L'efficacia probatoria della sentenza emessa in altro processo tra indizio e prova piena

di Fabio Valerini

di Fabio Valerini *La sentenza emessa dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione il 27 aprile 2011 numero 9384 ha modo di svolgere alcune importanti precisazione in ordine all'efficacia che può assumere una sentenza pronunciata in un altro giudizio e tra altre parti.Tema che, come ben noto, rappresenta un importante capitolo dell'istruzione probatoria e che, spesso, ha portato la giurisprudenza a posizioni spesso non condivisibili in quanto di fatto avevano come effetto quello di privare di senso le disposizioni codicistiche in materia di efficacia della sentenza sui giudizi dipendenti e nonumero Il caso. Il caso esaminato dalla Suprema Corte muove da un'azione di responsabilità che una società di assicurazioni, poi sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, aveva proposto nei confronti degli amministratori e dei sindaci che avevano operato in un certo arco temporale.Quell'azione era stata proposta dalla società per ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di comportamenti degli stessi tenuti nel periodo compreso tra il 10 gennaio 1986 ed il 18 aprile 1989 in violazione dei doveri inerenti alle cariche rispettivamente rivestite .Ed infatti, secondo la società, quegli amministratori e sindaci erano tenuti a rimborsare una somma quantomeno corrispondente a quanto dovuto dalla società all'ISVAP per le sanzioni irrogate a causa dell'esercizio non autorizzato di attività assicurativa nel ramo auto rischi diversi .La sentenza impugnata. Sebbene in primo grado il Tribunale di Milano avesse rigettato la domanda di risarcimento, la Corte di appello riformò la sentenza ritenendo che era indubitabile che l'esercizio dell'attività assicurativa in un ramo non autorizzato costituisce un'evidente violazione degli obblighi gestori degli amministratori e sindaci di una compagnia di assicurazioni .E ciò in particolare per quegli amministratori e sindaci che avevano rivestito quelle cariche per il periodo successivo alla circolare ISVAP 8 giugno 1987, numero 76 la quale, risolvendo i dubbi interpretativi suscitati dalla legge 10 giugno 1978, numero 295 aveva reso ingiustificabile la condotta dei trasgressori .Per quanto riguarda, infine, la determinazione del danno risarcibile la Corte di appello aveva ritenuto che la prova del danno risarcibile emergesse dalla sentenza messa il 27 maggio 1994 con la quale il Pretore di Milano aveva confermato, riducendone l'ammontare, la sanzione irrogata alla società dall'ISVAP .La censura relativa alla violazione dei limiti del giudicato. Ed è proprio nei confronti della modalità attraverso le quali la Corte di appello era giunta alla quantificazione del danno che uno degli amministratori condannati formula la censura di violazione dell'articolo 2909 c.c Ed infatti, secondo il ricorrente, la Corte di appello avrebbe errato in quanto la sentenza emessa nel giudizio di opposizione all'ordinanza ingiunzione emessa dall'ISVAP nei confronti della società non poteva valere nei suoi confronti neppure come principio di prova, non avendo egli preso parte al predetto giudizio ed anche perché non era stata dimostrata l'avvenuta ammissione del relativo importo al passivo della liquidazione coatta amministrativa.La decisione. La Suprema Corte, però, ritiene infondato il motivo di ricorso muovendo dalla corretta premessa che la Corte di appello, richiamandosi alla sentenza del Pretore di Milano, non aveva affatto inteso attribuire alla stessa efficacia di giudicato .In conformità all'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità il giudice di merito può trarre le fonti del proprio convincimento anche da prove raccolte in un diverso processo svoltosi fra le stesse parti o tra parti diverse.Ed infatti, in questo caso - ha proseguito la Corte - la circostanza che la sentenza non possa avere efficacia di giudicato di necessità limitata arg. ex articolo 2909 c.c. alle stesse parti ovvero agli eredi e aventi causa non ne comporta l'inutilizzabilità nei confronti dei terzi come prova o elemento di prova in ordine alla situazione giuridica che abbia costituito oggetto dell'accertamento giudiziale .Peraltro, affermare l'esistenza di una qualche efficacia di prova alla sentenza resa in un processo diverso sia oggettivamente che soggettivamente deve far interrogare sul tipo di efficacia riconosciuta a quella sentenza.Il principio di diritto affermato. Orbene, a tal proposito la Suprema Corte richiama il proprio orientamento in base al quale il riconoscimento dell'efficacia indiretta di prova documentale alla sentenza pronunciata tra parti diverse postula che, nell'ambito della libera valutazione spettante al giudice di merito, essa sia posta in relazione con altri elementi acquisiti agli atti .Senonchè, per la Corte di Cassazione nel caso di specie la contestualizzazione della sentenza nel quadro complessivo delle prove raccolte e che non era stata fatta dalla Corte territoriale era res[o] superflu[o] dall'oggettività del dato rappresentato dall'avvenuto rigetto dell'impugnazione proposta dalla società avverso la sentenza del Pretore che, rendendo incontestabile la sanzione pecuniaria, nella parte confermata in sede giurisdizionale, avrebbe in defettibilmente aperto la strada alla riscossione .* Avvocato, assegnista di ricerca di diritto processuale civile nell'Università di Pisa