Plausibile la linea proposta dal difensore delle due donne sotto processo. Evidente per i giudici la situazione di estremo disagio da loro vissuta, e resa più grave dalla presenza di una minorenne con problemi di salute.
Sfrattate per morosità, e costrette ad affrontare una situazione di estremo disagio. Giustificabile, almeno in una prima fase, la scelta di occupare abusivamente una casa popolare. Cassazione, sentenza numero 35024/20, sez. II Penale, depositata oggi . Sotto accusa due donne, beccate ad occupare illegittimamente, assieme ad una minorenne, una casa popolare. Il quadro probatorio è ritenuto sufficiente, secondo i giudici di merito, per una loro condanna entrambe le donne sono ritenute colpevoli di « abusiva occupazione di un alloggio di proprietà dell’Istituto autonomo case popolari». Col ricorso in Cassazione, però, il legale ritiene erronea la valutazione compiuta in appello, soprattutto perché si è escluso «lo stato di necessità» che ha spinto ad agire illegalmente le donne. Per i giudici del Palazzaccio i dettagli della vicenda ritengono plausibile riconoscere una giustificazione alla condotta tenuta dalle due donne. In premessa viene ribadito che « l’occupazione arbitraria di una casa popolare » può essere giustificata «solo in presenza del pericolo attuale di un danno grave alla persona, non coincidendo la causa di giustificazione dello stato di necessità con l’esigenza di reperire un alloggio e risolvere i propri problemi abitativi». Così, in passato, è stata legittimata «l’occupazione arbitraria di un alloggio di proprietà dello IACP in quanto l’imputata, dopo un litigio con il marito, con il quale condivideva un alloggio insalubre, si era trovata con la propria figlioletta priva di riparo, in una situazione così grave ed eccezionale che l’amministrazione comunale del luogo aveva poi requisito l’appartamento per destinarlo a residenza temporanea del nucleo familiare della donna». Nella vicenda all’esame della Cassazione «le due donne sotto accusa hanno compiutamente e dettagliatamente allegato una situazione di estremo disagio, ed in particolare l’impossibilità di procurarsi altrimenti una casa all’indomani dell’esecuzione dello sfratto per morosità dall’alloggio che occupavano in precedenza», e tale necessità «era ancor più cogente per tutelare la salute della minorenne con esse convivente e affetta anche da gravi problemi di salute». Secondo i giudici della Cassazione, quindi, le due donne hanno fornito prove concrete in merito all’avere agito per una evidente situazione di necessità». Erronea perciò la valutazione compiuta in appello. Dal Palazzaccio tengono poi a precisare che «se è vero che attraverso l’occupazione abusiva di un edificio di edilizia popolare non è possibile ovviare in maniera duratura all’impossibilità di procurarsi un alloggio», deve tuttavia rilevarsi che «lo stato di necessità» evocato dalle due donne, cioè quello conseguente all’« esecuzione di una sentenza di sfratto per morosità , in ipotesi cagionato dalla loro assoluta indigenza» può «legittimare, almeno per un periodo iniziale, l’accertata occupazione, rendendo meno grave il reato agli effetti della commisurazione del complessivo trattamento sanzionatorio». Plausibile, quindi, la tesi proposta dal legale delle due donne, tesi su cui comunque dovranno nuovamente pronunciarsi i giudici d’appello. Per quanto concerne, infine, l’onere probatorio, i magistrati della Cassazione fissano, in chiusura, il principio secondo cui «ai fini della configurazione di una causa di giustificazione, l’imputato è gravato da un mero onere di allegazione, essendo tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze altrimenti ignoti che siano in astratto idonei, ove riscontrati, a configurare in concreto la causa di giustificazione invocata ove tale onere di allegazione sia positivamente adempiuto dall’imputato, l’onere di dimostrare la non configurabilità della causa di giustificazione invocata grava sulla parte pubblica e, nei casi in cui residui il dubbio sull’esistenza di essa, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato».
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 ottobre – 9 dicembre 2020, numero 35024 Presidente Gallo – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto CA. MA. e FR. NA. hanno proposto, tempestivamente e nei modi di rito, ricorso contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la sentenza con la quale in data 12/01/2017 il Tribunale di Messina in composizione monocratica aveva dichiarato le imputate colpevoli di concorso in abusiva occupazione di un alloggio del competente IACP, condannandole alla pena ritenuta di giustizia. All'odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all'esito, la parte presente ha concluso come indicato in epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Le ricorrenti lamentano congiuntamente plurimi vizi di motivazione e violazioni di legge quanto all'esclusione della causa di giustificazione di cui all'articolo 54 c.p., al diniego della causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis c.p., al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed al complessivo trattamento sanzionatorio. 2. Il motivo comune riguardante la mancata configurazione della causa di giustificazione di cui all'articolo 54 c.p. è fondato. 2.1. Questa Corte Sez. 3, sentenza numero 5924 del 18/03/1983, Rv. 159613 ha, da tempo risalente, ammesso che, ai fini della configurazione della causa di giustificazione di cui all'articolo 54 c.p., nel concetto di danno grave alla persona , in armonia con quanto stabilito dall'articolo 2 della Costituzione, possano farsi rientrare anche alcune situazioni che minacciano solo indirettamente l'integrità fisica dell'agente, ovvero che, ancor più in generale, attentano alla complessa sfera dei beni attinenti alla personalità morale di esso, tra le quali ben possono rientrare anche quelle connesse all'esigenza di ottenere un alloggio, ovvero di soddisfare uno dei bisogni primari della persona, nel rispetto dei principi costituzionali che riguardano i diritti fondamentali della persona umana. Tale interpretazione estensiva del concetto di danno grave alla persona , mediante l'inclusione dei diritti inviolabili, impone, tuttavia, una attenta e penetrante indagine, diretta a circoscrivere la sfera di azione della causa di giustificazione ai soli casi in cui siano indiscutibilmente presenti gli altri elementi costitutivi della stessa, quali i requisiti della necessità della condotta antigiuridica e della inevitabilità del pericolo, tenuto anche conto delle esigenze di tutela dei diritti dei terzi, involontariamente coinvolti, che non possono essere compressi se non in condizioni eccezionali e chiaramente comprovate. 2.2. La giurisprudenza più recente precisa che l'occupazione arbitraria di un appartamento di proprietà dell'Istituto Autonomo Case Popolari può essere scriminata ex articolo 54 c.p. solo in presenza del pericolo attuale di un danno grave alla persona, non coincidendo la predetta causa di giustificazione dello stato di necessità con l'esigenza dell'agente di reperire un alloggio e risolvere i propri problemi abitativi Sez. 2, sentenza numero 4292 del 21/12/2011, dep. 2012, Rv. 251800 ne deriva che l'abusiva occupazione di un bene immobile può risultare scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell'illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l'assoluta necessità della condotta e l'inevitabilità del pericolo, e quindi che la causa di giustificazione de qua può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiva le proprie esigenze abitative Sez. 2, sentenza numero 10694 del 30/10/2019, dep. 2020, Rv. 278520 . 2.3. In applicazione del principio, la causa di giustificazione in questione è stata configurata in relazione all'occupazione arbitraria di un alloggio di proprietà dello IACP, in quanto l'imputata, dopo un litigio con il marito, con il quale condivideva un alloggio insalubre, si era trovata con la propria figlioletta priva di riparo, in una situazione così grave ed eccezionale che l'amministrazione comunale del luogo aveva poi requisito l'appartamento per destinarlo a residenza temporanea del nucleo familiare della donna Sez. 2, sentenza numero 24290 del 19/03/2003, Rv. 225447 inoltre, è stata annullata con rinvio, per difetto di motivazione, la sentenza di merito che aveva ritenuto l'imputata responsabile del reato di occupazione abusiva di un immobile di proprietà dell'IACP senza in alcun modo prendere in esame la rappresentata esistenza di condizioni che avrebbero potuto rendere configurabile lo stato di necessità Sez. 2, sentenza numero 35580 del 27/06/2007, Rv. 237305 . 2.4. Naturalmente, quanto all'onere probatorio, anche per questa causa di giustificazione vale la regola dettata in generale dall'articolo 530, comma 3, c.p.p., a norma del quale, se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione, ovvero vi è dubbio sull'esistenza di essa, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione l'imputato è, pertanto, gravato da un mero onere di allegazione, soddisfatto il quale, l'onere della prova negativa quanto alla configurabilità della causa di giustificazione la cui configurabilità sia stata specificamente allegata dall'imputato incombe, secondo i principi generali, sulla pubblica accusa. 2.5. Ciò premesso, le imputate avevano, con il corrispondente motivo di appello, compiutamente e dettagliatamente allegato una situazione di estremo disagio, ed in particolare l'impossibilità di procurarsi altrimenti un alloggio all'indomani dell'esecuzione dello sfratto per morosità dall'alloggio che occupavano in precedenza necessità resa ancor più cogente per tutelare la salute della minorenne con esse convivente affetta anche da gravi problemi di salute , asseritamente documentandone i presupposti. Per tale ragione, erra la Corte di appello nel disattendere il motivo affermando che le imputate non avevano compiutamente documentato il ricorrere delle condizioni per la configurabilità dell'invocata causa di giustificazione come premesso, le imputate erano gravate da un mero onere di allegazione, senza dubbio soddisfatto, ed il relativo onere di prova negativa - previa verifica fattuale, in concreto, della corrispondenza al vero di quanto allegato e documentato dalle imputate, e successiva valutazione di rilevanza ai fini de quibus - incombeva sulla parte pubblica. Residuando il dubbio, s'imponeva una decisione di assoluzione ex articolo 530, comma 3, c.p.p. 2.4.1. Per altro verso, se è vero che attraverso l'occupazione abusiva di un edificio di edilizia popolare non è possibile ovviare in maniera duratura all'impossibilità di procurarsi un alloggio, deve tuttavia rilevarsi che la Corte di appello ha omesso del tutto di considerare se, quanto meno in fase genetica ed in caso affermativo fino a quale momento lo stato di necessità evocato asseritamente conseguente all'esecuzione di una sentenza di sfratto per morosità, in ipotesi cagionato dall'assoluta indigenza delle imputate potesse legittimare, almeno per un periodo iniziale, l'accertata occupazione, rendendo meno grave il reato agli effetti della commisurazione del complessivo trattamento sanzionatorio in particolare, nonostante la situazione di estremo disagio allegata dalle imputate, risultano negate le circostanze attenuanti generiche tenuto conto della lunga durata dell'occupazione . 3. Questa statuizione assorbe le ulteriori doglianze. 4. Per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata va annullata, con rinvio per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Reggio Calabria che colmerà le lacune motivazionali dianzi evidenziate attenendosi al seguente principio di diritto Ai fini della configurazione di una causa di giustificazione, l'imputato è gravato da un mero onere di allegazione, essendo tenuto a fornire all'ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all'accertamento di fatti e circostanze altrimenti ignoti che siano in astratto idonei, ove riscontrati, a configurare in concreto la causa di giustificazione invocata ove tale onere di allegazione sia positivamente adempiuto dall'imputato, l'onere di dimostrare la non configurabilità della causa di giustificazione invocata grava sulla parte pubblica e, nei casi in cui residui il dubbio sull'esistenza di essa, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Reggio Calabria.