovuta. L’amministratore presenta così ricorso per cassazione denunciandola mancata assunzione di una prova decisiva e la carenza assoluta di motivazione. 3 mesi per provvedere al versamento dovuto. La Suprema Corte esamina in via preliminare il terzo motivo del ricorso e, rifacendosi alla giurisprudenza prevalente, ribadisce che, «in tema di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, nel caso non risulti certa la contestazione o la notifica dell'avvenuto accertamento delle violazioni», il termine di 3 mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto «decorre dalla notifica del decreto di citazione per il giudizio o eventualmente dalla notifica dell'avviso ex articolo 415 bis c.p.p. » Cass., numero 41277/2004 . La citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell'avviso di accertamento, solo se contiene gli elementi essenziali dell’avviso. Tuttavia, le Sezioni Unite della Cassazione sentenza numero 1855/2011 hanno precisato che il giudice di merito deve verificare «se l'imputato sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all'avviso dell'ente previdenziale che gli abbia consentito, sul piano sostanziale, di esercitare la facoltà concessagli dalla legge». La sentenza impugnata - visto che la Corte territoriale si è limitata ad osservare che l'imputato, con la notifica del decreto di citazione, aveva avuto piena conoscenza del contenuto dell'avviso dell’INPS, senza effettuare la verifica sopra evidenziata – viene dunque annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 febbraio – 5 aprile 2013, numero 15632 Presidente Lombardi – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10.10.2011 la Corte di Appello di Roma, In parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma, resa il 22.12.2009, con la quale F. P., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena sospesa e non menzione di giorni 20 di reclusione ed euro 60,00 di multa per il reato di cui agli artt.81 cpv. c.p., 2 D.L. numero 463/83, come modif. dall'artt. D.Lvo 211/94, perché, nella qualità di amministratore legale rappresentante pro tempore del condominio L.D. C D , sito in Roma via , ometteva di versare all’INPS, nei termini di legge, a titolo di ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti, la somma complessiva di euro 1.473,93 per il periodo dal gennaio 2004 al novembre 2004 e maggio 2005, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'appellante F. in ordine ai fatti-reato commessi fino al marzo 2004 perché estinti per prescrizione, rideterminando la pena in giorni 16 di reclusione ed euro 50.00 di multa. Rilevava la Corte territoriale, disattendendo i motivi di appello, che, a prescindere dalla ritualità della notifica dell'avviso di pagamento inviato dall'Inps, il F. aveva avuto piena conoscenza, con la notifica del decreto di citazione, del contenuto dell'avviso, per cui avrebbe potuto sanare la somma dovuta. Per i fatti commessi fino al marzo 2004 era,però,maturata la prescrizione. 2. Propone ricorso per cassazione il F., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo e secondo motivo, la mancata assunzione di una prova decisiva e la carenza assoluta di motivazione. Con i motivi di appello si deduceva che la contestazione relativa al mese di maggio 2005 non era ascrivibile all'imputato, in quanto, come emergeva dal verbale di assemblea condominiale del 3.1.2005, di cui era stata chiesta l'acquisizione, egli non era all'epoca più amministratore del condominio. La Corte territoriale ha omesso di provvedere sulla richiesta. Con il terzo motivo denuncia la manifesta illogicità della motivazione in relazione all’improcedibilità dell'azione penale. Con i motivi di appello era stato dedotto che il F. non aveva mai ricevuto la comunicazione dell'Inps, né aveva ricevuto personalmente il decreto di citazione, per cui non era stato posto in condizione di sanare l'omissione contributiva. La Corte territoriale, per superare tale eccezione, ha fatto riferimento ad una giurisprudenza ormai superata. Né comunque vi era la prova dell'avvenuta corresponsione delle retribuzioni. Considerato in diritto Va preliminarmente esaminato il terzo motivo di ricorso. Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte, in tema di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, nel caso non risulti certa la contestazione o la notifica dell'avvenuto accertamento delle violazioni, Il termine di tre mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto - rendendo operante la causa di non punibilità prevista dall'articolo 2 comma primo bis della legge 11 novembre 1983 numero 638, come modificato dal D.Lgs. numero 211 del 1994 - decorre dalla notifica del decreto di citazione per il giudizio o eventualmente dalla notifica dell'avviso ex articolo 415 bis c.p.p. cfr. Cass.penumero sez.3 numero 41277 del 28.9.2004 conf. Cass. sez.3 numero 27258 del 16.5.2007 sez.3 numero 38501 del 25.9.2007 sez. 3 numero 4723 del 12.12.2007. Con la notifica del decreto dì citazione o dell'avviso ex articolo 415 bis c.p.p., invero, l'interessato ha avuto sicura conoscenza dell'accertamento previdenziale svolto nel suoi confronti ed è posto in grado di sanare le contestate violazioni Cass.sez.3 numero 38501/2007 cit. . Le Sezioni Unite, con la sentenza numero 1855 del 24.11.2011, nell'aderire all'indirizzo maggioritario sopra evidenziato escludendo quindi che ci si trovi in presenza di una causa di non procedibilità , hanno, però, precisato che nell'ipotesi in cui l'esercizio dell'azione penale sia avvenuto prima che l'imputato sia stato messo in condizione di fruire della causa di non punibilità o per l'omessa contestazione e notificazione dell'accertamento delle violazioni o per irregolarità della notificazione dell'accertamento il giudice di merito deve verificare se l'imputato sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all'avviso dell'ente previdenziale che gli abbia consentito, sul piano sostanziale, di esercitare la facoltà concessagli dalla legge . Secondo le Sez.Unumero , quindi il decreto di citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell'avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale Indirizzato all'Imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso individuati nell'indicazione del periodo di omesso versamento e dell'importo, della sede dell'ente presso cui effettuare li versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge, e nell'avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità . 3. La Corte territoriale, senza effettuare la verifica sopra evidenziata, si è limitata ad osservare che l'imputato, con la notifica del decreto di citazione, aveva avuto piena conoscenza del contenuto dell'avviso dell’INPS. Rimanendo assorbita ogni altra doglianza peraltro quella relativa all'effettiva corresponsione delle retribuzioni è Inammissibile essendo stata proposta per la prima volta In sede di legittimità , a sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per nuovo esame alla luce dei principi e del rilievi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.