di Carmen Ceschel
di Carmen CeschelLa Corte di Cassazione conferma la propria precedente giurisprudenza per cui il contratto concluso per effetto di truffa di uno dei contraenti in danno dell'altro non è radicalmente nullo articolo 1418 c.c., in correlazione con l'articolo 640 c.p. , ma solo annullabile ex articolo 1439 c.c., in quanto il dolo costitutivo del delitto di truffa non è ontologicamente diverso da quello che vizia il consenso negoziale.La questione. Un antiquario riceveva un dipinto in conto vendita. Il dipinto veniva acquistato e ritirato da una persona che esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava due assegni, che poi si rivelavano non esigibili. In seguito, l'antiquario veniva a conoscenza di chi fosse diventato il possessore del dipinto. L'uomo sporgeva denuncia e il quadro veniva sottoposto a sequestro. Si instaurava, quindi, un giudizio tra l'antiquario e il possessore entrambi chiedevano la restituzione del dipinto.Il tribunale di primo grado riteneva che il quadro appartenesse all'ultimo possessore in appello, invece, veniva riformata la sentenza la Corte riteneva che, poiché l'antiquario aveva pagato la somma pattuita per il quadro all'originario proprietario pur se in realtà lui non l' aveva davvero percepita, essendo stato truffato , fosse divenuto l'effettivo titolare del dipinto. Il possessore presentava, quindi, ricorso per cassazione.Acquisto successivo inattaccabile. Chiamata a pronunciarsi sulla validità del contratto intercorso tra l'antiquario e il truffatore, la Suprema Corte accoglie il ricorso, affermando se il contratto è valido, il successivo acquisto da parte dell'ultimo possessore, se effettuato a titolo oneroso ed in buona fede, è inattaccabile ex articolo 1445 c.c. Annullabile la vendita con truffa annessa. La Cassazione chiarisce che il contratto concluso per effetto di truffa di uno dei contraenti in danno dell'altro non è radicalmente nullo articolo 1418 c.c., in correlazione con l'articolo 640 c.p. , ma solo annullabile ex articolo 1439 c.c., in quanto il dolo costitutivo del delitto di truffa non è ontologicamente diverso da quello che vizia il consenso negoziale, nemmeno dal punto di vista dell'intensità, risolvendosi entrambi in artifici e raggiri adoperati dall'agente e diretti ad indurre in errore l'altra parte e quindi a viziare il consenso allo scopo di ottenere l'ingiusto profitto mediante il trasferimento della cosa contrattata. Pertanto, una truffa non è causa né di nullità né, tantomeno, di inesistenza del contratto, ma, trattandosi di un mero vizio di volontà, può portare al solo annullamento del contratto, che resta in vita sino a che non intervenga una sentenza costitutiva articolo 1427 c.c. .La buona fede salva dall'annullamento. Ne deriva che il soggetto che ha ricevuto il dipinto dall'antiquario, nonostante il consenso viziato dell'avente diritto, ne è divenuto l'effettivo proprietario, con il connesso potere di trasferirne il dominio al terzo e con la conseguenza che, a sua volta, se quest'ultimo acquista a titolo oneroso ed in buona fede resta al riparo dal possibile annullamento.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 gennaio - 31 marzo 2011, numero 7468Presidente Schettino - Relatore FalaschiSvolgimento del processoCon atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 G. E. evocava, dinanzi al Tribunale di Alba, G. M. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Panini dal titolo Lo svenimento di Ester , da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale avv.to P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000 successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P. L., qualificatosi come M. P. e nipote dell'avv.to P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, Fernando Castagneti, l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della Lombardia, gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di G. M. in , per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli articolo 110, 640, 61 numero 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene.Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da Giorgio Donadoni, con la partecipazione di un mediatore tale Sandro Predali , con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G. Pietro aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale numero 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese.In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità' della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto le dichiarazioni rilasciate dal Donadoni, venditore del quadro il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene , nonché la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa.A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata e non inammissibile ex articolo 346 c.p.c. perché solo meglio specificata in secondo grado , traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal Castagnetti del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso G., responsabile del dipinto ex recepto per la custodia ed ex mandatu perché ricevuto in conto vendita , corrisposto al Castagnetti il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del Castagnetti, ne aveva reso una versione del tutto inattendibile infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il Donadoni, osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal Donadoni circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal Donadoni quale legittimo proprietario e non già mandatario del Bassolino. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il G. con controricorso.Motivi della decisioneCon il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'articolo 81 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., nnumero 3 e 5 per avere la Corte di merito ritenuto che il versamento del prezzo da parte del G. al Castagnetti - dopo la consumazione della truffa - fosse avvenuto a titolo di controprestazione di un contratto di compravendita e non già a titolo di risarcimento per inadempimento di un contratto complesso. In altri termini, il giudice del gravame erroneamente avrebbe ritenuto che il G. fosse proprietario del dipinto al momento della proposizione dell'azione, mentre l'assenza della proprietà era stata accertata dalla sentenza penale di secondo grado con la condanna del P. per truffa consumata ai danni del G La tesi sostenuta in sentenza secondo cui il versamento del prezzo da parte del G. all'originario proprietario del quadro, il Castagnetti che precedentemente glielo aveva affidato conferendogli un mandato alla vendita , abbia consacrato e perfezionato un contratto di vendita, a prescindere dalla disponibilità del bene da parte dello stesso venditore, che nel frattempo, a mezzo del mandatario lo stesso G. , lo aveva consegnato, a titolo di acquisto, a L. P. sebbene qualificatosi come M. P. e nipote dell'avv.to P., già interessato all'acquisto del bene , non e' condivisibile.Questa corte ha sempre ritenuto che il contratto concluso per effetto di truffa di uno dei contraenti in danno dell'altro non e' radicalmente nullo ex articolo 1418 c.c. in correlazione all'articolo 640 c.p. , ma annullabile, ai sensi dell'articolo 1439 c.c., atteso che il dolo costitutivo del delitto di truffa non e' ontologicamente diverso, neanche sotto il profilo dell'intensità, da quello che vizia il consenso negoziale, risolvendosi entrambi in artifici o raggiri adoperati dall'agente e diretti ad indurre in errore l'altra parte e quindi a viziare il consenso allo scopo di ottenere l'ingiusto profitto mediante il trasferimento della cosa contrattata v. Cass. 26 maggio 2008 numero 13566 Cass. 10 dicembre 1986 numero 7322 .Si ha così che il dolus malus, anche se penalmente accertato, non puo' mai di per se' essere causa di nullità del negozio, meno che mai di inesistenza, sotto il profilo della sua illiceità, ma, inteso come vizio della volontà, può portare soltanto all'annullamento del negozio viziato v. Cass. 8 maggio 1969 numero 1570 ed ai sensi dell'articolo 1427 c.c., il negozio resta in vita sino a quando, ad iniziativa della parte interessata, non sia posto nel nulla mediante sentenza costitutiva v. Cass. 20 febbraio 1962 numero 343 .Tutto cio' comporta, con riguardo alla vendita, che il soggetto attivo il quale riceve la cosa, col consenso sia pure viziato, dell'avente diritto, ne diviene effettivo proprietario, con il connesso potere di trasferirne il dominio al terzo e con la conseguenza che, a sua volta, quest'ultimo ove acquisti in buona fede ed a titolo oneroso, resta al riparto degli effetti dell'azione di annullamento, da parte del deceptus, ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 1445 c.c. in relazione all'articolo 2652 c.c., numero 6 e articolo 2690 c.c., numero 3 .Dai principi suesposti la sentenza gravata si e' discostata allorché ha affermato la validità ed efficacia del contratto di vendita intervenuto tra il G. ed il mandante Castagnetti pertanto il motivo va accolto.Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 1147, 1153, 2727, 2729 e 2697 c.c., nonché dell'articolo 116 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 5 per avere la Corte di merito ritenuto l'acquisto avvenuto in mala fede sulla base delle dichiarazioni sospette rese dal Donadoni, del tutto irrilevanti ai fini del trasferimento. Aggiunge che quanto alla visita del Castagnetti, anche le dichiarazioni di quest'ultimo risultano del tutto incongrui e contraddittorie, ne' la reazione avuta dal ricorrente in sede di perquisizione dei Carabinieri e' circostanza che possa incidere sulla buona fede, essendo espressione di un normale metus del cittadino di fronte ad una improvvisa perquisizione.Le plurime censure denunciate con il motivo in esame, con e quali vengono prospettate doglianze che sotto diversi profili investono l'accertamento sulla buona fede del ricorrente al momento dell'acquisto, in considerazione dell'accoglimento del primo motivo del ricorso, debbono ritenersi superate, trattandosi di doglianze necessariamente collegate alla questione pregiudiziale.In conclusione, accolto il primo motivo del ricorso ed assorbito il secondo, la sentenza va cassata con rinvio a diversa sezione della stessa Corte di Appello di Torino affinché provveda in ordine al motivo concernente la qualificazione della dazione di denaro effettuata dal G. in favore del mandante Castagnetti, dopo la consegna del quadro al P., e perché si pronunci, nel rispetto degli enunciati principi, sugli effetti degli artifici e raggiri dolus malus sulla vendita e nei successivi rapporti legati alla cessione del medesimo bene.Il giudice del rinvio provvederà alla regolamentazione delle spese anche di questa fase del giudizio.P.Q.M.La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Torino anche per le spese del giudizio di cassazione.