Società senza scritture contabili, pur se inattiva: se fallisce è bancarotta

La bancarotta semplice documentale punisce il comportamento omissivo del fallito che non ha tenuto le scritture contabili l’obbligo, penalmente sanzionato, viene meno solo quando la cessazione della attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese.

Il caso. Il GiP del Tribunale di Trento, in luogo di accogliere la richiesta di emissione di decreto penale di condanna per violazione dell’articolo 217, comma 2, l.f., avanzata dal Pubblico Ministero, pronunciava sentenza ai sensi dell’articolo 129 c.p.p. perché il fatto non sussiste in quanto, allorchè le scritture contabili obbligatorie non erano state tenute, la società aveva da tempo sospeso ogni attività. Contro la sentenza proponeva ricorso il Pubblico Ministero ritenendo che, erroneamente, il giudice di merito avesse escluso la configurabilità del delitto di bancarotta documentale semplice sulla base del mero rilievo che la società era inattiva da tempo, anche se non era stata cancellata dal registro delle imprese. La Cassazione la bancarotta è reato formale. La Suprema Corte affronta la questione fondandosi esclusivamente sui propri precedenti arresti giurisprudenziali, evidenziando come la fattispecie di bancarotta documentale semplice sia integrata dal mero inadempimento di un precetto formale l’obbligo di tenere le scritture statuito dall’articolo 2214 c.c Orbene, secondo la Suprema Corte il delitto di cui all’articolo 217, comma 2, l.f. è reato di mera condotta e di pericolo che non richiede al fine del del suo perfezionarsi il realizzarsi di alcun danno ai creditori. Al fine di fare venire meno l’obbligo, penalmente sanzionato, di tenere le scritture contabili obbligatorie non è sufficiente la cessazione della attività commerciale da parte della società, essendo necessario l’ulteriore presupposto di carattere formale della cancellazione dal registro delle imprese. In conseguenza la garantista pronuncia del GiP di Trento viene annullata, senza rinvio, dalla Suprema Corte. La bancarotta documentale come reato di pericolo presunto . E’ in effetti principio assolutamente consolidato in giurisprudenza ed avallato anche da parte della dottrina quello secondo cui la fattispecie di cui all’articolo 217, commma 2, l.f. integri un reato di pericolo presunto e, come tale, prescinda dall’accertamento del danno. Infatti secondo gli Ermellini, ma anche per i giudici della Corte Costituzionale, l’omessa tenuta della contabilità obbligatoria è, una volta intervenuta la sentenza di fallimento, penalmente sanzionata per la mera possibilità di lesione dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice. Con la conseguenza che è del tutto irrilevante che nessun pregiudizio abbiano in concreto patito i creditori a seguito di detta omissione. Secondo tale impostazione, condivisa dalla pronuncia che si annota, la fattispecie sanziona, quindi, la mera formale inosservanza dell’obbligo delle tenuta delle scritture contabili obbligatorie statuito ex articolo 2214 c.c. nei tre anni antecedenti la dichiarazione di fallimento. Cessazione della attività di impresa e obbligo di tenuta libri contabili. In effetti assolutamente consolidato in giurisprudenza e condiviso anche da parte della dottrina è l’opinione che la cessazione della attività di impresa ovvero la inattività della impresa stessa non determina il venir meno dell’obbligo della tenuta delle scritture contabili, se vi siano passività insolute e ci siano pertanto dei rapporti pendenti connessi con l’attività commerciale, seppur quest’ultima sia cessata. Tale orientamento, risalente ad una giurisprudenza più che quarantennale, appare sostanzialmente condivisibile in quanto la presenza di passività insolute derivanti dalla attività di impresa commerciale svolta appare logico fondamento al perdurare dell’obbligo di tenuta delle scritture contabili sino alla dichiarazioni di fallimento, sussistendo rapporti obbligatori di rilevanza patrimoniale ancora in essere. Più faticoso, invece, trovare una ratio giustificatrice al più recente orientamento, fatto proprio dalla pronuncia in esame, per cui, anche qualora manchino passività insolute, l’obbligo di tenuta delle scritture contabili permane finché alla cessazione della attività di impresa non si accompagni anche l’adempimento meramente formale della cancellazione della attività dal registro delle imprese. L’argomento del bene protetto rappresentato dall’interesse ad evitare che sussistano ostacoli alla attività di ricostruzione del patrimonio aziendale e dei movimenti che lo hanno costituito a prescindere dalla sussistenza di un danno ai creditori appare ancorato ad un criterio eccessivamente formalistico e di per sé non convincente. L’eccesso di formalismo della giurisprudenza. Invero, anche tenendo ferma, come pare conforme al dato normativo, la natura di reato di pericolo presunto della bancarotta documentale semplice, se pare comprensibile negare l’estinzione dell’obbligo di tenuta delle scritture contabili con la cessazione della attività economica organizzata e, dunque, di impresa, non si comprende invece come, esaurita anche la attività di liquidazione della impresa e dunque esclusa la sussistenza di passività insolute, possa affermarsi il permanere dell’obbligo, come mera conseguenza della mancata formale cancellazione dal registro delle imprese. Trattasi di un eccesso di formalismo che, peraltro, non pare trovare adeguato riscontro nel dato normativo. Invero altra giurisprudenza, evidentemente più attenta al rispetto del principio di offensività, seppur in diverso contesto, non ha esitato ad affermare che, ferma la natura di reato di pericolo presunto della bancarotta documentale semplice, deve pur sempre valutarsi l’idoneità della condotta incriminata ad incidere sull’interesse protetto dalla norma penale, il che si verifica solo quando detta condotta, anche omissiva, risulti effettivamente idonea ad ostacolare la ricostruzione della vita economica e patrimoniale della impresa Cass. Sez. fer., 02 settembre 2004, in Riv. Pen ., 2005, 300 . Fatica, quindi, a comprendersi come, a fronte di una attività di impresa cessata e all’assenza di poste passive insolute, dal mero adempimento o inadempimento della formale cancellazione dal registro delle imprese possa derivare il discrimen tra rilevanza o irrilevanza penale della condotta.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 maggio - 14 novembre 2012, numero 44454 Presidente Ferrua – Relatore De Berardinis Ritenuto in fatto Con sentenza in data 7-7-2011 il GIP presso il Tribunale di Trieste, richiesto di decreto penale di condanna, dichiarava non doversi procedere a carico di G.F. per il reato ascrittole ai sensi dell'articolo 217, co. 2 L.F. perché quale amministratore della SOCINI Soc.COOP. dichiarata in stato di insolvenza dal Tribunale di Trieste con sentenza del 22-12-2009-non teneva i libri e le scritture contabili come da rubrica, fatto acc. il omissis — con formula perché il fatto non sussiste. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il PM deducendo -carenza di motivazione. Al riguardo rilevava che il GIP aveva escluso la sussistenza del reato ritenendo erroneamente che dagli atti emergesse che le scritture contabili erano state regolarmente tenute fino al 31-12-2007, data nella quale la società aveva sospeso da tempo l'attività, che non aveva ripreso sino al 3-7-2008. Diversamente il ricorrente evidenziava che dalla relazione del commissario liquidatore e dalle informazioni rese dal medesimo era emerso che solo fino al 31-12-2006 erano state tenute le scritture contabili, mentre per l'anno 2007, era stato tenuto il libro giornale. In base a tali rilievi il requirente, deduceva violazione di legge, e chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata. Osserva in diritto La Corte rileva che il ricorso è dotato di fondamento. Invero la sentenza di cui si tratta risulta viziata dalla dedotta violazione di legge. Infatti, il Giudice procedente ha erroneamente ritenuto di dovere escludere la configurabilità del reato previsto dall'articolo 217 comma 2 - RD.16 marzo 1942, numero 267, in base all'assunto che i libri e le scritture contabili della società risultavano regolarmente tenuti sino al 31.12.2007, avendo la società già da tempo sospeso la propria attività. Invero, secondo quanto stabilito da questa Corte, con sentenza Sez. 5, 17.4.2000, numero 4727, ed altre conformi Sez. 5, 30.9.2005, numero 35168- , in tema di bancarotta semplice documentale, è punito il comportamento omissivo del fallito che non ha tenuto le scritture contabili. — Inoltre si è affermato che la fattispecie, pertanto, consistendo nel mero inadempimento di un precetto formale il comportamento imposto all'imprenditore dall'articolo 2214 c.c. , integra un reato di pura condotta, che si realizza anche quando non si verifichi, in concreto, danno per i creditori peraltro, l'obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno se l'azienda non ha formalmente cessato l'attività, anche se manchino passività insolute esso viene meno solo quando la cessazione della attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese — RV215985 - Per tali motivi il ricorso è meritevole di accoglimento, e va pronunziato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. Gli atti devono essere rimessi al Tribunale di Trieste - Ufficio GIP, per il prosieguo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Trieste - Ufficio GIP. per il prosieguo.