Il pagamento con un sistema diverso dalla moneta avente corso legale nello Stato, ma che assicuri al creditore la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato dal creditore soltanto per un giustificato motivo, dovendosi altrimenti intendere il rifiuto come contrario al principio di correttezza e buona fede.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 14531/13, depositata lo scorso 10 giugno. Il caso. La compagnia assicurativa inviava all’avente diritto un assegno per saldare il proprio debito. Il creditore, però, ometteva di comunicare alla debitrice le proprie determinazioni in merito alla non accettazione del pagamento con assegno e, dopo alcuni mesi, aveva intimato il precetto ed iniziato l’esecuzione, per poi portare l’assegno all’incasso dopo la scadenza dei termini per la presentazione. Dopo che i giudici di merito avevano ritenuto illegittimo il comportamento del creditore, quest’ultimo decideva di rivolgersi ai giudici di Cassazione. L’estinzione delle obbligazioni pecuniarie avviene con assegno circolare e non con assegno bancario? Tuttavia, a parere degli Ermellini, il Tribunale ha applicato correttamente il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite sent. numero 26617/2007 in merito all’assegno circolare - e ribadito anche con riferimento all’assegno bancario dalle stesse Sezioni Unite sent. numero 13658/2010 – secondo cui «il solo fatto dell’adempimento da parte del debitore, della propria obbligazione pecuniaria con un altro sistema di pagamento ovverossia di messa a disposizione del valore monetario spettante – sistema che comunque assicuri ugualmente la disponibilità della somma dovuta – non legittima affatto il creditore a rifiutare il pagamento stesso essendo all’uopo necessario che il rifiuto sia sorretto anche da un giustificato motivo, che il creditore deve allegare ed all’occorrenza anche provare». Pagamento tentato. Infatti il Tribunale ha tratto l’illegittimità della sola pretesa esecutiva relativa al credito per interessi. Questo perché la mancata estinzione del debito «non era imputabile al soggetto debitore ma al creditore che, indebitamente, aveva rifiutato il pagamento legittimamente tentato con la corresponsione dell’assegno bancario».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 11 aprile – 10 giugno 2013, numero 14531 Presidente Berruti – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1. Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 24 febbraio 2009, il Tribunale di Roma, ha accolto parzialmente l'opposizione proposta da Unipol Compagnia Assicuratrice S.p.A. avverso l'esecuzione mobiliare incardinata ad istanza di M D. . Il Tribunale premesso che l'opposizione era stata proposta allegando che il debito per il quale era stato intimato il precetto ed era stata poi iniziata l'esecuzione era stato estinto con assegno bancario inviato al difensore del D. in data precedente la notificazione dell'atto di precetto ha ritenuto illegittimo il comportamento del creditore che, ricevuto l'assegno in pagamento, aveva omesso di comunicare alla debitrice le proprie determinazioni in merito alla non accettazione del pagamento con assegno e, dopo alcuni mesi, aveva intimato il precetto ed iniziato l'esecuzione, continuando a detenere l'assegno ricevuto ed, infine, portandolo per l'incasso dopo la scadenza dei termini per la presentazione. Ha perciò richiamato il precedente a S.U. numero 26617/2007 e, ritenuto il comportamento del creditore contrario a buona fede, ha escluso la mora debendi e la decorrenza degli interessi a carico del debitore. Ha quindi accolto l'opposizione limitatamente al debito per questi ultimi, compensando tra le parti le spese processuali. 2. Avverso la sentenza M D. propone ricorso affidato ad un unico articolato motivo. La S.P.A. UGF Assicurazioni, succeduta per incorporazione alla Compagnia Assicuratrice Unipol, si difende con controricorso e propone ricorso incidentale. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso, è dedotta violazione o falsa applicazione degli articolo 1277 1197 1181 cod. civ. e 112 cod. proc. civ L'unico motivo si articola in due distinti profili di censura assistiti da due distinti quesiti di diritto, formulati ai sensi dell'articolo 366 bis cod. proc. civ Sotto il primo profilo, il ricorrente assume che erroneamente il Tribunale avrebbe equiparato l'assegno bancario, utilizzato nel caso di specie, all'assegno circolare, poiché soltanto quest'ultimo sarebbe stato ritenuto idoneo mezzo di pagamento da parte di questa Corte Suprema e ciò, in ragione del fatto che vi sarebbe un'intrinseca differenza tra i due titoli, in quanto soltanto per l'assegno circolare vi è la precostituzione della provvigione, come evidenziato anche nel precedente a Sezioni Unite citato in sentenza. 1.1. Il motivo è infondato. Il Tribunale non ha affatto affermato che il pagamento effettuato con assegno bancario fosse liberatorio per la società assicuratrice, a prescindere dalla riscossione dell'assegno da parte del creditore né ha equiparato, sotto tale aspetto, l'assegno bancario all'assegno circolare. Il giudice di merito ha fatto, invece, corretta applicazione del principio di diritto espresso da questa Corte a Sezioni Unite con la sentenza numero 26617 del 2007, con riferimento all'assegno circolare, ma ribadito dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza numero 13658 del 2010 anche con riferimento all'assegno bancario, in forza del quale il pagamento con un sistema diverso dalla moneta avente corso legale nello Stato, ma che assicuri al creditore la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato dal creditore soltanto per un giustificato motivo, dovendosi altrimenti intendere il rifiuto come contrario al principio di correttezza e buona fede. Dall'applicazione di detto principio al caso di specie il Tribunale ha tratto la conseguenza non dell'illegittimità in toto dell'azione esecutiva intrapresa dal creditore, malgrado la persistenza del credito di quest'ultimo, ma dell'illegittimità soltanto della pretesa esecutiva relativa al credito per interessi e ciò, in ragione del fatto che la mancata estinzione del debito non era imputabile al soggetto debitore ma alla creditrice che, indebitamente, aveva rifiutato il pagamento legittimamente tentato con la corresponsione dell'assegno bancario. Va disatteso, in particolare, l'assunto del ricorrente secondo cui con la prima delle decisioni sopra richiamate si sarebbe affermato che tra gli strumenti legali di estinzione delle obbligazioni pecuniarie rientri l'assegno circolare e non l'assegno bancario. Piuttosto, con le due sentenze su citate non si è ritenuta l'immediata efficacia estintiva dell'obbligazione, con effetto liberatorio per il debitore, del pagamento né con assegno circolare Cass. S.U. numero 26617/07 né con assegno bancario Cass. numero 13658/10 , ma ambedue hanno concluso nel senso che “il solo fatto dell'adempimento da parte del debitore, della propria obbligazione pecuniaria con un altro sistema di pagamento ovverossia di messa a disposizione del valore monetario spettante sistema che comunque assicuri ugualmente la disponibilità della somma dovuta non legittima affatto il creditore a rifiutare il pagamento stesso essendo all'uopo necessario che il rifiuto sia sorretto anche da un giustificato motivo, che il creditore deve allegare ed all'occorrenza anche provare” secondo quanto si legge nella sentenza a S.U. del 2010, che, in motivazione, dichiaratamente richiama i principi già espressi dalla sentenza a S.U. del 2007 . Il motivo di ricorso, sotto il primo profilo, va perciò rigettato. 2. Sostiene il ricorrente che la sentenza gravata sarebbe illegittima “anche con riguardo all'articolo 1181 c.c. e 112 c.p.c.”, perché la parte creditrice avrebbe rifiutato un pagamento parziale rispetto alla somma liquidata in sentenza. Aggiunge che questa eccezione sarebbe stata tempestivamente proposta davanti al giudice di merito, ma questo non ne avrebbe tenuto conto. Sotto questo profilo, il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. Si legge, infatti, alla pagina 3 della sentenza impugnata che l'opposto si è difeso assumendo di aver rifiutato l'assegno per aver ricevuto una somma inferiore a quella dovuta ed, in risposta a tale difesa, il Tribunale afferma che, in base alla sentenza azionata, “il pagamento tempestivamente effettuato da Unipol appare congruo”, essendosi venuta a determinare l'insufficienza della somma portata dal titolo soltanto a seguito del comportamento inerte del creditore. Risulta perciò infondata la censura di omessa pronuncia ex articolo 112 cod. proc. civ È inoltre inammissibile la censura di violazione dell'articolo 1181 cod. civ. perché denuncia, come violazione di legge, un apprezzamento di fatto che il Tribunale ha compiuto circa la corrispondenza tra la somma portata dall'assegno e la somma dovuta dal debitore. In conclusione, il ricorso principale va rigettato. 3. Il ricorso incidentale, pur risultando tempestivamente e validamente notificato, è inammissibile per violazione dell'articolo 366 bis cod. proc. civ Esso è, infatti, soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell'articolo 366 bis c.p.c. inserito dall'articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 numero 40, ed abrogato dall'articolo 47, comma 1, lett. d, della legge 18 giugno 2009 numero 69 , applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata 24 febbraio 2009 . Con l'unico motivo si denuncia violazione dell'articolo 1175 cod. civ. in relazione all'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ Esso è illustrato dalla pagina 4 alla pagina 6, ma non si rinviene il quesito di diritto richiesto a pena di inammissibilità dalla norma richiamata. 4. Ritiene il Collegio che la manifesta infondatezza del ricorso principale comporti la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, in applicazione del principio della soccombenza, a fronte della declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale per ragioni di rito. Le spese si liquidano come da dispositivo, tenuto conto della partecipazione alla discussione dinanzi a questa Corte da parte del procuratore della resistente. P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida, in favore della compagnia resistente, nell'importo di Euro 3.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.