Complessa vicenda per il peso economico della locazione di un appartamento. L’ultima, definitiva pronuncia fa chiarezza possibile la contestazione dei dati al catasto rispetto alle condizioni reali, possibile, soprattutto, arrivare a un ‘aggiornamento’. E il proprietario può ottenere un aumento dell’affitto.
Manutenzione straordinaria a carico del locatore, of course. Ma se i lavori vengono eseguiti durante il rapporto di affitto è legittimo ‘aggiornare’ l’accatastamento, e, soprattutto, modificare il canone, rendendolo più gravoso per l’inquilino Cassazione, sentenza numero 3001, Terza sezione Civile, depositata oggi . Lascia o raddoppia? Pomo della discordia è l’improvviso incremento del canone di locazione, raddoppiato rispetto alla cifra fissata originariamente. Tutto ciò, peraltro, in corso d’opera, ovvero un mese dopo l’operatività del contratto quinquennale di affitto, e superando il plafond fissato dalla legge sull’equo canone. Per l’inquilino la scelta è lasciare o accettare il raddoppio o, come è poi avvenuto, adire le vie legali, chiedendo la restituzione di quanto versato in eccesso, da un lato, e la rideterminazione del canone. In bilico. Vicenda di complessa soluzione. Non a caso, in primo grado, la richiesta dell’inquilino è accolta, condannando il locatore a restituire oltre 6mila euro. Ma, in secondo grado, la pronuncia viene ribaltata alla luce dagli elementi portati dal locatore, ossia «lavori straordinari» con relativo aggiornamento come accatastamento e «stato di manutenzione buono, con servizi nuovi» e arredamento, difatti, la Corte d’Appello accerta il diritto del locatore «all’integrazione del canone». A sostenere questa decisione soprattutto il responso della consulenza tecnica, che aveva accertato che la categoria catastale andava modificata anche alla luce «dei lavori di straordinaria manutenzione», e, di conseguenza, che andava «integrato il canone, considerando gli importanti lavori di rilevante entità eseguiti». Aggiornamento possibile. A portare la questione in Cassazione è l’inquilino, passato dalla possibilità di recuperare parte dei soldi versati all’obbligo di ‘integrare’ il canone già pagato. Decisione non giusta, a suo avviso, quella assunta in Appello, perché il calcolo del canone andava fatto «sulla base delle indicazioni risultanti dal catasto e dalle relative visure quali risultanti al momento della stipula del relativo contratto di locazione». Allo stesso tempo, sempre secondo l’inquilino, gli interventi di manutenzione straordinaria realizzati sull’immobile non avevano comportato una «modificazione» sostanziale, tale da giustificare «una diversa classificazione catastale». Per i giudici, però, alla luce della norma, l’aggiornamento è assolutamente possibile ecco spiegata la decisione di rigettare il ricorso dell’inquilino e confermare la pronuncia di secondo grado. Difatti, è legittimo contestare la corrispondenza tra i dati del catasto e quelli reali dell’immobile, arrivando poi a un accatastamento diverso «dal momento della sussistenza delle nuove condizioni». E, allargando poi il discorso, viene anche chiarito che il principio dell’integrazione del canone è operativo «non solo per le riparazioni straordinarie realizzate nel corso del rapporto, ma anche per quelle eseguite durante una precedente locazione», alla luce dell’impegno economico affrontato dal locatore «nel caso di rilevanti opere eseguite anche soltanto per la conservazione della destinazione e dell’efficienza dell’immobile».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 ottobre 2011 – 28 febbraio 2012, numero 3001 Presidente Trifone – Relatore Chiarini Svolgimento del processo Con sentenza del 13 luglio 2006 la Corte di appello di Perugia premesso 1. Con ricorso del 1997 G.M.N. conveniva in giudizio la locatrice L.P. deducendo che gli aveva concesso in locazione un immobile ad uso abitazione dal 30 aprile 1992 al 30 giugno 1997 per un canone mensile di lire 300 mila, così raddoppiato dal primo giugno 1992, superiore all’equo canone di cui alla legge 392 del 1978 e perciò gli dovevano essere restituite lire 14.226.900, e conseguentemente chiedeva di determinare il canone nella misura dovuta 2. La locatrice eccepiva che a seguito di lavori straordinari l’immobile doveva esser accatastato in categoria A/3 e non A/4, che la vetustà era di anni 40 e lo stato di manutenzione buono, con servizi nuovi e arredati 3. Il tribunale aveva accolto la domanda condannando la locatrice a restituire euro 6.647,43 oltre interessi legali da ogni singola scadenza. Quindi la Corte di merito, rilevato che il CTU ha accertato che la categoria catastale, anche a seguito dei lavori di straordinaria manutenzione eseguiti parte durante il rapporto locativo tra il medesimo conduttore ed il dante causa della P., parte dopo la stipula del contratto con costei, era A/3 e non A/4, integrato il canone considerando gli importanti lavori di rilevante entità eseguiti, ha accertato il diritto della locatrice all’integrazione del canone, pari ad euro 11.548,67, ed ha conseguentemente accolto il suo appello e rigettato la domanda del conduttore. Ricorre per cassazione M.N.G. cui resiste L.P Le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto” e conclude “voglia la Corte di Cassazione statuire se il calcolo dell’equo canone, in rapporto locativo regolato dalla legge 392/1978, debba esser calcolato sulla base delle indicazioni risultanti dal catasto e dalle relative visure ex articolo 16 legge 392/78 quali risultanti al momento della stipula del relativo contratto di locazione o sui dati discordanti asseriti dal proprietario – locatore e solo in seguito a rapporto concluso rettificati e se per riparazioni straordinarie ex articolo 23 legge 392/1978 debbano intendersi gli interventi di manutenzione straordinaria che non comportino una modificazione ontologica del risultato rispetto a ciò che preesiste, né in relazione all’estensione dell’intervento, né in relazione ad una diversità qualitativa dello stesso, tale da giustificare una diversa classificazione catastale”. Il motivo è infondato. In tema di locazione di immobili urbani disciplinata dalla legge 27 luglio 1978, numero 392, avuto riguardo alle norme che attribuiscono rilevanza alla categoria, classe e tipo risultanti dal catasto, ai fini della determinazione del canone, è facoltà delle parti contestare la corrispondenza di tali dati alla effettiva situazione di fatto dell’immobile per modificazioni sopravvenute non ancora registrate in catasto, con la conseguenza che se il giudice ordinario accerta che l’atto amministrativo di attribuzione della categoria catastale dell’unità immobiliare non è rispondente alle effettive condizioni intrinseche ed estrinseche della stessa e alle qualità di fatto, può disapplicarlo, con effetto dal momento della sussistenza delle nuove condizioni dell’immobile, come avvenuto nel caso di specie a seguito di accertamento tecnico. 2. Con il secondo motivo deduce “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio” e conclude “statuire se ex articolo 23 legge 392/1978 debba incidere come correttamente asserito con sentenza 1551 del 1998, non solo con riferimento alle riparazioni straordinarie eseguite nel corso dell’attuale rapporto locatizio, ma anche con riguardo a quelle eseguite durante precedenti locazioni, e non anche però al di fuori di qualsivoglia rapporto locativo”. Il motivo è infondato perché il principio secondo cui l’integrazione del canone prevista dall’articolo 23 legge 392/1978 opera non solo per le riparazioni straordinarie realizzate nel corso del rapporto, ma anche per quelle eseguite durante una precedente locazione costituendo la maggiorazione del canone elemento costitutivo del medesimo, corrispettivo dell’impegno economico affrontato dal locatore nel caso di rilevanti opere eseguite anche soltanto per la conservazione della destinazione e dell’efficienza dell’immobile, è stato correttamente applicato nel caso di specie in cui il giudice di merito ha accertato che i lavori straordinari sono stati eseguiti senza interruzione del rapporto per il conduttore, a cui l’immobile è stato locato dapprima dal dante causa della P. e poi da quest’ultima. Le alterne vicende processuali giustificano la compensazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.