Le tabelle vigenti presso il Tribunale all’epoca della decisione avevano adeguato la liquidazione del danno biologico permanente alla concezione pluridimensionale della più recente giurisprudenza comprensiva anche delle perdite esistenziali e relazionali differenziando la liquidazione delle micropermanenti fino al 9%, per le quali sono adottate le tabelle di cui all’articolo 139 Codice Assicurazioni Private, dalla liquidazione delle permanenti dal 10%, per le quali sono adottate le tabelle del Tribunale di Milano, con la previsione che per l’eventuale personalizzazione si terrà conto delle particolari concrete circostanze soggettive allegate e provate. Pertanto, l’organo decidente avrebbe dovuto necessariamente a queste attenersi nella liquidazione del danno biologico da incidente stradale.
Questa la decisione della Corte di Cassazione nella sentenza numero 284, depositata il 13 gennaio 2015. Il fatto. Il Tribunale di Modena, definendo il giudizio promosso dalla vittima di un incidente stradale per il risarcimento dei danni a seguito di questo subiti, dichiarava il concorso di colpa del convenuto nella produzione del sinistro e condannava, pertanto i convenuti al pagamento di una somma a titolo di risarcimento. La Corte d’appello di Bologna, in accoglimento parziale degli appelli dei condannati al risarcimento dei danni, riduceva dal 20 al 10 % lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa ed escludeva il danno alla vita di relazione, ritenendo che tale voce di danno fosse già compresa nel danno biologico. A seguito di ricorso dell’attore originario, la Corte di legittimità cassava la sentenza impugnata, ritenendo che i giudici di merito non avevano motivato se la somma liquidata a titolo di danno biologico fosse idonea a risarcire anche il danno alla vita di relazione. Decidendo il rinvio, la Corte d’appello condannava i convenuti in solido al pagamento di una somma complessiva. Contro tale sentenza ripropone ricorso per cassazione l’attore, che viene accolto dalla Corte la quale osservava che, nell’evoluzione dei criteri relativi alla liquidazione del danno, fermo il principio per cui nella liquidazione del danno biologico e di quello morale occorre fare riferimento al criterio equitativo, il giudice di merito, nel rendere effettiva la valutazione equitativa del danno biologico, deve considerare le circostanze del caso concreto. Apparentemente la liquidazione era fondata sul criterio equitativo, ma essa recepiva il sistema di liquidazione fondato sul triplo della pensione sociale. Inoltre, il giudice di merito non ha indicato i criteri che ha seguito per determinare l’entità del danno. Contro l’ulteriore sentenza della Corte d’appello di Bologna, con la quale ha condannato i convenuti al pagamento di una somma per il risarcimento del danno biologico, rivalutata con l’applicazione degli indici Istat, ha proposto ricorso per cassazione l’attore per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. L’evoluzione giurisprudenziale. Il Collegio, investito di tale ulteriore ricorso, sostiene che la Corte d’appello di Bologna, pur dando atto dell’elaborazione giurisprudenziale sviluppatasi nel tempo in ordine al concetto unitario di danno non patrimoniale, facendo riferimento alle sentenze gemelle del 2003 numero 8827 e numero 8828 , se ne è discostata completamente nel liquidare il danno non patrimoniale subito dal ricorrente. In ordine alla portata dell’articolo 2059 c.c., tali sentenze hanno ritenuto che nell’ambito del danno non patrimoniale rientrano anche i casi di danno da lesione di valori alla persona umana costituzionalmente protetti, non potendo il legislatore ordinario rifiutarne la riparazione mediante indennizzo. Il danno nella responsabilità aquiliana. Continua il Collegio, affermando che, nella responsabilità aquiliana il danno, sia esso patrimoniale che non patrimoniale, non si identifica con l’evento illecito, ma è una conseguenza dello stesso, cioè un pregiudizio subito dal danneggiato, alla cui riparazione, in caso di danno non patrimoniale non si può provvedere che con criterio equitativo, a norma del combinato disposto degli articolo 1226 e 2056 c.c Nel caso in esame, avendo la Corte d’appello deciso nell’anno 2010, quindi successivamente alle sentenze del 2003, non ha tenuto conto dei principi in materia di danno non patrimoniale espressi in queste ultime, utilizzando il valore di punto quale risultante dalle tabelle del Tribunale di Bologna vigenti al momento dell’incidente, accaduto nell’anno 1981. Ha, poi, personalizzato il valore di punto in relazione all’età del danneggiato, aumentando l’importo così ottenuto di un terzo per personalizzare il risarcimento del danno. Base su cui sono stati operati aumento e rivalutazione è incongrua. Pertanto, a parere del Collegio, «l’aumento di un terzo del valore ottenuto con ricorso al punto del 1981 non è sufficiente per personalizzare adeguatamente il danno non patrimoniale, né la disposta rivalutazione secondo indici Istat dal sinistro al saldo, tenendo conto che la base su cui la Corte ha operato tale aumento e la rivalutazione è del tutto incongrua». Le tabelle vigenti all’epoca della decisione avevano adeguato la liquidazione del danno biologico. All’epoca della decisione, osserva il Collegio, le tabelle vigenti presso il Tribunale di Bologna avevano adeguato la liquidazione del danno biologico permanente alla concezione pluridimensionale della più recente giurisprudenza comprensiva anche delle perdite esistenziali e relazionali differenziando la liquidazione delle micropermanenti fino al 9%, per le quali sono adottate le tabelle di cui all’articolo 139 Codice Assicurazioni Private, dalla liquidazione delle permanenti dal 10%, per le quali sono adottate le tabelle del Tribunale di Milano, con la previsione che per l’eventuale personalizzazione si terrà conto delle particolari concrete circostanze soggettive allegate e provate. Inoltre, conclude il Collegio, le tabelle in uso all’epoca della decisione presso il Tribunale di Milano, a cui si rifanno le tabelle bolognesi, erano state redatte già tenendo conto dell’evoluzione giurisprudenziale in materia di danno non patrimoniale. Pertanto, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Milano.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 ottobre 2014 – 13 gennaio 2015, numero 284 Presidente Berruti – Relatore Armano Svolgimento del processo Con sentenza dell'11.7.1988 il Tribunale di Modena definiva il giudizio promosso da G.C. con citazione del 17.6.1983 nei confronti di D.G.A. e dell'Ufficio Centrale Italiano UCI , quest'ultimo quale garante della compagnia Winterthur, per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di incidente stradale avvenuto il omissis in cui erano rimaste coinvolte la sua motocicletta e l'autovettura condotta dal D.G. . Il Tribunale dichiarava il concorso di colpa nella produzione del sinistro, 80% a carico del convenuto D.G. ed il 20% a carico del G. e condannava l'UCI al pagamento nei confronti dell'attore della somma di L. 438.307.053, franchi svizzeri 2.150 e marchi tedeschi 7.475. Con sentenza del 5.2.1993, la Corte di appello di Bologna, in accoglimento parziale degli appelli del G. e dell'UCI, riduceva dal 20 al 10% lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa ed escludeva il danno alla vita di relazione, liquidato in L. 100 milioni dal tribunale, ritenendo che tale voce di danno fosse già compresa nel danno biologico. A seguito di ricorso del G. , con sentenza del 17.11.1995 questa Corte cassava la sentenza impugnata, ritenendo che i giudici di merito non avevano motivato sul punto se la somma liquidata a titolo di danno biologico fosse idonea a risarcire anche i il danno alla vita di relazione, per quanto concettualmente compreso nel danno biologico. La Corte di appello di Bologna, decidendo in sede di rinvio, con sentenza depositata il 27.5.1999, condannava i convenuti in solido al pagamento nei confronti dell'attore della somma complessiva di L. 188.244.574, oltre rivalutazione ed interessi. Riteneva il giudice di rinvio che, avendo il G. , giovane di anni 28 all'epoca del sinistro, riportato gravissime lesioni, con impotenza funzionale degli arti inferiori, incontinenza degli sfinteri, impotenza sessuale, ed essendo costretto all'uso di carrozzella ortopedica, erano fortemente limitate le sue relazioni con il mondo esterno, per cui la liquidazione del danno biologico, effettuata dalla sentenza impugnata sulla base del solo triplo della pensione sociale, non era idonea a risarcire anche la componente del danno alla vita di relazione. Riteneva la corte territoriale che appariva conforme a giustizia liquidare in favore dell'attore l'ulteriore somma di L. 95 milioni, con valuta dell'I.7.1998, da ridurre del 20% per il ritenuto concorso di colpa. Avverso questa sentenza G.C. ha proposto ricorso per Cassazione lamentando la violazione dell'articolo 360 numero 5 c.p.c., l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto in cui la sentenza impugnata ha liquidato il danno biologico comprensivo del danno alla vita di relazione, nella misura del triplo della pensione sociale, con la maggiorazione di L. 95 milioni. La suprema Corte, con sentenza del numero 3399/2004, ha accolto l’impugnazione osservando preliminarmente che nell'evoluzione dei criteri relativi alla liquidazione del danno, fermo il principio per cui nella liquidazione del danno biologico e di quello morale occorre far riferimento al criterio equitativo, di cui agli articolo 2056 e 1223 c.c. Cass. 23.1.1996, numero 477 , nella necessità di rendere effettiva la valutazione equitativa del danno biologico, il giudice di merito deve considerare le circostanze del caso concreto, e specificamente, quali elementi di riferimento pertinenti, la gravità delle lesioni, gli eventuali postumi permanenti, l'età, l'attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato. Ha affermato che è un criterio valido di liquidazione equitativa del danno alla salute quello che assume a parametro il valore medio del punto di invalidità, calcolato sulla media dei precedenti giudiziari onde la decisione che ricorre a tale criterio non è di per sé censurabile in sede di legittimità, purché sia sorretta da congrua motivazione in ordine all'adeguamento del valore medio del punto alla peculiarità del caso, mentre non può essere adottato il criterio di cui all'articolo 4 l. numero 39/1977 triplo della pensione sociale , che è norma speciale, attinente solo alla liquidazione del danno patrimoniale nell'ambito dell'azione diretta contro l'assicuratore Cass. 22.5.1998, numero 5134 Cass. 16.11.1998, numero numero 11532 Cass. 13.5.1995, numero 5271 Cass. 11.11.1996, numero 9835, Cass. 30.5.1996, numero 5005, Cass. 14.5.1997, numero 4236 . La Corte di cassazione ha rilevato che il giudice di rinvio aveva provveduto alla liquidazione del danno biologico, recependo il criterio di liquidazione di cui all'articolo 4 della l. numero 39/1977, adottato dal primo giudice, e poi maggiorandolo di L. 95 milioni, sul rilievo che detta maggiorazione era conforme a giustizia . Ha affermato che, per quanto apparentemente la liquidazione fosse fondata sul criterio equitativo, in effetti essa recepiva il sistema di liquidazione fondato sul triplo della pensione sociale ed il criterio equitativo interveniva solo come correttivo del risultato raggiunto con tale sistema. Senonché, come sopra detto, il potere equitativo di liquidazione del danno biologico non può innestarsi, sia pure come correttivo, su un sistema liquidatorio che ponga a base il criterio di cui all'articolo 4 l. numero 39/1977. In ogni caso il giudice di rinvio non aveva indicato sulla base di quale percorso logico-argomentativo riteneva che sia conforme a giustizia liquidare la somma di L. 95 milioni in aggiunta a quella ottenuta dal calcolo effettuato sulla base del triplo della pensione sociale. La Suprema Corte ha concluso che nella liquidazione equitativa del danno per evitare che la relativa decisione - ancorché fondata su valutazioni discrezionali - sia arbitraria e sottratta a qualsiasi controllo, è necessario che il giudice indichi, almeno sommariamente e sia pure con l'elasticità propria dell'istituto e nell'ambito dell'ampio potere discrezionale che lo caratterizza, i criteri che egli ha seguito per determinare l'entità del danno. Cass. 3 luglio 1996, numero 6082 Cass. 9.5.2001, limitato a numero 6426 . Tanto non è avvenuto nella fattispecie, essendosi il giudice di rinvio limitato a ritenere apoditticamente conforme a giustizia l'aumento della somma liquidata in L. 132.628.400 in moneta attuale dal primo giudice a titolo di risarcimento del danno biologico, di ulteriori L. 95 milioni. Né il solo riferimento ai gravissimi postumi dell'attore, di per sé è esaustivo della motivazione della liquidazione equitativa. Detti postumi costituiscono solo l'evento dannoso posto a monte della liquidazione, mentre la somma di L. 95 milioni costituisce il risultato della liquidazione quale sia il percorso argomentativo seguito dal giudice per giungere dal primo elemento al secondo non risulta enunciato. A seguito di riassunzione della causa da parte di G.C. , la Corte di appello di Bologna, con sentenza depositata il 22 marzo 2010, ha condannato l'UCI e D.G.A. al pagamento in solido per il risarcimento del danno biologico della somma di Euro 129.770,62 rivalutata con l'applicazione degli indici Istat delle variazioni dei prezzi al consumo su base nazionale con decorrenza dal sinistro al saldo, oltre interessi sulle somme annualmente rivalutate oltre alla rifusione delle spese processuali. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione G.C. con due motivi. Resiste l'UCI e non presenta difese l'altro intimato. Motivi della decisione 1. La Corte di appello di Bologna, in sede di rinvio, ha provveduto a liquidare il danno biologico permanente individuando un valore medio di indennizzo per punto nello scaglione corrispondente alla lesione di specie,ovvero quello predisposto per un'incidenza uguale o superiore al 75% in lire 148.212 per l'epoca, oltre che in ragione dell'età il coefficiente di capitalizzazione corrispondente di cui alla tabella tariffaria di rendita vitalizia allegata al R.D. 1403/1922 , pervenendo ad una liquidazione, tenendo conto del 20% del contributo causale colposo del ricorrente, di Euro 87.352,048. Successivamente ha liquidato il danno biologico per inabilità temporanea, sulla base dei medesimi indici istat l'importo diario in £ 20.325, pari ad Euro 12.774 per 1217 gg che, sottraendo il 20% per il concorso di colpa, pari ad Euro 10.219,86 . La Corte di appello ha aumentato di un terzo l'importo complessivo del danno biologico, pari ad Euro 97.571,00, in considerazione della natura della lesione intrinsecamente preclusiva di ogni attività fisica di locomozione o personale gestione autonoma,che si riflette necessariamente nell'ambito familiare e sociale, mortificando l'esercizio di posizioni soggettive inerenti alle naturali qualità di individuo adulto lavoratore marito e padre e quindi le stesse possibilità di conservazione del ruolo di inserimento, prescindendo poi dall'assoluta preclusione di estrinsecazioni facoltative quali quelle sportive o comunque ludiche - ricreative pure garantite, evidenziando l'assoluto bisogno di costante aiuto anche nelle più ordinarie quotidiane incombenze. La Corte ha condannato D.G.A. e l'UCI al pagamento in solido per il risarcimento del danno biologico della somma di Euro 129.770,62 Rivalutata secondo gli indici Istat dalla data del sinistro al saldo, oltre gli interessi sulle somme annualmente rivalutate. 2. Col primo motivo di ricorso si denunzia vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla liquidazione del danno biologico. Il ricorrente evidenzia che nell'atto di riassunzione egli aveva indicato la misura del danno biologico subito usando come riferimento le tabelle in uso presso il Tribunale di Bologna per l'anno 2003,le più recenti rispetto alla data dell'atto introduttivo del giudizio di rinvio, con i correttivi per adeguare il risarcimento al caso concreto. Su tali basi, a fronte di percentuale di invalidità dell'80% rapportata all'età di 29 anni, si giungeva ad una valutazione del danno pari ad Euro 1.360.687,76. La Corte di appello si era discostata da tale liquidazione del danno, con grave pregiudizio per il ricorrente, affermando che egli si era rifatto alle tabelle in uso presso il Tribunale di Milano e non aveva tenuto conto delle tabelle in uso presso il Tribunale di Bologna. Invece i calcoli del ricorrente si basavano proprio sulle tabelle in uso presso il Tribunale di Bologna per l'anno 2003. Il ricorrente denunzia inoltre l'insufficienza del percorso logico argomentativo di cui alla pagina otto della sentenza impugnata, avendo la Corte di merito individuato un valore medio di punto nello scaglione corrispondente alla lesione di specie, senza specificare da dove era stato ricavato tale dato, oltreché in ragione dell'età il coefficiente di capitalizzazione corrispondente di cui alla tabella tariffaria di rendita vitalizia allegata al R.D. 1403/22 giungendo ad una liquidazione del danno pari ad Euro 109.190,06, da cui detrarre il 20% per il concorso colposo del danneggiato. Da ultimo il ricorrente denunzia che il giudice di rinvio non ha indicato sulla base di quale percorso logico argomentativo ha ritenuto di operare la maggiorazione nella misura di Euro 97.751. 3. Il motivo è fondato. La Corte d'appello nell'esordio della sentenza impugnata da atto dell'elaborazione giurisprudenziale che nel tempo si è sviluppata in ordine alla concetto unitario di danno non patrimoniale, facendo riferimento alle sentenze Cass. 31.5.2003, numero 8827 e Cass. 31.5.2003, numero 8828,ed alla successiva sentenza Cass. Sezioni Unite del 11.11.2008 numero 269172. Pur dando atto di tale evoluzione giurisprudenziale, se ne è discostata completamente nel liquidare il danno non patrimoniale subito dal ricorrente. 4. Di fatto in ordine alla portata dell'articolo 2059 c.c., come affermato nella sentenza di rinvio della Cassazione numero 3399/2004, le due sentenze gemelle del 2003 hanno ritenuto che nell'ambito del danno non patrimoniale rientrano anche i casi di danno da lesione di valori della persona umana costituzionalmente protetti, non potendo il legislatore ordinario rifiutarne la riparazione mediante indennizzo, che costituisce la forma minima di tutela di tali valori. Infatti, una volta esattamente ritenuto che il concetto di danno non patrimoniale, a cui testualmente fa riferimento l'articolo 2059 c.c., non si identifichi con la formula tradizionale riduttiva di danno morale subiettivo sofferenza o patema d'animo , limitazione estranea alla lettera della norma, ed una volta ritenuto che la lettura costituzionalmente orientata della norma comporti che, per il principio della gerarchia delle fonti, il legislatore ordinario non possa limitare, ai soli casi previsti dalla normativa ordinaria, il risarcimento della lesione dei valori della persona umana ritenuti inviolabili dalla Costituzione, ne consegue che non vi è più la necessità di allocare la tutela del danno biologico nell'articolo 2043 c.c., attraverso la costruzione dell'ipotesi del danno-evento o del tertium genus di danno rispetto al danno patrimoniale ed al danno morale subiettivo. 5. Nella struttura della responsabilità aquiliana il danno sia esso patrimoniale che non patrimoniale non si identifica con l'evento illecito che rimane pur sempre una componente dell'elemento materiale ed, in buona sostanza, del fatto illecito ma è una conseguenza dello stesso, cioè un pregiudizio o, se si vuole, una perdita intesa in senso ampio, cioè come elemento negativo rispetto alla situazione preesistente patrimoniale o non patrimoniale subito dal danneggiato, alla cui riparazione, in caso di danno non patrimoniale non si può provvedere che con criterio equitativo, a norma del combinato disposto degli articolo 1226 e 2056 c.c 6. Nel caso di specie la Corte di rinvio, decidendo dell'anno 2010, quindi successivamente alle sentenze gemelle del 2003 ed a quella del 2008, non ha tenuto conto dei principi in materia di danno non patrimoniale espressi proprio nelle suddette sentenze e richiamati dalla sentenza Cass. numero 3399/2004, utilizzando il valore di punto quale risultante dalle tabelle del Tribunale di Bologna vigenti al momento dell'incidente, accaduto nell'anno 1981. Ha poi personalizzato il valore di punto in relazione all'età del danneggiato con il riferimento alle tabelle allegate al R.D. 1403/22 in materia di rendita vitalizia, ha aumentato l'importo così ottenuto di un terzo per personalizzare il risarcimento del danno. 7. Sicuramente è illogico il ricorso nell'anno 2010 al valore di punto quale fissato nelle r tabelle in uso presso il Tribunale di Bologna nell'anno 1981, in quanto la Corte di merito doveva rendersi conto che tale valore non poteva riferirsi al concetto unitario di danno non patrimoniale quale nascente dalle sentenze del 2003 e del 2008, indicatogli anche nella sentenza di rinvio. Né la Corte di merito, con il generico riferimento al valore di punto indicato nelle tabelle bolognesi del 1981, ha chiarito, com'era suo obbligo, qual era il criterio informatore nella stesura di tali tabelle, né quale era il motivo per cui si discostava dai valori indicati anche dal ricorrente nell'atto di riassunzione con il riferimento alle tabelle vigenti in quel momento, né i criteri che hanno portato all'utilizzazione degli indici previsti dal R.D. 1403/22 in materia di rendita vitalizia per adeguare il valore di punto all'età del danneggiato. Non è sufficiente l'aumento di un terzo del valore ottenuto con il ricorso al punto del 1981 per personalizzare adeguatamente il danno non patrimoniale, né la disposta rivalutazione secondo indici istat dal sinistro al saldo, tenendo conto che la base su cui la Corte ha operato tale aumento e la rivalutazione è del tutto incongrua. 8. Deve osservarsi che all'epoca della decisione le tabelle vigenti presso il Tribunale di Bologna avevano adeguato la liquidazione del danno biologico permanente alla concezione pluridimensionale della più recente giurisprudenza comprensiva anche delle perdite esistenziali e relazionali differenziando la liquidazione delle micropermanenti fino al 9%, per le quali sono adottate le tabelle di cui all'articolo 139 Codice Assicurazioni Private, dalla liquidazione delle permanenti dal 10%, per le quali sono adottate le tabelle del Tribunale di Milano,con la previsione che per l'eventuale personalizzazione si terrà conto delle particolari concrete circostanze soggettive allegate e provate. Le tabelle di in uso all'epoca della decisione presso il Tribunale di Milano, a cui si rifanno le tabelle bolognesi, erano state redatte già tenendo conto dell'evoluzione giurisprudenziale in materia di danno non patrimoniale. 9. Il secondo motivo, con cui si denunzia la violazione dell'articolo 115 c.p.c. con riferimento al principio della non contestazione da parte dell'UCI, è assorbito dall'accoglimento del primo motivo. Va pertanto cassata l'impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio di Cassazione alla Corte di appello di Milano. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa e rinvia alla Corte di appello di Milano che provvederà anche per le spese del giudizio di Cassazione.