Lavoratori extra-UE: indennità di trasferta imposta dalla legge

È la legge che impone nel contratto la voce compensativa dell'indennità di trasferta a favore dei dipendenti assunti per lavorare nei Paesi extraeuropei.

È la legge che impone nel contratto la voce compensativa dell'indennità di trasferta a favore dei dipendenti assunti per lavorare nei Paesi extraeuropei. Si è così espressa la sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 7041 depositata il 28 marzo 2011.La fattispecie. Una società si opponeva a due cartelle di pagamento emesse da Inps e Inail per omissioni contributive relative ad alcuni dipendenti che erano stati inviati in Israele. Nel contraddittorio con i due enti previdenziali, e a seguito di prove testimoniali e produzioni documentali, il Tribunale di Torino dichiarava che non erano stati pagati i contributi sulla somma erogata a detti lavoratori a titolo di pocket money e che l'importo indicato dalla società come indennità di trasferta doveva essere assoggettato a contribuzione previdenziale. La Corte territoriale confermava la statuizione del primo giudice per cui la voce trasferta che compariva nelle buste paga dei lavoratori era fittizia e che si trattava invece di un superminimo, che, come tale, doveva essere integralmente assoggettato a contribuzione. La società ricorreva per cassazione.Dipendenti assunti per lavorare all'estero. I giudici di Cassazione hanno accolto il ricorso dell'azienda l'assunzione dei lavoratori da inviare all'estero era stata autorizzata dal Ministero del Lavoro con la conseguente piena applicabilità del d.l. 31 luglio 1987, numero 317 convertito in l. numero 398/1987, recante Norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti nei Paesi extracomunitari e di rivalutazione delle pensioni erogate dai fondi speciali gestiti dall'Inps . Indennità di trasferta imposta per compensare disagi. Risulta pertanto che è la stessa legge ad imporre che nel contratto sia inclusa una specifica voce retributiva, l'indennità di trasferta, che va a compensare il disagio che comporta lo svolgimento all'estero della prestazione lavorativa, cosicché non è consentito all'interprete di derogare sia alla prescrizione di legge che ne impone l'erogazione, sia alla volontà delle parti, perché nelle buste paga il compenso era espressamente denominato come indennità di trasferta. Indennità di trasferta + paga base = netto pattuito. Né si può sostenere che la medesima, solo perché, sommata alla paga base, era di ammontare tale garantire il conseguimento dell'importo netto pattuito, sia da considerare necessariamente come superminimo e non come indennità di trasferta. È vero infatti che il medesimo effetto di conseguimento del netto pattuito poteva essere ben perseguito erogando la medesima somma come indennità di trasferta, poiché la diversità di titolo non impediva al lavoratore di intascare quanto fissato negli accordi.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 gennaio - 28 marzo 2011, numero 7041Presidente Roselli - Relatore La TerzaSvolgimento del processoLa Inc Costruzioni Generali, incorporante Fininc spa si opponeva a due cartelle di pagamento emesse da Inps ed Inail per omissioni contributive relative al periodo febbraio - dicembre 1996 concernenti alcuni lavoratori che erano stati inviati in trasferta in Israele nel contraddittorio con i due Enti previdenziali, ed a seguito di prove testimoniali e produzioni documentali, l'adito Tribunale di Torino, con sentenza non definitiva, dichiarava che non erano stati pagati i contributi sulla somma erogata a detti lavoratori a titolo di pocket money e che l'importo indicato dalla società come indennità di trasferta doveva essere assoggettato a contribuzione previdenziale indi il medesimo Giudice provvedeva nel prosieguo ad effettuare consulenza contabile, all'esito della quale, con sentenza definitiva, revocate le cartelle di pagamento, accertava, che il debito della società nei confronti dell'Inps era pari alla minor somma di Euro 159.345,76 ed il debito nei confronti dell'Inail era pari ad Euro 13.759,21, ivi comprese le sanzioni civili.Su impugnazione della società, la Corte d'appello di Torino confermava la statuizione nei confronti dell'Inail, mentre con la medesima sentenza, ma decidendo in via non definitiva nei confronti dell'Inps, accoglieva l'appello solo in relazione alle sanzioni civili, accertando la omissione contributiva nella misura di Euro 70.522,71 e disponeva per il prosieguo per determinare correttamente le sanzioni da applicare.Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte territoriale confermava la statuizione del primo Giudice per cui la voce trasferiscile compariva nelle buste paga dei lavoratori era fittizia e che si trattava invece di superminimo, che, come tale, doveva essere integralmente assoggettato a contribuzione lo desumeva dal fatto che detta voce era stata erogata mensilmente in misura fissa per lire 2.130.000, ed era quindi pari al superminimo da calcolare per arrivare al compenso netto complessivo pattuito di lire 3.519.000. Aggiungeva la Corte che le spese sostenute dai lavoratori per vitto e alloggio all'estero erano state interamente sostenute dalla società che nei contratti individuali non si faceva menzione dell'indennità di trasferta e che questa somma era stata inclusa nel calcolo del TFR da versare alla Cassa Edile, ancorché il CCNL escludesse dal computol'indennità di trasferta. Quanto al pocket money la Corte rilevava che a tal titolo era stata versata mensilmente ai lavoratori la somma di 500.000 lire in moneta locale, somma che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Società, non costituiva una sorta di anticipo sullo stipendio, ma, come pattuito nel contratto individuale, era voce separata ed aggiuntiva rispetto alla retribuzione di lire 3.519.000 e quindi su di essa era necessario pagare la contribuzione.La Corte territoriale disattendeva le doglianze mosse nei confronti della consulenza contabile, in particolare le critiche mosse al procedimento compiuto dal CTU per pervenire alla lordizzazione dell'indennità di trasferta indi riformava la sentenza di primo grado in punto sanzioni, ritenendo che andassero applicate solo quelle di cui alla legge 662/96 e precisamente quelle previste per la omissione contributiva, da determinare in prosieguo.Avverso detta sentenza la società soccombente ricorre con cinque motivi.Resistono Inps ed Inail con controricorso.Motivi della decisioneCon il primo motivo si lamenta difetto di motivazione per avere ritenuto fittizia la voce trasferta di cui alle buste paga, e quindi per avere affermato che la medesima dovesse essere sottoposta a contribuzione. I Giudici di merito avrebbero omesso di considerare la deposizione di un teste, il quale aveva riferito che la indennità di trasferta era stata pagata subito come superminimo, e sottoposta a contribuzione, e che, solo dopo la partenza per l'estero, era stata qualificata come trasferta. Inoltre il richiamo alla corrispondenza tra l'ammontare della trasferta e quello del superminimo non sarebbe rilevante. Ed ancora, la Corte territoriale non avrebbe considerato tutti i complessi elementi dal verbale di Guardia di Finanza prodotto in sede di opposizione recante la data del 2/2/2000, in cui si riferiva che il contratto di lavoro all'estero era stato autorizzato dal Ministero del Lavoro e che quindi si applicava legge 398/87 di conversione del DL 317/87, per cui l'indennità di trasferta è parzialmente esente da contribuzione. Né si sarebbe tenuto conto che, come risultava dal predetto verbale della Guardia di Finanza, il CCNL edili prevede obbligatoriamente la indennità di trasferta.1. Il motivo è fondato essendo ravvisabili difetti di motivazione su circostanze decisive, tali cioè che, se valutate, potrebbero ragionevolmente condurre ad una decisione di segno contrario. Non sono stati infatti considerati, come si assume in ricorso, gli elementi emergenti dal predetto verbale della Guardia di Finanza, che depongono per la genuinità della qualificazione come indennità di trasferta delle somme erogate ai lavoratori all'estero che gli Istituti previdenziali intendono sottoporre integralmente a contribuzione.Non è stato infatti considerato quanto risulta dal predetto verbale, e cioè che la assunzione dei lavoratori da inviare all'estero era stata autorizzata dal Ministero del Lavoro. Ne consegue la piena applicabilità della legge 3 ottobre 1987 numero 398 di conversione del DL 31 luglio 1987 numero 317, recante Norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti nei Paesi extra-comunitari e di rivalutazione delle pensioni erogate dai fondi speciali gestiti dall'Inps .Dispone infatti l'articolo 2 comma 4 della legge predetta che, per rilasciare l'autorizzazione il Ministro deve accertare b che il trattamento economico e normativo offerto sia complessivamente non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro vigenti in Italia per la categoria di appartenenza del lavoratore e sia distintamente prevista l'entità delle prestazioni in denaro o in natura connesse con lo svolgimento all'estero del rapporto di lavoro .Ne consegue che è la stessa legge ad imporre che nel contratto sia inclusa una specifica voce retributiva, la indennità di trasferta, che va a compensare il disagio che comporta lo svolgimento all'estero della prestazione lavorativa, di talché non è consentito all'interprete di derogare sia alla prescrizione di legge che ne impone la erogazione, sia alla volontà delle parti, perché nelle buste paga il compenso era espressamente denominato come indennità di trasferta. Né si può sostenere che la medesima, sol perché, sommata alla paga base, era di ammontare tale da garantire il conseguimento dell'importo netto pattuito, fosse da considerare necessariamente come superminimo e non come indennità di trasferta. È vero infatti che il medesimo effetto di conseguimento del netto pattuito poteva essere ben perseguito erogando la medesima somma come indennità di trasferta, giacché la diversità di titolo non impediva al lavoratore di intascare quanto fissato negli accordi.1.1. Ne consegue che la sentenza va cassata nella parte in cui ha considerato quale superminimo da assoggettare integralmente a contribuzione le somme che figuravano nelle buste paga come indennità di trasferta, rimettendosi al giudice del rinvio di riconsiderare tutti gli elementi di causa per accertare la effettiva natura della dazione e quindi per decidere quale sia su di essa il trattamento contributivo, perché, se di trasferta si trattasse, dovrebbe essere del tutto o in parte esentata, tenendosi conto che la Società ricorrente nulla sembra avere pagato.La legislazione invero generalmente considera la indennità di trasferta come avente natura mista, in parte di rimborso spese, diretta a sollevare il dipendente dai costi connessi con il lavoro svolto al di fuori della sede ordinaria, per cui, per questa parte, dovrebbe essere esentata da contribuzione in parte ha invece natura retributiva, andando a compensare la maggiore onerosità della prestazione lavorativa infatti la disposizione di carattere generale, di cui all'articolo 12 legge 153/69, prima delle modifiche apportate con il d.lgs. numero 314/97, la includeva nell'imponibile nella misura del 50% . In particolare, per quanto riguarda la normativa speciale applicabile alla fattispecie, l'articolo 5 della predetta legge 398/87 dispone che Per i lavoratori di cui all'articolo 2 l'indennità di trasferta, anche se corrisposta con continuità ed indipendentemente dal luogo in cui la trasferta è svolta, è esclusa dalla retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi ai sensi del'articolo 12 della legge 30 aprile 1969 numero 153 per una quota pari all'ammontare esente dall'imposta sul reddito delle persone fisiche .Quanto alla misura del reddito esente dall'Irpef, dispone l'articolo 48 comma 4 dpr 917/86, Testo Unico delle Imposte sui redditi, che Le indennità percepite per le trasferte fuori dal territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente le 60 mila lire al giorno, elevate a 100 mila per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio in caso di rimborso delle spese di alloggio o di alloggio fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Detta disposizione è stata poi modificata dall'articolo 33 comma 3 DL 41/95 convertito in legge 85/95, applicabile ratione temporis, nel senso che Gli importi di lire 60.000 e 100.000 indicati nell'articolo 48 comma 4 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 numero 917 sono aumentati rispettivamente a lire 90.000 e a lire 150.000 .2. Viene dunque rimesso al Giudice del rinvio di riesaminare la natura effettiva della somma che figura in busta paga come indennità di trasferta, e, nel caso in cui la detta qualificazione risultasse genuina, di accertare se la Società ricorrente abbia fatto corretta applicazione della normativa sopra citata, ovvero residui ancora un debito contributivo a suo carico.3. Dall'accoglimento del primo motivo, consegue l'assorbimento del terzo - con cui si lamenta difetto di motivazione in relazione alla base imponibile per il calcolo dei contributi dovuti attraverso la c.d. lordizzazione della voce indicata nelle buste paga come trasferta - giacché non vi sarebbe necessità di effettuare alcuna lordizzazione ove la medesima voce avesse davvero natura di indennità di trasferta e non già, come ha ritenuto la sentenza impugnata, natura di superminimo da sottoporre integralmente a contribuzione.Parimenti assorbito risulta il quarto mezzo - con cui si lamenta che la base imponibile su cui calcolare i contributi dovuti sia stata individuata senza tenere conto delle detrazioni fiscali riguardanti i carichi familiari e senza tenere conto del ricalcolo dell'irpef a seguito di conguaglio di fine d'anno - perché anch'esso attiene ai complessi conteggi concernenti la lordizzazione della somma erogata a titolo di trasferta.Con il secondo motivo si denunzia difetto di motivazione sulla affermazione della sentenza impugnata per cui sulla somma erogata ai lavoratori all'estero, in moneta locale, il c.d. pocket money, pari a lire 500.000 mensili dovevano essere pagati i contributi perché non era stata assoggettata a contribuzione. La sentenza impugnata aveva fondato il giudizio sull'esistenza del debito contributivo sulla somma predetta sul rilievo, desunto dalle prove testimoniali, che essa si aggiungeva allo stipendio netto pattuito di lire 3.519.000, e che quindi, non trattandosi di acconto, doveva essere sottoposto a contribuzione. Obietta il ricorrente che il fatto di trattarsi di somma aggiuntiva rispetto al netto pattuito, non stava a significare che su di essa non fosse già stata pagata la contribuzione. Al contrario detta somma risultava indicata nelle buste paga tra le trattenute, come lo stesso consulente d'ufficio aveva accertato in busta figurava la voce acconto corrispondente in moneta locale , per cui, essendo richiamata in busta era stata sicuramente già assoggettata acontribuzione.Il motivo merita accoglimento.In primo luogo la sentenza non richiama in alcun modo la consulenza contabile, in cui la questione dovrebbe essere stata esaminata. Inoltre la argomentazione dei Giudici di merito, per cui il pocket money era aggiuntivo rispetto alla somma netta pattuita, non vale a smentire quanto la società sosteneva nei gradi di merito e nel presente ricorso, e cioè che i contributi erano stati pagati anche su di esso. In altri termini, limitandosi ad affermare che il pocket money aveva carattere aggiuntivo rispetto alle altre voci retributive e non natura di acconto, la sentenza impugnata non risponde adeguatamente alle difese della Società, la quale affermava che nelle buste era stata indicata la retribuzione complessiva che era quindi comprensiva anche di detta voce, e su detta retribuzione complessiva erano stati già calcolati e pagati i contributi, ancorché, la voce medesima fosse stata poi appuntata in detrazione, in quanto erogata anticipatamente in moneta locale.Il quinto motivo relativo alla misura delle sanzioni, lamentando la società che siano state applicate quelle più gravi previste per la evasione contributiva, in luogo di quelle più lievi previste per la semplice omissione, risulta assorbito dall'accoglimento del primo e del secondo motivo, potendosi discutere di sanzioni solo all'esito dell'accertamento sulla esistenza di contributi non pagati.Conclusivamente vanno accolti il primo e secondo motivo e dichiarati assorbiti gli altri.La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altro giudice che si designa nella Corte d'appello di Genova, la quale deciderà anche per le spese del presente processo.P.Q.M.La Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Genova.