Vittoria per il proprietario di un bar posizionato nel centro di Ferrara. Cancellata la multa che avrebbe dovuto pagare al Comune. Illegittimo il provvedimento adottato dalla giunta comunale e mirato a limitare le aperture dei locali.
Illegittima la multa con cui viene sanzionato il titolare del bar aperto in centro oltre il limite orario imposto dal Comune con una delibera ad hoc Cassazione, ordinanza numero 6895/21, sez. II Civile, depositata l’11 marzo . Scenario è la città di Ferrara. Casus belli è il provvedimento con cui il sindaco del Comune sanziona nel febbraio del 2015 il titolare di un bar del centro storico con 530 euro di multa . Fatale la violazione della delibera comunale del luglio 2010 in sostanza, «il legale rappresentante della società titolare di autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande non rispettava gli orari di chiusura al pubblico dell’esercizio imposti dalla delibera», come accertato in occasione di un controllo effettuato nel settembre del 2012. Il proprietario del bar contesa ovviamente il provvedimento adottato dal Comune, ma prima il Giudice di pace e poi il Tribunale confermano la legittimità della sanzione amministrativa . In particolare, i Giudici di secondo grado sostengono che, a fronte del decreto ‘Salva Italia’, è intatto «il potere dei Comuni di regolare gli orari di chiusura delle attività di somministrazione di alimenti e bevande». Irrilevante, poi, il fatto che la Regione Emilia-Romagna si sia adeguata in ritardo, solo con una legge regionale del 2014 questo dettaglio non può, secondo i giudici, rendere illegittimo il regolamento adottato dal Comune di Ferrara nel luglio del 2010. A pronunciare l’ultima parola sulla questione è la Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dal titolare del locale. Il legale dell’imprenditore sostiene soprattutto che, «avuto riguardo all’epoca dell’accertamento della condotta oggetto di contestazione», il suo cliente «non avrebbe potuto essere sanzionato, dovendosi ritenere illegittimo – e, perciò, da disapplicare – il regolamento comunale per la disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande del Comune di Ferrata nella parte in cui imponeva agli esercenti il rispetto di fasce orarie di chiusura obbligatoria», cioè serrande abbassate in centro storico «da mezzanotte e mezza alle 5, dal lunedì al giovedì e la domenica» e «dalle ore 1.30 alle ore 5 il venerdì e il sabato». In premessa, i Giudici della Cassazione ricordano che il Tribunale di Ferrara, avuto riguardo al momento dell’avvenuto accertamento della violazione nel settembre del 2012 «ha ritenuto legittima la sanzione applicata dal Comune» e ha sostenuto che «pur a seguito del decreto legge numero 201 del 2011, non è venuto meno il potere dei Comuni di regolare gli orari di chiusura delle attività di somministrazione di alimenti e bevande». Per il Tribunale di Ferrara, quindi, «è legittimo il regolamento comunale del luglio 2010 che – sulla base della legge regionale numero 14 del 2003 – prevedeva l’obbligo di chiusura dei locali nel centro storico» in determinate fasce orarie notturne. Per i magistrati di terzo grado, però, tale impostazione non può essere condivisa. In prima battuta, viene chiarito che «alla stregua della giurisprudenza costituzionale più recente che ha riconfermato la riconduzione in capo allo Stato della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, deve rilevarsi l’illegittimità delle disposizioni normative adottate dagli enti locali recanti interventi di regolazione degli orari degli esercizi commerciali». In particolare, la Corte Costituzionale ha in più occasioni dichiarato «l’illegittimità costituzionale di disposizioni normative regionali con le quali sono stati introdotti limiti e vincoli all’attività commerciale, ponendosi in contrasto con l’articolo 31, comma 1, d.l. numero 201/2011, ai sensi del quale le attività commerciali sono svolte senza limiti e prescrizioni, anche concernenti l’obbligo della chiusura». Inaccettabile, quindi, consentire alle Regioni di «intervenire nella disciplina delle modalità di apertura degli esercizi commerciali, ascrivibile alla tutela della concorrenza, così invadendo una competenza esclusiva dello Stato», e ciò anche alla luce del principio secondo cui «la normativa statale volta all’eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura degli esercizi commerciali è da considerarsi appartenente alla materia della tutela della concorrenza e attua un principio di liberalizzazione del commercio». Sia chiaro, precisano i Giudici della Cassazione, «la totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non costituisce soluzione imposta dalla Costituzione, sicché lo Stato potrà rivederla in tutto o in parte, temperarla o mitigarla. Nondimeno, però, nel vigore del divieto di imporre limiti e prescrizioni sugli orari, stabilito dallo Stato nell’esercizio della sua competenza esclusiva a tutela della concorrenza, la disciplina regionale che intervenga per attenuare il divieto risulta illegittima sotto il profilo della violazione del riparto di competenza, donde la conseguente illegittimità degli atti amministrativi o regolamentari, costituente fonte secondaria, attuativi di tali disposizioni regionali che invadono la competenza esclusiva statale». Questi principi sono stati ignorati però dal Tribunale ferrarese. E invece, chiariscono dalla Cassazione, «anche il citato regolamento adottato dal consiglio comunale di Ferrara con delibera del 12 luglio 2010, rinveniente la sua fonte presupposta nella legge regionale numero 14 del 2003, avrebbe dovuto costituire oggetto di disapplicazione in quanto illegittimo ai fini dell’esercizio dell’azione sanzionatoria amministrativa del Comune con riferimento alla condotta accertata a carico» del titolare del bar. Significativo, poi, secondo i giudici anche il fatto che «il citato articolo 4- bis dell’indicato regolamento comunale non conteneva la previsione delle fasce orarie di apertura e chiusura degli esercizi delle attività di somministrazione di alimenti e bevande giustificandone specificamente la sua correlazione alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali, né potendo costituire tali esigenze deroghe generali al principio di libera concorrenza sancito dal decreto legge numero 223 del 2006, rappresentando, invece, un limite richiamato solo in relazione alla libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali quale principio generale dell’ordinamento nazionale». Cancellata definitivamente, quindi, la multa a carico del titolare del bar posizionato nel centro storico di Ferrara. A chiusura, però, i Giudici della Cassazione tengono a precisare che «rimane naturalmente salvo l’esercizio del potere del sindaco di adottare ordinanze contingibili ed urgenti, con le quali imporre eventualmente orari di chiusura dei predetti esercizi per la tutela di altri valori costituzionalmente rilevanti. Tali provvedimenti, tuttavia, per loro intrinseca natura, devono spiegare effetti spaziali e temporali limitati e devono essere sorretti da una specifica ed adeguatamente motivata individuazione delle situazioni di fatto dalle quali potrebbe originarsi la lesione di interessi pubblici, quali quelli connessi alla salvaguardia dei valori della sicurezza e della salute che, quindi, non possono essere disciplinati, in via generale, da regolamenti locali con efficacia indifferenziata e temporalmente indeterminata ».
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 26 gennaio – 11 marzo 2021, numero 6895 Presidente Gorjan – Relatore Carrato Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza-ingiunzione numero omissis del 3 febbraio 2015 il Sindaco del Comune di Ferrara irrogava, nei confronti di Zi. Enumero e della s.a.s. Quinta Grande, di cui lo stesso era legale rappresentante, la sanzione amministrativa di Euro 530,00, con riferimento alla violazione degli articolo 4-bis e 10 della delibera del Consiglio comunale numero omissis del 12 luglio 2010 e succ. modif., poiché, quale legale rappresentante della suddetta società titolare di autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande nei locali siti in omissis , non rispettava gli orari di chiusura al pubblico dell'esercizio imposti dalla suddetta delibera per come accertato a seguito di controllo effettuato in data 9 settembre 2012 . Decidendo sull'opposizione proposta dallo Zi. Enumero , nella indicata duplice qualità, e nella resistenza del costituito Comune di Ferrara, il Giudice di pace di questa città la rigettava, con sentenza numero 758/2015. 2. Pronunciando sull'appello formulato dallo stesso Zi. Enumero , sempre nella doppia qualità spesa, il Tribunale di Ferrara, nella costituzione del predetto ente comunale, con sentenza numero 909/2016 depositata il 12 ottobre 2016 , respingeva il gravame e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado. A fondamento dell'adottata decisione il citato Tribunale riteneva, innanzitutto, infondato il primo motivo di gravame con cui l'appellante aveva prospettato che, a seguito del D.L. numero 201/2011 cd. decreto Salva Italia , era stato modificato l'articolo 3 del D.L. numero 233/2006 cd. decreto Bersani , con la conseguenza che sarebbe venuto meno il potere dei Comuni di regolare gli orari di chiusura delle attività di somministrazione di alimenti e bevande e che, in ogni caso, la Regione Emilia-Romagna si era adeguata in ritardo solo con la successiva legge regionale numero 7/2014, da cui sarebbe dovuta derivare la sopravvenuta illegittimità del regolamento 12 luglio 2010 numero 11/54259-10 adottato dal Comune di Ferrara in materia. Il giudice di appello ravvisava l'infondatezza anche degli altri due motivi attinenti alla irrilevanza della mancata adozione del potere di sospensione dell'attività commerciale da parte dell'ente comunale e alla quantificazione della sanzione. 3. Avverso la predetta sentenza di appello ha formulato ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, Zi. Enumero , nella specifica duplice qualità. Ha resistito con controricorso il Comune di Ferrara, la cui difesa ha anche depositato memoria ai sensi dell'articolo 380-bis.l. c.p.c. . Considerato in diritto 1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato - ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. - la violazione e falsa applicazione dell'articolo 3, comma 1, del D.L. numero 201/2011 recte numero 223/2006 , come modificato dall'articolo 31 del D.L. numero 201/2011, in base al quale, avuto riguardo all'epoca dell'accertamento della condotta oggetto di contestazione, egli non avrebbe potuto essere sanzionato, dovendosi ritenere illegittimo - e, perciò, da disapplicare - il Regolamento comunale per la disciplina dell'esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande del Comune di Ferrata, nella parte in cui imponeva agli esercenti il rispetto di fasce orarie di chiusura obbligatoria con riferimento ai suoi articolo 4-bis e 10 . 2. Con la seconda censura il ricorrente ha, in via subordinata, dedotto - con riguardo all'articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. - la violazione degli articolo 2909 c.c. e 324 c.p.c. eccependo l'operatività del giudicato esterno costituito dalla sentenza numero 845/2016 ritualmente prodotta, recante apposita certificazione attestante la mancata proposizione di impugnazioni emessa dallo stesso Tribunale con riferimento ad altra opposizione a ordinanza-ingiunzione relativa ad identica violazione riferita a condotta risalente al 3 febbraio 2015 , con la quale era stato accolto l'appello di esso ricorrente sulla base della ritenuta illegittimità degli articolo 4-bis e 10 del citato Regolamento comunale, con la sua correlata disapplicazione. 3. Con la terza ed ultima doglianza il ricorrente ha, in linea ulteriormente subordinata, denunciato - in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c. -l'omesso esame circa fatti decisivi della controversia, avuto riguardo alla mancata considerazione della circostanza che, in data 10 settembre 2015, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si era espressa con atto omissis sulle disposizioni del Regolamento per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande del Comune di Ferrara che prescrivevano fasce orarie di chiusura obbligatoria. 4. Rileva il collegio che il primo motivo è fondato e deve, perciò, essere accolto. Con l'impugnata sentenza il Tribunale di Ferrara, avuto riguardo al momento dell'avvenuto accertamento in data 18 settembre 2012 della ravvisata violazione a carico del ricorrente, ha ritenuto legittima la conseguente ordinanza-ingiunzione emessa dal Sindaco del Comune di Ferrara poi opposta dallo Zi. sul presupposto che, pur a seguito del D.L. numero 201/2011, come modificato dall'articolo 3 del D.L. numero 233/2006 cd. decreto Bersani , non sarebbe venuto meno il potere dei Comuni di regolare gli orari di chiusura delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, donde si sarebbe dovuto ritenere legittimo il regolamento comunale del 12 luglio 2010 numero 11/54250-10 che -sulla base della legge regionale numero 14/2003 - disciplinava l'esercizio di tale attività, con la previsione dell'obbligo di chiusura, nel centro storico, dei locali dal lunedì al giovedì ed alla domenica, dalle ore 0 30 alle ore 5 00 ed il venerdì ed il sabato dalle ore 1 30 alle ore 5 00 . Tale impostazione non può, però, essere condivisa come del resto non lo è stata anche in altre pronunce dello stesso Tribunale di Ferrara citate dal ricorrente, con le quali erano state accolti i suoi motivi di impugnazione . Infatti, alla stregua della giurisprudenza costituzionale più recente che ha riconfermato la riconduzione in capo allo Stato, anche con riferimento alla legislazione nazionale evocata nel ricorso in questione, della competenza esclusiva - in base all'articolo 117, secondo comma, lett. e , Cost. - in materia di tutela della concorrenza, deve rilevarsi l'illegittimità delle disposizioni normative adottate dagli enti locali recanti interventi di regolazione degli orari degli esercizi commerciali, che il giudice ordinario è tenuto, perciò, a disapplicare come prospettato con il motivo in esame . In particolare, la Corte costituzionale ha, in più occasioni cfr., in particolare, le sentenze numero 239/2016 e 98/2017 , dichiarato l'illegittimità costituzionale di disposizioni normative regionali con le quali sono stati introdotti limiti e vincoli all'attività commerciale, ponendosi in contrasto con l'articolo 31, comma 1, del D.L. numero 201 del 2011, modificativo dell'articolo 3, comma 1, lett. d-bis , del D.L. numero 223 del 2006, ai sensi del quale le attività commerciali sono svolte senza limiti e prescrizioni, anche concernenti l'obbligo della chiusura così facendo, le Regioni verrebbero ad intervenire nella disciplina delle modalità di apertura degli esercizi commerciali, ascrivibile alla tutela della concorrenza, così invadendo una competenza esclusiva dello Stato, e ciò sul presupposto che, per consolidata giurisprudenza dello stesso Giudice delle leggi, la normativa statale volta all'eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura degli esercizi commerciali è da considerarsi, per l'appunto, appartenente alla materia della tutela della concorrenza e attua un principio di liberalizzazione del commercio. Occorre, tuttavia, sottolineare che la totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non costituisce soluzione imposta dalla Costituzione, sicché lo Stato potrà rivederla in tutto o in parte, temperarla o mitigarla nondimeno, però, nel vigore del divieto di imporre limiti e prescrizioni sugli orari, stabilito dallo Stato nell'esercizio della sua competenza esclusiva a tutela della concorrenza, la disciplina regionale che intervenga per attenuare il divieto risulta illegittima sotto il profilo della violazione del riparto di competenza, donde la conseguente illegittimità degli atti amministrativi o regolamentari, costituente fonte secondaria, attuativi di tali disposizioni regionali che invadono la competenza esclusiva statale. A tale principio giuridico non si è attenuto il Tribunale ferrarese nella sentenza qui impugnata. Ciò comporta che anche il citato regolamento adottato dal Consiglio comunale di Ferrara con delibera del 12 luglio 2010 con particolare riferimento ai suoi articolo 4-bis e 10 , rinveniente la sua fonte presupposta nella legge regionale numero 14/2003, sul quale si è basata l'emissione dell'ordinanza-ingiunzione costituente oggetto di opposizione dal parte dello Zi., nella duplice qualità dedotta, avrebbe dovuto costituire oggetto di disapplicazione in quanto illegittimo ai fini dell'esercizio dell'azione sanzionatoria amministrativa del Comune con riferimento alla condotta accertata a carico dell'attuale ricorrente. E tanto valorizzando l'aspetto secondo cui il citato articolo 4-bis dell'indicato regolamento comunale, quale atto ritenuto legittimante l'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione, non conteneva la previsione delle fasce orarie di apertura e chiusura degli esercizi delle attività di somministrazione di alimenti e bevande giustificandone specificamente la sua correlazione alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali, né potendo costituire tali esigenze deroghe generali al principio di libera concorrenza sancito dal D.L. numero 223/2006, rappresentando, invece, un limite richiamato solo in relazione alla libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali quale principio generale dell'ordinamento nazionale. E tutto ciò evidenziando che - pur a fronte del quadro normativo statale e della ricostruzione appena operata - rimane naturalmente salvo l'esercizio del potere del Sindaco di adottare ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi dell'articolo 50, comma 5, del D.Lgs. numero 267/2000 , con le quali imporre eventualmente orari di chiusura dei predetti esercizi per la tutela di altri valori costituzionalmente rilevanti tali provvedimenti, tuttavia, per loro intrinseca natura, devono spiegare effetti spaziali e temporali limitati e devono essere sorretti da una specifica ed adeguatamente motivata individuazione delle situazioni di fatto dalle quali potrebbe originarsi la lesione di interessi pubblici, quali quelli connessi alla salvaguardia dei valori della sicurezza e della salute che, quindi, non possono essere disciplinati, in via generale, da regolamenti locali con efficacia indifferenziata e temporalmente indeterminata . 5. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, deve essere accolto il primo motivo del ricorso, con conseguente assorbimento degli altri due. Da ciò consegue la cassazione dell'impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell'articolo 384, comma 2, c.p.c. con l'accoglimento dell'opposizione all'ordinanza-ingiunzione proposta dallo Zi. nella duplice qualità rappresentata e l'annullamento di quest'ultima. In dipendenza della novità e della complessità della questione, oltre della sua obiettiva controvertibilità non risultando ancora sviluppatasi una giurisprudenza di questa Corte sulla tematica , si ritiene che sussistano idonee ragioni per disporre l'integrale compensazione delle spese dell'intero giudizio ovvero con riferimento a tutti i suoi gradi . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, annulla l'ordinanza-ingiunzione opposta da Zi. Enumero e s.a.s. Quinta Grande. Compensa integralmente tra le parti le spese dell'intero giudizio.