Deve ritenersi “esterovestita”, cioè con sede all’estero fittizia, la società spagnola interamente controllata da società italiana, priva di una propria struttura organizzativa, che non ha mai sostenuto costi per il personale, né per la quotidiana attività aziendale, il cui amministratore unico era titolare di uno studio di consulenza di diritto spagnolo, che utilizzava per la propria contabilità programmi di elaborazione di proprietà della società controllante italiana. La esterovestizione non è esclusa dal fatto che la costituzione della società formalmente estera fosse stata pensata ad altri fini il collocamento sul mercato di olio di qualità inferiore rispetto a quella dichiarata . Il legale rappresentante della società italiana controllante, quale amministratore di fatto della società spagnola “esterovestita”, può rispondere pertanto del delitto di cui all’articolo 5 d.lgs. numero 74/2000.
Questo il principio contenuto nella pronuncia della Corte di Cassazione numero 19007/15 depositata il 7 maggio. L’esterovestizione. Con il concetto di esterovestizione di persona giuridica si indica la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare, in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale. I fenomeni di esterovestizione si realizzano, dunque, attraverso la costituzione solo fittizia di una società all'estero che poi, di fatto, subentra nel business della società residente negli Stati a fiscalità piena. Più specificamente, risulta esterovestita una società costituita all’estero che presenti uno o più criteri legali di collegamento con l’ordinamento nazionale. L’articolo 5, comma 3, lett. d del TUIR, stabilisce che si considerano residenti le società e le associazioni che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Gli illeciti penali contemplati dal d.lgs. numero 74/2000 che possono configurarsi in caso di esterovestizione sono la dichiarazione infedele ai fini Ires/Iva articolo 4 , ovvero la omessa dichiarazione ai fini articolo 5 Ires/Iva. Esterovestizione e diritto di stabilimento. L’esterovestizione rientra tra le fattispecie che possono configurare abuso del diritto, integrando, infatti, un abuso del diritto di stabilimento. Tuttavia è bene chiarire sin dall’inizio la differenza tra rispetto del diritto di stabilimento ed esterovestizione. Sulla questione della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una persona giuridica si è, infatti, pronunciata, in tempi relativamente recenti, la Corte di Giustizia delle Comunità europee con la sentenza Cadbury Schweppes del 12.09.2006 C-196/04 . Con detta pronuncia si è rimarcata la libertà di stabilimento sancita dal Trattato UE, in quanto la «circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà». In particolare, quindi, l’insediamento in un altro Stato membro non comporta una pratica abusiva qualora la società sia ivi radicata, ossia svolga nel Paese straniero un’effettiva attività economica per una durata di tempo indeterminata. Criteri discriminanti. La Corte di Cassazione, più volte, si è preoccupata di verificare quando ci si trovi di fronte ad una esterovestizione o, invece, a legittimo esercizio del diritto di stabilimento. Al fine di accertare tale fatto occorre determinare il luogo effettivo della sede dell’attività economica della società e ciò deve avvenire attraverso la presa in considerazione di un complesso di fattori, tra i quali figurano, prioritariamente, la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione della dirigenza societaria e quello in cui si adottano le decisioni della politica generale della società. Possono essere presi in considerazione altri elementi, quali il domicilio delle posizioni apicali, il luogo di svolgimento delle assemblee sociali, il luogo di tenuta dei documenti amministrativi e contabili nonché lo svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie ordinarie. Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, in conseguenza, si considera esterovestita soltanto la società che localizza all’estero la propria residenza fiscale allo scopo di sottrarsi al più gravoso regime nazionale. Al fine di ritenere integrata la figura dell’abuso del diritto di stabilimento, è altresì necessario accertare se il trasferimento vi sia effettivamente stato o meno, ossia se l’operazione sia meramente fittizia, consistendo nella creazione di una forma giuridica di puro artificio. Il caso di specie. Gli accertamenti compiuti dalla P.G. avevano consentito di appurare la formale esistenza di una società spagnola priva di propria struttura organizzativa e di personale , di cui era formale titolare un consulente spagnolo, interamente controllata da una S.p.A. italiana, alla quale cedeva ingenti quantitativi di olio. Secondo gli investigatori, la società spagnola era esterovestita ed amministrata di fatto dal legale rappresentante della società italiana. A quest’ultimo, dunque, viene contestata la violazione dell’articolo 5 d.lgs. numero 74/2000 per aver omesso le dichiarazioni dei redditi relative agli anni dal 2007 al 2012, per la società spagnola, che doveva essere agli effetti fiscali soggetta al regime tributario italiano. Il fatto che all’origine della operazione vi fosse, senza dubbio, il diverso scopo di collocare sul mercato olio di qualità inferiore a quella dichiarata, non escludeva, secondo l’accusa, la penale rilevanza della condotta sotto il profilo tributario. In conseguenza di dette contestazioni era stato disposto il sequestro per equivalente di ingenti beni nella disponibilità del legale rappresentante. Avverso il provvedimento del Tribunale del riesame, che aveva confermato il sequestro di beni del legale rappresentante italiano disposto dal GIP, proponeva ricorso per cassazione l’indagato. La pronuncia degli Ermellini. La Corte di Cassazione ritiene ampiamente sufficienti gli elementi indiziari raccolti dal Tribunale del riesame al fine di confermare la validità della misura cautelare reale adottata. Invero, la natura fittizia della sede in Spagna non era stato certo il motivo centrale della impugnazione proposta dalla difesa dell’indagato, che aveva accentrato la propria attenzione sul momento perfezionativo della cessione, da individuarsi, secondo il ricorrente, in Spagna, cioè nel luogo e nel momento della spedizione dell’olio dalla Spagna verso l’Italia. Tuttavia, anche tale argomento viene disatteso dalla Suprema Corte che individua, invece, il perfezionarsi della vendita dell’olio al momento e nel luogo della consegna e, dunque, in Italia e non in Spagna. La Cassazione, infatti, evidenzia che la società spagnola deve ritenersi, senza dubbio, soggetto con domicilio fiscale in Italia e dunque, come tale, soggetta agli obblighi di fatturazione e documentazione delle operazioni fiscali che incombono al contribuente ai fini Iva e fra di essi anche la dichiarazione annuale Iva. Quanto all’assoggettamento ad Iva delle singole operazioni di cessione di olio, la non contestata ricostruzione in fatto della vicenda - acquisto in Spagna di Olio da parte della società Spagnola e successiva rivendita del medesimo alla controllante italiana - consente di affermare che detta ultima operazione di vendita si è perfezionata in Italia al momento della consegna del prodotto, con conseguente obbligo di emissione di fattura assoggettata ad Iva. Restano le nubi sulla esterovestizione. Come noto, la questione esterovestizione e conseguente configurabilità del delitto di omessa dichiarazione di cui all’articolo 5 d.lgs. numero 74/2000 è stata oggetto di una lunghissima e travagliata vicenda giudiziaria che ha visto protagonisti due noti stilisti e che, proprio di recente, si è conclusa con una pronuncia assolutoria da parte della Cassazione, che ha ribaltato le sentenze milanesi di merito. Secondo l’accusa, la società di moda era stata costituita dagli stilisti al fine di evadere le imposte, cedendo alla stessa la gestione dei più famosi marchi di moda, onde assoggettare al più favorevole regime fiscale del Lussemburgo tutte le maggiori entrate del gruppo, ma di fatto la società era amministrata e gestita dall’Italia. Anche in tal caso, dunque, si era ritenuta sussistente la esterovestizione con conseguente contestazione della fattispecie di cui all’articolo 5, che tuttavia la Cassazione ha ritenuto infondata. Perplessità suscita quindi la pronuncia in esame, soprattutto laddove la Suprema Corte si limita a dare della avvenuta costituzione della società spagnola non solo allo scopo di evasione fiscale, quanto piuttosto per il fine primario di commercializzare olio di qualità inferiore rispetto a quella dichiarata, senza tuttavia approfondire tale aspetto. Orbene, atteso che la fattispecie di cui all’articolo 5 prevede il dolo specifico di aver agito al «fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto», è probabile che tale aspetto dovrà essere oggetto di ben maggiori approfondimenti allorché si discuterà non solo di fumus commissi delicti la Cassazione si è infatti pronunciata nel caso in esame solo in sede di valutazione della legittimità della cautela reale , ma di affermazione di piena responsabilità penale.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 gennaio – 7 maggio 2015, numero 19007 Presidente Fiale – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1.11 sig. F.F. ricorre per l'annullamento dell'ordinanza dei Tribunale di Siena che ha respinto l'istanza di riesame da lui proposta avverso il decreto del 01/04/2014 con il quale il Giudice per le indagini preliminari di quello stesso Tribunale, sulla ritenuta sussistenza indiziaria del reato di cui all'articolo 5, d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, ha ordinato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, delle somme giacenti sui depositi e conti correnti bancari a lui intestati fino all'ammontare della somma di € 1.750.577,60. Secondo la contestazione provvisoria, il F., al fine di evadere le imposte sul valore aggiunto, ha omesso di presentare le dichiarazioni annuali relative a detta imposta per gli anni dal 2007 al 2012. Il F. è legale rappresentante della «Azienda Olearia Valpaesana S.p.a.», società titolare dell'intero capitale sociale della «Aldaste SL», società spagnola ritenuta dal G.i.p. e dal Tribunale del riesame esterovestita perché dei tutto priva di una propria struttura organizzativa, che non ha mai sostenuto costi per il personale, né per la quotidiana attività aziendale, il cui amministratore unico era titolare di uno studio di consulenza di diritto spagnolo, che utilizzava programmi di elaborazione della contabilità di proprietà della «Azienda Olearia Valpaesana S.p.a.». Le somme dovute a titolo di imposta sul valore aggiunto riguardano le cessioni di beni effettuate dalla «Aldaste SL» a favore della «Azienda Olearia Valpaesana S.p.a.», non qualificabili come cessioni intracomunitarie di cui all'articolo 7, d.P.R. 633 del 1973, sottratte all'imposta, perché ancorché effettive non erano state realizzate tra soggetti passivi IVA nei rispettivi Stati di residenza. L'esterovestizione a fini fiscali, affermano i Giudici dei riesame, non è esclusa dal fatto che essa fosse stata pensata ad altri fini il collocamento sul mercato di olio di qualità inferiore a quello dichiarato . La totale fittizietà della «Aldaste SL», interamente riconducibile al F., dominus dell'intera operazione, rende legittimo, secondo il Tribunale del riesame, il sequestro delle somme in disponibilità di quest'ultimo. 1.1. Con il primo motivo, nonché con i nuovi motivi sesto e settimo di cui al ricorso depositato il 05/01/2015, il F. eccepisce, ai sensi dell'articolo 606, lett. b , cod. proc. penumero , inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 1, 7 e 7-bis, d.P.R 633 del 1971, 321, comma 2, cod. proc. penumero , e 322-ter, cod. penumero , per mancanza dei presupposto dell'esistenza di un profitto da reato tributario perché l'IVA non è dovuta in forza del principio di territorialità della prestazione. 1.2. Con il secondo motivo, nonché con il nuovo motivo ottavo di cui al ricorso depositato il 05/01/2015, eccepisce, ai sensi dell'articolo 606, lett. b , cod. proc. penumero , inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 321, comma 2, cod. proc. penumero , e 322-ter, cod. penumero , per mancanza del presupposto dell'esistenza di un profitto da reato tributario perché il mancato adempimento delle formalità di fatturazione ai fini IVA ed il mancato versamento dell'imposta non può recare alcun profitto all'azienda. 1.3.Con il terzo motivo, nonché con il nuovo motivo nono di cui al ricorso depositato il 05/01/2015, eccepisce, ai sensi dell'articolo 606, lett. b , cod. proc penumero , inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 321, comma 2, cod. proc. penumero , e 322-ter, cod. penumero , in relazione agli articolo 5, d.Igs. 74 del 2000 e 43, cod. penumero , per assenza dell'elemento soggettivo del reato. 1.4.Con il quarto motivo eccepisce, ai sensi dell'articolo 606, lett. b , cod. proc. penumero , inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 321, comma 2, cod. proc. penumero , e 322-ter, cod. penumero , in relazione agli articolo 5, d.lgs. 74 del 2000 non essendo egli il legale rappresentante della «ALDASTE SL». 1.5.Con il quinto motivo eccepisce, ai sensi dell'articolo 606, lett. b , cod. proc. penumero , inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 321, comma 2, cod. proc. penumero , e 322-ter, cod. penumero , in relazione all'articolo 5, d.Igs. 74 del 2000 per assenza della cd. esterovestizione . 2. II Procuratore della Repubblica di Siena ha trasmesso il 12 gennaio 2015 una memoria richiesta di rigetto del ricorso. Considerato in diritto 3.I1 ricorso è infondato. 4.Va premesso che questa Corte non può prendere in considerazione i i nuovi motivi di ricorso che, esulando dal testo del provvedimento impugnato e dalle eccepite violazioni di legge, di fatto lamentano inammissibili vizi di motivazione che si fondano peraltro sul confronto diretto con atti di indagine, alcuni dei quali addirittura acquisiti successivamente all'ordinanza impugnata atti che potrebbero semmai astrattamente giustificare una richiesta di revoca del sequestro, ma mai supportare un ricorso per cassazione che, è bene ricordarlo, può essere coltivato solo per violazione di legge. 4.1.Nè il Collegio può prendere in considerazione la memoria del Pubblico Ministero che si limita a trasmettere a questa Corte atti di indagine e pareri dell'Agenzia delle Entrate. S.Per rimanere dunque alle sole questioni di diritto esaminabili in questa sede di legittimità, si osserva, in primo luogo, che le obiezioni circa la sussistenza e la rilevanza a fini fiscali dell'esterovestizione di «Aldaste SL» non assumono un peso centrale nel ricorso che vi dedica solo l'ultimo motivo e sono decisamente deboli e generiche e di certo tali da non scalfire minimamente la validità del ragionamento che supporta l'ordinanza impugnata. 5.1.Gli elementi indiziari indicati dai Giudici del riesame, non oggetto di specifica contestazione nella loro consistenza fattuale, tenuto altresì conto della natura cautelare reale del provvedimento impugnato, sono più che sufficienti a ritenere che la sede spagnola di «Aldaste SL» fosse del tutto fittizia, pressoché inesistente, e che quella reale dovesse individuarsi nella sede italiana della «Azienda Olearia Valpaesana S.p.a.», legalmente rappresentata dall'odierno ricorrente. 5.2.Questi contesta, piuttosto nel che sta il nucleo centrale della tesi difensiva , che in ogni caso le cessioni di olio effettuate dalla «Aldaste SL» in favore della «Azienda Olearia Valpaesana S.p.a.» fossero soggette a imposizione nel territorio dello Stato. 5.3.Evoca, a tal fine, il principio di territorialità dell'imposta di cui agli articolo 1 e 7, d.RR. 26/10/1972, numero 633, per il quale le cessioni imponibili sono solo quelle effettuate nel territorio dello Stato e ciò a prescindere dal fatto che cedente e cessionario siano entrambi residenti nel territorio dello Stato. Il principio di territorialità, in buona sostanza, riguarda il luogo in cui si realizza la prestazione, non quello nel quale hanno sede gli operatori economici interessati. Al riguardo, prosegue, l'articolo 7-bis, d.P.R. 633, cit., prevede che «le cessioni di beni, diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso ovvero beni mobili spediti da altro Stato membro installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto». 5.4.La tesi è suggestiva ma errata. 5.5.In primo luogo essa non considera che «Aldaste SL», in quanto società con domicilio fiscale in Italia, è soggetta a tutti gli obblighi di fatturazione e documentazione delle operazioni che incombono sul contribuente ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e, tra questi, per quanto qui rileva, quello della presentazione della dichiarazione annuale a fini IVA di cui all'articolo 8, d.P.R. 22 luglio 1988, numero 322. 5.6.La questione riguarda perciò l'assoggettamento o meno a imposta, nello Stato, delle cessioni di olio a favore della «Azienda Olearia Valpaesana S.p.a. & gt & gt . 5.7.E' necessario a tal fine partire dalla premessa di fatto, non contestata, che «Aldaste SL» acquistava in Spagna l'olio successivamente rivenduto alla «Azienda Olearia Valpaesana S.p.a.», nei cui confronti emetteva fattura successivamente alla consegna del prodotto. 5.8.Stando così le cose, sussistono certamente sufficienti indizi per ritenere che le cessioni effettuate a favore della «Azienda Olearia Valpaesana S.p.a.» si siano perfezionate in Italia al momento della consegna e non della spedizione del prodotto, deponendo a tal fine l'emissione della fattura ai sensi dell'articolo 21, comma 4, primo periodo, d.P.R. 633 del 1972. 5.9.Gli argomenti che il ricorrente utilizza per contestare la validità indiziaria dell'assunto e spiegare perché l'emissione della fattura quando il prodotto si trova già in Italia non è incompatibile con la extraterritorialità dell'operazione fatturata sono meglio ed ampiamente illustrati nel sesto e nel settimo motivo di ricorso che però, come anticipato al capoverso quattro che precede, attingono a piene mani ad atti di indagine e dunque al fatto non scrutinabili in questa sede. 5.10.Le considerazioni sul carattere neutro del tributo evaso non hanno alcuna rilevanza ai fini della sussistenza del reato ipotizzato e nemmeno del profitto . 5.11.11 fatto che sull'IVA non dichiarata «Aldaste SL» avrebbe potuto esercitare la detrazione o la rivalsa nulla toglie al fatto che comunque le somme evase fossero dovute all'Erario e ciò a prescindere dal fatto che, trattandosi di società che si è sottratta per anni agli obblighi di documentazione e di dichiarazione previsti ai fini fiscali in Italia, l'effettiva possibilità di operare le dedotte rivalse e detrazioni è tutt'altro che pacifica. 5.12.Nello specifico, inoltre, l'argomento difensivo relativo alla assenza di un concreto profitto, argomento più articolatamente sviluppato nell'ottavo motivo aggiunto di ricorso, si fonda anche qui sul confronto diretto con le fonti di prova e l'analisi delle fatture allegate al ricorso stesso. 5.13.Ciò premesso è sufficiente qui ricordare che a il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, disposto per il reato di omessa dichiarazione articolo 5, D. Lgs. 10 marzo 2000, numero 74 è riferibile all'ammontare dell'imposta evasa, in quanto quest'ultima costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, come tale, riconducibile alla nozione di profitto del reato in questione Sez. 3, numero 1199 del 02/12/2011, Galiffo, Rv. 251893 b ai fini della sussistenza indiziaria del reato ipotizzato è sufficiente che il difetto dell'elemento soggettivo non sia di immediato rilievo così, da ultimo, Sez. 6, numero 16153 del 06/02/2014, Di Salvo, Rv. 259337 , né sono necessari i ben più pregnanti gravi indizi di colpevolezza richiesti ai fini dell'emissione delle misure cautelare reali c correttamente il sequestro è stato effettuato ai danni dell'odierno ricorrente ritenuto reale dominus della «Aldaste SL», se, come nel caso di specie, se ne predica l'assoluta fittizietà e inesistenza materiale. P.Q.M. Rigetta il ricordo e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.