Il liquidatore della società non può sottrarsi al sequestro disposto per omesso versamento di ritenute

In tema di responsabilità degli enti da reato, il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca e quindi, ai sensi dell’articolo 19 d.lgs. numero 231/2001, dei beni che costituiscono il prezzo e il profitto del reato, può essere disposto indipendentemente dalla prova degli indizi di colpevolezza, della loro gravità, nonché del periculum in mora, essendo sufficiente la confiscabilità di quei beni, previo accertamento in astratto della ricorrenza di una determinata ipotesi di reato.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 11665/15 depositata il 20 marzo. Il fatto. Il Tribunale di Brindisi disponeva, in accoglimento dell’appello del pm, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle somme riconducibili all’indagato - direttamente e/o indirettamente – al quale veniva contestato il reato di omesso versamento di ritenute certificate. Il giudice desumeva al sussistenza del fumus commissi delicti dagli accertamenti compiuti dalla Guardi di Finanza attraverso l’accesso alle banche dati ed alle certificazioni rilasciate ai soggetti per conto dei quali venivano eseguiti gli accantonamenti. La motivazione in ordine ai presupposti del sequestro. La sentenza viene impugnata in Cassazione dall’imputato che si duole per il mancato accertamento dei presupposti di legittimità della misura cautelare disposta, in particolare per la carenza di motivazione con riferimento al periculum in mora e al fumus. Lamenta inoltre l’esclusivo fondamento della decisione sulle risultanze della CNR della Guardia di Finanza, compiuta più di un anno prima della data della richiesta di sequestro del pm, ed infine rimprovera al giudice di aver sottovalutato la limitata durata della carica di liquidatore assunta ed aver invece valorizzato il fatto che precedentemente egli era componente del CDA e quindi a conoscenza delle dinamiche aziendali e societarie. Il ricorso così articolato viene considerato privo di fondamento sotto ogni profilo. La Corte ribadisce il constante orientamento giurisprudenziale secondo il quale il Tribunale del riesame, nel verificare i presupposti della misura cautelare reale, deve avere riguardo non solo all’astratta configurabilità del reato ma anche alle risultanze probatorie complessivamente presentate dalla pubblica accusa e dalla difesa, valutandole in modo puntuale e coerente al fine di accertare la sussistenza del fumus del reato contestato. L’omesso versamento di ritenute certificate il fumus commissi delicti Nel caso di specie, il reato contestato all’imputato è quello previsto dall’articolo 10 – bis, d.lgs. numero 74/00 che punisce l’omesso versamento di ritenute certificate, qualora venga superata la soglia di punibilità di 50 mila euro. L’accertamento del giudice di merito in riferimento al fumus commissi delicti si sottrae a qualunque censura poiché le risultanze probatorie risultano essere state correttamente valutate, soprattutto per quanto riguarda la responsabilità dell’indagato in quanto liquidatore della società. Nelle società di capitali infatti, per costante orientamento giurisprudenziale, il liquidatore nominato in caso di scioglimento della società medesima, si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da eventuali pregresse inadempienze degli organi societari . e il periculum in mora. Per quanto riguarda il requisito del periculum in mora, la Corte ne sottolinea l’irrilevanza in quanto, in tema di responsabilità degli enti da reato, per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca e quindi dei beni che costituiscono il prezzo e il profitto del reato ex articolo 19, d.lgs. numero 231/01 , non è necessaria la prova degli indizi di colpevolezza, né della la loro gravità, né tantomeno il periculm richiesto invece per la misura cautelare reale di cui all’articolo 321, c.p.p., essendo al contrario sufficiente la confiscabilità di quei beni, previo accertamento dell’astratta ricorrenza di una determinata ipotesi di reato. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 gennaio – 20 marzo 2015, numero 11665 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1- Con ordinanza 23.4.2014 il Tribunale di Brindisi, accogliendo l'appello del Pubblico Ministero, ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle somme depositate nei conti correnti e/o rapporti bancari nella disponibilità diretta e/o indiretta dell'indagato D.M., fino alla concorrenza di €, 51.770,00, nell'ambito di un procedimento penale per il reato di omesso versamento di ritenute certificate D.Lgs. numero 74 del 2000, articolo 10 bis . IL Tribunale ha desunto la sussistenza del fumus dagli accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza attraverso l'accesso alle banche dati e in particolare alle certificazioni rilasciate ai soggetti per conto dei quali sono stati eseguiti gli accantonamenti, rilevando altresì il superamento della soglia di punibilità e il mancato versamento entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta. Considerando il ruolo di Liquidatore e, prima ancora, di componente del consiglio di amministrazione della società sin dal 3.9.2010 ha escluso l'estraneità dell'indagato alle dinamiche aziendali e societarie. 2 Per l’annullamento dell'ordinanza, il difensore del D. ricorre in Cassazione deducendo quattro motivi. 2.1. Col primo motivo, sviluppato in una duplice articolazione, il ricorrente, dolendosi dell'omesso controllo dei presupposti di legittimità della misura cautelare reale adottata, denunzia violazione dell'articolo 606 comma 1 lett. c cpp in relazione agli articolo 321, 324 e 309 commi 9 e 10 cpp, rimproverando innanzitutto al Tribunale di avere omesso di motivare sul periculum in mora, nonostante le argomentazioni prospettate anche nella memoria difensiva prodotta in sede di riesame. Sotto altro profilo, rileva che non è stata compiuta nessuna verifica di quanto oggetto del capo di incolpazione, senza neppure attendere il necessario accertamento degli uffici finanziari. 2.2. Col secondo motivo si denunzia violazione dell'articolo 606 comma 1 lett. c cpp in relazione agli articolo 321, 324 e 309 commi 9 e 10 cpp, evidenziandosi, con riferimento alla sussistenza del fumus, l'assoluto silenzio del Tribunale del Riesame sulla circostanza della breve durata della carica di liquidatore ricoperta pochi mesi . 2.3. Col terzo motivo il ricorrente denunzia le medesime violazioni rimproverando al Tribunale di essersi basato esclusivamente sulla CNR della Guardia di Finanza dell'11.12.2012, cioè di un atto redatto sedici mesi prima della concreta valutazione svolta dal GIP che aveva ritenuto non applicabile la misura un tale atto investigativo, ad avviso del ricorrente, fotografa lo stato delle indagini aita data dell'11.12.2012, momento ovviamente diverso rispetto sia alla data della richiesta di sequestro del PM 8.7.2013 che alla data dell'ordinanza del GIP 27.3,2014 . Rileva che il Tribunale nulla ha motivato sulla sussistenza, sopravvenienza e persistenza delle condizioni di legittimità del sequestro. Osserva che non vi è alcun esame relativo alla concretezza del pericolo di cui all'articolo 321 cpp. 2.4. Col quarto motivo per mero errore indicato in ricorso col numero 5, ndr si denunzia, ancora una volta, violazione dell'articolo 606 comma 1 lett. c cpp in relazione agli articolo 321, 324 e 309 commi 9 e 10 cpp rimproverandosi al Tribunale di avere sottovalutato la circostanza dell'assunzione della carica di liquidatore in data 22.12.2010 valorizzando invece il fatto che egli era stato comunque componente del consiglio di amministrazione e quindi a conoscenza delle dinamiche aziendali e societarie della P. srl. Considerato in diritto Il ricorso è infondato sotto ogni profilo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il Tribunale del Riesame, nel verificare i presupposti per l'adozione di una misura cautelare reale, non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato cfr. cass. Sez. 3, Sentenza numero 18532 del 11/03/2010 Cc. dep. 17/05/2010 Rv. 247103 Sez. 3, Sentenza numero 27715 del 20/05/2010 Cc. dep. 16/07/2010 Rv. 248134 . L'articolo 10 bis del Decreto legislativo numero 74/2000 punisce l'omesso versamento di ritenute certificate qualora venga superata la soglia di punibilità indicata dalla norma sul cui ammontare pende questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'Appello di Milano con ordinanza numero 187/2014 per violazione del principio di uguaglianza e la camera di consiglio davanti alla Consulta è fissata per il 15.5.2015 la soglia di punibilità a tutt'oggi è dunque quella di cinquantamila euro prevista dalla legge. Ciò posto e venendo al caso di specie, il Tribunale ha desunto l'importo dell'omissione €. 51.770,00, importo superiore alla soglia di punibilità , e quindi la sussistenza del fumus, dagli accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza attraverso l'accesso alle banche dati e in particolare alle certificazioni rilasciate ai soggetti per conto dei quali sono stati eseguiti gli accantonamenti, rilevando altresì il superamento della soglia di punibilità e II mancato versamento entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta. Quanto al fumus, il provvedimento si sottrae a censura perché - a parte il rilievo sulla qualità di componente del Consiglio di Amministrazione della società - il Tribunale ha comunque accertato che l'assunzione della qualità di liquidatore è avvenuta il 22.12.2010 considerato che il reato risulta commesso, sempre dagli accertamenti del giudice di merito, il 22,8.2011 data di scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti di imposta anno 2010 , appare corretta l'individuazione dell'indagato come soggetto che risponde della condotta delittuosa ipotizzata, trattandosi dì un lasso di tempo del tutto ragionevole per compiere le necessarie verifiche contabili. Infatti, va ricordato che nelle società di capitali, come nel caso di specie, la responsabilità per i reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74, è attribuita all'amministratore individuato secondo i criteri ex articolo 2380 c.c. e ss., articolo 2455 c.c., e articolo 2475 e.c. , ovvero a coloro che rappresentano e gestiscono l'ente e, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l'ordinamento tributario D.Lgs, n, 74 del 2000, articolo 1, lett. c ed e , adempiendo agli obblighi conseguenti. Alla medesima disciplina soggiace quindi il liquidatore ex articolo 2276 e 2489 c.c., nominato in caso di scioglimento della società, passibile della responsabilità per i delitti previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74, in virtù della espressa previsione dell'articolo 1, comma 1, lett, e , del decreto in combinazione con le norme che ne definiscono poteri e responsabilità. Ebbene, come già affermato da questa Corte colui che assume la carica di liquidatore si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze Sez. 3, Sentenza numero 38687 del 04/06/2014 ld. dep. 23/09/2014 Rv. 260390 cfr. anche Sez. 3, Sentenza numero 3636 del 09/10/2013 Ud. dep. 27/01/2014 Rv. 259092 . Nel caso in esame, non si verteva in materia di debito verso l'erario particolarmente remoto, occulto o di difficile accertamento poiché, come risulta dal provvedimento impugnato, sì trattava di omesso versamento di ritenute concernenti il periodo di imposta 2010 e quindi sarebbe stato sufficiente, prima di assumere la carica di liquidatore, esaminare le scritture contabili e le dichiarazioni fiscali per adempire nel termine stabilito al pagamento dell'obbligazione tributaria. Il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito si rivela succinto ma conforme al diritto. La mancanza di riferimento al periculum in mora di cui si discute nel primo motivo non rileva in tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dell'articolo 19 D.Lgs. numero 231 del 2001, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, né il periculum richiesto per il sequestro preventivo di cui all’articolo 321, comma primo, cod. proc. penumero , essendo sufficiente accertarne la confiscabilità una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato cfr. Sez. 2, Sentenza numero 41435 del 16/09/2014 Cc. dep. 06/10/2014 Rv. 260043 Sez. 2, Sentenza numero 9829 del 16/02/2006 Cc. dep. 22/03/2006 Rv. 233373 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.