Studio chiuso, resta la scrittura privata tra due ex soci: compenso da versare, perché estraneo all’attività ‘associativa’

L’accordo, relativo a un incarico professionale risale all’epoca in cui lo studio era ancora operativo, ma ciò non permette di inquadrarlo come parte integrante dell’attività ‘associativa’. Anche perché esso coinvolge solo due dei tre soci e, soprattutto, professionisti esterni.

Studio professionale chiuso, strade che si dividono Ma resta lo spettro di strascichi economici. Soprattutto se la scrittura tra due dei tre componenti dello studio viene valutata come privata, e quindi estranea all’attività ‘associativa’ Cassazione, sentenza numero 14768, seconda sezione civile, depositata oggi . Compensi in ballo. Oltre 40milioni di vecchie lire questo il ‘pomo della discordia’ tra due professionisti – ingegneri, per la precisione – ex soci. A rendere complicata la situazione il fatto che la richiesta venga avanzata a studio professionale bello e chiuso. Non a caso, il professionista chiamato in causa per pagare questa cifra – alla luce di una «scrittura privata» – sostiene che «tutti i rapporti di dare ed avere tra le parti erano stati definiti a seguito della cessazione dello studio professionale associato». Ma questa visione non viene condivisa né in primo né in secondo grado difatti, la richiesta di pagamento di oltre 40milioni di vecchie lire viene accolta. Decisiva la considerazione, dei giudici d’Appello, che il credito in ballo «si basava» su una scrittura privata relativa a un incarico che aveva coinvolto anche «professionisti non facenti parte dello studio professionale». Vite parallele. Pagamento pacifico? Assolutamente no. Difatti, gli eredi del professionista ‘condannato’ a versare la cifra all’ex socio contestano la pronunzia di secondo grado, proponendo ricorso in Cassazione. A finire nel mirino è la valutazione, effettuata dal giudice d’Appello, relativa alla «estraneità all’attività associativa professionale del contratto d’incarico» sancito dall’accordo tra i due ex soci, valutazione che viene ritenuta erronea perché, secondo il legale che rappresenta gli eredi del professionista, è stata omessa «ogni indagine sulla comune intenzione delle parti nonché sul comportamento delle parti» alla luce del «pre-esistente rapporto di associazione professionale». Da rivedere, quindi, l’inquadramento della scrittura ‘incriminata’? Dai giudici della Cassazione arriva una risposta negativa, fondata sull’esistenza di vite professionali parallele quella dello studio, da un lato, e quella legata alla scrittura privata, dall’altro. Viene condivisa, difatti, la posizione assunta dai giudici di Appello, i quali hanno considerato acclarato che «la scrittura privata riguardava un’obbligazione personale ed autonoma» tra i due professionisti, «non riferibile allo studio professionale associato» all’epoca ancora operativo. Ecco perché, quindi, è confermata la condanna, stabilita in secondo grado, a pagare i contestatissimi 40milioni di vecchie lire.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 luglio – 3 settembre 2012, numero 14768 Presidente Felicetti – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 15.2.1995 1’ing. M.G.M. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Catania, l’ing. S.S. chiedendone la condanna al pagamento del 40% della somma di £ 101.905,370, in forza della scrittura privata 27.6.1990. Costitutosi in giudizio lo S. eccepiva che tutti i rapporti di dare ed avere tra le parti erano stati definiti a seguito della cessazione dello studio professionale associato tra M.G.M., S.S. e MG. in via riconvenzionale, chiedeva la condanna dell’attore al pagamento della quota di sua pertinenza, per l’attività svolta nell’ambito dello studio professionale associato autorizzato a chiamare in giudizio gli eredi di M.G., non vi provvedeva. Con sentenza 27.2.2002 il Tribunale di Catania accoglieva la domanda e condannava il convenuto al pagamento della somma di € 21.051.89 oltre alle spese processuali. Avverso tale sentenza S.S. proponeva appello cui resisteva M.G.M. Con sentenza depositata in data 8.9.2005 la Corte di Appello di Catania rigettava l’appello e condannava lo S. al pagamento delle spese del grado. Osservava la Corte di merito che i rapporti relativi allo studio professionale associato intercorsi tra M.G.M., S.S. e M.G. erano stati definiti, ma che il credito azionato da M.G.M. si basava sul diverso accordo di cui alla scrittura privata 27.6.90, conclusa con S.S. e con cui quest’ultimo si era impegnato a corrispondere, personalmente, a M.G.M. e non allo studio professionale, gli importi percepiti per un lavoro di progettazione cui era rimasto estraneo M.G. ed al quale avevano partecipato altri professionisti non facenti parte dello studio professionale associato, quali il Geom. P.F. ed il Geom. S.C. Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso S.M.M.G., S.G. e P.M., quali eredi di S.S., formulando due motivi. Resiste con controricorso e memoria M.G.M. Motivi della decisione I ricorrenti deducono 1 violazione, falsa applicazione dell’articolo 1362, 1° e 2° co.c.c., nonché omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. il Giudice di appello aveva immotivatamente affermato l’estraneità all’attività associativa professionale del contratto d’incarico professionale 27.6.1990, omettendo ogni indagine sulla comune intenzione delle parti, al di là del senso letterale delle parole, nonché sul comportamento complessivo delle parti stesse con riferimento al preesistente rapporto di associazione professionale 2 violazione dell’articolo 112 c.p.c. nonché messa motivazione su un punto controverso del giudizio in relazione gli articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. la Corte di merito aveva omesso di pronunciare sulla domanda riconvenzionale svolta in primo grado e riproposta in appello condanna di M.G.M. al pagamento di quanto dovuto a seguito della cessazione del rapporto professionale associato intercorso con il convenuto stesso . Il ricorso è infondato. Il primo motivo è privo di autosufficienza in quanto non riporta il contenuto del contratto su cui si fonda la doglianza. Peraltro, con apprezzamento esente di vizi logici e giuridici, come tale non sindacabile in sede di legittimità, la Corte di merito ha accertato che la scrittura privata del 27.6.90 riguardava un’obbligazione personale ed autonoma dello S. nei confronti del M., non riferibile allo studio professionale associato. Quanto alla secondo censura la Corte di merito ha correttamente rilevato che lo S. non aveva provveduto a chiamare in causa gli eredi di M.G., rendendo inammissibile qualunque domanda relativa ai rapporti facenti capo allo studio professionale associato di cui partecipe M.G. non è dato ravvisare, pertanto, il vizio dedotto di omessa motivazione sulla domanda riconvenzionale svolta dallo S. in primo grado e riproposta in appello. Alla stregua di quanto osservato il ricorso va rigettato. Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di M.G.M., delle spese processuali, liquidate in € 2.700,00 di cui € 200,00 per spese oltre accessori di legge.