In materia di assegno di invalidità il requisito economico e il requisito dell’incollocazione integrano non già una mera condizione di derogabilità ma, al pari del requisito sanitario, un elemento costitutivo della pretesa, la cui prova è a carico del soggetto richiedente la prestazione la mancanza degli stessi non costituisce oggetto di mera eccezione ed è rilevabile d’ufficio.
Così si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 11582, depositata il 4 giugno 2015. Il requisito reddituale. La Corte di Cassazione coglie l’occasione per ribadire i criteri di determinazione del limite reddituale per il diritto all’assegno mensile di invalidità. Sul punto va osservato che tale limite è fissato con riferimento al «reddito calcolato agli effetti Irpef» articolo 14-septies l. numero 33/1980 in assenza di apposita previsione legislativa tale locuzione deve essere interpretata nel senso di escludere dal computo del reddito per una prestazione assistenziale ogni reddito esente da imposta. Del resto, sostiene la Suprema Corte, tale interpretazione è stata fornita in ipotesi analoghe quale, ad esempio, quella relativa all’assegno di mantenimento corrisposto all’invalido dall’ex coniuge a seguito di divorzio, il cui ammontare è interamente deducibile, di tal ché tale posta non può essere inclusa nella predetta base di calcolo del limite reddituale. Il requisito dell’incollocazione. Come è noto, deve ritenersi incollocato al lavoro l’invalido uomo o donna che, essendo in età lavorativa per non avere ancora compiuto il sessantacinquesimo anno di età ed essendo iscritto o avendo presentato domanda di iscrizione nell’elenco dei disabili di cui alla l. numero 68/1999 non abbia conseguito un’occupazione in mansioni compatibili. Con la modifica introdotta dalla l. numero 247/2007 il requisito occupazionale è cambiato e non si richiede più l’incollocazione al lavoro ma lo stato di inoccupazione. Tra i due concetti vi è una sostanziale differenza in quanto il disabile incollocato al lavoro non è semplicemente disoccupato ma è colui che, essendo privo di lavoro, si è iscritto o ha chiesto di iscriversi negli elenchi speciali per l’avviamento al lavoro, avendo con ciò attivato il meccanismo per l’assunzione obbligatoria. A tale proposito, posto che la legge richiede, quale condizione per l’iscrizione negli elenchi, l’avvenuto superamento di una fase preliminare volta all’accertamento dei requisiti sanitari e considerato altresì che non è fissato un limite temporale entro cui tali accertamenti devono essere effettuati, si è ritenuto che ai fini della sussistenza del requisito dell’incollocazione al lavoro è sufficiente la prova della richiesta di essere sottoposto agli accertamenti medici. Il disabile è comunque tenuto a fornire la prova di non aver lavorato in quel periodo tale prova può essere fornita in giudizio con qualsiasi mezzo, anche attraverso presunzioni, ad esclusione della dichiarazione dell’interessato, seppur resa con le modalità previste per l’autocertificazione.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 22 aprile – 4 giugno 2015, numero 11582 Presidente Curzio – Relatore Marotta 1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto “Con sentenza numero 1372/2011 depositata in data 2 aprile 2012, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale della stessa sede, riconosceva in favore di P.A. l'assegno mensile di invalidità con decorrenza dal dicembre 2006 e fino al raggiungimento del 65^ anno di età . Riteneva la Corte territoriale sussistenti i requisiti sanitario e reddituale e, quanto a quello di incollocamento, che lo stesso fosse stato idoneamente provato con l'atto notorio avendo l'assistita superato il 60^ anno di età e non essendo più in età lavorativa. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’I.N.P.S. affidato a due motivi. P.A. ha resistito con controricorso. Con il primo motivo l'I.N.P.S. denuncia violazione e errata applicazione dell'articolo 13 della legge numero 118 del 1971, dell'articolo 2697 cod. civ., degli articolo 112 e 116 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360, numero 3 e numero 4, cod. proc. civ. nonché omessa, contraddittoria, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ Si duole del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto sussistente il requisito reddituale laddove dalla stessa documentazione prodotta dalla P. emergeva che quest'ultima, negli anni 2005 e 2006, era titolare di redditi superiori ai limiti di legge. Rileva che per detti anni la Corte territoriale si è solo limitata a richiamare il certificato dell'Agenzia delle Entrate evidenziante un reddito imponibile pari a zero e cioè un documento che non teneva conto del reddito percepito dall'interessata, titolare della pensione di reversibilità del marito, non imponibile ai fini IRPEF ma superiore al limite previsto per il riconoscimento della prestazione assistenziale. Rileva, inoltre, che non emerge dalla sentenza impugnata che la necessaria verifica della sussistenza del requisito reddituale sia stata effettuata con riguardo agli anni successivi. Con il secondo motivo l'I.N.P.S. denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 13 della L. numero 118/1971, anche nel testo sostituito dalla legge numero 247/2007, degli articolo 1, 6, 8 e 22 della L. 12 marzo 1999, numero 68, dell'articolo 2697 c.c. in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., nonché errata e contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ Rileva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, nel periodo di tempo intercorrente tra il cinquantacinquesimo anno di età ed il sessantacinquesimo, l'invalida è comunque tenuta a provare il suo stato di incollocazione, elemento costitutivo della prestazione, seppure ricorrendo a presunzioni. Obbligo, dunque, sussistente anche per le donne ultrasessantenni. Il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato nei termini di seguito illustri. In materia di pensione di inabilità o di assegno d'invalidità, rispettivamente previsti, a favore degli invalidi civili totali o parziali dalla L. 30 marzo 1971, numero 118, articolo 12 e 13 il requisito economico ed il requisito dell'incollocazione integrano diversamente dal requisito reddituale in relazione alle prestazioni pensionistiche dell'I.N.P.S. non già una mera condizione di erogabilità della prestazione ma, al pari del requisito sanitario, un elemento costitutivo della pretesa - la cui prova è a carico del soggetto richiedente la prestazione v. Cass. 10 novembre 2009, numero 23762 e numerose altre conformi - tanto che non costituiscono oggetto di eccezione in senso stretto e la mancanza degli stessi è rilevabile d'ufficio, ove, come nella specie, il giudice di primo grado abbia rigettato la domanda per aver escluso la sussistenza del requisito sanitario e l'interessato abbia appellato in ordine a tale esclusione Cass. 13 aprile 1995, numero 4217 e numerose altre successive, tra cui Cass. 7 giugno 2001 numero 7716 id, 4 aprile 2002, numero 4834 11 luglio 2007, numero 15486 5 ottobre 2011, numero 20427 11 giugno 2012, numero 9423 . Orbene, con riguardo al requisito reddituale, in motivazione la Corte di appello afferma che sussiste il requisito reddituale cfr. certificato rilasciato dall'Agenzia delle Entrate, nel fase, appellante, da cui risulta che il reddito imponibile è pari a zero . Tuttavia non si evince a quali anni si riferisca l'accertamento positivamente effettuato. Il che rende impossibile valutare la correttezza nell’iter logico-giuridico seguito dai giudici di appello nel valutare il mancato superamento dei limiti di legge cfr. in termini Cass. 13 aprile 2010, numero 8817 . Quanto alle doglianze relative alla omessa considerazione ai fini della sussistenza dell'indicato requisito di un reddito da pensione in regime assicurativo, ancorché in massima parte non tassabile, le stesse non appaiono fondate. Va osservato che, a fronte della formulazione di cui all'articolo 14 septies della legge 29 febbraio 1980, numero 33, il limite di reddito per il diritto all'assegno mensile è fissato con riferimento al reddito calcolato agli effetti Irpef. La questione è se con tale espressione il legislatore abbia inteso riferirsi al reddito e cioè, secondo la formulazione dell'articolo 3 del d.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917 TUIR , alla base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini Irpef, costituita dal reddito complessivo del contribuente al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 del TUIR, della deduzione per assicurare la progressività dell'imposta prevista dall'articolo 11 del TUIR, nonché delle nuove deduzioni per oneri di famiglia contenute nell'articolo 12 del TUIR. In tal senso questa Corte si è espressa nella decisione numero 4158 del 22 marzo 2001 con il quale è stato ritenuto che dal reddito da determinarsi ai sensi dell'articolo 14 septies, quarto comma legge cit., in base al calcolo effettuato agli effetti dell'Irpef, deve dettarsi l'ammontare annuo dell'assegno di mantenimento corrisposto dall'invalido all'ex coniuge a seguito di divorzio, il cui ammontare è interamente deducibile, ex articolo 10, primo comma lett. h d.P.R. numero 917 del 1986, ai fini del pagamento dell'Irpef . Anche nelle decisioni numero 1014 del 25 gennaio 2001 e numero 10633 del 5 luglio 2003 si è interpretato l'articolo 14 septies come riferito al reddito imponibile ai fini Irpef evidenziandosi che tale norma in realtà non ha introdotto alcun elemento di novità rispetto a quanto previsto dall'articolo 26 comma 1 della legge numero 153 del 30 aprile 1969 che, in materia di pensioni ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito, aveva conferito rilevanza ai soli redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche. Del resto, quando il legislatore ha inteso includere nel computo del reddito per una prestazione assistenziale anche il reddito esente da imposta lo ha fatto espressamente si veda l'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, numero 335 che, con riguardo ai limiti di reddito previsti per l'assegno sociale, ha così previsto Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente fondato. Successivamente alle modifiche introdotte dalla L. numero 68 del 1999, e prima dell'entrata in vigore della modifiche apportate alla L. numero 118 del 1971, articolo 13 per effetto dell'entrata in vigore della L. numero 247 del 2007, articolo 1, comma 35 , la ricorrente invalida al 74% che abbia compiuto il sessantesimo anno di età, ma non ancora il sessantacinquesimo, è tenuta a dimostrare il proprio stato di incollocamento offrendo la prova dell'iscrizione nell'elenco dei disabili di cui alla L. numero 68 del 1999 o, almeno, di aver presentato la domanda di iscrizione, e di non aver conseguito un'occupazione in mansioni compatibili. La L. numero 68 del 1999, articolo 1, comma 1 non prevede più il limite dei cinquantacinque anni ai fini dell'iscrizione nell'elenco speciale, in quanto non fa riferimento all'età pensionabile diversificata tra gli uomini e le donne secondo quanto indicato nella tabella A allegata al d.lgs. numero 503 del 1992 bensì all'età lavorativa, che i precetti costituzionali di cui all'articolo 3 Cost. e all'articolo 37 Cost., comma 1, non consentono di regolare per la donna in modo difforme da quello previsto per gli uomini, e che, giusta il disposto del d.lgs. numero 503 del 1992, articolo 1, comma 2, deve ritenersi fissata, per entrambi i sessi, a 65 anni. In tal senso si è espressa questa Corte con la sentenza 29 marzo 2012, numero 5085 seguita dalla conforme Cass. 6 giugno 2012, numero 9155 che ha enunciato il seguente principio di diritto cui va data continuità con riguardo al regime anteriore a quello del nuovo testo della L. numero 118 del 1971, articolo 13 introdotto con la L. numero 247 del 2007, articolo 1, comma 35 in materia di diritto all'assegno mensile di invalidità, nella vigenza della L. numero 68 del 1999, deve ritenersi incollocato al lavoro l'invalido che, uomo o donna, essendo in età lavorativa per non avere ancora compiuto il sessantacinquesimo anno di età ed essendo iscritto o avendo presentato domanda d'iscrizione nell'elenco dei disabili di cui alla L. numero 68 del 1999 non abbia conseguito un'occupazione in mansioni compatibili. Solo con la modifica introdotta dalla L. numero 247 del 2007, articolo 1, comma 35, infatti, il requisito occupazionale è cambiato e non si richiede più la incollocazione al lavoro, ma semplicemente lo stato di inoccupazione, in quanto la legge individua il requisito in questi termini disabili che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussisto. Tra i due concetti vi è una differenza, perché il disabile incollocato al lavoro non è semplicemente disoccupato è il disabile che, essendo privo di lavoro, si è iscritto o ha chiesto di iscriversi negli elenchi speciali per l'avviamento al lavoro. Ha cioè attivato il meccanismo per l'assunzione obbligatoria. Va però rilevato che la normativa dettata dalla L. numero 482 del 1968 è stata totalmente modificata dalla L. numero 68 del 1999 la quale richiede per l'iscrizione negli elenchi L. numero 68 del 1999, ex articolo 8 , diversamente da quanto era previsto in precedenza presentazione di una domanda munita della necessaria documentazione attestante la sussistenza dei requisiti secondo l’interpretazione datane da Cass. Sez. unumero del 10 gennaio 1992, numero 203 , l'avvenuto esperimento di una fase preliminare volta all'accertamento dei requisiti sanitari previsti dal comma 1 dell'articolo 1 minorazioni che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, o situazioni analoghe previste dalle ulteriori lettere del medesimo articolo . Per espressa previsione del comma 4 dell'articolo 1, il diritto ad accedere al sistema per l'inserimento lavorativo dei disabili e quindi la possibilità di fare la domanda di iscrizione nelle liste sorge solo dopo l'accertamento dei requisiti sanitari su indicati ad opera delle commissioni mediche previste dalla L. numero 104 del 1992, articolo 4. Questa fase è stata pertanto definita rigorosamente propedeutica Cass. 12 giugno 2012, numero 9502 . Se non viene esaurita, se la riduzione della capacità lavorativa non è stata accertata L. numero 68 del 1999, articolo 1, commi 1 e 4 il disabile non può chiedere l'iscrizione nelle liste. E la legge non fissa termini alla commissione medica per il suo espletamento. Poiché non sono fissati termini perché la commissione impieghi accerti che il disabile presenta i requisiti sanitari per l'iscrizione negli elenchi e sino a quel momento il disabile non ha diritto di proporre la domanda per essere iscritto negli elenchi, perché quel diritto nasce solo a seguito dell'accertamento positivo della commissione ed una domanda quando l'accertamento ancora non è stato effettuato sarebbe inutile per il disabile e dannosa per l'amministrazione, che dovrebbe esaminare e congelare istanze in parte destinate a non avere seguito, al fine di dare alla disciplina una interpretazione costituzionalmente orientata e conforme al disposto dell'articolo 38 Cost., seguendo l'insegnamento del giudice delle leggi cfr. Corte cost., sentenza numero 483 del 1995 , si è ritenuto che, ai fini della sussistenza del requisito dell'incollocazione al lavoro, è sufficiente la prova della richiesta non di iscrizione negli elenchi, ma anche solo di essere sottoposto agli accertamenti medici da parte delle commissioni previste dalla L. numero 104 del 1992, articolo 4 che, nel sistema della L. numero 68 del 1999, sono condizione necessaria per poter chiedere l'iscrizione negli elenchi Cass. 9502/2012 cit. . Inoltre il disabile dovrà comunque fornire anche la prova di non aver lavorato in quel periodo. Tale prova, in giudizio, potrà essere data con qualsiasi mezzo, anche mediante presunzioni. L'unico limite è costituito dal fatto che non potrà essere fornita con una mera dichiarazione dell'interessato, anche se rilasciata con formalità previste dalla legge per le autocertificazioni, che può assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi ed è, invece, priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale. Ciò anche dopo la novella introdotta dall'articolo 1, comma 35 della L. numero 247 del 2007 che non ha introdotto alcuna deroga circa la rilevanza di dichiarazioni di questo genere solo nell'ambito amministrativo ed ha lasciato, quindi, impregiudicati i principi sulla prova operanti nei giudizi civili cfr. Cass. 20 dicembre 2010, numero 25800 id. 11 febbraio 2011, numero 3552 28 agosto 2013, numero 19833 3 marzo 2014, numero 4942 . In conclusione, si propone l'accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa per un nuovo esame ad altro giudice, il tutto con ordinanza, ai sensi dell'articolo 375 cod. proc. civ., numero 5”. 2 - Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell'articolo 375, numero 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo. 3 - Conseguentemente il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame e provvederà anche per le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.